Molti eminenti ricercatori credono che circa la metà della letteratura scientifica – non solo in medicina, ma anche in psicologia e in altri campi – possa essere sbagliata. Errori fatali e ritrattazioni, specialmente in pubblicazioni importanti, sono in aumento. Sembra sempre più che : ‘I metodi scadenti ottengono risultati scadenti’. Questo comportamento è dovuto ad una cattiva organizzazione del sistema scientifico, dalla maniera in cui i ricercatori sono incentivati e dalla maniera in cui si sviluppano le carriere e i finanziamenti.
Come ha scritto Richard Horton, editore di The Lancet:
“Parte del problema è che nessuno è incentivato ad avere ragione”.
L’ articolo di Paul E. Smaldino and Richard McElreath che segnaliamo sostiene che alcuni degli incentivi più forti nella scienza contemporanea attivamente incoraggino, premino la diffusione di metodi di ricerca scadenti e l’abuso di procedure statistiche dubbie o incosistenti. Gli autori definiscono questo processo “la selezione naturale della cattiva scienza” per indicare che non richiede alcuna strategia cosciente né imbroglio da parte dei ricercatori.
La persistenza di metodi scadenti risulta in parte dagli incentivi che li favoriscono, portando alla la selezione naturale della cattiva scienza. Questa dinamica non richiede alcuna strategia cosciente – nessun imbroglio deliberato – da parte degli scienziati, solo che la pubblicazione è un fattore l’avanzamento di carriera.
Inoltre
se negli anni tra il 1974 e il 2014, la frequenza delle parole “innovativo”, “rivoluzionario” e “nuovo” negli abstract di PubMed è aumentata del 2500% o più
il problema dell’organizzazione del sistema scientifico moderno è evidente e trascende i confini nazionali (anche se alcuni paesi incentivano la selezione della cattiva scienza più di altri). Alla fine uno dei problema chiave è semplicemente in questa citazione riportata nell’articolo ma che può essere riscontrata in qualsiasi collega abbia mai fatto parte di una commissione di selezione:
<<Sono stato in un certo numero di comitati di ricerca. Non ricordo che nessuno abbia guardato i lavori di nessuno documenti: il numero e l’IF delle pubblicazioni sono ciò che conta>>
Hanno cercato di misurare tutto, in maniera automatica, come se la ricerca fosse qualcosa da vendere nei siti di e commerce. Per fortuna c’è ancora chi studia e ricerca per il desiderio di scoprire qualcosa e di osservare con curiosità. Credo che al netto di chi insegue i parametri citazionali (orribile termine) il numero assoluto dei veri ricercatori sia lo stesso del 1974, è solo aumentato il rumore di fondo e il numero di «addetti alla ricerca» inutili. È aumentato anche il tempo perso per cercare articoli che abbiano senso: alla fine io leggo solo quelli di una cerchia ristretta di eletti (si fa per dire) che la pensano come me.