We Paid for the Research, So Let’s See It: è il titolo di un op-ed del New York Times: “The principle that must be upheld, as Mr. Holdren described it, is that Americans “deserve easy access to the results of research their tax dollars have paid for.” He added that “the logic behind enhanced public access is plain” because broad dissemination of scientific findings will increase innovation and promote economic growth”.
Il dibattito sull’accesso aperto ai risultati della ricerca è molto vivace e, come si vede, il decisore pubblico mostra di non ignorarlo. Almeno all’estero. Sfortunatamente finora nulla di tutto ciò si è visto in Italia. E’ lecito sperare in un cambiamento?
“Sfortunatamentefinora nulla di tutto ciò si è visto in Italia” è una frase che davvero non fa giustizia alle università dove squadre miste di esperti (docenti-biblioteche-informatici) da parecchio tempo lavorano all’implementazione delle “policies” e delle pratiche OA e svilupppano (ma da anni) gli archivi istituzionali OA; né, tutto sommato, ad altre realtà che lavorano in questo senso con varietà di competenze e di ruoli, dalla CRUI al CASPUR (e mi scuso per aver citato solo questi due soggetti); né a tutte quelle iniziative convegnistiche, seminariali ed editoriali che si stanno svolgendo – non da oggi – per parlare, far conoscere e promuovere OA; né, infine, alla numerose persone che di OA fanno un motivo di impegno quotidiano, sviluppando una preziosissima collaborazione tra componenti ed expertise diverse e complementari negli atenei. Il panorama italiano è tutt’altro che statico e ignaro. Altro è dire che che il MIUR è in ritardo su questo tema, come apparve chiaro quando il ministro Profumo, da me interpellato in una riunione pubblica su cosa prevedesse a sostegno del’OA, non seppe cosa rispondere. E ora, scusate, scappo alla riunione della commissione OA della mia nuniversità…
Caro Guido, mi rendo conto di non essere stato chiaro nello stendere il breve commento al pezzo del NYT. Io mi riferivo a un livello (politico-istituzionale) pari a quello discusso nell’op-ed.
Forse un primo accenno c’è.
Oggi viene presentato researchitaly dove troviamo addirittura una pagina dedicata ad open acces e open data
https://www.researchitaly.it/fare/ricerca-e-societa/comunicare/
Vediamo se si agirà di conseguenza.
Totalmente d’accordo
Bisogna ripensare il sistema delle pubblicazioni e renderlo free per tutti (essendo i dati ottenuti con fondi pubblici o donazioni) ed i costi di pubblicazione largamente coperti dagli autori dei lavori
In campo biomedico i costi per gli abbonamenti sono insostenibili ed in continuo aumento con i grossi gruppi editoriali (es Nature ed Elsevier) che macinano utili su utili (sui fondi pubblici per la ricerca)
Altri problemi
i) Il peso delle riviste delle società scientifiche è in continua diminuzione
II) I comitati editoriali dei big journals sono, nel migliore dei casi, formati da ex-scienziati (quindi non più attivi) che decido se un lavoro deve procedere per una reviewing dettagliata e quindi di fatto influenzano lo sviluppo della scienza.
E’ un dubbio che mi affligge da un po’: da sostenitore dell’opensource e della ricerca libera son perfettamente d’accordo sulla teoria ricerca pubblica-accessibile.
D’altro canto si pone il problema della (cosiddetta) valutazione delle ricerche; problema che fino ad oggi è stato di fatto demandato ai “referee” delle diverse riviste.
Ovvero ad oggi (ed almeno per la chimica è innegabile) il “valore scietifico” d’una pubblicazione è direttamente proporzionale all’impact factor della rivista che la pubblica.
Quindi in un ottica OA come si valutano le pubblicazioni?
Ma in fondo è davvero necessario valutare le pubblicazioni?
O è più facile far cambiare metro di giudizio ai diversi abitanti della comunità scentifica?
Studio da tempo il tema dell’accessibilità degli atti pubblici.
Penso che la Raccomandazione della Commissione CE del 17 luglio 2012 (http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/ LexUriServ.do?uri=OJ:L:2012:194:0039:0043:IT:PDF) all’informazione scientifica e sulla sua conservazione abbia la sua valenza, debba essere letta in combinato disposto con il parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un accesso migliore alle informazioni scientifiche: aumentare i benefici dell’investimento pubblico nella ricerca» (http://eur-lex.europa.eu/ LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2013:076:0048:0053: IT:PDF).
Questa è la base di partenza.
Il grimaldello che ci serve , si trova nel regime della fruibilità dei dati della pubblica amministrazione e – se non basta – il fatto che le ricerche scientifiche finanziate dalla Comunità o comunque con i soldi pubbici, sono atti amministrativi, in quanto finiscono nei cv et studiorum di chi ne è l’autore, anche e sopratutto ai fini concursuali.
Seguitemi nel ragionamento.
Il D.p.r. 455/2000 pone l’accesso ai documenti/informa-zioni del sistema relative a informazioni relative alla gestione dei documenti, mediante espressioni a mezzo di operatori logici (art. 58 ) può essere sia esterno (art.59) che interno, ed effettuato dalle p.a. (art.60).
Questo è stata dapprima definito dall’Aipa [Aipa, Glossario, in I Quaderni,8/2002, suppl. al 2/2002 di Informazioni, dedicato a I dati pubblici; linee guida per l’accesso, la comunicazione e la diffusione, 27] e in seguito dal Codice dell’Amministrazione Digitale.
Che definisce la fruibilità di un dato come la possibilità di utilizzarlo anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un’altra amministrazione [Art.1 co.1 lett. t) D.Lgs. 82/2005 ed art.43 D.p.r. 445/2000 (T.U.d.a.), ovvero l’accesso interamministrativo telematico. Il riferimento alla sola fruibilità dei dati, anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un’altra amministrazione, è dato dall’art.1 co.2 lett. t) Cad.], inquadrandolo nell’interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione, lo scambio dei dati e per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni medesime [Art.14 co.1 D.Lgs. 82/2005], anche mediante accordi tra i vari enti pubblici (accesso intreramministrativo), con autorizzazione all’accesso presupponente atti idonei a concretizzare il principio di comunicazione interna al sistema amministrativo [D.Lgs. 165/2001. Quanto all’interscambiabilità dei documenti: art.3 Delibera Aipa, 23.11.2000 n°51].
Sorge quindi un obbligo di raccordo con le misure organizzative volte ad assicurare il diritto di accesso ai documenti amministrativi e alla disponibilità dei dati. Misure che sono da identificare con gli strumenti amministrativi posti in essere dalle amministrazioni per consentire l’effettivo esercizio del diritto da parte dei soggetti legittimati, a partire dagli Urp.
Il principio di disponibilità dei dati pubblici [Art.2 co.1 D.Lgs. 82/2005, declinato dall’art.50 co.1] volge alla possibilità di accedere ai dati senza restrizioni non riconducibili ad esplicite norme di legge [Art. 1 lett. o) D.Lgs. 82/2005] relativi ai dati di cui è titolare in modalità digitale [Art. 2 co.1 D.Lgs. 82/2005] a privati e ad altre amministarazioni, con il limite generale del bilanciamento dell’accessibilità con quello della riservatezza [Regolamenti di attuazione dell’art.24 co.4 l.241/1990. Tale norma impone alle singole amministrazioni l’obbligo di individuare con regolamento le categorie di documenti da esse formati o rientranti nelle loro disponibilità, sottratti all’accesso per le esigenze di cui alla norma in commento. In caso di mancato esercizio del potere regolamentare, tutti i documenti sono accessibili, salvo i casi previsti da leggi diverse dalla legge predetta. L’ art. 10 co.3 del regolamento emanato con D.p.r. 27.6.1992 n. 352 ha istituito la commissione per l’accesso e con essa i regolamenti concernenti la disciplina del diritto di accesso, prevedendo che quelli adottati dagli enti locali debbano essere trasmessi a tale commissione tramite i Prefetti. Se l’ente locale non vi provvede, è prevista la nomina di un Commissario per la loro adozione. La commissione ha elaborato le linee guida in materia: n. Di.C.A 5840- II/4.5.2.1. del 3.6.1999] .
La fruibilità di un dato documento concerne l’accesso non solo a tale documento ma pure il fascicolo, che nella p.a. digitale equivale a quello informatico.
Il fascicolo informatico è dunque posto come mera esigenza strumentale, al pari del fascicolo cartaceo [Art.41 co.2 Cad] , mirando solo all’efficienza di sistema di consultazione (attraverso il sistema pubblico di connettività, art. 73 Cad) tra varie amministrazioni, sia che siano coinvolte o meno nel procedimento amministrativo [Art. 2-bis e art 58 co.2 Cad, per cui al fine di agevolare l’acquisizione d’ufficio e il controllo sulle dichiarazioni sostitutive riguardanti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli artt. 46 e 47 D.p.r. 28.12.2000 n°444, le amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica, sulla base delle linee guida, predispongono convenzioni aperte all’adesione di altre p.a. interessate, volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati, senza oneri a carico delle amministrazioni procedenti, valevole anche come autorizzazione ex art. 43 co.2 D.p.r. 28.12.2000 n°444] , potendo operare controlli simultanei sullo stesso data base [Art.4 D.p.c.m. 20.2.2007].
L’acquisizione dei dati da parte di altre amministrazioni che partecipano al procedimento amministrativo elettronico, può avvenire anche mediante conferenze di servizi, dove i pareri e le valutazioni acquisite per via telematica, sono inseriti nel fascicolo informatico.