Segnaliamo questo articolo pubblicato sul New York Times perché ci sembra mettere in luce alcune caratteristiche del sistema educativa americano spesso sottovalutate, se non ignorate. Siamo infatti abituati a valutare positivamente il sistema educativo degli Stati Uniti per le sue scuole e università di eccellenza; in particolare viene spesso sottolineato come ai primi posti dei ranking internazionali vi siano stabilmente collocate per lo più università americane; e da questa constatazione si trae spunto per proporre in Italia soluzioni che ci permettano di imitare tale straordinario successo. Da questo articolo invece apprendiamo  che il sistema educativo “eccellente” riguarda nel suo complesso solo il 10%  dei ragazzi americani, mentre il resto si deve accontentare di molto poco; e che tale “great divide” si sta progressivamente approfondendo, perché anche gli interventi di Obama han finito per dirottare le scarse risorse federali verso gli studenti che ne hanno meno bisogno. Sebbene le spese USA per educazione siano, per il settore preuniversitario, in linea con i più avanzati paesi e quelle per l’università siano molto più generose, tuttavia tale spesa non è efficiente perché le risorse sono indirizzate agli studenti più benestanti. Insomma «l’eccellenza educativa è sempre più la riserva dei ricchi», a causa di ben noti fenomeni di selezione sociale che portano solo i figli delle famiglie più avvantaggiate ad accedere nelle scuole e nei college migliori. Ma infine è interessante notare come nel NYT si abbia la consapevolezza del fatto che «storicamente forti crescite nell’educazione sono stati il volano più grande del successo economico americano» e che «un incremento di un anno in media di scolarizzazione corrisponde a un incremento dal 3 al 4 per cento delle crescita economica nel lungo periodo». Una consapevolezza che in Italia è ancora lungi dall’essere ampiamente diffusa.

Schooling Ourselves in an Unequal America
by Rebecca Strauss

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51 Commenti

  1. Venendo allo specifico della questione, citando statistiche, magari più o meno estrapolate dal contesto, si può dimostrare tutto. Anche non estrapolando dal contesto, per la verità.

    Riguardo all’Italia, potrei dimostrare che la tanto denigrata evasione fiscale sia del tutto nella media, specialmente al nord. Che il debito pubblico italiano, ritenuto mostruoso, non sia invece un grande problema. Anzi, che alla fine, contata la ricchezza privata, l’Italia sia in una situazione eccellente, solo con qualche sbavatura. Che il divario nord/sud sia ingigantito ad arte. Che non esista alcun problema riguardo al sistema educativo. Che non esista, guardando bene, alcun problema italiano riguardo all’innovazione tecnologica. Che la criminalità, alla fine, in Italia sia molto meno un problema rispetto ad altri paesi. Che la stessa mafia, alla fine, non sia un gran problema. Che siamo meglio della Germania. Che alla fine abbiamo la miglior qualità della vita al mondo. Che non ci sia alcun problema riguardo alla sostenibilità del sistema pensionistico. Che la corruzione non sia un grande problema in Italia, anzi che in Italia si garantisca, molto meglio che in altri paesi, l’indipendenza della politica dal grande capitale. E così via.

    Non sto riportando mie opinioni. Sto riportando affermazioni che ho sentito fare, nel corso degli anni. Tutte con il supporto, a detta dei proponenti, di dati inoppugnabili.

    Non voglio entrare nello specifico, personalmente alcune di queste affermazioni le condivido, altre no. Constato solo che, seguendo la linea interpretativa di cui sopra, si arriva non solo a Letta ma anche a Tremonti, Berlusconi, Vespa, Andreotti o Craxi. Anche loro, come voi, anno sempre sostenuto che “va tutto bene, madama la marchesa”. Sì, qualcosa si deve cambiare ma, dopotutto, siamo i migliori al mondo.

    Può anche essere vero, per carità. Constato solo che, di questo passo, si può anche contrastare decisamente l’indignazione morale verso questo paese, su cui la sinistra da decenni capitalizza per mantenere i propri consensi. Si arriva ad Andreotti, Craxi o Berlusconi. persino al Bossi romanizzato e governativo. Fate voi.

    Infine, la teoria secondo cui in Italia non esisterebbero problemi strutturali ma solo cattivi italiani che si divertirebbero ad affossare l’Italia, mi sembra faccia acqua da tutte le parti, e lo si può dimostrare semplicemente invocando la coerenza interna della teoria.

    Infatti la sinistra tipicamente italiana (purtroppo la maggior parte della sinistra) e la destra tipicamente italiana (purtroppo la maggior parte della destra), entrambe sostengono questa tesi.

    Peccato che i cattivi, gli antiitaliani che tramano contro la vera Italia, stiano da parti opposte e inconciliabili. Antiitaliano è Berlusconi, per la sinistra. Per la ex ministra Gelmini, invece, sono antiitaliani coloro i quali contrastano Berlusconi.

    Posso aver risposto senza conoscere uno studio (peraltro risponderò anche a questo, nel prossimo intervento) ma credo, riguardo alla vostra linea interpretativa, di poterla del tutto non condividere.

    In Italia, come recitava il titolo di un libro, gli italiani sono sempre gli altri. Ed, io aggiungo, gli antiitaliani sono sempre gli altri. Ritengo, mi spiace tanto, che invece l’Italia abbia pesanti deficit strutturali. Credo di sapere il perchè ma andrei fuori tema e mi attirerei scontate accuse e credo anche insulti.

    • Stefano Spagocci: “Infine, la teoria secondo cui in Italia non esisterebbero problemi strutturali ma solo cattivi italiani che si divertirebbero ad affossare l’Italia, mi sembra faccia acqua da tutte le parti”
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      In questa discussione chi avrebbe sostenuto questa teoria? Mi sembra che lei si stia costruendo dei fantocci da usare come bersaglio per discorsi tanto ampi quanto vaghi.

  2. Premesso che, qualora non riceva altri messaggi evidentemente irritanti ed offensivi verso la mia persona (altra cosa sono le critiche alla mia interpretazione dei fatti), non aggiungerò altro, vorrei però precisare quanto segue.

    Non chiedo di condividere le mie valutazioni. Chiedo solo di non offendere e non scadere in toni di denigrazione personale, spesso adottati nei forum italiani più prettamente politici, per lo più verso chi esprima visioni ed interpretazioni non politicamente corrette. Ma forse è un caso.

    Parlare di studenti zucconi che farebbero meglio a cambiare corso di studi, oltre che direttamente allusivo a quanto su di me scritto da un altro utente, mi sembra una caduta di tono non degna del rigore che si vuole su questo blog. Oltre che tipica di una certa mentalità, su cui non mi dilungo.

    Non credo di aver scritto cose così sbagliate, sostenendo che certo non possono essere gli italiani a rimarcare le contraddizioni degli USA. Perchè, come scrivevo, nelle classifiche da voi stessi rimarcate l’Italia fa peggio o egualmente degli USA. Con però tutte le differenze a favore degli USA in molti settori della vita economica e culturale.

    In altre parole, noi assommiamo i difetti dello statalismo e del liberismo. Del capitalismo selvaggio e della iper-regolazione. E così via. O, in altre parole ancora, imitiamo gli USA nel loro peggio e non nel loro meglio.

    Io credo che i dati empirici confermino questa lettura ma, poichè non siamo nel campo delle scienze fisiche, non esiste una sola lettura dei fatti, o meglio non deve necessariamente esistere una sola lettura che prevalga sulle altre.

    Parlando della meritocrazia e mobilità sociale negli USA, credo che la stessa fuga dei cervelli dall’Italia provi che gli USA, ma non solo loro, siano molto più aperti al merito dell’Italia. A meno di non voler denigrare, come si è fatto, i ricercatori emigrati, salvo usarli, quando fa comodo, per dimostrare l’alto livello del sistema educativo italiano.

    Non ho certo potuto approfondire l’argomento in due giorni e sicuramente lo farò in futuro. Però, statistiche per statistiche, ricordo “The Bell Curve”. So non trattarsi di lettura politicamente corretta, anzi posso anticipare le vostre reazioni, ma è pur sempre basata su statistiche ufficiali.

    Ebbene, in quello studio si afferma che il quoziente di intelligenza, in USA, sia un miglior predittore del successo economico di un individuo, rispetto al background famigliare.

    Questo è tipico di una società meritocratica e non è in contrasto con statistiche come quella da voi mostrata. Potrebbe infatti darsi che, in famiglie dove si coltivino intelligenza e cultura, esse si trasmettano più facilmente ai figli. E, in una società meritocratica, certo con i rischi di spietatezza che, a torto o a ragione, inquietano gli europei, tutto ciò genera successo economico che tende a trasmettersi.

    Non si avrebbe quindi un blocco verso chi voglia migliorare la propria condizione, come spesso avviene in Italia. Si avrebbe piuttosto una underclass, o lower middle class, nella quale è difficile uscire da una certa spirale. Per colpa di fattori oggettivi.

    Ciò non toglie che, secondo “The Bell Curve”, quando si consideri il quoziente di intelligenza, il fattore razza, o il successo economico dei genitori, assumano molto meno importanza.

    Un bianco o un nero povero, qualora dotati, non sarebbero frenati da una discriminazione di razza o di classe, se non nel fatto che è meno probabile che lo siano, perchè certe spirali discendenti, una volta innescate, sono difficili da disinnescare.

    “The Bell Curve” riconosce il problema della polarizzazione della società USA, solo che ne propone una possibile terapia diversa da quelle progressiste.

    Dopodichè ci si può appellare alla solidarietà, riconoscere la società USA come latrice di darwinismo sociale da condannarsi e così via. Tutto legittimo, io intendevo solo dire che noi non siamo svedesi o olandesi e non siamo nella condizione di contrapporre il nostro modello a quello USA.

    Non dico certo lo si debba adottare in toto, dico solo che, personalmente, alla società italiana preferisco quelle anglosassoni, pur con tutte le loro luci e ombre, sulle quali potrei portare personale testimonianza.

    Dovessi giudicare lo stato sociale scandinavo o centroeuropeo, sarebbe diverso. Ma anche la Vecchia Europa si è da tempo resa conto che il proprio modello vada corretto e rischi, o abbia rischiato, di diventare troppo burocratico e ingessato. Figuriamoci l’Italia.

    Mi sembra siano posizioni che, almeno a parole, sostiene anche la parte migliore della sinistra. E, viceversa, la parte peggiore della destra rifiuta.

    Dunque non mi sembra che quanto sostengo io sia così campato per aria. Ma mi attendo già le solite reazioni scomposte e prevedibili accuse. Alle quali, salvo insulti o basse insinuazioni, non replicherò.

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