«Il regime totalitario è caratterizzato soprattutto dal tentativo di controllare capillarmente la società in tutti gli ambiti di vita, imponendo l’assimilazione di un’ideologia: il partito unico che controlla lo Stato non si limita cioè a imporre delle direttive, ma vuole mutare radicalmente il modo di pensare e di vivere della società stessa. […] Un ruolo fondamentale in tal senso è svolto dalla scuola e dai mass media.»

https://it.wikipedia.org/wiki/Totalitarismo

«Avrò sempre abbastanza soldi per vivere», «Riuscirò a comprare le cose che voglio», …, PER NIENTE, POCHISSIMO, POCO. ABBASTANZA, MOLTO, TOTALMENTE: Metti una crocetta su un solo quadratino. No, non è uno scherzo ma una domanda somministrata da INVALSI agli alunni/e di quinta elementare. È iniziato tutto con la condivisione su un gruppo Whatsapp della foto di una domanda del questionario studenti destinato agli allievi di quinta elementare. La successiva condivisione su Facebook ha innescato una diffusione virale che si è propagata anche a Twitter e infine ai maggiori quotidiani: la Stampa, Corriere della Sera, Repubblica. Persino il Caffè di Gramellini. Che la base scientifica dei test INVALSI sia fragile è qualcosa che può sfuggire al grande pubblico. Ma quando vieni messo di fronte a queste domande, diventa chiaro l’asfittico sfondo ideologico di questo ingombrante e costoso apparato valutativo.

Link per firmare l’appello:“Fermiamo la trasformazione della scuola in azienda”

1. Domanda del Questionario Studente somministrata agli alunni di quinta elementare durante le prove INVALSI 2017/18.

2. Estratto da “Piccoli imprenditori crescono: i modelli MIUR per le scuole elementari e medie” di Rossella Latempa:

Nell’ottobre scorso, in attuazione del decreto delegato della cosiddetta Buona Scuola sulla valutazione e certificazione delle competenze, nella disattenzione generale e mentre l’opinione pubblica si concentrava su questioni docimologiche (“voto numerico” e “bocciatura si-bocciatura no”) sono stati emanati i modelli nazionali di certificazione delle competenze per gli allievi che concluderanno le scuole elementari e medie a partire dall’estate prossima.

Per i ragazzini delle medie la scheda di certificazione conterrà una parte dedicata alle competenze europee redatta dagli insegnanti ed una parte a cura dell’INVALSI, che registrerà i risultati ottenuti ai test di Matematica, Italiano ed Inglese, diventando di fatto fonte privilegiata di informazioni pubbliche sui livelli di apprendimento del singolo allievo.

Per i bambini delle elementari la scheda di certificazione è riferita alle otto competenze europee, tra cui proprio quella denominata “spirito di iniziativa e imprenditorialità”, che in Italia è diventata semplicemente “spirito di iniziativa”. La dicitura internazionale compare per esteso, in inglese a carattere ridotto ed in corsivo, in basso a sinistra (vedi Fig. 1). Il legislatore non se l’è sentita, insomma, di associare la parola “imprenditorialità” alla formazione di bambini di 6-10 anni. Resta il fatto che i consigli di classe delle varie scuole del Paese dovranno adoperarsi per “testare” la capacità di “realizzare progetti”, essere “proattivi” e capaci di “assumersi le proprie responsabilità” fin da piccoli. A questo proposito sottolineiamo due aspetti.

Fig. 1 – Estratto dal modello di certificazione per la scuola primaria (DM 742/2017)

Primo: l’enfasi sull’attivismo perenne finalizzato ad un obiettivo, a cui l’imprenditorialità intuitivamente richiama. Fin da bambini infatti, “in una logica di verticalità”, spiega la circolare ministeriale, è importante orientare gli studenti ad “una forma mentis imprenditoriale”, all’ “assunzione del rischio” e delle “proprie responsabilità”. Tutte cose utili non solo per diventare imprenditori veri e propri – si chiarisce – ma in qualsiasi contesto lavorativo e di cittadinanza attiva. Il futuro cittadino-imprenditore globale, suggerisce la letteratura economico-educativa internazionale, va costruito fin da piccolo. “Starting strong”, scrive l’OCSE nella recente pubblicazione “Early Childhood Education and Care, dove parole nobili come “educazione” e “cura”, non sono più diritti universali dell’infanzia di ciascuno, ma mezzi e strategie finalizzate e re-interpretate in funzione di un obiettivo: “gettare le fondamenta dello sviluppo di skills”. Il futuro cittadino transnazionale è “cittadino” solo se “attivo”. Nei documenti scolastici la parola cittadinanza non esiste più, se non in concomitanza del termine “attiva”. La qualificazione è diventata da qualche tempo necessaria, come se non potesse esistere un cittadino in-attivo, in-competente: un cittadino contemplativo, che non produce nulla. Che gioca, legge, colora, perde tempo. Almeno alle scuole elementari.

Secondo: l’approccio alla realtà, competitiva e perennemente incerta.  Il report tecnico del modello Entrecomp (vedi prima parte di questo resoconto) si pone il problema pedagogico – come insegnare l’imprenditorialità – in un paragrafo specifico[1]: “la componente conoscenza non rappresenta una sfida per l’educazione imprenditoriale [dunque] metodi come letture o elaborazione delle informazioni non sono appropriati[2]. Continua: elementi di competitività vanno introdotti gradualmente dalla primaria alla secondaria, per dare agli allievi l’opportunità di convalidare le loro idee e l’ambiente imprenditoriale/di start up [in cui operano]”.

[1] http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/bitstream/JRC96531/jrc96531_final.pdf, pag. 58.

[2] Ivi, pag. 61.

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11 Commenti

  1. Ma questi che hanno ideato e scritto questi documenti, a livello comunitario e nazionale, hanno il senso e la consapevolezza della propria responsabilità individuale? Chi sono, o si nascondo dietro l’etichetta team? Sì, nel documento di cui sopra che ha 150 pp. all’incirca, vedo che hanno nome e cognome, ma cosa sono, cosa hanno combinato nella vita? Per bambini/e di 8-12 anni gli irlandesi impongono “The Junior Entrepreneur Programme (JEP) is an Irish initiative…”. I danesi hanno un programma “NextLevel [che] creates a link between school and the real world. ” Perché, la scuola non fa parte del mondo reale? Ma che razza di ideologia sta dietro a queste aberrazioni concettuali e pedagogiche? Del resto ho visto in Danimarca i risultati della scuola media normale per gente media normale, non dell’élite.

    • “La scuola italiana che sta emergendo dalle innovazioni promosse da governi di sinistra, è infatti la scuola del totalitarismo neoliberista. È, cioè, una scuola da cui va progressivamente scomparendo la trasmissione di una cultura disinteressata, fondata su valori stabili ed organizzata in maniera sistematica e razionale, secondo quando richiesto da una regolazione puramente mercantile della società, per la quale non esiste se non quello che è immediatamente utile, continuamente modificabile, e del tutto convenzionale. È una scuola che sta gradualmente perdendo la sua fisionomia unitaria, pubblica e nazionale, sostituita dalla concorrenza reciproca, sul terreno dell’immagine, tra istituti scolastici sempre più legati ad interessi particolaristici, in conformità ad una logica totalitaria che esige dappertutto frantumazione invece che unità, concorrenza invece che organicità, immagine invece che sostanza. È una scuola in cui si vanno sempre più determinando gerarchie arbitrarie e poco sensate competizioni tra gli insegnanti, in base al modello organizzativo aziendalistico, con la sua moltiplicazione delle differenziazioni e la sua esasperazione delle rivalità, che il totalitarismo neoliberista ha già trasferito dalle aziende private agli uffici pubblici, e tende ora a trasferire anche nel sistema dell’istruzione. È una scuola orientata non più all’educazione, bensì all’acquisizione di abilità prive di finalizzazione educativa, in quanto l’educazione è un momento che trascende l’interesse economico e l’utilità immediata, e che quindi, apparendo economicamente superfluo, tende ad essere eliminato.”

  2. il Giornale:
    _______________
    Test Invalsi, la domanda che scatena le polemiche
    _______________
    Una domanda che ti aspetti di trovare in un sondaggio o in un test psicoattitudinale per una selezione aziendale. E che invece è posta a bimbi tra i 6 e i 10 anni che probabilmente non sanno ancora nemmeno quantificare i soldi necessari per vivere o il concetto di “buon lavoro”.
    http://www.ilgiornale.it/news/cronache/test-invalsi-domanda-che-scatena-polemiche-1525446.html

  3. il Messaggero:
    __________________
    «Avrai soldi e un buon lavoro?» Polemica per la domanda del test Invalsi
    «La fotografia di dove stiamo andando è tutta nella sezione numero 10, nelle domande rivolte ai bambini e alle bambine di tutte le classi quinte di scuola primaria. Le residue speranze a cui aggrapparci sono lì, messe tra parentesi da un bambino che dentro le crocette non ci sta. Non posso però tacere il disgusto per quello che stiamo dicendo anche in momenti come questi a chi sta crescendo con noi, lo sconforto profondo per la povertà assoluta che gli stiamo consegnando, la rabbia di fronte ad una scuola che, come sistema, si esprime così, in prove per polli da batteria sotto il cappello del più squallido dei sistemi di valore. Quanti soldi avrai e quanto comprerai nella tua vita?».
    https://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/invalsi_test_scuola_bambini_soldi_lavoro_polemiche-3725243.html

  4. Non si dovrebbero usare le parole a casaccio, nemmeno con i bambini, o tanto meno con i bambini.
    «Pensando al tuo futuro, quanto pensi che siano vere queste frasi?» Una frase non è né vera né falsa. Una frase è una struttura astratta in cui si inseriscono elementi lessicali il cui significato concatenato dà senso alla frase , senso che a sua volta è vero o falso o altro ancora. È il significato della frase o, meglio, dell’enunciato , ad essere dotato del valore di verità (vero o falso). Se si dice “il sole brilla”, oltre i rapporti formali corretti linguospecifici (non:” il sole brillano, la sole brilla”, ma solo “il sole brilla”), la verità dell’affermazione dipende dal suo rapporto con la realtà per come la concepiamo. Se pensiamo , crediamo, che il sole rotoli sulla volta celeste, se lo esprimiano in una frase, questo è vero. In seguito la concezione scientifica può cambiare, ma magari la lingua conserva quest’espressione come tradizionale e come figurata. Se diciamo “ i cavalli verdi miagolano”, la frase è grammaticalmente, formalmente, corretta, ma semanticamente assurda o al massimo poetica, per lo meno finché non si scopra o si crei una razza di cavalli con queste caratteristiche. Siete d’accordo?

    • Aggiungo: la questione è ancor più complicata coll’uso del tempo futuro o con la proiezione nel futuro, rispetto al quale nemmeno so se si possano applicare i concetti di vero o falso. Semmai si potrebbe dire : io aspiro, e questa mia aspirazione è reale , vera, ma non so se si realizzerà, farò di tutto , anche a costo di passare sugli altri, per realizzarla, per diventare ricco, bello, sano e famoso (anche al femminile, per carità ) e non, masochisticamente, povero, brutto, malato e insignificante, insomma un povero sfigato.

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