Riceviamo e volentieri pubblichiamo un divertissement inviatoci da un lettore che si è cimentato in un pastiche che imita lo stile “smart” dei documenti prodotti dalle task force governative. Nella scuola del futuro c’è un po’ di tutto: l’alfabetizzazione dei futuri, battezzata “futures literacies” (l’Inglesorum fa sempre colpo), le competenze digitali di base ma anche l’intelligenza artificiale e i quantum computer, una scuola stellare che si ispira a Elon Musk (il fondatore di SpaceX). In poche parole, una scuola “illiberamente partecipativa, aperta e situata a livello locale nel proprio contesto, ma anche in quello planetario. In un termine […] ‘glocal’”. Anche se a tratti la parodia calca eccessivamente la mano sconfinando nel grottesco, ci è sembrato valesse la pena di pubblicarla perché offre una divertente caricatura dei tic e dei vacui refrain anglofili degli esperti de noantri.
Buona lettura!
“La scuola del futuro si può fare già da domani, che non vuol dire che sarà realizzata ma che qualunque cosa scelgo oggi, andrà in quella direzione. Siamo a buon punto, lavoriamo velocemente ma non in fretta. Futuri improbabili, ma possibili insegnano ad essere preparati a situazioni imprevedibili. Il nostro goal è fornire un metodo attraverso cui dare modo a ragazzi tra i 14 e i 24 anni e insegnanti di leggere e scrivere il futuro”. In due parole il “futures literacies”, cioè l’alfabetizzazione dei futuri, competenze necessarie per leggere l’ambiente cangiante, decifrarne gli scenari di evoluzione e scriverne i futuri possibili, sceglierli e realizzarli”
Come?
“Puntiamo ad introdurre competenze digitali di base ma anche avanzate: dall’intelligenza artificiale alla robotica, dalla realtà virtuale aumentata ai quantum computer, che coniughino tecnologia e scienze umanistiche in progetti interdisciplinari di gruppo. Guidati da competenze di ‘futures literacies’, in contesti progettuali, per gruppi di interesse e non solo di età ed attraverso un’educazione al group thinking che insegna a discostarsi dall’opinione preponderante nell’ottica di una educazione ad una cittadinanza globale“.
Fantascienza?
“No, realtà. La scuola del futuro è illiberamente partecipativa, aperta e situata a livello locale nel proprio contesto, ma anche in quello planetario. In un termine è ‘glocal’ l’unica forma di globalizzazione che può funzionare“. Le si avvicina il modello finlandese, a cui la no profit guarda con attenzione, ma anche la ‘scuola stellare’ di Elon Musk dove bimbi di ogni età studiano insieme o quella di Peter Diamandis, imprenditore della Silicon Valley che, rivoluzionando i paradigmi, ha abolito i voti e promosso un rivoluzionario processo di ‘avanzamento’“.
Scuola del futuro in distanza o in presenza?
“Scuola interconnessa-connessa. Qualunque sia la distanza fisica staremo insieme. Gli strumenti digitali amplificano e massimizzano la capacità di collaborare. Credo nel mix tra le due cose: off line e on line. E la Dad potrebbe spingerci a velocizzare l’introduzione di giochi e metodi che accelerano l’apprendimento (anche in presenza), nonché l’attenzione dei ragazzi, la motivazione e l’interesse“
Ancora una volta, insomma: andrà tutto bene!
Lessico, intenzioni, stile: è tutto plausibile.
Non proprio tutto: gli anglicismi scarseggiano.
Appena un pizzico di imprenditorialità in più, ed è dissemination-ready per il prossimo think-tank.
È un po’ come quando Crozza imita Zichichi: la gara di rilanci con l’originale finisce per farti perdere l’orientamento e non sai più quale sia “davvero” la caricatura..
[…] il verso ai tic e agli slogan degli esperti ministeriali. Il titolo diceva già tutto: “Il nostro goal: insegnare “futures literacies” e “group thinking” in una scuola illiberalmen…“. Spiace doverlo ammettere, ma il presunto autore del divertissement si è preso gioco della […]