Riceviamo e volentieri pubblichiamo
La versione attuale della legge di bilancio rischia di azzerare per il maggior Ente pubblico di ricerca nazionale decenni di sofferte e partecipate conquiste nell’affermazione dell’autonomia della ricerca. Un lungo percorso normativo ha sancito l’autonomia della ricerca in Università ed Enti di Ricerca a partire dalla legge 168/1989, che ribadisce il carattere non strumentale del CNR ed afferma la sua autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione. Percorso infine approdato al decreto legislativo 218/2016 che, nel recepire la raccomandazione della Carta Europea dei Ricercatori, ha imposto al CNR la presenza in CdA e Consiglio Scientifico di rappresentanti della comunità scientifica interna. Ebbene, pur essendo questo percorso ancora in itinere, esso viene cancellato, in un solo colpo, dall’art. 100 della proposta di legge di bilancio 2022 che di fatto riporterebbe indietro il CNR sotto il controllo diretto del Governo, come è già accaduto al CNR nel periodo più buio della storia d’Italia.
La proposta ora all’attenzione delle Camere, scavalcando l’autonomia dell’Ente, prevede infatti la nomina governativa di un Comitato Strategico di cinque esperti (denominato Supervisory Board) che dovrebbe affiancare la Presidente nell’elaborazione di un “Piano di riorganizzazione e rilancio del CNR” (per altro con risorse insufficienti per il bilancio dell’Ente e pari a meno del 10% del contributo ordinario). Il CNR nella sua articolazione prevede già un Consiglio di Amministrazione, per 4/5 di nomina governativa, ed un Consiglio Scientifico in fase di rinnovo. Quest’ultimo prevede 7 membri nominati a seguito di un complesso processo che vede il coinvolgimento delle principali accademie scientifiche italiane e del mondo, e 3 membri eletti dalla comunità interna la cui elezione è stata effettuata solo pochi giorni fa, affidando ai sottoscrittori di questo appello l’onore e l’onere di rappresentare in questo organo la comunità scientifica. Apprezziamo l’inserimento nella legge di bilancio di misure a sostegno della ricerca con un incremento dei fondi destinati sia al finanziamento ordinario sia ad ulteriori iniziative, e accogliamo con favore l’idea che il Governo intenda promuovere un rilancio del nostro Ente. Tuttavia, questo non può che avvenire nel rispetto del dettato costituzionale dell’autonomia della ricerca e dello statuto dell’Ente, e certamente non prevedendo un organismo nominato dal Governo che operi, citiamo testualmente, in deroga alle disposizioni, normative e statutarie, che prevedono, in relazione alle specifiche misure previste dal piano, altri pareri, intese o nulla osta, comunque denominati.
I compiti che la legge intende affidare a questo Supervisory Board, e persino a titolo oneroso (circa 230.000 € sottratte alla ricerca), rientrano nelle attribuzioni statutarie di Consiglio Scientifico e di Consiglio di Amministrazione del CNR, organismi che sono perfettamente in grado di assolvere a tale compito in modo adeguato e certamente con maggior cognizione di causa. Gli eletti dalla comunità scientifica dell’Ente in seno al Consiglio Scientifico rivolgono una ferma richiesta affinché l’articolo 100 della legge di bilancio venga modificato, attribuendo agli organi statutari i compiti che il comma 2 assegna al Supervisory Board, riconoscendo così l’autonomia statutaria del CNR ed evitando anche il rischio del potenziale stallo dell’Ente ingenerato a causa della manifesta incostituzionalità della proposta sul tavolo.
Antonia Bertolino Vito Mocella Antonio Moretti (rappresentati del personale ricercatore e tecnologo presso il Consiglio Scientifico del Consiglio Scientifico del CNR eletti ma ancora non nominati)
Riporto di seguito un commento di Giorgio Sirilli.
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Condivido pienamente quanto sostenuto dai colleghi Antonia Bertolino, Vito Mocella e Antonio Moretti. Ancora una volta assistiamo a riforme verticistiche che non sono figlie di un’adeguata elaborazione e di una partecipazione di chi la ricerca la fa davvero. La Legge di bilancio si propone di riformare il CNR in maniera surrettizia e non seguendo il percorso di una legge ordinaria. Il governo prenderebbe in mano la situazione mediante cinque suoi pro-consoli che, verosimilmente, non hanno mai messo piede a Piazzale Aldo Moro e nei laboratori dell’ente. Se mai il progetto andrà in porto, ci ritroveremo qualche esperto della Banca d’Italia e qualche universitario espatriato, tutti selezionati da Palazzo Chigi con criteri politici. Abbiamo già visto nel passato come vanno a finire i lavori di questi “saggi che rimettono tutto a posto”, come nel caso della commissione Colao il cui rapporto finale è stato ben riposto nel cassetto. Dal testo della Legge di bilancio emerge un esplicito intento di riorganizzare la struttura di governo del CNR, ma nei fatti il “Supervisory Board” (non se ne può più di tutti questi inglesismi) appare come una superfetazione di un sistema di governo dell’ente che, comunque, mantiene inalterate le sue strutture di comando, il consiglio di amministrazione ed il consiglio scientifico. C’è da sperare che il parlamento sappia e voglia modificare il testo proposto dal governo. La comunità scientifica del paese, ed in primis i ricercatori del CNR, è chiamata a mobilitarsi per evitare questo passo falso, forse fatto in buona fede, ma in maniera maldestra, da un governo che cerca di “mettere a terra” le iniziative del PNR.
Da gia’ ricercatore CNR (dal 1982 quando si eleggevano ancora i comitati nazionali di consulenza), e poi dal 2005 ricercatore INAF (ora “associato quiescente”) quando questo ente unidisciplinare e’ stato gemmato dal CNR (come negli anni ’50 INFN, e poi negli anni ’00 INGV e INRIM), in verita’ mergendo istituti ex CNR e Osservatorii …
… ritengo che la cosa migliore sarebbe quella di dividere il CNR in enti unidisciplinari con piu’ strutture sul territorio nazionale (come appunto INFN, INAF e INGV … almeno i primi due rappresentano la quasi totalita’ della disciplina, includendo gli associati universitari, e hanno una preponderanza di personale INAF rispetto a quello universitario del settore disciplinare).
In questo modo si riesce a evitare l’eterodirezione (non mi riferisco a quella da parte dei colleghi universitari, che un po’ esisteva quando le strutture di ricerca CNR erano giovani) da parte di persone di altra disciplina o addirittura non-scienziati. Noi siamo riusciti a farci uno Statuto decente, e ad avere presidenti e CdA con gente “di noi”. In parte avevo raccontato la storia (fino al 2011) qui http://sax.iasf-milano.inaf.it/~lucio/WWW/Personal/Pub/j79.pdf