Riceviamo e volentieri (ri)pubblichiamo un contributo di Eugenio Mazzarella sulla necessità di affrontare con soluzioni ragionate il problema posto dalle abilitazioni conseguite nelle tornate ASN del 2012-13 che vanno incontro a scadenza. Nel mentre, segnaliamo una distinta iniziativa tradottasi in una petizione (leggila qui) volta a sensibilizzare urgentemente la politica a questo problema.
E’ in scadenza la II sessione dell’Abilitazione scientifica nazionale per professore universitario. Il Miur è ancora in tempo a evitare all’università uno spreco di soldi e di tempo, e ulteriori contenziosi, come quelli che hanno funestato la prima sessione ASN. E’ un inutile stress al sistema. L’attuale sessione ha avuto numeri accettabili e gestibili con credibilità di domande nei tempi dati, a fronte della valanga da cui furono travolte le commissione della prima ASN dopo un blocco pluriennale del reclutamento. Ora è proprio questo il punto: la valanga che si rischia sull’ultima tranche di domande per l’attuale sessione. Per due motivi. La durata delle abilitazione, già di quattro anni, è stata estesa a sei. Ma è servito a poco, in mancanza di concorsi locali.
La maggior parte degli abilitati è ancora in attesa di un’opportunità. E moltissime di queste abilitazioni sono in scadenza ed è prevedibile che moltissimi ne chiederanno la riconferma, ripresentandosi al giudizio delle commissioni con un ingolfamento che potrà essere gestito solo come una conferma sostanzialmente formale. E del tutto a ragione. Perché negare la conferma a un abilitato in scadenza, che abbia i requisiti di partecipazione, sarebbe molto opinabile. ll solito Tar sarebbe chiamato a dirimere il busillis di come una nuova commissione abbia motivato l’insussistenza nel merito del giudizio della precedente commissione. Insomma un ginepraio di contraddizioni.
La soluzione è semplice. Sia tolta la scadenza alle abilitazioni per i docenti nei ruoli di ricercatore e di associato. E un motivo c’è, analogico alla normativa che riguardava la libera docenza, che scadeva solo se non esercitata con l’affido di un insegnamento presso un ateneo. Ora poiché chi è nei ruoli della docenza per definizione sta esercitando l’abilitazione ricevuta sul piano didattico, in costanza di una “non improduttività” scientifica ai fini stipendiali (almeno due “prodotti” scientifici nel triennio), non si capisce proprio perché non gli si debba confermare l’abilitazione sine die, fino al venire meno di una delle due condizioni. Per gli abilitati non strutturati si potrebbe confermare d’ufficio l’abilitazione, senza valutazione di merito, se hanno mantenuto i criteri per fare domanda. Si sgraverebbe così l’ultima sessione dell’Asn dal profluvio di richieste di conferma dell’abilitazione, lasciando lavorare le commissioni con agio sui non abilitati che abbiano fatto domanda. Insomma non ci vuol molto a essere ragionevoli nell’interesse del sistema universitario e del miglior funzionamento del reclutamento.
Pubblicata su Il Mattino del 5.12.2017
Non ho certo dimenticato. Ho scritto, appunto, “con stagioni alterne”. Forse Lei non sa o non ricorda che con le famigerate terne, assieme a molti giovani, più o meno, meritevoli, passarono anche meno giovani, più o meno meritevoli, che attendevano dall’ultimo concorso nazionale, degli inizi anni ‘90, per le prime fasce. Purtroppo si è ormai smarrita la dimensione storica o, semplicemente, si scrive senza prima avere letto e compreso. Ribadisco: si è sempre nche se con numeri ben diversi. Ma questo è inevitabile, con il metodo ASN
L’ultimo concorso nazionale mi sembra sia stato alla fine degli anni 90. La legge Berlinguer ha aperto le chiuse e ci sono stati molti concorsi con un risultato complessivo, spalmato in 10 anni, che ha quasi toccato i livelli della 382/80 su tutte le fasce. Dopo la Gelmini c’è stato il crollo dei reclutamenti nella prima fascia e, appena riaperte le chiuse, una forte spinta verso la seconda fascia. L’obiettivo finale è quello verticistico con pochi PO a decidere quel che vogliono, soprattutto per il ricambio dei PA. L’abilitazione è un diplomino da appendere al muro, soprattutto appena sarà ben definita la via del reclutamento attraverso gli RTd. L’orizzonte è cambiato.
Bravo Revizor!
Le terne (solo inizialmente tali; poi coppie) Berlinguer servivano a riassorbire l’enorme coda dovuta al mancato espletamento della maggior parte dei concorsi nazionali ex-382/80.
A loro volta le chiamate dirette dei dipartimenti ex-240/10 servivano e servono a recuperare il blocco decennale dei concorsi iniziato dalla Moratti e solo in parte interrotto da Mussi nel 2008.
La totale mancanza di prospettiva storica di certuni è impressionante. Ma è nulla in confronto alla mancanza di acume dei precari che hanno plaudito al blocco dei concorsi, cioè alla mancata assunzione di oltre 15.000 giovani.
Non c’è bisogno di dilungarsi tanto. Le abilitazioni scadranno.
Perchè ne sono così sicuro? Perchè ormai il fine dei vari governi è quello di far perdere tempo nella massima misura possibile a chi fa ricerca (forse col fine di impedirgli di fare ricerca). Quindi le abilitazioni scadranno, avranno validità sempre più breve e – ça va sans dire – le regole saranno sempre più incomprensibili e complicate.
Dura verità, ma la verità va affrontata!
il concorso cui allude Thor è quello di associato (1996-98, dopo un blocco di 5-6 anni). Per gli ordinari, invece, è stato bandito nel 1992. Dunque, chi non era pronto (all’epoca i concorsi erano nazionali e non “a sportello”) – o non era ritenuto tale, rispetto a colleghi più anziani – ha atteso 6-7 anni. Quel che intendevo dire è che nella storia dell’università ci sono sempre stati periodi di blocco e periodi di porte aperte. Su questo argomento, proprio su ROARS, è apparso un eccellente articolo di Alessandro Figà Talamanca, che dovrebbe essere letto, riletto e meditato. Riporto il primo paragrafo, per rinfrescare la memoria:
“L’articolo 3 della Legge 7 febbraio 1979 che riformava il sistema dei concorsi a cattedra stabiliva che i concorsi fossero banditi ogni anno. Il DPR 382 del 1980, stabiliva che i concorsi di prima fascia fossero banditi “con periodicità biennale” La stessa disposizione si applicava ai concorsi per posti di professore associato. Ma in effetti dal 1980 al 1998, la periodicità biennale non fu rispettata. Dopo il bando del 1979, nel periodo tra il 1980 ed il 2.000, per i posti di prima fascia vi furono tre tornate concorsuali, con bandi emanati, rispettivamente, nell’agosto 1984, nel settembre 1988, e nel giugno del 1992. Altrettante furono le tornate concorsuali per gli associati, con bandi emanati nell’agosto 1984 , nel settembre 1990, e nel gennaio del 1996. L’incertezza sulla data di bandi futuri aveva conseguenze negative nello svolgimento dei concorsi, che si presentavano come l’ultima occasione per una promozione che avrebbe potuto attendere. Possibili errori nelle valutazioni dovevano aspettare fino a cinque o sei anni per una correzione. Insomma i concorsi si svolgevano in un clima di ultima spiaggia che certamente non giovava alla serenità dei giudizi.”
I numeri dell’ASN saranno certo impressionanti, ma questo dato non può ritenersi, formalmente, patologico, appunto perché l’ASN non assegna posti o legittime aspettative. Poi così è stata intesa dai più. Ma questo è un altro discorso.
L’abilitazione è insalubre, pericolosa, soffocante, come una nazionale senza filtro.
A mio avviso la scadenza dell’ASN dovrebbe essere semplicemente prolungata da 6 a 8 anni, come già proposto a fine anno scorso ma non recepito dal governo.
Infatti potrebbero esserci complicazioni per gli abilitati alla prima tornata che sono entrati nel percorso ricercatore tdA + ricercatore tdB, circa contemporaneamente o immediatamente in seguito all’ottenimento dell’ASN, ai fini della chiamata ad associato a conclusione del percorso di tenure track.
Un prolungamento da 4 a 6 anni d’altro canto è già stato a suo tempo introdotto ma non appare sufficiente: spesso nel passaggio tra rtdA a rtdB sono intercorsi alcuni mesi, trattandosi di distinti concorsi.
Peraltro le modifiche alla Legge Gelmini introdotte dal precedente governo hanno comportato dall’anno scorso la possibilità di partecipare ai concorsi ed entrare direttamente in ruolo quale ricercatore tdB, con il solo requisito del possesso dell’ASN, di fatto riducendo a 3 anni il percorso per la chiamata ad associato dei ricercatori tdB e quindi avvantaggiando chi ha ottenuto l’ASN di recente rispetto a chi l’ha ottenuta nelle prime tornate, riducendo a metà il percorso tenure track (che è sempre stato di 6 anni = 3+3, nei Paesi cui si ispirava la Legge Gelmini nell’introdurre la figura dei ricercatori td in Italia).
A ciò si aggiunga che la deroga presente nella Legge Gelmini, che concedeva per 6 anni ai ricercatori a tempo indeterminato un canale speciale per passare a professori di II fascia una volta ottenuta l’ASN – il cosiddetto upgrade, praticamente automatico – è stata estesa dal precedente governo credo a tempo indeterminato: la conseguenza è che i ricercatori a tempo indeterminato che solo ora ottengono l’ASN, pur essendo ricercatori già dai tempi della prima tornata ASN, passano subito ad associati, davanti ai colleghi ricercatore a tempo determinato con ASN dalla prima tornata.
Un po’ troppe disparità di trattamento e deroghe per non rendere giusta e necessaria un’ulteriore correzione riparatrice.
Per caso qualcuno ha un’idea non meramente congetturale di quale sia (se esiste, ovviamente) la posizione del nuovo governo/del nuovo MIUR a proposito della giusta istanza di allungare il periodo di validità delle abilitazioni o anche di renderle definitive? Le prime abilitazioni a “morire” morirebbero nel solo apparentemente lontano ottobre 2019, e quindi non sarebbe male se i tantissimi che hanno ottenuto l’abilitazione nella primissima tornata, quella indetta nel 2012, venissero informati se gliela si lascerà effettivamente morire nei tempi a oggi previsti o no