Da qualche mese a questa parte, la protesta #stopVQR ha acceso i riflettori sul blocco degli scatti dei docenti universitari. Con involontario tempismo, una sentenza del Consiglio di Stato getta luce anche sull’altra faccia del definanziamento universitario, quella degli incrementi delle tasse studentesche. In questi anni di vacche magre, i Rettori hanno ricevuto fiches per il loro Risiko accademico non solo dalle tasche dei dipendenti, ma anche da quelle degli studenti. La vicenda di Pavia, lungi dall’essere un episodio locale, è emblematica a livello nazionale: secondo le stime dell’UDU, nel 2010, 35 atenei su 62 erano fuorilegge perché le loro entrate dalla tassazione studentesca sfondavano il tetto costituito dal 20% del Fondo di Finanziamento Ordinario. Il possibile effetto domino del ricorso pavese era stato sventato dal Governo Monti grazie a un innalzamento del tetto massimo, senza poter però sanare le irregolarità pregresse e, forse, senza nemmeno riuscire a mettere in regola tutti gli atenei. Dopo la sentenza del TAR del novembre 2011, favorevole agli studenti, l’ateneo pavese aveva presentato ricorso al Consiglio di Stato. Il 17 marzo 2016 arriva la sentenza definitiva: l’Università di Pavia dovrà rimborsare agli studenti 1 milione e 700mila euro più interessi di tasse universitarie.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente comunicato stampa dell’UDU
UDU_ TASSE UNIVERSITARIE FUORILEGGE: A PAVIA MILIONI DI EURO RISARCITI AGLI STUDENTI / RICORSO UDU ACCOLTO DAL CONSIGLIO DI STATO, ADESSO RIFORMARE IL SISTEMA
Nella giornata di ieri, 17 marzo 2016, il Consiglio di Stato, ultimo grado di giudizio amministrativo, ha sancito il rimborso agli studenti di 1 milione e 700mila euro più interessi di tasse universitarie, condannando l’Università di Pavia per tassazione fuori legge. La riforma del sistema di contribuzione studentesca approvata nel 2010 dall’Università di Pavia portava allo sforamento del tetto previsto dalla legge, relativo al peso della contribuzione studentesca rispetto ai finanziamenti ministeriali. L’Unione degli Universitari, a Pavia, grazie agli avvocati Ticozzi, Giambelluca e Ferrari, ha portato a casa una vittoria storica per gli studenti italiani tutti. Il ricorso ha inizialmente visto la vittoria immediata degli studenti al TAR, vittoria poi confermata ieri in Consiglio di Stato a cui si era appellato l’ateneo Pavese.
Dichiara Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari: “La ricerca UDU di quei tempi denunciava che gli atenei pubblici fuorilegge, come quello di Pavia, erano ben 35 su 62. Dopo l’avvio di questo ricorso, il Governo Monti cambiò la normativa, nei fatti liberalizzando la contribuzione studentesca di questo Paese, portando l’Italia ad essere il terzo paese europeo per maggiore tassazione universitaria. Basti pensare che la tassazione media per studente, tra il 2012 ed il 2013 è schizzata da 980,81 euro a 1.017,21 euro, fino a raggiungere i 1.052,86 del 2014. L’ingente crollo degli iscritti è senza dubbio una diretta conseguenza dell’aumento vertiginoso delle tasse universitarie. Anche il Consiglio di Stato ha riconosciuto la natura vincolante della normativa sulla tassazione studentesca: il gettito totale delle tasse recepito da ogni ateneo non può essere superiore al 20% di quanto ricevuto dallo Stato come Fondo di Finanziamento Ordinario. La sentenza inoltre stabilisce che la modifica della formula di calcolo di questo indicatore, introdotta dal Governo Monti nel 2012, che prevede l’esclusione delle tasse pagate dagli studenti fuoricorso dal computo del gettito complessivo, non ha valore retroattivo. Inoltre, attendiamo con fiducia altri due ricorsi che saranno dibattuti il 7 aprile, ricorsi che si basano esattamente sulle stesse argomentazioni di questo primo, per importi totali che sfioreranno i 6 milioni di euro”.
Prosegue Jacopo Dionisio: “Questa sentenza è una bocciatura politica evidente per il Governo Monti, che, scardinando il vincolo del 20%, ha deformato la proporzione tra contribuzione studentesca e finanziamenti pubblici. Utilizzando il precedente criterio di calcolo, nel 2014 la contribuzione studentesca ha rappresentato ben il 23,41% del FFO. A seguito di questa bocciatura politica per l’attuale legge in vigore, ribadiamo la nostra richiesta all’attuale Governo di rivedere radicalmente la normativa, andando nella direzione di una contribuzione più equa, che passa necessariamente attraverso un abbassamento sostanziale e generale delle tasse pagate dagli studenti. La nostra non è stata, né a Pavia né altrove, una lotta contro un’Università. Con il ricorso messo in campo nel 2010 il nostro obiettivo era anche denunciare l’atteggiamento della CRUI, rimasta quasi silente di fronte la riduzione drastica dell’investimento in Università e ricerca di quegl’anni”.
Conclude il coordinatore nazionale dell’UDU: “L’università italiana sta morendo, e ancora una volta, con questa sentenza, si dimostra la responsabilità diffusa di questo processo, in capo anche agli atenei, che ha portato gli studenti ad essere i principali soggetti penalizzati. Ieri è stato un giorno fondamentale per le nostre battaglie: abbiamo ottenuto l’innalzamento delle soglie ISEE ed ISPE per accedere alle borse di studio e abbiamo vinto questo storico ricorso, ma non ci fermeremo di certo. Ora la politica deve avere il coraggio di riaprire la discussione per riformare il sistema di contribuzione, esistono delle proposte di legge depositate in Parlamento che rappresenterebbero una buona base di partenza. Si tratta di un passaggio necessario per costruire un’università pubblica finalmente equa ed accessibile”.
Si scrive: “tra il 2012 ed il 2013 è schizzata da 980,81 euro a 1.017,21 euro”…. “”schizzata””…?!?!? E’ un aumento inferiore al 4%…
Ancora: “aumento vertiginoso delle tasse universitarie”… “”vertiginoso””…!?!?!
Forse l’aggettivo è un po’ enfatico, anche se, in un periodo di inflazione vicina allo zero, un aumento del 4% non è trascurabile, soprattutto se viene posto nel contesto di quanto accaduto negli anni precedenti. L’UDU nel 2015 aveva pubblicato informazioni disaggregate ateneo per ateneo che rendono bene l’idea del trasferimento di una parte consistente dei costi sulle spalle delle famiglie. Dall’indagine completa (http://www.unionedegliuniversitari.it/nuova-inchiesta-tasse-universitarie-in-italia-5-in-un-anno-51-in-10-anni-ci-stanno-buttando-fuori-dalluniversita/) estraggo la seguente tabella:

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La tendenza in atto, segnalata dall’UDU, trova riscontro (seppure in una diversa finestra temporale 2000-2010) nelle statistiche OCSE di Education at a Glance che nell’edizione 2013 riportava il seguente grafico. Come si vede, in quanto a incremento di percentuale spesa privata (leggi quota di finanziamento delle università proveniente dalle tasse degli studenti), l’Italia è superata solo da Regno Unito (la riforma Cameron che ha bruscamente innalzato il tetto delle tasse introducendo il sistema dei prestiti), Portogallo e Repubblica Slovacca.
Un vero capolavoro degno di Giavazzi e Boeri per gli esiti di cotanta scienza finanziaria.
La cosa “bella” è che le ingegnose azioni ministeriali che hanno per fine, neppure troppo nascosto, l’asfissia selettiva dell’università pubblica, e che sono facce diverse di una stessa medaglia, sono ancora note a pochi (a livello di consapevolezza sociale), e quelli che vedono (dentro l’università, al di qua della cattedra), spesso, si rintanano nei loro piccoli egoismi e obbediscono tacendo. Assistiamo a riunioni “accademiche” surreali, penose, noiosissime, incomprensibili, in cui viene spiegato il costo di ogni dipartimento calcolato tenendo conto anche dell’uso presuntivo pro capite di carta igenica in un anno. Tutti stralunati, tutti a borbottare, salvo affidare la reazione, di fronte a ogni minima proposta, a un “ci vorrebbe ben altro!”. Allegria di naufragi, in un certo senso.
Gli studenti riavranno i loro soldi e gli scatti per i docenti sono ripartiti, come era giusto accadesse.
Quindi la sola categoria rimasta massacrata dalla Gelmini/Tremonti e’ quella dei ricercatori non-strutturati. Mi chiedo se si stia pensando di tornare a un livello di assunzioni accettabile o se l’intenzione e’ quella di valorizzare 40000 precari di cui varie migliaia con ASN con 200 posti/anno. Cosi’ giusto per curiosita’…