In questo ultimo periodo, con la riapertura della procedura per la richiesta di classificazione delle riviste e la pubblicazione del nuovo Regolamento per la classificazione delle riviste adottato dalla Agenzia Nazionale il 21 luglio 2016, il tema del significato di questa attività classificatoria, delle metodologie impiegate, delle fonti utilizzate, degli standard adottati (o non adottati) e degli effetti sul sistema editoriale è ritornato di grande attualità. Nell’intervento fatto durante il Workshop della Associazione dei Professori di Diritto Amministrativo, si prendono in particolar modo in considerazione la procedura di richiesta di classificazione (i cui limiti e incongruenze la dicono lunga sui ragionamenti che stanno alla base procedura stessa) e il collegamento (a dire il vero azzardato) fra lavori presentati alla VQR e il mantenimento (o promozione) in classe A. L’obiettivo di questa ultima trovata di Anvur/MIUR è quello di potere avere a disposizione indicatori quantitativi (oggettivi) anche per le scienze umane, non considerando le dinamiche che hanno portato alla scelta dei lavori da presentare alla VQR e non tenendo conto del fatto che, nella maggior parte dei settori umanistici, dovendo scegliere i due lavori migliori si è certamente optato per tipologie diverse dall’articolo. Ci si chiede, inoltre, se non abbia più senso creare un elenco di riviste scientifiche che rispondono a requisiti formali, garantendo così la qualità editoriale, lasciando la valutazione nel merito ai revisori dei singoli lavori.
Intervento di Paola Galimberti (Università degli Studi di Milano) nel
WORKSHOP INTERNO AIPDA
(ASSOCIAZIONE ITALIANA DEI PROFESSORI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO)
LA VALUTAZIONE DELLE RIVISTE
dalla Scientificità alla Classificazione
(Ragioni, Metodi, Modelli, Impatto)
13 gennaio 2017, Milano, ore 11.15-17.00 Università Milano IULM
Sala delle Conferenze-VI° piano-IULM 1-Via Carlo Bo, 1
I problemi sollevati dall’articolo sono veri. Credo che se ne possa uscire da questo problema solo nominando revisori appartenenti ad agenzie terze, semmai non italiane.
A questo si aggiungono poi le valutazioni interne di ciascun ateneo (VRA) che usa parametri ulteriormente dissimili dalla VQR, per cui un ricercatore si vede valutato in maniera diversa a seconda dell’ente valutatore.
E’ un sistema veramente provinciale, oltre che cretino. Ci sono riviste internazionali prestigiosissime e di grande tradizione (in alcune aree di ambito umanistico) dove gli italiani non ci scrivono da anni, ebbene: quelle riviste non avranno mai la classe A in quanto non hanno articoli valutati in VQR, e se mettiamo il caso una di quelle riviste accetta un mio articolo… in Italia mi ritroverei solo con della carta straccia, ovvero un articolo che non ha valore. Ma ci rendiamo conto? Ma chi l’ha fatto questo regolamento?
concordo con voi al 100%. La prima fase di costruzione delle liste, almeno nel caso della classe 10, è stata piuttosto discutibile e ha fatto entrare riviste non solo poco prestigiose ma addirittura di altri settori, tenendo invece fuori molte delle migliori (straniere ovviamente). Il sistema che ora si basa sulla VQR è follia pura. Selezionare sulla base di dove scrivono gli italiani invece di dove dovrebbero scrivere è vergognoso e provinciale. La stessa procedura di accreditamento è pazzia. Ma vi pare che una rivista prestigiosa estera si sbatte per riempire la modulistica e tutto il resto per entrare nella classe A italiana? è ovvio che deve farlo un’agenzia terza. Spero che ripensino il sistema o sarà una vera involuzione per il settore non bibliometrico.