Abbiamo già discusso in questo blog i problemi connessi alla valutazione della ricerca ed in particolare alla valutazione di tutta l’accademia (università ed enti di ricerca) attraverso la valutazione qualità della ricerca (vqr) promossa dall’agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur). Più passa il tempo e più la critica all’operazione si rinforza di nuove voci: in particolare ieri se ne è aggiunta una, al di sopra di ogni sospetto per autorevolezza. Si può, infatti, sostenere che le critiche mosse dalla federazione dei lavoratori della conoscenza della CGIL siano strumentali in quanto animate dal fine ultimo di opporsi alla valutazione “senza se e senza ma”. Lo stesso magari si può dire della campagna per il boicottaggio del vqr promossa da articolo 33, un’associazione di ricercatori degli enti di ricerca. Anche l’astensione di una parte dei ricercatori e dei tecnologi del CNR dalla valutazione dell’Anvur, può destare il sospetto di essere stata promossa da un’altra associazione di “fannulloni” che non vuole farsi valutare, l’associazione nazionale professionale per la ricerca.
E che dire del sito Roars che ha mosso critiche così persistenti (e argomentate) che ha fatto scomodare il consiglio direttivo dell’Anvur che in un comunicato ha dichiarato che “l’Anvur ha dato ampia dimostrazione della volontà di confronto e condivisione della propria linea … e continuerà a farlo ricercando la collaborazione di coloro che sono animati da spirito costruttivo. Avendo verificato che le critiche del sito in questione [ndr, Roars], non soddisfano nel merito e nel metodo, a [sic] tale condizione, si asterrà d’ora in poi da qualunque commento o risposta”. Curioso che il consiglio direttivo di un’istituzione abbia scritto un comunicato per dichiarare di non voler più discutere con un sito web: se le critiche fossero state strumentali, non ci sarebbe stato certo bisogno di replicare in quella maniera. Infatti, sul sito Roars
riconosciuti esperti di valutazione hanno scritto degli articoli piuttosto tecnici in cui si sono discussi i vari punti critici del vqr. Quello che si è chiesto a gran voce dal sito Roars, non è stato affatto di bloccare la valutazione perché si è contrari, “a prescindere”, magari portando argomenti strumentali per ottenere alla fine questo obiettivo. Piuttosto si è chiesta trasparenza nelle procedure e soprattutto dei criteri di valutazione che siano all’altezza di quelli adottati nei paesi in cui la valutazione nazionale è da tempo una realtà. Tutto questo, purtroppo, non è avvenuto: al contrario l’Anvur ha pigiato sul pedale dell’acceleratore portandosi avanti anche in altri ambiti.
Questa volta la critica viene da un’istituzione al si sopra di ogni sospetto: l’Accademia dei Lincei, la più antica accademia del mondo, massima istituzione culturale italiana, e consulente scientifico e culturale del Presidente della Repubblica. Nella lettera che la Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche ha scritto al Presidente della Repubblica, guarda caso, si ritrovano molti degli argomenti discussi sopra: “Che per tutte le aree vengano resi espliciti i criteri della valutazione …i criteri per la scelta dei revisori ” punti che possono essere riassunti nella parola trasparenza. Inoltre si chiede che “laddove la composizione dei Gev (ndr, valutatori) risulti squilibrata… a favore di una corrente scientifico disciplinare … si provveda a correggere tale situazione con l’individuazione pluralista degli esperti revisori facendo ricorso … alla stessa Accademia Nazionale dei Lincei”. E come aveva messo in evidenza Alberto Baccini, proprio nell’area economica, una delle più sensibili da un punto di vista politico, si è riscontrata un’alta connessione tra i valutatori (quello che in gergo si chiama, “friends and friends of friends”).
L’Anvur si rivela ogni giorno di più essere un’agenzia burocratica e centralistica nominata da un potere politico screditato (governo Berlusconi, ministro Gelmini e suoi consulenti ancora in auge con il ministro Profumo) per condizionare la politica universitaria e della ricerca di questo paese secondo i disegni di chi ha già imposto una riforma farriginosa e maldestra. Ma ormai la situazione politica sta cambiando rapidamente (anzi, è già cambiata) e senza una legittimazione politica l’intero ruolo dell’ Anvur deve essere rimesso in discussione.
Ps. Giovedì 17 maggio i principali attori di questa vicenda, dal Ministro Profumo ai presidenti degli enti di ricerca, dal presidente dell’Anvur al presidente della Conferenza dei rettori si confronteranno con alcuni redattori e collaboratori di Roars nell’ambito di un convegno organizzato dalla FLC-CGIL.
Anche qui si da l’ultima stoccata alla valutazione, peraltro comprensibile.
Ma dall’ultimo paragrafo si comprende la reale portata, e probabilmente l’intento, di questa operazione.
Bloccare l’ANVUR come bloccare la riforma, in attesa che nel 2013 la “nuova” aria rimetta tutto in discussione.
Mi dispiace sentire da Sylos Labini l’affermazione “Ma ormai la situazione politica sta cambiando rapidamente (anzi, è già cambiata) e senza una legittimazione politica l’intero ruolo dell’ Anvur deve essere rimesso in discussione. ”
Come se le scelte, certamente politiche, come ANVUR o riforma universita’ – criticabili quanto ci pare – debbano seguire il vento della politica e cambiare ad ogni governo.
Il risultato di questa beffarda, cinica e deleteria ‘contro-politica’ (qualcuno la chiamerebbe spoil-system, se non fosse che quest’ultimo, in confronto, e’ un intervento quasi tecnico) e’ sotto gli occhi di tutti: il blocco e la paralisi totale del sistema. Chi ne fa le spese sono in primis i PRECARI della ricerca, che al contrario degli strutturati non possono permettersi di aspettare e lentamente muoiono. Poi i RTI e gli altri attori, che vedono vanificate le loro pur giustificate aspettative di carriera (ma a con il c… parato, comunque).
La soluzione: l’ennesima, devastante, sterilizzante entrata in massa. Panacea per sindacati e forze politiche. La storia dell’Italia (universitaria) degli ultimi 50 anni.
I precari ne fanno in primis le spese perché l’Anvur da una parte ancora non ha fatto partire le abilitazioni nazionali, dall’altra perchè con il 437 si riduce il turnover a percentuali ridicole ed infine perché la legge Gelmini ha abolito gli RTI. Sono tutte facce della stessa medaglia: il fine ultime di queste riforme è un sottodimensionamento del sistema universitario (da 60,000 a 40,000) ed un controllo di tipo sovietico sul tipo di ricerca e sulla politica universitaria. D’altronde l’Anvur è una emanazione del ministero, piuttosto che essere una agenzia indipendente come in altri paesi, che gestisce completamente la politica scientifica ed universitaria. Penso che per una simile (epocale) operazione sia per lo meno necessario avere un consenso politico (perché in realtà sarebbe necessario avere anche un consenso della comunità accademica) e questo, a mio giudizio, è sempre stato molto superficiale ma ora, con il dissolvimento di un sistema, non esiste più. Per questo motivo, penso che l’intera operazione descritta sopra debba essere rimessa in discussione, sinceramente non vedo altre possibilità.
Questo articolo mi preoccupa in quanto inserisce valutaziooni politiche di parte in un aspetto rilevante che è e deve rimanere tecnico ( o politico solo come relazione con la ”polis”, non con la fazione).
personalmente credo molto nella valutazione (dei risultati, dell’impegno, delle capacità). Il problema del come è il vero problema.
Non credo si possa quindi far carico al passato governo del sistema di valutazione, ma ai componenti degli organismi riguardo ai metodi scelti. Ed i responsabili non danno l’idea di molta apertura mentale e disponibilità, visto il comunicato sopra riportato.
Quindi eviteri di chiedere l’intervento della politica per buttare la l’acqua sporca senza avere prima tolto il bambino e dimenticandosi di buttare solo l’acqua, non anche la bacinella che, risciacquata con acqua pulita, potrebbe esser convenientemente usata.
Come non essere in accordo con lei, caro Cipriani. Parole sagge ed intelligenti, dette con coscienza.
Il vero problema è, secondo me, che la valutazione non la vogliono in molti!
Inoltre, faccio notare che, se la legge non entra in vigore con questo governo, ma si aspetta che il prossimo la completi con i DA mancanti, vuol dire bloccare l’università italiana per altri (almeno) 2 anni! Problema, forse inesistente per chi ha un contratto a TD; molto rilevante per chi invece campa ogni sei mesi con borse post laurea (a 10 anni dalla laurea!)
Infatti il problema è la confusione di piani: la valutazione è un fatto tecnico ma l’intera architettura dell’anvur è una scelta politica, politica che ha fatto delle scelte che non gli sono proprie. In poche parole l’Anvur non è una autorità indipendente ma una emanazione del ministero e dunque della politica. Dunque il problema è politico. Alberto Baccini lo ha spiegato molto chiaramente qui https://www.roars.it/?p=4317