Una recente delibera del Senato Accademico dell’Università Aldo Moro di Bari stabilisce i «Requisiti di eleggibilità per le cariche accademiche […] − riguardo alla valutazione della ricerca, di fare riferimento ai dati della VQR, prevedendo che il candidato debba dichiarare di aver ottenuto una valutazione media non inferiore allo 0,4. […] − riguardo alla valutazione della didattica, […] risultato di soddisfazione pari al 70%, per ciascun insegnamento impartito”». Una delibera «in evidente contrasto con quanto raccomandato dalla stessa ANVUR e dalla CRUI», come spiega una lettera firmata da 93 docenti che ne chiedono l’annullamento: «Con tale delibera, a nostro vedere, si concretizza un uso improprio e distorsivo dei risultati della VQR; si attribuisce agli studenti, attraverso la valutazione della didattica, un indiretto e indebito potere di selezione dei candidati agli Organi di Ateneo e si ledono in maniera esiziale i sacrosanti diritti di eleggibilità dei docenti».
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
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Al Magnifico Rettore
e Al Senato Accademico
dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Bari, 23/03/2018
Ogg.: Delibera del Senato Accademico del 30/01/2018
Riteniamo doveroso e urgente segnalare che, nella riunione del 30 gennaio scorso, il Senato Accademico ha deliberato:
“di fare propri i lavori della Commissione per l’adeguamento normativo e per l’esame delle problematiche relative all’applicazione ed interpretazione dello Statuto e dei Regolamenti, relativi alla riunione del 15.01.2018, in ordine ai criteri applicativi del combinato disposto degli artt. 72 – Requisiti di eleggibilità per le cariche accademiche, comma 1 e 78 – Proroghe ed insediamento dei nuovi Organi, comma 8, dello Statuto di Ateneo ed in particolare:
− riguardo alla valutazione della ricerca, di fare riferimento ai dati della VQR, prevedendo che il candidato debba dichiarare di aver ottenuto una valutazione media non inferiore allo 0,4. […]
− riguardo alla valutazione della didattica, di confermare il criterio utilizzato in prima applicazione, volto a richiedere il raggiungimento della valutazione media del risultato di soddisfazione pari al 70%, per ciascun insegnamento impartito”.
Con tale delibera, a nostro vedere, si concretizza un uso improprio e distorsivo dei risultati della VQR; si attribuisce agli studenti, attraverso la valutazione della didattica, un indiretto e indebito potere di selezione dei candidati agli Organi di Ateneo e si ledono in maniera esiziale i sacrosanti diritti di eleggibilità dei docenti.
Il tutto, in evidente contrasto con quanto raccomandato dalla stessa ANVUR e dalla CRUI nella pubblicazione a cura della CRUI, del novembre 2015, dal titolo “L’utilizzo dei dati VQR per la valutazione dipartimentale negli atenei italiani Metodologie ed esperienze”, laddove, nel saggio di Sergio Benedetto, componente del Direttivo ANVUR, a pag. 25 si legge: “Infine, si ribadisce per l’ennesima volta che i risultati della VQR non possono e non devono essere utilizzati per valutare i singoli soggetti”.
Più specifiche e nette le parole del CUN che, nelle osservazioni del 23/07/2015 sul Bando VQR 2011-2014, raccomanda: “Gli esiti della VQR – non foss’altro che per le ovvie differenze generate dal processo di selezione e valutazione dei singoli prodotti – non possono e non devono in nessun caso influire sulle valutazioni successive dei singoli ricercatori in procedure come quelle di assegnazione di finanziamenti di ricerca, composizione di organi accademici, integrazioni stipendiali o progressioni di carriera”.
Da ultimo, il Documento dei Coordinatori GEV del 15/3/2017 ha ribadito esplicitamente che: “I risultati della VQR 2011-2014, così come quelli della VQR 2004-2010, non possono, e non devono, per nessuna ragione, essere usati per valutare i singoli Docenti e Ricercatori. I dati della valutazione dei prodotti, di cui gli addetti della ricerca (AR) sono autori o co-autori, sono stati forniti a ciascun AR da ANVUR in via confidenziale e solo come atto di trasparenza nei loro confronti. Pertanto sono da considerarsi totalmente improprie eventuali richieste provenienti da chi occupa posizioni apicali nelle istituzioni valutate (o loro sezioni) e inviate agli AR allo scopo di accedere, per una qualunque finalità, ai dati associati ai singoli prodotti. Si invitano i responsabili di istituzioni e strutture ad astenersi da tali richieste e gli addetti a non ottemperare ad esse, qualora arrivassero, denunciando la non correttezza di tale azione.”
In definitiva, sembrerebbe che il Senato Accademico non abbia voluto tener conto di indicazioni, raccomandazioni e pareri giunti dal massimo Organo di Rappresentanza del Sistema Universitario Italiano (il CUN), dall’ANVUR, dalla Conferenza dei Rettori e dai coordinatori di quei gruppi di lavoro (i GEV) ai quali è stata affidata la VQR.
Siamo del tutto favorevoli a corrette procedure di valutazione della produzione scientifica e dell’impegno didattico della docenza universitaria ma non riteniamo condivisibile un tale orientamento, palesemente improvvido e fonte di inevitabile contenzioso. Da un lato, la definizione di requisiti (VQR ≥ 0,4; valutazione media del risultato di soddisfazione pari al 70% per ciascun insegnamento impartito) tanto illegittimi e arbitrari quanto precisi, sembra configurare un ben definito profilo di “eleggibile”, in violazione del diritto di elettorato passivo, garantito a tutti i docenti. Dall’altro, appare la volontà di sanzionare – come già accaduto per la distribuzione dei fondi di ricerca di Ateneo e senza la prescritta apertura di procedimenti disciplinari – le legittime scelte di quei docenti che, pur scientificamente produttivi, hanno liberamente deciso di aderire alla protesta contro la VQR, non presentando prodotti per la valutazione.
Pertanto, chiediamo al Magnifico Rettore e al Senato Accademico di riconsiderare e annullare la Delibera in oggetto, in merito ai lavori della Commissione per l’adeguamento normativo e per l’esame delle problematiche relative all’applicazione ed interpretazione dello Statuto e dei Regolamenti, scongiurando, così, possibili incomprensioni, contenziosi amministrativi e pubbliche manifestazioni del disagio avvertito dai docenti più sensibili al rispetto dei principi di democratica e costruttiva partecipazione alla vita del nostro Ateneo.
Cordiali saluti
Firmato (da mail di adesione)
- ACQUAFREDDA Pasquale
- AGRIMI Gennaro
- BARBUTI Nicola
- BIANCHI Alessandro
- BIANCO Anna Vita
- BISCEGLIA Mauro
- BOSCO Lorella C.
- CANFORA Davide
- CAPOLUPO Rosa
- CAROSELLA Maria
- CASTIELLO Ciro
- CLEMENTE Carmine
- CONSIGLIO Cristina
- CORFIATI Claudia
- CUFARO PETRONI Nicola
- D’OVIDIO Francesco
- DE BENEDETTO Alfonsina
- DE LORENZO Salvatore
- DE LUCA Ylenia
- DE MITA Gabriella
- DE SINNO Cataldo
- DEL BUONO Nicoletta
- DELLAROSA Franca
- DELL’OSA Dario
- DILONARDO Paolo
- DIOMEDE Sabrina
- DURANTE Lea
- ERAMO Giacomo
- FALCICCHIO Gabriella
- FALCO Gaetano
- FENICIA Giulio
- FIORETTI Paolo
- FIORI Maria
- FORTE Luigi
- GALLELLI Rosa
- GANGEMI Maurizio
- GARRAPPA Roberto
- GATTO Maristella
- GATTULLO Mariateresa
- GIRONE Angela
- GRIMALDI Luca
- GUARINI Cosimo Pietro
- IACONO Donatella
- INGRAVALLO Ivan
- INTONTI Mariantonietta
- LABRIOLA Isabella
- LAVARRA Caterina
- LAVIOSA Sara
- LISI Francesca A.
- LOMAGISTRO Barbara
- MAIROTA Paola
- MARINI Caterina
- MARZOCCA Ottavio
- MAZZIA Francesca
- MENCAR Corrado
- MILILLO Fabio
- MININNI Rosa Maria
- MONTAGNANI Monica
- MORTELLARO Isidoro
- MY Salvatore
- NAPOLI Anna
- NICOLARDI Vittorio
- NIGRO Giovanni
- NONNIS MARZANO Carlotta
- PATIMO Raffaella
- PERCHINUNNO Maria
- PETILLO Maria Cristina
- PETRILLI Susan
- PIERRI Pierpaolo
- PINTO Massimo
- POLLICE Alessio
- POMPILI Alexis
- PONZIO Julia
- PORFIDO Ida
- PROTA Francesco
- RECCHIA LUCIANI F. Romana
- RIBECCO Nunzia
- RICCI Pasquale
- RINELLA Francesca
- RITROVATO Ezio
- ROMANO Onofrio
- SACCO Pietro
- SAVINO Michelina
- SPAGNOLO Carlo
- SPORTELLI Mario
- SQUEO Alessandra
- STRAMAGLIA Antonio
- STRAMAGLIA Sebastiano
- TARTARINO Patrizia
- TOMA Ernesto
- VANNELLA Giovanni
- VIEL Riccardo
- VILLANI Claudia
È preoccupante, per dirla bonariamente, che dinanzi alle raccomandazioni e persino ai divieti di ben quattro enti che si ritiene debbano essere autorevoli, un Senato, ignorando scientemente tali indicazioni, prenda decisioni contrarie. Questo scontro privo di arbitro tra opinioni opposte dovrebbe portare al reciproco annullamento. Qua si sta giocando o semplicemente al braccio di ferro, oppure si fa passare il messaggio di una finalità utilitaristica della VQR, traducibile immediatamente in potere e danaro (poiché gli incarichi istituzionali contribuiscono alla deteminazione di eventuali premialità). Chissà a quali altre derive delle tendenze della ricerca e della valutazione può portare questa ossessione del valore dell’effimero.
Piccola osservazione sul testo della Commissione dei GEV. Se proprio si vogliono usare espressioni orribili, come “addetti alla ricerca” (abbreviato nello snobistico AR) , per lo meno si rispetti l’uguaglianza di genere: se ci sono “addetti“ ci devono esssere anche le “addette”. “Ministra” insegna.
Mi sa che purtroppo l’autonomia dell’Ateneo possa consentire questo ed altro. In ogni caso spero che tutto il corpo docente ricorra e si vedrà cosa dice il TAR. Resta il fatto che il Senato, che non è composto da marziani, ha deciso una cosa simile. Ciò vuol dire che alcuni docenti sono del parere di adottare simili criteri.Questi ‘alcuni’ docenti costituiscono, nel bene o nel male, la classe dirigente dell’Ateneo eletta dagli altri, che, per la proprietà transitiva, o sono d’accordo anche loro, oppure non capiscono una mazza. Propendo per la proprietà transitiva più estesa, che vale solo in ambito accademico: sono d’accordo e non ci capiscono una mazza. Tale proprietà estesa, evidentemente, per le regole stringenti della logica, vale anche per gli ‘alcuni’ eletti.
L’autonomia degli atenei viene sempre invocata quando fa comodo ma mai quando servirebbe. Immagino che sia andata così anche a Bari. E’ pero’ un principio basilare che quanto attiene allo stato giuridico, in quanto normato dalla legge, non può essere modificato localmente, se non entro il perimetro di disposizioni esplicite di legge. Se io fossi a Bari farei immediatamete ricorso al TAR con buone speranze di vincerlo. Se fosse così facile aggirare norme di legge proporrei immediatamente che, sempre in nome dell’ autonomia, il mio ateneo raddoppi gli stipendi :-)
Il fatto che un Senato si arroghi queste libertà, peraltro contrarie ad ogni logica (perché non togliere il diritto di voto alle politiche a chi non ha la laurea o un reddito minimo?), non dimostra che è composto da marziani ma dà una triste evidenza del livello infimo della classe dirigente italiana in generale e quella accademica in particolare.
Su Facebook qualcuno ha osservato che “0,4 è veramente un votaccio”. In realtà, tutti i prodotti che si collocano sotto la mediana della distribuzione della produzione scientifica internazionale ricevono 0,1 oppure 0 (se nel quintile meno pregiato). Per avere 0,4 pti bisogna collocarsi tra il 31% e il 50% della migliore produzione mondiale. Quindi, un ricercatore che ha presentato un lavoro nel 31% dei migliori lavori internazionali (0,4 pti) e un altro nel 51% dei migliori lavori internazionali (0,1 pti) ottiene un voto medio pari a 0,25=(0,4+0,1)/2 e viene escluso dall’elettorato passivo perché “indegno”. (vedi pag. 15 del Bando VQR)
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È pure interessante notare che i voti medi dei “prodotti della ricerca” cambiano sensibilmente da area ad area. A livello nazionale, il voto medio in Area 14 (Scienze politiche e sociali) è 0,47, contro 0,82 in Area 02 (Fisica). In generale, le aree “umanistiche” hanno voti medi più bassi delle “scienze dure”. Seguendo la regola deliberata dal Senato accademico di Bari, gli scienziati duri si troverebbero pertanto ad avere maggiori diritti di eleggibilità rispetto agli umanisti.
A quando le aule magne con il settore (in fondo alla sala e con sgabelli scomodi) riservato agli umanisti come nei bus in Alabama?
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Insomma, credo proprio che presentando ricorso al TAR si vincerebbe a mani basse. Che dei colleghi abbiano potuto approvare una delibera non solo lesiva dei diritti, ma anche sgangherata dal punto di vista logico fa veramente disperare sul futuro dell’istituzione universitaria. “Manco le basi del mestiere”, direbbe il noto personaggio di un film di Verdone.
Non comprendo come si possa venire valutati sulla base dei risultati VQR, visto che in tale procedura la scelta delle pubblicazioni non era in capo al singolo docente, ma alla amministrazione di appartenenza… Scelta che e’ stata fatta in molti casi sovvertendo le indicazioni fornite dal singolo docente, ad esempio perche’ le pubblicazioni da egli indicate erano “doppie”, essendo gia’ state indicate da un coautore.
Inoltre, in caso di molti coautori, uno si trova ad aver ricevuto una valutazione VQR su parecchi lavori, anche una decina, col risultato che il punteggio medio non e’ determinato dai due lavori migliori, ma viene “tirato giu'” da lavori di minor pregio, presentati da coautori.
Dunque sia dal punto di vista giuridico, sia da quello pratico, il punteggio medio VQR non puo’ essere legato alla valutazione di un singolo docente, visto che viene determinato da scelte fatte da altre persone.
Se non ricordo male, durante l’Impero di Palpatine, mai il Senato imperiale avrebbe approvato qualcosa non desiderato dall’imperatore. E mai avrebbe disapprovato qualcosa desiderato dall’Imperatore.
A che serviva il Senato allora?
In effetti il governatore Tarkin disse che sarebbe stato abolito. Ma come governare senza il Senato chiede la Principessa Leila?
Semplice, dice Tarkin.
Con la paura.
Emanuele Martelli