Nel 1994 l’Università di Milano ha conferito la laurea honoris causa a Guido Weiss, eminente matematico italiano, naturalizzato statunitense, nato a Trieste nel 1928. Il suo discorso di accettazione di quella onorificenza, che qui viene riprodotto, contiene—nel registro umile che sovente si ritrova nei grandi protagonisti della storia—una ragionata e definitiva refutazione di certe argomentazioni di politica della ricerca scientifica, che ogni tanto fanno capolino, sebbene siano incompatibili con quel minimo di conoscenze di base di storia della scienza, necessarie per intervenire nel dibattito pubblico.
La scelta del governo federale statunitense di finanziare la ricerca di base, e di farlo virtualmente senza limiti, è stata presa durante la Seconda Guerra Mondiale, con la creazione, nel 1941, dello Office of Scientific Research and Development, diretto da Vannevar Bush, che era un ingegnere di prim’ordine—in grado di lavorare a fianco di Norbert Wiener e autore di numerosi brevetti—ed ebbe un ruolo centrale nella creazione e gestione del Manhattan Project.
Nel 1945 la distruzione di Hiroshima e Nagasaki ha fatto comprendere alle élite quanto sia vano il tentativo di distinguere a priori la ricerca di base applicabile da quella inutile, con buona pace di G. H. Hardy, altro eminente matematico del XX secolo, persuaso che i suoi studi fossero così astratti che non avrebbero mai avuto applicazioni pratiche in campo bellico—eventualità alla quale Hardy era particolarmente ostile, essendo egli animato da convinzioni radicalmente pacifiste.
Vinta la Seconda Guerra Mondiale, Vannevar Bush riuscì dunque a rinnovare l’alleanza tra governo federale e mondo scientifico, e a stimolare la creazione della National Science Foundation e della U.S. Atomic Energy Commission, sulla base dei seguenti due principi, che isolarono la libertà di ricerca scientifica da pressioni politiche e regolarono il controllo dei fondi di ricerca:
First, the research organization must have direct access to Congress for its funds; second, the work of the research organization must not be subject to control or direction from any operating organization whose responsibilities are not exclusively those of research.[1]
Tuttavia, dopo il crollo dell’”Impero del Male”, alcune voci in seno alle élite hanno proposto una impostazione radicalmente diversa: il passaggio dalla autonomia della ricerca scientifica alla sua eteronomia, da realizzare attraverso una drastica riduzione degli investimenti nella ricerca di base e la loro concentrazione a quelle ricerche che promettano di risolvere direttamente alcuni specifici problemi applicativi.[2]
Nel suo discorso, Guido Weiss prendeva in considerazione proprio quei tentennamenti.
Guido Weiss si è distinto sia per la sua opera di insegnante (avendo formato, in più di cinque decenni di attività scientifica, intere generazioni di matematici, anche italiani) sia per la sua opera di matematico (avendo contribuito attivamente, e in una posizione centrale, ai progressi delle scienze matematiche ottenuti nel XX secolo) sia per la sua opera di consulente del governo federale proprio in merito alle scelte strategiche da intraprendere nel campo della ricerca di base (avendo fatto parte sia del cosiddetto David Committee che del David II Committee). Dunque la sua opinione ha enorme valore, essendo basata su conoscenza fattuale di prima mano e primissimo ordine, e non su idee preconcette o accattivanti slogan di facile presa ma scarso spessore.
Ecco il suo discorso.[3]
Vorrei fare una riflessione sullo sviluppo dell’analisi che io conosco durante gli ultimi 40 anni (il tempo durante il quale io sono stato matematico). Infatti conseguii il mio dottorato, come studente di Zygmund, nel 1956; così si vede, supponendo di aver lavorato alla mia tesi per due anni, che avevo incominciato a fare le mie ricerche in matematica nel 1954. Qual era lo stato dell’analisi zygmundesca nel 1954?
Zygmund stava per finire la sua famosa ”seconda edizione” del suo libro e, con Alberto Calderón, incominciava lo sviluppo degli Integrali Singolari (come parte del programma più ampiodi estendere l’analisi armonica sulla retta a dimensioni più alte). La teoria dell’interpolazione di operatori consisteva nel classico teorema di convessità di M. Riesz, nel metodo complesso conosciuto sotto il nome di Thorin (meno conosciuto è il fatto che Tamarkin e Zygmund avevano scoperto lo stesso metodo indipendentemente) e nel teorema di Marcinkiewicz. Gli spazii di Hardy erano ancora gli spazii di funzioni olomorfe sviluppati da F. Riesz (in matematica quasi tutti i teoremi e le nozioni conosciute sotto un certo nome sono state veramente sviluppate da un altro). La ”Grande Domanda” era se la serie di Fourier di una funzione continua f(x) convergesse o meno a f(x) quasi ovunque (la congettura di Lusin). Non si conoscevano gli spazii duali degli spazii di Hardy (cioè, non si sapeva che gli spazii di Lipschitz rappresentassero questi duali e BMO il duale di ). Zygmund aveva già introdotto lo spazio ”di Zygmund” (questa volta propriamente detto) che si sarebbe rivelato più tardi come il ”vero” Lipschitz: il duale di L’argomento alla moda era la ”Sintesi Spettrale”, la congettura di Littlewood era ancora una congettura, e la teoria di Littlewood-Paley era ancora uno-dimensionale.
C’è sempre stata una filosofia secondo la quale i governi, l’industria o la società nel suo complesso dovrebbero sostenere le scienze e la matematica che sono indirizzate alle applicazioni ”utili”. Ho l’impressione che, in questi giorni, questa filosofia abbia più consenso. Vorrei dimostrare, con un racconto dello sviluppo di una parte di questa matematica del tempo di Zygmund, che c’è il pericolo, seguendo questa filosofia, di non riuscire a far avanzare la scienza in una maniera efficace. In più vorrei osservare che spingere in una direzione limitata dall’applicazione prescelta o da un problema aperto non è efficace nè produttivo. Esagerando un po’ pensiamo a quello che sarebbe stato lo sviluppo della matematica durante gli ultimi anni se tutti i finanziamenti fossero stati dedicati alla soluzione dell’ultimo teorema di Fermat. Non nego che importanti progressi siano stati fatti cercando la soluzione di un gran problema aperto. Un esempio è fornito da un genio come Lennart Carleson quando ha risolto la congettura di Lusin. Ma questa è più l’eccezione che non la regola. Lo sviluppo della teoria degli spazii di Hardy ci dà un esempio dell’avanzamento della matematica e delle sue applicazioni che rappresenta la realtà molto meglio.
Succede spesso nella matematica che piccole idee, quasi banali, conducano a estensioni sostanziali di una teoria. Dal punto di vista personale vorrei indicare certi esempi di questo fenomeno.
Cominciamo con la teoria degli spazii di Hardy. Raccogliendo la sfida di Zygmund, Eli Stein ed io ci ponemmo il problema d’estendere questi spazii a n dimensioni. Non eravamo i primi ad affrontare questo problema. Certe direzioni saltano in mente immediatamente: le funzioni olomorfe di una variabile complessa si possono estendere alle funzioni olomorfe di n variabili complesse; il disco unitario ha due estensioni naturali: il polidisco e la sfera unitaria. Infatti Zygmund ed altri avevano già definito gli spazii di Hardy su questi domini. La scalogna è che la teoria delle funzioni olomorfe di più variabili complesse è difficile e seguendo questo sentiero si incontrano dei veri problemi. Essendo io un uomo semplice, mi misi d’accordo con Stein per trovare un sostituto delle funzioni olomorfe.
Visto che f=u+iv è olomorfa se e solo se (v,u) è il gradiente di una funzione armonica, chiamammo i gradienti di funzioni armoniche di n variabili reali ”funzioni olomorfe generalizzate”. Incominciammo col vedere se la disuguaglianza di M. Riesz potesse essere dimostrata tramite la estensione di un’elegante argomentazione di P. Stein. La disuguagliana che cercavamo di dimostrare era falsa, ma i nostri calcoli ci diedero una disuguaglianza molto più interessante (che implica che la potenza p-esima della norma di questo gradiente è subarmonica). Armati di questo utensile potemmo sviluppare la nostra teoria degli spazii Pubblicammo i primi risultati nel 1960. Questa teoria fu sviluppata in varie direzioni nei seguenti dieci anni (questi spazii furono estesi, la teoria d’interpolazione di operatori su questi spazii iniziò, ecc.). Ma il problema più interessante, aperto anche nel caso di una dimensione, era di caratterizzare le distribuzioni su il cui integrale di Poisson sia una delle componenti di un vettore in , Per esempio, nel caso classico di una dimensione, se F=u+iv appartiene a allora si sapeva che i valori al bordo esistono e, infatti, sono delle distribuzioni; però una caratterizzazione della distribuzione f che è associata con u non era conosciuta. Nel 1970 Burkholder, Gundy e Silverstein, usando tecniche probabilistiche, caratterizzarono queste f come quelle distribuzioni aventi una funzione massimale ”liscia” in Poco dopo, C. Fefferman e Stein estesero questo risultato a n dimensioni. Questo ruppe la diga e una cascata enorme di estensioni e risultati seguì.
La più importante di queste scoperte fu la teoria atomica degli spazii che fu annunciata da Coifman in una dimensione e, un po’ dopo, fu estesa da Coifman e me stesso a n dimensioni e, anche, sugli spazi di ”natura omogenea”. Gli atomi, anche sui dominii più generali, sono funzioni semplicissime (supportati in una sfera, limitati da una potenza del reciproco della misura della sfera e con integrale zero). Particolari combinazioni lineari di questi atomi ci danno gli elementi di Inoltre le proprietà di molti importanti operatori (quelli di Calderón-Zygmund, gli operatori pseudo-differenziali, ecc.) possono essere studiate facilmente applicandoli a questi atomi. Infatti, l’immagine di questi atomi tramite questi operatori è sempre una combinazione molto semplice di questi atomi, chiamata molecola da me e Coifman. Questo è in perfetta analogia con il fatto che una matrice autoaggiunta può essere ridotta a una matrice diagonale. Ciò inaugurò un metodo che ci permette di studiare non solo gli spazii di Hardy, ma quasi tutti gli spazi naturali che appaiono nell’analisi armonica.
Un inconveniente degli atomi è che non formano una base; la decomposizione di una f in atomi dipende da f. Allora è naturale cercare una base di atomi adatta allo spazio che stiamo studiando.
Adesso è ben risaputo che questo sforzo conduce alle ondine. Infatti la prima base di ondine fu scoperta da J.O. Stromberg quando costruì una base incondizionale per uno spazio di Hardy. Come sappiamo adesso, le ondine hanno moltissime applicazioni alla matematica pura e in moltissimi altri campi: medicina, prospezioni petrolifere, analisi del suono e di molti altri segnali, studio della turbolenza, astronomia, ecc.
La morale di tutta questa storia è che è nell’interesse della società di appoggiare la scienza pura anche se si desidera ottenere applicazioni ”utili”. Spero che questo racconto molto personale e narrato per sommi capi vi abbia, se non convinto ad abbracciare, almeno ispirato a riflettere sopra questa mia morale.
Guido Weiss.
[1] National Academy of Sciences. 1978. The National Academy of Sciences: The First Hundred Years, 1863-1963. Washington, DC: The National Academies Press, disponibile presso:
https://www.nap.edu/catalog/579/the-national-academy-of-sciences-the-first-hundred-years-1863
[2] Per raggiungere surrettiziamente gli stessi obiettivi è stata inventata la nozione di Terza Missione, che serve anche a liberare lo scienziato da un vincolo morale per il bene pubblico. Un plastico esempio di ciò che può accadere se lo scienziato è libero da tale vincolo è dato dalle vicende descritte in Kearns CE, Schmidt LA, Glantz SA. Sugar Industry and Coronary Heart Disease Research: A Historical Analysis of Internal Industry Documents. JAMA Intern Med. 2016;176(11):1680–1685, disponibile presso: https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/article-abstract/2548255
[3] Questo discorso sarà pubblicato in traduzione inglese in The Journal of Geometric Analysis.
Continuatore della scuola di Calderon & Zygmund, con Eli Stein, è stato uno dei grandi fondatori dell’analisi armonica moderna. Insieme a Stein, è autore di alcuni dei più citati lavori e opere di matematica di sempre.