Sul Corriere della Sera del 17 gennaio scorso è apparso l’appello ai politici dei “super scienziati” italiani del “Gruppo 2003” (l’articolo è ripreso sul sito del Gruppo). Purtroppo il documento, almeno su alcuni punti, è scarsamente condivisibile, soprattutto laddove indica come desiderabile la scelta di 10 Atenei italiani da privilegiare mediante finanziamenti mirati a portarli tra le istituzioni di eccellenza a livello mondiale. Eccellenza è una parola feticcio, che vorrebbe essere inattaccabile, ma alla minima analisi si rivela invece una falsa promessa, da imbonitori del mercato rionale. Criticare l’eccellenza richiede di dominare le emozioni che questa parola evoca: chi non vorrebbe che il proprio figlio fosse formato in una università eccellente? Non solo: dubitare dell’eccellenza significa essere accusati di calcare i buoni e sollevare i pravi, come se rifiutando l’eccellenza ci si votasse alla qualità scadente.
L’università pubblica ha lo scopo di formare i professionisti di cui il paese ha bisogno. Esistono certamente Corsi di Laurea di utilità dubbia, ma nella grande maggioranza dei casi la Laurea corrisponde ad una precisa preparazione professionale, ed è possibile stimare il fabbisogno di professionisti con una certa precisione. Farò l’esempio della Medicina, perché lo conosco meglio. La domanda alla quale intendo rispondere è: ci servono e ci bastano in questo campo 10 Atenei eccellenti come proposto dal Gruppo 2003?
La professione medico-chirurgica si articola su tre ruoli maggiori (più moltissimi altri minori, che saranno ignorati; la stima di fabbisogno ottenuta sarà quindi minimale, per difetto): i medici e pediatri di base; i medici degli ambulatori specialistici pubblici e privati; i medici e chirurghi ospedalieri. Il primo ruolo, dei medici e pediatri di base richiede una numerosità di circa 55.000 professionisti in servizio, stimata considerando una media di 1.000 assistiti/medico e una popolazione di 55 millioni di cittadini. Il fabbisogno di ospedali non può essere quantificato in modo altrettanto inequivoco: il numero di letti di ospedale nei paesi europei oscilla notevolmente. Il nostro paese si attesta su un livello minimo, di 3,5 per mille abitanti (la metà della Francia e della Germania dati della world bank), che comporta pur sempre ospedali per oltre 190.000 posti letto. Un ospedale polispecialistico moderno impiega non meno di due medici ogni 3 posti letto (si deve tener conto che esistono servizi, quali la radiologia, ai quali non competono letti e ricoverati): dunque i medici ospedalieri in servizio non possono essere meno di 125.000. Il fabbisogno di medici per gli ambulatori polispecialistici pubblici e privati non ospedalieri può essere grossolanamente stimato in un quinto di quello dei medici di base: il medico di base cioè, sarebbe in grado di risolvere da solo l’80% dei casi che gli presentano i suoi assistiti, e che non richiedono ricovero ospedaliero, e richiederebbe la visita specialistica nel rimanente 20%. Un fabbisogno di 10.000 medici in servizio presso ambulatori polispecialistici non sembra quindi irragionevole.
Quanto detto porta a stimare il fabbisogno minimo di medici del paese in 190.000 unità, corrisponde al numero di medici effettivamente presenti nel paese: i dati della world bank dicono infatti che in tutti i paesi europei sono in servizio 3,5 medici per mille abitanti.
Ipotizzando una vita professionale attiva media di 35 anni il ricambio necessario è di 5.400 medici ogni anno. Questo comporta, tenuto conto del tasso di abbandono della Facoltà di almeno il 25%, che le università italiane devono essere in grado di immatricolare ogni anno 7.000 studenti in 58 corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, ciascuno di 120 studenti.
In Italia ci sono una sessantina di Università, non tutte abilitate all’insegnamento della Medicina (devono avere un Policlinico; il numero di studenti ammissibili è calcolato in base a norme U.E. in funzione del numero di letti del Policlinico). E’ chiaro ed evidente a chiunque non sia accecato da pregiudizi ideologici che il termine eccellenza non ha posto in questo discorso: eccellente indica il membro di una elite ristretta e l’Italia non può soddisfare il suo fabbisogno di medici di base mediante Corsi di Laurea ed Università “eccellenti”: deve usare tutte quelle che ha ed anzi non le bastano neppure. Del resto è noto che il livello di formazione attuale di medici ed infermieri è inferiore al fabbisogno. L’unico obiettivo politico plausibile è quello di mantenere ad un livello accettabile di funzionamento tutte le Università del paese e puntare su una buona qualità minima e media: l’eccellenza non risolve nessun problema e non soddisfa nessun fabbisogno.
L’eccellenza soddisfa l’ego. E non e’ poco. Se dovevo fare cose normali andavo a lavorare in banca come mio padre e mio nonno.
Sì, figuriamoci se l’eccellenza accademica non è una cosa bella che farebbe piacere a tutti avere.
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Solo che prima di cominciare a sbambare di poli universitari di iperbolica fighezza, sarebbe bello passare attraverso un poco di normalità, tipo biblioteche aggiornate, laboratori funzionanti, diritto allo studio garantito, ecc.
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Poi ci facciamo anche una bella chiacchierata su Harvard e MIT…
Se non ho capito male, SNS, S. ANNA, SISSA, IMT
e poche altre ricevono “fondi speciali di ricerca”.
Se altre universita’ pubbliche sono addirittura meglio di queste, perche’ non dovrebbero ricevere anche loro fondi speciali?
Sono tutti trucchi per tagliare il più possibile i finanziamenti pubblici all’istruzione: si tratta di articoli opportunamente mirati a diffondere idee piuttosto pericolose affinché tutti si abituino a considerare normali ragionamenti del tipo “a cosa ci servono tanti laureati?, perché non chiudiamo quel corso? e così via.
Invece i laureati servono e un’istruzione diffusa serve, anche se non è immediatamente monetizzabile.
A proposito di eccellenza.
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E’ appena uscito su varie testate online un allarme del CUN relativo alla situazione universitaria italiana, con alcuni dei dati che i frequentatori di ROARS ben conoscono.
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Consiglio di dare una sbirciata ai commenti dei lettori (es. su Corriere e Repubblica). Essendo commenti di persone che quantomeno sono interessate a leggere un giornale rappresentano plausibilmente già una scrematura verso l’alto della popolazione italiana. Ebbene, circa 3/4 dei commenti ha sostanzialmente il tono: “Beh, certo, è giusto così: l’università in Italia fa schifo e comunque il pezzo di carta non serve più a trovare lavoro. Perché mai ci si dovrebbe iscrivere? Chiudiamo tutto che, per quel che servono, sono già troppi”.
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Confesso l’impulso a sfogliare le pagine web dove si trovano i bandi per appointments esteri. A occhio e croce l’impressione è che per le prospettive culturali di questo paese è poprio finita.
Ho notato la stessa cosa. Uno addirittura scriveva che in Università, “lo sanno tutti”, si fa carriera solo se si conosce “un prof più anziano, o un prete” :)
Vivere in modo dignitoso in questo paese è diventato quasi impossibile, da diverso tempo sto tenendo d’occhio i bandi stranieri – anche a parità di stipendio (ma non per sempre, come ormai ci siamo rassegnati in Italia), la dignità non ha prezzo.
Stanno facendo il lavaggio del cervello alla popolazione.
Senza lavaggio del cervello la gente non accetterebbe lo smantellamento dell’universita’ pubblica, che e’ un servizio dello stato. D’altra parte la pressione del mito dell’eccellenza e’ irresistibile: ci sono cascati anche molti colleghi, i quali non si accorgono che non si puo’ fare l’eccelleza a discapito della normalita’!
Ottimo e ben documentato articolo.
Bollino blu, atenei di eccellenza, valutazione: tutto quello che mi indispone di questi discorsi è l’ipocrisia. Non c’è nessuna corsa al miglioramento nè si cercherà di premiare il merito. I tagli inevitabilmente peggioreranno tutto e il merito, in Italia, sarà premiato, forse, fra 800 anni di evoluzione culturale. Semplicemente, siamo al “si salvi chi può”. E’ stato deciso che sarà demolita una bella fetta di Università pubblica: semplicemente, i governanti stanno decidendo come condurre a termine l’operazione e, sull’altro versante, si sta cercando di rimanere a galla (invocando l’eccellenza). Senza entrare nel merito delle questioni, credo che uno dei mali peggiori sia ammantare i discorsi con il velo di una ipocrita promozione di quanto c’è di meglio. Si rischia di cadere più facilmente nelle trappole create dal potere, che dell’ipocrisia fa il suo cavallo di battaglia. L’articolo lo dimostra bene.
Mors tua vita mea! Questa è la convizione di alcuni colleghi (eccellenti e autoreferenziali) che vista la situazione preoccupante dei finanziamenti si danno da fare per convicere politici e opinione pubblica che c’è bisogno di puntare su poche sedi eccellenti. Invece a mio avviso bisognorebbe fare quadrato a difesa di tutto il mondo universitario italiano. Siamo in guerra! E in guerra si vince se si è uniti e si ha voglia di lottare. Tutti ci attaccano e noi non facciamo nulla per controattaccare! Ci chiudiamo a riccio e organizziamo al massimo seminari per pochi addetti ai lavori. Bisogna uscire fuori e far capire alla gente che la cultura è vita!!!
Uniti? Tutti uguali? Magari!!
Il paradiso universitario “italiano” esiste, ed e’ a soli 200 km da qui. Li circa il 30 per cento degli studenti universitari ha una borsa di studio, ed i dottorandi ricevono un extra di 300 Euro al mese rispetto al resto d’Italia.
A proposito di eccellenza, segnalo la norma seguente:
Decreto Legislativo Luogotenenziale 28 giugno 1945, n.406.
In virtù dell’autorità a Noi delegata;
Visti il R. decreto 16 dicembre 1927, n. 2210, sull’ordine delle
precedenze a Corte e nelle pubbliche funzioni e le successive
modificazioni ed integrazioni;
Visto l’art. 4 del decreto-legge Luogotenenziale 25 giugno 1944, n.
151;
Visto il decreto legislativo Luogotenenziale 1° febbraio 1945, n. 58;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Primo Ministro
Segretario di Stato;
Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo 1
Il titolo di eccellenza, attribuito dal R. decreto 16 dicembre 1927, n.
2210, e successive modificazioni ed integrazioni, è abolito.
Articolo 2
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nella «Gazzetta Ufficiale» del Regno.
Non capisco i dati sul numero dei medici, a me risulta che in Italia vi sono 6,1 medici per mille abitanti, contro la media europea del 3,1: In Europa solo la grecia ne ha di più. Recente articolo del sole24, al Sud più medici che postil letto
boh!!