La protesta #stopVQR comincia a trovare spazio sulle colonne dei quotidiani nazionali. A breve distanza dall’intervista del Corriere a Giuseppe Mingione, il “supermatematico” che boicotta la VQR, è il Fatto Quotidiano a spiegare la protesta ai suoi lettori con un articolo firmato dal linguista Raffaele Simone, che non risparmia le critiche ad ANVUR, MIUR e governo. «L’università si ribella boicottando in massa i moduli Vqr. Gli aderenti sono più o meno il 30 per cento del totale. … Mentre i rettori sono furiosi, la ministra soavemente tace (pur essendo professore anche lei) e il capo del governo forse neanche sa di che cosa si tratta. Nel frattempo, per bocca di una dei suoi componenti, l’Anvur con la sua usuale ingiustificabile arroganza comunica: il boicottaggio non servirà a nulla perché punta a un “obiettivo sghembo” (sic! ma perché recuperare il maltolto sarebbe sghembo?) e, se gli autori proprio non vogliono collaborare, le pubblicazioni da sottoporre a vaglio saranno scelte “dalle strutture”».

Dopo_tagli_valutazioni_folli_FQ

Tutte le proposte di riformare la metodica [della VQR] sono state ignorate dalla ministra, e più ancora dall’Anvur, barricata da tempo in una specie di fortino. Ma, a parte lo scarso credito della procedura, stavolta i professori hanno deciso di boicottare il Vqr, cioè di non compilare gli strampalati moduli elettronici che esso comporta lasciando a mani vuote rettori, Anvur e ministero. Come mai questa protesta, che tra l’altro fa del tutto a meno del supporto dei sindacati? La storia comincia nel 2010, quando Tremonti, col perfido intento di far pagare la crisi finanziaria dello Stato ai dipendenti pubblici, inventa un decreto che decurta del 10 per cento circa sia le pensioni superiori a 1.400 euro sia gli stipendi dei funzionari di un certo livello. Scandaloso sin dall’origine, il decreto è stato rinnovato di anno in anno. Ma come al solito c’è qualcuno più uguale degli altri. I magistrati (temutissima casta) e i militari, con opportune azioni di lobbying, hanno recuperato i loro stipendi per intero, senza dover neanche troppo lottare. I pensionati si sono fatta dar ragione l’anno scorso dalla Corte Costituzionale, anche se il maltolto sta tornando nelle loro tasche solo a gocce. Rimangono solo, sfortunatissimi, i professori universitari, che da sei anni subiscono la mortificante decurtazione, a cui si aggiunge anche la perdita dell’anzianità corrispondente.

Ebbene, a questa situazione l’università si ribella boicottando in massa i moduli Vqr. Gli aderenti sono più o meno il 30 per cento del totale. La manovra ha stimolato l’intelligenza collettiva: alcuni (come l’instancabile Carlo Ferraro del Politecnico di Torino) hanno organizzato monumentali raccolte di firme, c’è chi non ha chiesto l’Orcid (una sorta di codice fiscale del singolo ricercatore) inceppando vari meccanismi, chi ha cancellato i pdf dei propri lavori per renderli introvabili a ispezioni esterne, chi ha caricato pdf sbagliati, e chi, con un sussulto dadaista, ha selezionato non i migliori ma i peggiori dei propri prodotti.

Link all’articolo di Raffaele Simone: Dopo i tagli, le valutazioni folli È esplosa la rivolta dei docenti

 

Print Friendly, PDF & Email

5 Commenti

  1. Grande Simone! L’unico che ha sollevato, lucidamente e senza giri di parole, il problema dei criteri (inesistenti) nella scelta dei GEV e soprattutto dei referees anonimi (mortacci loro!, nel vero senso della parola, cioè non come semplice esclamazione di routine, ma:”mannaggia ai loro morti! Tutti, quelli passati e quelli che verranno”). Mi piacerebbe sapere anche il giudizio del Prof. Simone, da insigne linguista quale è (ricordo ancora – da studente – i suoi bellissimi studi su Saussure), sulla produzione scientifica della Ministra Giannini, visto che appartiene al suo stesso SSD (L-LIN/01).
    Da sottolineare – tra le altre – l’obiezione (SACROSANTA) del Prof. Simone sul fatto che in molti casi il giudice (cioè quel cornuto di referee anonimo) è scientificamente inferiore (e talvolta di molto) rispetto al giudicato, cioè lo studioso che si sottopone a questa valutazione – scusate il termine, ma non ne trovo altri – del cazzo.

  2. #stopVQR anche sul Tirreno. Degne di nota le prese di posizione dei candidati rettore, un termometro che misura il grado di adesione alla protesta. Leggendole, viene da pensare che temperatura sia alta, persino a Pisa dove, nonostante le sanzioni minacciate, la protesta non è stata sedata e ottiene solidarietà anche da chi si candida a guidare l’ateneo.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.