Università libera, Università del futuro, gruppo di docenti dell’Università di Padova appartenenti a diverse aree scientifiche e a diversi settori disciplinari, che si è istituito come occasione stabile di incontro, di riflessione critica e di discussione plurale intorno a tutti gli aspetti della vita universitaria ha proposto alcune considerazioni sull’assegnazione ministeriale di risorse per posizioni di RTDa e borse di dottorato sulle linee di ricerca del «green» e dell’«innovazione».

Il DM 1062/2021 (pubblicato l’11/8/2021) ha assegnato in gran fretta agli Atenei risorse da destinare a borse di dottorato di ricerca e a posizioni di ricercatore di tipo A. Le ricerche e le relative posizioni dovranno conformarsi alle linee dell’«innovazione, del più ampio tema del digitale e del green» previste dal PON (Programma Operativo Nazionale) 2014-2020 (art. 2 c. 2 del DM). Sono imposti tempi di attivazione strettissimi, poiché «La realizzazione delle attività […] dovrà avvenire entro e non oltre il 31 dicembre 2023» (art. 2 c. 4), che significa in sostanza che i contratti RTDa e le borse di dottorato dovranno essere attivati nel giro di pochissime settimane.

A seguire alcune nostre riflessioni. I punti da 1 a 4 riguardano il senso e le implicazioni del finanziamento erogato dal Ministero. I punti 5 e 6 concernono invece specificamente le
politiche dell’Ateneo padovano.

1) Si tratta di un finanziamento che, approfittando anche delle retoriche emergenziali, predetermina i contenuti della ricerca, e cioè ne vincola ambiti e temi, con ciò erodendo il principio costituzionale della libertà della ricerca. In una formulazione discorsiva: «La tua ricerca deve essere fatta su ciò che ti dico io».

2) Tali contenuti sono a loro volta indirizzati al tessuto produttivo ed aziendale del Paese, e dunque di fatto emarginano le ricerche nelle aree delle scienze pure e delle discipline umanistiche (v. il vincolo per ciascuna posizione, di un periodo di ricerca di almeno sei mesi in un’impresa, art. 3 c. 4d).

3) La perimetrazione del finanziamento a ricerche entro le due aree tematiche dell’innovazione e del green minaccia il concetto stesso della ricerca “di base”, presupposto e fondamento di tutta la ricerca specialistica e applicativa.

4) Più specificamente, quella delimitazione si conforma al pensiero unico dell’«innovazione», alimentando il concetto che ricerche condotte entro metodologie e tematiche tradizionali siano per sé da superare.

5) Nell’Università di Padova, l’assegnazione delle risorse avviene con il metodo della call, che prevede una specie di competizione interna a bando, cui possono partecipare tutti i Dipartimenti presentando ciascuno le proprie proposte. L’operazione, che fa seguito ad una prassi già invalsa in altre iniziative interne all’Ateneo nell’ultimo sessennio (v. l’Ambito strategico della didattica), conferma l’interferenza delle retoriche della crescita e dei goals anche nella distribuzione delle risorse autonomamente regolata dall’Ateneo, pratica che finisce per incuneare fra Dipartimenti e aree di ricerca appartenenti al medesimo Ateneo meccanismi non solidali e compensativi, ma competitivi e divisivi.

6) Essa infine impone confronti fra realtà e ambiti disciplinari non comparabili. Per non fare che un esempio: è più green una ricerca sulle narrazioni novecentesche dei disastri ambientali, o una ricerca sul calcolo della dispersione ambientale di acque potabili dai condotti municipali?

https://www.universitadelfuturo.it/docs/AppPON2020a.pdf

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2 Commenti

  1. in realtà, i programmi di ricerca “top-down”, in cui è il finanziatore a decidere gli assi della ricerca che vuole finanziare, esistono da tempo, anche in Europa: lo stesso programma Horizon 2020 prevedeva call abbastanza vincolate a tematiche pre-determinate. Il punto è: va benissimo che lo Stato decida quali siano le linee su cui vuole investire, ma questi finanziamenti devono essere aggiuntivi, e non erodere quelli, che dovrebbero essere prevalenti, per la ricerca di base. C’è poi un problema ancora più drammatico: le tematiche “green”, “innovazione” e “digitale”, messe così, non significano nulla. Proprio nulla. Sono soldi che potevano servire per implementare alcuni settori della ricerca, e invece, come sempre, si tratta dell’ennesimo esempio di risorse buttate, per creare – fra l’altro – figure precarie che avrebbero dovuto sparire già da tempo dal sistema.

  2. Cari colleghi, pur rischiando di essere off-topic. suggerisco di concentrarsi anche sul nuovo decreto di accreditamento CDS, che se non smentito da successivi provvedimenti, potrebbe portare significativi incrementi nel reclutamento, in particolare nelle università private non sottoposte al criterio dei punti organico. Si stà muovento un fronte di contrasto importante e influente, forse i molti difensori dell’università pubblica potrebbero fare altrettanto…
    https://www.mur.gov.it/it/atti-e-normativa/decreto-ministeriale-n1154-del-14-10-2021

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