“Una norma voluta dal Governo per chiarire un aspetto tecnico come quello dell’esenzione dal pagamento dell’IVA sui servizi per gli studenti universitari che appassiona poco la gente – afferma Carmelo Ursino, presidente dell’ANDISU – ma che andrà a colpire indirettamente gli studenti universitari visto che molti degli enti per il diritto allo studio chiuderanno in rosso i propri bilanci per il 2017, con il conseguente possibile taglio ai servizi o aumento del costo degli stessi.” Così Monica Barni, Vicepresidente della Regione Toscana, ha commentato uno degli ultimi sviluppi di una vicenda apparentemente tecnica, ma che rischia di  ridurre di diversi milioni di euro i fondi a disposizione degli enti per il diritto allo studio. Al punto che, sempre secondo la stessa Barni, ““La legge rischia di mettere in difficoltà il diritto allo studio universitario a livello nazionale”. In questo articolo, Maurizio Zani ricostruisce dettagli e passaggi tecnici della vicenda, a partire dal suo inizio nel lontano 1994.

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Il tema del regime dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), prevista dall’art. 1 lettera II) della legge 825/1971, è disciplinato dal DPR 633/1972 che all’art. 1 recita

L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.

Com’è noto, con l’art. 40 comma 1-ter del DL 98/2011 l’aliquota ordinaria si attesta al 22%

A decorrere dal 1° ottobre 2013, l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto del 21 per cento e’ rideterminata nella misura del 22 per cento.

 

Per quanto riguarda i servizi di vitto e alloggio erogati dagli enti per il Diritto allo Studio Universitario (DSU), è importante capire se essi rientrano in quanto viene regolato dall’art. 4 (se ne riporta uno stralcio) del DPR 633/1972

Per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorche’ non esclusiva, delle attivita’ commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonche’ l’esercizio di attivita’, organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile.

Si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese:

1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle societa’ in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle societa’ per azioni e in accomandita per azioni, dalle societa’ a responsabilita’ limitata, dalle societa’ cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle societa’ estere di cui all’art. 2507 del codice civile e dalle societa’ di fatto;

2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalita’ giuridica e le societa’ semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciali o agricole.

o se invece ne sono esenti in base all’art. 10 comma 1 lettera 20), che recita

Sono esenti dall’imposta: […]

20) le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventu’ e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorche’ fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonche’ le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale;

La maggior parte degli enti per il diritto allo studio che nel panorama nazionale erogano tali servizi ritengono di doversi trovare nella prima ipotesi, per cui hanno annualmente chiesto la compensazione tra quanto versato e quanto a credito di IVA.

 

C’è da rilevare il caso dell’Ente per il Diritto allo Studio Universitario di Pavia (EDiSU), l’ex ISU, che nel 1994 a seguito di richiesta di compensazione IVA ricevette un diniego da parte dell’ufficio IVA; l’ente presentò ricorso adducendo di avere autonomia organizzativa e funzionale e di conseguenza di non avere alcun collegamento funzionale (si veda l’art. 10 sopra richiamato) con l’università, e quindi di trovarsi in regime IVA. Il ricorso venne rigettato sia in primo sia in secondo grado, ed in terzo grado la V sezione civile della Corte di Cassazione (con sentenza 13069/2011) ha confermato il rigetto ritenendo sussistente il collegamento funzionale tra ente e università

Tale dato normativo -indiscutibile- non può tuttavia ”ex se” assumere carattere dirimente in quanto, con la locuzione “istituzioni … collegate funzionalmente”, il Legislatore ha voluto espressamente estendere la esenzione alle prestazioni accessorie (vitto ed alloggio) anche se eseguite da soggetti distinti da quelli che erogano le prestazioni principali (didattica, formazione).

quale condizione indispensabile per erogare le prestazioni

A differenza delle disposizioni di esenzione di cui ai nn. 19 e 21 dell’art. 10, la disposizione di cui al n. 20 del medesimo articolo, prevede in relazione alle prestazioni “accessorie” (nella specie, vitto ed alloggio), la possibilità che le stesse non vengano erogate dallo stesso soggetto (istituti di istruzione, scuole) che esegue la prestazione “principale” (attività didattica), ponendo tuttavia in tal caso, come condizione indispensabile, la sussistenza di un nesso di strumentalità qualificato giuridicamente come “annessione”, “dipendenza” o ”collegamento funzionale”.

e quindi vi sia esenzione IVA a carico dell’ente.

 

All’inizio del 2016 l’Azienza Regionale per il Diritto allo Studio Universitario della Toscana (ARDSU) è stata poi oggetto di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate per il periodo 2011-2014, mostrando un rimborso IVA non dovuto all’ente di quasi 50 M€; l’accertamento si è poi riferito al solo 2011, ed ha comportato una sanzione di circa 9.3 M€ (di cui la metà di interessi), a cui andranno aggiunti costi per l’ente per circa 3 M€ l’anno per il futuro. La questione è stata anche oggetto di un’interrogazione (vedi sotto) della consigliera Irene Galletti del Movimento 5 Stelle (M5S) presso la Giunta Regionale della Toscana, a cui la Vicepresidente Monica Barni ha risposto che

“In attesa che si chiarisca la vicenda a livello giudiziario, ARDSU accantonerà i fondi necessari a coprire i maggiori costi di gestione. Quelli stimati per il 2017, 2.8 milioni, saranno coperti con fondi regionali per due milioni e, per i restanti 800 mila euro, con una revisione marginale delle tariffe mensa per gli studenti più abbienti”

 

All’inizio dell’anno corrente, però, un parere del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR) richiesto dall’ARDSU Toscana e formulato dal Capo Dipartimento (Marco Mancini) sembrava ribaltare l’interpretazione affermando come non sussista un collegamento funzionale tra l’ente che eroga i servizi di vitto e alloggio e l’università che segue gli aspetti didattici, e che quindi gli enti possano esporre l’IVA su tale questione.

 

Arriva infine l’art. 2-bis del DL 50/2017 (cosiddetta “manovrina”, convertito dalla legge 96/2017), con cui il legislatore cerca di fare chiarezza definitiva sul tema, dichiarando esplicitamente che i servizi di vitto e alloggio erogati dagli enti sono esenti da IVA, e che si provvederà ad una sorte di sanatoria per eventuali comportamenti difformi tenuti in passato

1. L’articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si interpreta nel senso che vi sono compresi i servizi di vitto e di alloggio resi in favore degli studenti universitari dagli istituti o enti per il diritto allo studio universitario istituiti dalle regioni.

2. In considerazione dell’incertezza interpretativa pregressa, sono fatti salvi i comportamenti difformi tenuti dagli istituti o enti di cui al comma 1 fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Non si fa luogo al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto erroneamente applicata sulle operazioni effettuate ne’ al recupero della medesima imposta assolta sugli acquisti erroneamente detratta; i contribuenti di cui al primo periodo del presente comma operano comunque la rettifica della detrazione, prevista per i casi di mutamento del regime fiscale delle operazioni attive ai sensi dell’articolo 19-bis2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

A valle dell’approvazione in Senato, la Vicepresidente Barni ha commentato dicendo

“Un passo avanti importante, che accogliamo con soddisfazione, ma consapevoli che ancora non siamo di fronte ad una soluzione definitiva del problema. Per questo, pur prendendo atto della novità positiva che sana una situazione pregressa, non abbasseremo comunque la guardia e proseguiremo nella battaglia intrapresa, a fianco dell’Azienda regionale per il diritto allo studio, per dare certezze agli studenti e difendere un diritto sancito dalla Costituzione”.

“Grazie a questa norma – prosegue la vice presidente – il contenzioso aperto dall’Agenzia delle entrate nei confronti dell’Azienda toscana per il Diritto allo studio si chiuderà per il passato. Ma la sua formulazione non consente di dare certezze per una soluzione a lungo termine e soprattutto, fermo restando l’assoggettamento al regime Iva e l’impossibilità di detrazione per alcuni servizi prestati agli studenti, rischia di sottrarre fondi alle aziende, in Toscana come nelle altre regioni, creando tagli indiretti ai servizi, con il rischio di ridurre la qualità del supporto offerto agli studenti meritevoli e privi di mezzi. Nei prossimi giorni avvieremo un serrato confronto a livello regionale con l’Azienda DSU e a livello nazionale con le altre Regioni, con le rappresentanze degli studenti e con il Governo”.

 

Ora l’Associazione Nazionale degli organismi per il Diritto allo Studio Universitario (ANDISU) sta raccogliendo alcuni dati per valutare quale sarà l’impatto sui bilanci degli enti di tale norma, che ad una prima stima per difetto potrebbe aggirarsi complessivamente per il territorio nazionale intorno ai 50 M€ annui per il solo futuro; di seguito alcuni passaggi del comunicato stampa rilasciato congiuntamente dal Presidente dell’ANDISU, Carmelo Ursino, e dalla Vicepresidente Barni

“Una norma voluta dal Governo per chiarire un aspetto tecnico come quello dell’esenzione dal pagamento dell’IVA sui servizi per gli studenti universitari che appassiona poco la gente – afferma Carmelo Ursino, presidente dell’ANDISU – ma che andrà a colpire indirettamente gli studenti universitari visto che molti degli enti per il diritto allo studio chiuderanno in rosso i propri bilanci per il 2017, con il conseguente possibile taglio ai servizi o aumento del costo degli stessi.”

“La legge rischia di mettere in difficoltà il diritto allo studio universitario a livello nazionale, afferma Monica Barni, Vicepresidente della Regione Toscana. – Per questo, insieme all’ANDISU abbiamo deciso di realizzare un’indagine che rilevi il suo impatto negativo sui bilanci degli enti al fine di aprire un confronto costruttivo con il MEF e l’Agenzia delle Entrate e gli altri livelli istituzionali interessati.”

L’indagine terrà conto dell’impatto futuro (per il prossimo anno si stima una perdita di oltre 50 milioni di euro) e per il passato una eventuale perdita di oltre 200 milioni di euro.

La sintonia con le Regioni e il lavoro coordinato tra gli enti per il diritto allo studio è fondamentale per tenere alta l’attenzione su un tema che a livello nazionale muove risorse per oltre un miliardo di euro e che ha un impatto sulle centinaia di migliaia di studenti universitari italiani e stranieri – conclude Ursino – Troppo spesso si parla di università senza ricordarsi dei servizi per gli studenti che devono essere fondamentali e di livello in tutta Italia.”

Interrogazione parlamentare:

Interrogazione 2017-04-20 #8315

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