Il sistema delle pubblicazioni scientifiche evolve rapidamente, ma uno temi lasciato sempre un po’ sotto traccia è quello della gestione dei diritti d’autore, che invece è fondamentale per il riuso. Le pubblicazioni scientifiche sono opere protette dalla legge sul diritto d’autore (che nella stragrande maggioranza dei casi diventa diritto d’editore) pur avendo finalità molto diverse da quelle delle opere di intrattenimento (letterarie artistiche, musicali).

 Qualcuno tempo fa si è interrogato provocatoriamente sulla opportunità di abolire il diritto d’autore sulle opere scientifiche. Coalition S in Europa chiede ai ricercatori che ricevono un grant dai finanziatori membri della coalizione di esercitare il diritto di rights retention (la stessa cosa viene richiesta da molte università britanniche). In USA  il OSTP ha definito una politica di accesso aperto immediato (green open access) alle pubblicazioni esito di finanziamenti pubblici.
Roars ha chiesto a Roberto Caso, presidente della Associazione Italiana per la promozione della scienza aperta  e professore di Diritto privato comparato di raccontarci quali misure, anche giuridiche, si dovrebbero adottare in Italia per facilitare la apertura della scienza.

Roars: A che punto siamo in Italia con il tema della gestione dei diritti d’autore sulle pubblicazioni scientifiche finanziate con fondi pubblici?

Siamo al punto zero. L’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) ha nel 2016 inoltrato al Parlamento della scorsa legislatura una proposta di modifica della legge italiana sul diritto d’autore che avrebbe dato agli autori di testi scientifici maggiore libertà di ripubblicare in accesso aperto opere pubblicate in accesso chiuso (ad es. articoli su riviste). La proposta aveva trovato parziale corrispondenza nella c.d. proposta Gallo che è rimasta al palo per l’opposizione dell’Associazione Italiana Editori. In altri Paesi europei (Germania, Austria, Paesi Bassi, Belgio, Francia), il diritto di ripubblicare in accesso aperto è riconosciuto in maniera esplicita dalla legge. La Commissione europea sta valutando se è opportuno armonizzare il quadro normativo europeo.

R: Quali sono le iniziative messe in atto dal nostro Ministero per incrementare l’accesso aperto alle pubblicazioni finanziate con fondi pubblici?

Il MUR nei bandi di ricerca (ad es. nei bandi PRIN) inserisce una clausola che impone l’accesso aperto alle pubblicazioni. Ma questo tipo di disposizione normativa è priva di sanzioni e non è coordinata con la legge sul diritto d’autore. Tutti i ministeri che finanziano progetti di ricerca dovrebbero inserire l’obbligo dell’accesso aperto e dovrebbero dotarlo di sanzioni. Ma questo obbligo e le relative sanzioni dovrebbe basarsi su un diritto irrinunciabile e inalienabile in capo all’autore di pubblicare in accesso aperto. Se si impone un obbligo all’autore occorre dotarlo di strumenti giuridici che gli diano la libertà di assolverlo. In questo momento l’autore si trova tra l’incudine (l’obbligo statale o europeo di pubblicare in accesso aperto) e il martello (il contratto con l’editore che nega questo diritto).

R: Come si concilia il recente Piano Nazionale sulla Scienza Aperta con la legge sul diritto d’autore e come sarebbe possibile incrementare l’accesso alle pubblicazioni scientifiche  in maniera legale?

Il piano prevede un punto specifico sul diritto d’autore che recita quanto segue: “dotare l’Italia di un quadro normativo organico in materia di diritto d’autore che renda possibile l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche”. Il punto fa riferimento alla Raccomandazione UE n. 790 del 2018 dedicata all’accesso aperto alla letteratura e ai dati della ricerca scientifica. In questa prospettiva, il piano impegna l’Italia a: 1) inserire nella legge sul diritto d’autore il diritto di ripubblicazione in accesso aperto e 2) estendere la portata in ambito scientifico delle eccezioni e limitazioni (libere utilizzazioni) al diritto d’autore (cioè di quei casi in cui si può usare liberamente la pubblicazione scientifica, nonostante la sussistenza del diritto d’autore).
Al di là di interventi mirati sulla legge in materia di diritto d’autore, andrebbe ripensato il quadro normativo che regola il rapporto tra università e proprietà intellettuale. L’attuale visione dominante nelle decisioni politiche (europee ed italiane) vede la proprietà intellettuale come strumentale all’innovazione delle imprese. Mentre l’università dovrebbe essere concepita come un’istituzione votata ai principi e alle prassi della scienza aperta nonché alla creazione di beni comuni della conoscenza per la crescita culturale e democratica dei cittadini. In altre parole, la scienza aperta è antitetica a una iperprotezione della proprietà intellettuale ed è un baluardo del carattere democratico di una società.

R:  Cosa dovrebbe fare il Ministero, cosa le istituzioni e cosa i ricercatori?

Gli autori sottomessi alla valutazione di stato sono scoraggiati dal rivolgersi a editori  – che pure esistono – favorevoli a un accesso aperto a condizioni ragionevoli a causa appunto di una valutazione che guarda al luogo di pubblicazione prima che alla pubblicità dei testi. Per questo il martello editoriale è, allo stato, pesante, costoso e difficilmente evitabile.

Il Parlamento e il Governo (non solo il MUR) dovrebbero riformare la valutazione della ricerca restituendo autonomia alle comunità di ricerca e incentivando la cooperazione (e non la competizione) tra università, enti ed istituti. Dovrebbe inoltre investire in infrastrutture pubbliche digitali aperte e interoperabili (cioè basate su standard, formati e codici sorgenti aperti). Le università, gli enti e gli istituti di ricerca dovrebbero investire nella formazione sulla scienza aperta di studenti, dottorandi e ricercatori. Dovrebbero, inoltre, dotarsi di proprie politiche, strutture organizzative e personale dedicato all’Open Science.

I ricercatori dovrebbero ricostituire dal basso (e al di là di quanto fanno Stato e istituzioni di appartenenza) l’etica della scienza aperta, un’etica che guarda alla pratica scientifica come ricerca della verità e non del profitto.

 

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