Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
“Esse, est percipi”. Chissà se il dottor Ricci, responsabile delle area-prove dell’INVALSI, matematico e statistico ignaro, come afferma, di tutto quanto attiene alle materie umanistiche, si è votato alla filosofia di Berkeley , magari apprezzandone la critica allo scetticismo.
Ma forse siamo troppo generose. I questionari “percettivi” che da qualche anno l’Istituto diffonde accompagnando i test, si basano su più semplici (o grossolani, a grossa grana) intenti. Si tratta per bambini, genitori e studenti di mostrare opinioni, sensazioni, punti di vista “di pancia”, così come vengono alla coscienza senza troppo ragionare. Si può rispondere su quello che le domande insinuano, senza ben comprendere quale implicazione potranno avere le risposte fornite. Certo, ogni volta si precisa che si tratta di indagini molto bonarie, prive di intenti di controllo sulle materie indagate, semplici aggregati che saranno elaborati in forma anonima, a utilizzo statistico (e qui entra in campo ancora Ricci, con il suo strumentario numerico, proiettivo, dove il campione è anche censuario e viceversa, dipende…).[1]
Anche quando il questionario appare più tecnico, come nel caso del Q-Scuola funzionale alla compilazione del format RAV (Rapporto di Autovalutazione, ora in uso anche alla Scuola dell’Infanzia), alcune domande inducono a prestare attenzione ad aspetti della vita della comunità scolastica particolarmente delicati, impossibili da liquidare in items. La domanda n. 15, dando per scontato che i ragazzi si comportano male con insegnanti e compagni, chiede di dar conto dei “provvedimenti adottati”, come se, fuori dai contesti di relazione specifici fosse possibile standardizzare comportamenti “problematici” e adottare risposte conformi, adeguate agli stessi. Ad ogni buon conto, ovviamente, la domanda successiva è: “Indicare i numero di studenti che ha ricevuto sospensioni nell’as 2013/14”.
Che questo tipo di questionario serva allo scopo paradossale di etero-dirigere l’autovalutazione è ormai chiaro a tutti. Assai più ambigui, impregnati della tipica ipocrisia che vuol far credere che ci sia interesse da parte del perito-INVALSI agli aspetti qualitativi delle indagini, sono i questionari rivolti ai bambini di quinta-primaria e alle loro famiglie, già egregiamente commentati da Enrico Roversi[2], a cui rimandiamo.
Condivide questa impostazione anche il Questionario di Percezione diffuso fra i genitori degli studenti delle superiori, quest’anno. Preceduto dal consueto richiamo alla tutela della privacy (si sa, un informatore ha diritto alla dovuta protezione) si articola in due parti, ciascuna con dieci affermazioni per le quali si può barrare una delle 4 opzioni, molto/semplice accordo o disaccordo.
Nella prima parte le percezioni riguardano direttamente i comportamenti degli insegnanti verso gli alunni, sia didattici che relazionali, con la insinuante affermazione n 7 in cui si chiede la condivisione o la repulsa rispetto alla “trascuratezza dei docenti verso interessi e attitudini” dei ragazzi. Come se interessi e attitudini fossero nozioni da indagare solo con senso comune, in un luogo di insegnamento intenzionale quale è la scuola. Si dà per scontato che tale trascuratezza è un fatto oggettivo, e se non lo è per il genitore, gli si insinua il sospetto. La seconda parte è sull’organizzazione della scuola, servizi, attrezzature. Qui l’affermazione n 7 riorganizza tutte le altre nove: insomma, la scuola di tuo figlio è organizzata bene? Non si era già chiesto ai responsabili degli Istituti, i Dirigenti con l’altro questionario? Forse è meglio provare a mettere in dubbio le informazioni lì contenute, magari il DS e gli insegnanti tentano di ottenere meriti non guadagnati!
L’ultima chicca la scova, nella tornata di prove appena svolte, un’insegnante delle superiori, tornando a scuola dopo l’adesione allo sciopero. Una collega le racconta la novità contenuta nella prova di quest’anno. Si tratta di una pagina finale (di cui alleghiamo un’immagine, non ne abbiamo trovato copia nel sito dell’INVALSI) con un ennesimo questionario percettivo.
I quesiti – pochi, semplici e chiari – proposti ai ragazzi non vertono sulle discipline né sono analoghi a quelli che costituiscono il Questionario- Studente, ogni anno a corredo delle prove di Italiano e di Matematica. Non concorrono, le domande di cui parliamo, a collocare in una cornice socio-economico-culturale ( “Quanti libri hai letto? Che professione svolgono i tuoi genitori?) il ragazzo che ha svolto la prova, come vogliono far credere. Un ragazzo la cui privacy, protetta da un codice alfanumerico, è garantita – assicurano- solo nelle statistiche nazionali visto che, nella scuola frequentata, possono essere incrociati i dati degli insegnanti, della classe, dell’allievo, ovviamente. Non a caso, infatti, i quesiti sono parte integrante del fascicolo INVALSI sia di Matematica che di Italiano. La loro natura è diversa. Ci riferiamo qui ai quesiti trovati nella prova di Matematica.
In primo luogo, un ringraziamento (“Grazie per aver risposto alle domande di questo fascicolo”). Il clima si distende. La fatica e lo stress della prestazione sono terminati. L’allievo raccoglie le sue sensazioni e le restituisce al valutatore. A parte l’incoerenza delle due prime domande (“Hai usato la calcolatrice?” O la calcolatrice è ammessa o non lo è!) il tono delle richieste è informale, quasi familiare:
- eri nervoso, tanto da non riuscire a trovare le risposte? (per niente/poco/abbastanza/molto);
- avevi l’impressione di andare male?(per niente/poco/abbastanza/molto);
- eri tranquillo mentre svolgevi la prova? (per niente/poco/abbastanza/molto);
Una crocetta sull’apposita cesella dovrebbe sintetizzare le sensazioni, le frustrazioni, il giudizio “a caldo”, immediato (“di pancia”, come si diceva prima) dell’alunno. E’questo ciò che si chiede: la “percezione”.
Ma sono gli ultimi due quesiti, quelli che contano:
- le domande erano simili a quelle proposte durante l’anno? Più facili o più difficili?
A quali domande, a quali prove svolte “ durante l’anno” si riferisce INVALSI?
Quali prove associa al quesito, da parte sua, il ragazzo?
Quali informazioni la statistica vuole trarre da queste risposte?
Quali finalità hanno questi quesiti?
Possiamo provare ad azzardare noi una risposta, tornando al Questionario-Scuola per la secondaria, a cui abbiamo fatto cenno su. La domanda n 8 del paragrafo-Processi, recita: “Gli studenti hanno svolto o svolgeranno prove per classi parallele nell’as 2013/14? Specificare che tipo di prove e per quali discipline”. Le indicazioni fornite per rispondere precisano: “Per prove si intendono quelle predisposte in modo da garantire la comparabilità tra classi diverse. Interessano qui le prove predisposte dagli insegnanti della scuola sulla base della programmazione comune, non le prove INVALSI o le prove che vengono usate per esercitare gli studenti ad affrontare le prove INVALSI” Non servono molti commenti, basta prestare attenzione alle parti da noi sottolineate.
Allora, come dobbiamo interpretare il questionario di percezione finale? Come, le risposte, peraltro differenziate, contraddittorie, stanche, dei nostri allievi? E’ l’addestramento quello che ci si chiede?
Non entriamo, qui, nel merito dell’ “attendibilità e del valore” di una misura degli apprendimenti con test standardizzati, la cui letteratura anche internazionale è ormai sterminata. Un articolo pubblicato dall’Unione Matematica Italiana (https://www.roars.it/lunione-matematica-italiana-sui-risultati-ocse-pisa-2012/) fa il punto critico sul “senso” dei test OCSE – PISA, cui INVALSI si ispira e sulla lettura delle classifiche internazionali, che vedono gli allievi italiani sempre in fondo.
Cogliamo l’occasione solo per sottolineare uno degli aspetti salienti in gioco. La prova di Matematica di quest’anno (scuola secondaria superiore) constava di 32 domande da svolgere in 90 minuti (3 minuti scarsi a quesito), delle quali solo 12 erano “domande aperte”. Per le restanti, nessuna argomentazione della risposta era richiesta. Come dire – peraltro contrariamente a ciò che gli insegnanti con costanza sottolineano in classe – poco spazio per la riflessione, risposte veloci, intuito, rapidità. Non c’e’ tempo, né sono richiesti, per i collegamenti, le scelte meditate, le correzioni di errori spesso indispensabili per leggere ed interpretare le situazioni “realistiche” davanti alle quali il problema ci pone. Ed ecco che nel corso dei fascicoli, gli appunti incerti, i tentativi di ragionamento, le note a margine, ,gli “scarabocchi”, gli abbozzi di modelli e di pensieri che i ragazzi provano a mettere in campo nelle prime domande, si fanno via-via più radi. Aumentano gli errori di scrittura, quelli che invalidano la domanda. Guai ad avere un ripensamento! Se malauguratamente barri due crocette al posto di una, la risposta non verrà presa in considerazione, così gli spazi bianchi, per un insegnante anch’essi significativi. E così la “famosa” maschera elettronica-INVALSI dello studente, che il docente compila, si compone di: “mancante…mancante…mancante…”.
In che modo le rilevazioni INVALSI di quest’anno (e, degli anni precedenti, a dirla tutta) saranno servite per accrescere la conoscenza del sistema di istruzione e il livello alfabetizzazione dei nostri studenti? In che modo la mole di dati che accumuliamo ci orientano nelle scelte da compiere, come sostiene di volerci aiutare a fare la “task-force” dei valutatori nazionali (definizione dello staff del MIUR e dell’INVALSI)?
Adesso, ancora di più, questi interrogativi, richiedono riflessioni, approfondimenti, condivisione. Gli esiti delle prove, sembra suggerire il questionario di “percezione” finale, si intrecciano con i destini dei docenti, scomposti in indicatori e parametri nelle griglie dei comitati di valutazione, con gli “obiettivi di processo” dei RAV e dei Piani di Miglioramento che le scuole si impegnano a fornire al Sistema di Valutazione Nazionale, con le relazioni dei Nuclei di Valutazione Esterni che stanno visitando istituti scelti come campione.
Rossela Latempa, Insegnante di Matematica, scuola superiore, Verona
Renata Puleo, Gruppo NoINVALSI
[1] E’ possibile trovarli, a parte l’ultimo di cui diamo conto, sul sito dell’istituto INVALSI
[2] E. Roversi Scusi. Le chiedo solo due minuti per rispondere ad alcune domande… A cura del CESP di Bologna Itest INVALSI, contributi ad una lettura critica Bologna, 2013
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