Segnaliamo ai lettori il documento emerso dopo il convegno organizzato dall’Istituto Betti e dall’Università Roma Tre lo scorso 19 e 20 gennaio. Se condiviso, il documento può essere sottoscritto a questo indirizzo.

 

Nel corso delle due giornate durante le quali si è svolto il Convegno “La formazione del giurista” (Roma – Dipartimento di Giurisprudenza di Roma Tre – 19-20 gennaio) sono emersi diversi elementi di riflessione critici e propositivi. In attesa dell’auspicabile pubblicazione degli Atti, va intanto positivamente registrata una significativa convergenza di vedute su taluni punti specifici. Durante la tavola rotonda conclusiva, si è detto che, se ripresi e sviluppati, gli spunti emersi durante i lavori potrebbero condurre a un ripensamento operativo su aspetti non secondari della formazione giuridica nel nostro Paese. Naturalmente, è necessario che su di essi si raggiunga una convergenza ampia, la più ampia possibile, tra coloro che svolgono ruoli di formazione e di docenza nell’ambito delle istituzioni accademiche e/o professionali. A tal fine, il prof. Antonio Padoa Schioppa ha accettato la proposta di redigere il presente documento di sintesi. Chiediamo ora a quanti condividano le analisi e le proposte in esso contenute di sottoscriverlo e di attivarsi affinché abbia la massima diffusione.

Documento di sintesi

 I. Laurea triennale e lauree magistrali di impianto giuridico.

A fronte di una vistosa contrazione quantitativa degli immatricolati alla laurea giuridica triennale, che risulta scarsamente professionalizzante ed è in misura cospicua frequentata da studenti lavoratori, vi è consenso sull’ipotesi di istituire alcune lauree magistrali di impianto giuridico ma aperte a versanti complementari (dall’economia alla statistica, dalla criminologia alla sociologia del lavoro e della famiglia ed altro ancora), nell’intento di offrire una formazione superiore efficace a chi non intende, sin dall’inizio degli studi, avviarsi alle professioni legali classiche. Ai singoli atenei andrebbe lasciato il compito di scegliere il “taglio” da dare alle singole lauree triennali in modo che queste intercettino più facilmente le esigenze del particolare territorio su cui insistono.

II. Formazione entro il ciclo quinquennale della laurea magistrale in giurisprudenza.  

È stato questo il tema centrale del Convegno. La base comune è costituita dalla convinzione che compito dell’università è di formare il giurista. Sia la specializzazione che la professionalizzazione vengono dopo. Una più efficace formazione del giurista entro il quinquennio degli studi di diritto renderebbe molto più semplice ed anche molto più rapida sia la formazione specialistica che la formazione professionalizzante.

L’eccessiva lunghezza del ciclo di studi che porta all’effettivo esercizio delle professioni – ci vogliono, tra laurea e postlaurea, circa dieci anni e anche di più – costituisce una vera patologia che va corretta, anzitutto intervenendo sulla formazione universitaria: meno esami, più corsi collegati tra loro, frequenza interattiva, tempi certi, percorsi post-laurea, inclusivi degli esami e dei concorsi, di non più di due anni; ed altro ancora.

Un difetto fondamentale dell’attuale formazione universitaria, largamente riconosciuto come tale ma sinora non adeguatamente corretto, sta nell’eccesso di impegno didattico sulle normative, tra l’altro non di rado destinate a divenire presto obsolete. Fermo restando peraltro – diversi relatori lo hanno sottolineato – che una solida formazione di base, criticamente impartita a livello universitario, rimane fondamentale e come tale è richiesta anche da recenti ricognizioni sulla formazione giuridica delle migliori Law Schools americane e della dottrina tedesca (dove una buona preparazione culturale è ritenuta elemento idoneo a costruire giuristi duttili e meglio capaci di affrontare le multiformi sfide delle società contemporanee).

Più specificamente, i relatori hanno sottolineato una serie di carenze gravi e diffuse, tra le quali il difetto di addestramento *al ragionamento giuridico, *alle tecniche di argomentazione, *al ruolo e ai modi dell’interpretazione, *al collegamento tra norme, *all’impostazione dei casi in cui si incrociano più rami del diritto, *ai collegamenti con gli ordinamenti infra e sovra-statuali e con altre discipline, *all’esercizio di una scrittura precisa e concisa, *a un’efficace esposizione orale, *all’etica legale.

 

Come intervenire per migliorare l’offerta didattica?

– Riforme normative in itinere: diminuzione dei crediti obbligatori e maggiore flessibilità, pur senza sacrificare i comparti di base.

A normativa immutata, tuttavia, già molto si può fare, forse il più. Tra le proposte emerse: *coordinamento tra i corsi, *accorpamento di esercitazioni su versanti complementari del diritto (ad es. diritto civile e procedura civile; diritto e procedura penale); *addestramento al rapporto tra norme regolamentari, norme ordinarie, principi costituzionali, normative europee, normative internazionali e planetarie; *addestramento alle tecniche negoziali e alla dimensione consuetudinaria del diritto; *specificità dell’attività giuridica nelle amministrazioni pubbliche; *incremento delle cd. cliniche legali; *addestramento all’impiego dei precedenti giurisprudenziali; *educazione alla comprensione dell’autonomia del diritto, nel rapporto tra principio di legalità e spazio dell’interpretazione; *alternative al contenzioso; *educazione informatica e digitale e addestramento alle tecniche informatiche e alle continue innovazioni tecnologiche.

Anche il ruolo delle discipline storiche, filosofiche, economiche e comparatistiche – fondamentali in un’età di trasformazione profonda del diritto qual è la nostra – deve essere collegato con questi approcci, in un rapporto di mutua correlazione, incluse le nuove dimensioni della ricerca (analisi economica del diritto, law and literature ed altre).

– Metodo didattico: criticamente espositivo nella formazione di base, più interattivo nella fase della formazione del biennio avanzato.

In altre parole: insegnare ad imparare, insegnare più abilità e meno nozioni, in un panorama che impone ormai una formazione ma anche un’informazione permanenti.

Possibile e auspicabile è inoltre una differenziazione di offerta formativa tra le diverse Facoltà: a seconda delle sedi e delle competenze presenti, può prevalere – in particolare nel biennio finale della laurea magistrale – una formazione con prevalente taglio comparatistico (anche inclusivo di approfondimenti estesi e puntuali sull’uno o all’altro di singoli ordinamenti contemporanei quali lo statunitense o l’islamico o il cinese), un’altra più rivolta all’esercizio “tradizionale” della professione a livello individuale, un’altra con un solido impianto penalistico, un’altra con baricentro sul diritto degli affari, un’altra focalizzata sulla contrattualistica di common law, un’altra sui profili internazionalistici; ed altre ancora.

Vi è infine la delicata questione della possibile anticipazione di un’attività di tirocinio nell’ultimo anno della formazione universitaria. La presente normativa la prevede, ma i modi della sua attuazione sono ancora indeterminati e presentano non pochi elementi problematici, che alcune relazioni hanno affrontato, specie circa la compatibilità con la contemporanea fase avanzata della formazione universitaria, improntata alle finalità sopra richiamate.

Occorre infine dare un maggior peso alla capacità didattica nella carriera universitaria, pur sulla solida base della qualificazione scientifica (si veda su ciò il modello francese).

III. Formazione post-laurea

Diverse relazioni hanno preso in esame le vie previste dall’ordinamento vigente per l’accesso alle professioni legali classiche: le Scuole di specializzazione del 1997, le Scuole degli Ordini, la Scuola superiore dell’Avvocatura, la Scuola superiore della Magistratura, i tirocini presso gli uffici giudiziari, le Scuole di dottorato.

Ne risulta un panorama molto variegato, differenziato e anche frammentato, nel quale ognuna delle vie possibili presenta vantaggi e criticità, chiaramente emerse nelle relazioni. Formazione comune ad avvocatura e magistratura (modello tedesco e statunitense) o formazione differenziata (modello francese)? Accento posto sull’addestramento alle prove scritte per i concorsi od anche pratica di tirocinio? Cosa pensare dell’ipotesi di un corso-concorso per la magistratura, in rapporto problematico con il precetto costituzionale? Ed altro ancora.

Sia per le Scuole degli Ordini che per le Scuole per le professioni legali è stata evidenziata la grande disparità qualitativa e la vistosa discrepanza quanto all’effettiva attivazione dei tirocini tra le diverse Scuole, anche se in tutte risultano attivi, pur se in misura diversa da luogo a luogo, sia professori sia avvocati, magistrati e notai.

Forse il mantenimento di questa pluralità di approcci dovrebbe essere conservato, ma occorre un più efficace controllo sulle procedure e sui risultati, che preveda anche la disattivazione delle Scuole non adeguatamente strutturate.

IV. Alcuni temi non trattati

– Rimedi all’eccessivo affollamento nella professione forense;

– Miglioramento delle procedure di selezione dei futuri magistrati, a complemento delle prove scritte, con riferimento alle attitudini e alle capacità non soltanto tecniche; possibili modelli (Svezia a altri);

– Potenziali funzioni dell’Università nel compito urgente di semplificare l’esorbitante tessuto normativo: nulla è più complesso della semplificazione vera.

 

Firmatari:

Antonio Padoa Schioppa (Milano statale); Beatrice Pasciuta (Palermo); Luca Loschiavo (Teramo); Antonio Banfi (Bergamo); Tommaso Greco (Pisa); Maria Rosaria Marella (Perugia); Federigo Bambi (Firenze); Massimo Brutti (Roma Sapienza); Emanuele Conte (Roma Tre); Salvatore Saija (Massimario Cassazione); Vanni Pascuzzi (Trento); Margherita Ramajoli (Milano Bicocca); Salvatore Sica (Cons. Naz. For.); Giorgio Resta (Roma Tre);

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