La settimana prossima, in Inghilterra verrà inaugurato il Council for the Defence of British Universities, Concilio per la Difesa dell’Università britannica. Lo storico Keith Thomas e l’astrofisico Martin Rees, eminenti fondatori dell’organismo indipendente, spiegano perché l’accademia inglese deve essere protetta tanto dallo stato quanto dal mercato. Potete leggere l’articolo apparso su THE – Times Higher Education qui.
“Over the past two to three decades we have seen ever-increasing government regulation of academic life. It is right that in a democratic country the people’s representatives should assure themselves that public money is properly spent and that state-funded universities are actively discharging their responsibilities. But the degree of audit and accountability now demanded is excessive, inefficient and hugely wasteful of time and resources. More fundamentally, the very purpose of the university is grossly distorted by the attempt to create a market in higher education. Students are regarded as “consumers” and encouraged to invest in the degree course they think most likely to enhance their earning prospects. Academics are seen as “producers”, whose research is expected to focus on topics of commercial value and whose “output” is measured against a single scale and graded like sacks of wheat. The universities themselves are encouraged to teach and research not what they think is intrinsically worthwhile but what is likely to be financially most profitable. Instead of regarding each other as allies in a common enterprise, they are forced to become commercial competitors.”
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Sir Keith Thomas, fellow of All Souls College, Oxford, and a former president of the British Academy.
Ogni giorno ci scontriamo con il vento forte della crisi, una macchina lanciata ad altissima velocità contro un muro, ma chi la guida? Chi guida quella che già molti indicano come una guerra contro i popoli? Quali sono gli effetti per il futuro dell`Italia e dell`Europa e del mondo?
Il grande manovratore c`è e si chiama capitale finanziario guidato dalla Trilateral, i Bilderberg e la Golden Sachs (per quet´ultima Mario Monti è stato international advisor e tanto per non dimenticare è anche la potente e influente banca d`affari che, nel novembre del 2011 , ha innescato la vendita dei BTP che ha fatto schizzare lo spread, crollare le borse e imprimere un´accelerazione al governo Monti).. . Da libro “PIGS! La crisi spiegata a tutti.” Paolo Ferrero, Derive Approdi srl
“ Visto che la stupidaggine non è l´unica categoria con cui valutare i governanti, risulta evidente come la crisi dell´Euro sia stata fatta scoppiare volutamente.
Sono matti o sadici? No, semplicemente non fanno gli interessi dei popoli ma quelli delle banche, delle finanziarie e delle multinazionali. Infatti:
– Gli speculatori sono riusciti a far cambiare idea alla gente sulla “causa della crisi”: dalla speculazione finanziaria ai debiti pubblici, cioè alla spesa sociale. La colpa non è più degli speculatori ma dell´egoismo dei cittadini che vogliono vivere al di sopra dei loro mezzi.
– In questo modo gli speculatori hanno continuato a guadagnare, prima attraverso il salvataggio delle banche fatto con soldi pubblici e poi speculando sui titoli di stato. Vi è stato un enorme trasferimento di risorse, dalle tasse pagate dai cittadini alla rendita finanziaria.
– I paesi oggetto della speculazione sono spinti a privatizzare tutto quello che possono per fare cassa. In questo modo i potentati economici – nazionali e internazionali – comprano a prezzo di liquidazione quello che è stato costruito in tanti anni con i soldi delle tasse dei cittadini.
– I paesi oggetto della speculazione sono spinti a demolire i diritti dei lavoratori, licenziare, tagliare stipendi e pensioni. In questo modo i salari – diretti e indiretti – calano.
Fate il conto di chi ci guadagna e chi ci perde e capirete che non vi è nulla di casuale o di inspiegabile in quanto sta succedendo”,
Da qui mi aggancio a un´aspetto strettamente legato a questa crisi. Dal libro di Martha C. Nussbaum, “NON PER PROFITTO. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica”.
Queste sono le prime righe di uno dei capitoli, dove si spiega perché ben presto nei paesi più sviluppati si produrranno generazioni di macchine anziché cittadini pensanti e pronti alla critica. Ovunque sull´altare del prodotto interno lordo, return of invest (ROI), del profitto, si immolano e immoleranno, gli studi umanistici e artistici perché politicamente parlando, essi sono considerati fronzoli superflui se non servono alla competitività del paese.
“Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di proporzioni inedite e di portata globale! Non mi riferisco alla crisi economica che è iniziata nel 2008……..
Mi riferisco invece a una crisi che passa inosservata, che lavora in silenzio, come un cancro; una crisi destinata a essere, in prospettiva, ben più dannosa per il futuro della democrazia: LA CRISI MONDIALE DELL`ISTRUZIONE.”
Ma questo non è tutto, liberalizzare e privatizzare la scuola, la sanità, i trasporti,… significa innescare un meccanismo che anziché produrre benessere, produce prestazioni e merci, non valore. L´abbattimento dei salari per creare profitti, le politiche di austerità senza un contenuto sociale e etico producono solo sofferenza e instabilità sociale. Le classi dirigenti europee hanno fatto delle scelte sulle quali dovrebbero meditare perchè controproducenti per loro stessi senza considerare il danno immane alle classi più deboli e alla classe media (che verrà ridotta, gran parte, a frugare nei cassonetti!). Una cosa sta alla base di questo fallimento: che non esistono più mercati di sbocco.
In questo “GIRONE INFERNALE DEI TAGLI E DEI PROFITTI” si assesta anche tutta la politica sull´educazione e istruzione, l´ Università e la ricerca (tanto osannate a parole ma schiacciate nella miseria nei fatti).
Anche se vi sembrerà slegato a quanto prima mi piace quì ricordare un discorso di Tina Merlin, “Quella del Vajont”, che tenne a Tolmezzo, dove Lei volle trasmettere un concetto fondamentale: che il ricordo di questo massacro significhi PRENDERSI LA RESPONSABILITÀ DEL FUTURO. Guardate la modernità di quanto disse:
“Oggi … sono più che mai convinta che i cittadini devono rivoltarsi quando sanno die essere nel giusto, quando nessuno li ascolta, quando, con la propria dignità sanno di difendere anche la dignità del paese e delle istituzioni.
Qualcuno non sarà d`accordo con me e magari sarà d´accordo che i ricchi non paghino le tasse, che la nostra aria sia irrespirabile, che i nostri fiumi e i nostri laghi siano inquinati, che ci diano da mangiare solo per realizzare profitto, alimenti che provocano il cancro e che continuino ad ucciderci in mille maniere perché non si può arrestare lo sviluppo, come dicevano sul Vajont.
Questo non è sviluppo è sottosviluppo. Non dico di tornare indietro, dico che bisogna arrestarsi un momento e pensare alle conseguenze future del nostro agire. Dico che in una società civile la persona umana deve sempre stare al di sopra di ogni considerazione dei politici, siano essi al Governo o al Parlamento o alla Regione.”
“Why has opposition to these changes proved so ineffective?
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The basic answer is surprisingly simple. In the protracted recession of a knowledge economy, where knowledge is money and growth is elusive, powerful forces are bending the university to serve short-term, primarily pragmatic, and narrowly commercial ends. And no equal and opposite forces are organised to resist them.
The UK higher education sector is crowded with bodies representing the interests of one academic group or another: The Russell Group, Universities UK, Million+, The 1994 Group, University Alliance, the UCU, and the NUS, to name a few.
But no organisation exists to defend academic values and the institutional arrangements best suited to fostering them.”
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http://cdbu.org.uk/
Very interesting but, in my experience, the situation in Italian Universities is truly much worse than in UK Universities.
In Italian universities, in addition to the extremely large number of government regulations and to the lack of money, there are other big problems:
i) a lot of old professors recruited (in the past) on the basis of political ground;
ii) a lot of professors recruited on the basis of nepotism;
iii) a lot of (mainly old) professors who are not doing research.
Nevertheless, I am sure that there are guys
who will say:
“No no, you are wrong. Italian Universities and professors are good, look at these statistics (of mine). The problem is mainly due to the inadequacy of university leadership (the minister, ANVUR, etc)”.
you are not giving any evidence of your statements (a lot: what is a lot?).
Want a cup of tea, by the way?
Ciao
p.s. sei un fisico, dacci i numeri, non “a lot”.
A.
“a lot” = 0.3 = 30/100.
30/100? BUM!!! o, for Anglophiles, BOOM!!!
Sembra anche a me un’ipotesi molto sovrastimata.
Nondimeno, ci sono situazioni in Italia – perché negarlo? – in cui le tre categorie, insieme, con prevalenza della seconda, raggiungono anche la metà dei componenti di un dipartimento. Naturalmente, sparare cifre a caso non ha molto senso: però la mia percezione è che un 15% del totale, a livello nazionale, si avvicini ragionevolmente alla realtà. Stiamo comunque parlando di qualche migliaio di docenti, non di quattro gatti.
Detto ciò, che col topic non c’entra granché, è assolutamente ovvio per me che l’Università dovrebbe essere protetta “tanto dallo Stato quanto dal mercato”. Ben vengano dunque iniziative come questa!
Cari colleghi, care colleghe,
dovremmo costituire un organismo simile anche in Italia. In attesa di capire chi e’ interessato, aderiro’ all’associazione britannica.
Cordiali saluti
Enrico Scalas