Si è già scritto su queste pagine in merito alla procedura per l’abilitazione nazionale e alla selezione dei commissari. Si è già detto (DeNicolao, UMI) sull’(in)opportunità di utilizzare in maniera grezza i soli indicatori bibliometrici come discriminante per poter accedere alle selezioni. Il discorso che voglio fare è però molto più basico, e si concentra, ancora una volta, sulla base informativa del Ministero.
Chi lavora con e sui dati sa quanto le questioni di correttezza, esaustività e completezza siano cruciali. Siccome questo discorso non è mai stato affrontato in Italia, siccome devono essere raggiunti dei risultati in poco tempo, non importa come, anche in questa fase delicata in cui si tratta delle carriere delle persone si sta facendo finta che il problema non esista.
In poche settimane, a procedura VQR appena conclusa (per lo meno per la presentazione delle pubblicazioni) e in un periodo di convegni e di impegni di studio, docenti e ricercatori italiani (ma tutti?) devono (anche se non esiste una prescrizione vera e propria) immettere nel sito docente tutta la produzione scientifica (per le aree 01-09) o gli ultimi 10 anni (per le aree 10-14). Per (molto) successive approssimazioni si viene a sapere (nota dell’ANVUR del 29 giugno che corregge la precedente nota del 28 giugno) che visto che attualmente il sito docente non discrimina fra le 7 macrotipologie e le relative sottotipologie, entro l’8 luglio i docenti e ricercatori dei settori “non bibliometrici” dovranno provvedere a rimappare le proprie tipologie secondo le seguenti indicazioni:
Tenuto conto dei tempi estremamente contenuti, si raccomanda di concentrarsi sulla tipologia “Articoli su rivista”, provvedendo a rimuovere da tale voce e riclassificarli nelle categorie appropriate, i prodotti che non sono considerati ai fini dell’abilitazione (Recensione in rivista, Schede bibliografiche, Note a sentenza, Abstract, Traduzione in rivista). Si evidenzia come tale riclassificazione sia urgente per i soli prodotti con autori afferenti a settori non bibliometrici (art. 1, comma 4 della citata delibera), e pubblicati a partire dal 2002, tenuto conto che per i settori bibliometrici saranno considerati i soli articoli presenti nel sito docente e indicizzati nelle banche dati internazionali.
Si ricorda inoltre che i contributi in atti di convegno pubblicati in volume provvisto di ISBN sono da considerare capitoli su libro.
Un altro punto interessante della nota del 29 giugno è il seguente:
Si ricorda che per i settori bibliometrici gli indicatori “numero delle citazioni” e “h-index” si riferiscono all’intera produzione scientifica e che pertanto è importante che i docenti di tali aree provvedano a popolare il sito docente con i lavori pubblicati nella loro intera carriera. Per le aree non bibliometriche tutti gli indicatori si riferiscono alla produzione scientifica degli ultimi 10 anni, è quindi prioritario che i docenti di tali aree aggiornino il loro sito docente con i prodotti pubblicati a partire dal 2002.
Che va a chiarire, una settimana prima che tutto si concluda, un dubbio evidentemente espresso da moltissimi degli interessati.
Ritorniamo per un attimo alla base informativa e ai fondamentali criteri di correttezza, esaustività e completezza.
Il sito docente è sempre stato utilizzato in maniera occasionale dai ricercatori italiani per fare richieste di finanziamento. Vale a dire che sono state introdotte in certi periodi solo le pubblicazioni necessarie a sostenere la propria richiesta di finanziamento. Solo parte dei ricercatori italiani in questi anni ha curato l’aggiornamento delle proprie pubblicazioni, per cui la base di dati risulta estremamente lacunosa, anche in ragione del fatto che nel corso degli anni i metadati sono cambiati per cui nelle pubblicazioni più vecchie parte delle informazioni ora richieste mancano. Il sistema è costruito in modo che gli stessi metadati (pochi e poveri) vadano bene per qualsiasi tipologia, in modo che sia possibile trasformare un intervento a convegno in capitolo di libro senza grandi sforzi. Basta cambiare la tipologia. Allo stesso modo una nota a sentenza o una recensione (lavori non ammessi ai fini della abilitazione) possono diventare articolo, una scheda un capitolo di libro ecc.
Tanto nessuno se ne accorge, come nessuno si accorge delle registrazioni duplicate, degli errori volontari o involontari, perché la base di dati del Ministero che contiene le “pubblicazioni” di docenti e ricercatori italiani è inspiegabilmente chiusa e inaccessibile .
In una anagrafe pubblica se dovessero esserci du- (tri-quadri-) plicazioni nella pagina di un docente, tutti se ne accorgerebbero, la base informativa del Ministero risulta invece opaca, in totale controtendenza a quei principi di “trasparenza, integrità e professionalità” dichiarati dall’agenzia nazionale.
E ANVUR lo sa bene, altrimenti non avrebbe dedicato un intero articolo, il n. 5 della delibera n. 50 a declinare qualsiasi responsabilità su correttezza e completezza della base dati nazionale. Eppure su questa base di dati da cui ANVUR prende le distanze si gioca il futuro di centinaia di persone.
Ma allora chi è responsabile dei dati della ricerca in Italia? Quale certificazione può dare il singolo docente che si occupa di bizantinistica o il suo collega che si occupa di biologia molecolare rispetto ai metadati bibliografici? E’ giusto che un docente debba certificare di aver pubblicato ad una certa data un certo articolo, ma è corretto che gli si chieda di certificarne la forma?
E così le carriere di docenti e ricercatori verranno stabilite basandosi su basi di dati commerciali (i cui dati non sono stati ripuliti e validati) e sul sito docente dove non tutti i docenti hanno inserito i propri lavori, perché non esiste un obbligo vero e proprio, sicché le mediane verranno calcolate sulla base dei “volontari” che sono un “di cui” dei docenti italiani.
I dati sono stati inseriti in fretta e furia, senza il tempo necessario per poter procedere ad una verifica seria che implichi il controllo dei duplicati, dei dati di base (se effettuo l’import dalle banche dati non devo fare nient’altro, i dati passano senza ulteriore verifica) o anche, in questa situazione di fretta assurda, di correttezza di attribuzione.
Non sono questi i tempi e i modi per poter garantire un lavoro fatto seriamente. Non sono queste le modalità con cui costruire l’anagrafe della ricerca italiana.
“Per inciso, era anche la persona nel cui sito CINECA era presente il maggior numero di pubblicazioni (indicatore ampiamente utilizzato per i settori 10/14)” scrive Luisa Ribolzi in risposta a Marco Santoro.
Se questa frase fosse stata scritta da Nonna papera l’avrei trovata innocente e disarmante, ma scritta dalla Vice-Presidente dell’ANVUR suscita grande preoccupazione.