La Redazione ha appreso con dolore la notizia della scomparsa dell’amica e collega Mariella Di Maio. Siamo onorati che abbia scritto per noi e la ricordiamo ripubblicando un suo articolo apparso su Roars il 28 novembre 2012, ridiventato attuale ora che il Decreto Cattedre Natta, prevede che i presidenti delle commissioni giudicatrici siano esperti di comprovato prestigio in istituzioni straniere.


Lo straniero

Avevate il mondo, ma si è chiuso per voi,

e vi è rimasto questo paese.

Orson Welles, The Stranger.

La parola straniero, eccetto che per i razzisti xenofobi, è una parola magica, che non può avere che risonanze positive, evocative. Rimanda a un’alterità desiderata, a una diversità agognata, al sogno di un meticciato felice, al viaggio, allo spostamento. Lo Straniero più celebre è nel capolavoro di Albert Camus (L’Étranger, 1942), estraneo alla società e al mondo, assassino per caso e ribelle fino all’ultimo, fino a che la ricomposizione sociale esigerà la sua messa a morte. Meno complesso e più amabile è lo Straniero di Georges Moustaki (1969), ma siamo in un genere diverso, nella canzone d’autore e nella bella traduzione di Bruno Lauzi. Greco, nato ad Alessandria d’Egitto e naturalizzato francese, Moustaki cantava di un “meteco” (“Avec ma gueule de métèque”), da métoikos, straniero che vive in una città greca. Si può gustare su YouTube, come il più inquietante Killing an Arab dei Cure (1979), ispirato al romanzo di Camus, inquietante, ma niente di più, nonostante le accuse e le polemiche. C’è poi Orson Welles con il suo The Stranger (1946), icona filmica, dove l’irriducibile estraneità e diversità del protagonista ha origine in un terribile passato nazista. Insomma, letteratura, musica, cinema, filosofia ci hanno raccontato le metamorfosi della figura dello Straniero, a ciascuno il suo.

Fino allo Straniero più recente, che dà il titolo al blog di Antonio Socci, segno di una decadenza inarrestabile, di una negazione del progresso che non sia soltanto e pericolosamente tecnologico. Il Socci blog ci riporta a un presente più amaro e tristanzuolo, lontano dal romanzo e dal cinema. Per chi poi si sia sottoposto alla tortura della presentazione della domanda per l’Abilitazione Scientifica Nazionale (pdf, età accademica, calcolo delle mediane) e che abbia cliccato nevroticamente sul sito del Miur per conoscere l’esito dei sorteggi delle commissioni (scontrandosi con il silenzio, i rinvii, le liste apparse e scomparse), straniero è un aggettivo qualificativo, che qualifica appunto il cosiddetto quinto commissario, forse il voto decisivo in una commissione zoppicante (si decide 4 a 1, ve lo ricordate?). L’aspirante commissario proveniente dai paesi OCSE è colei o colui che dovrebbe garantire l’internazionalità e quindi la correttezza del giudizio finale, uno sbarramento contro il nepotismo e il clientelismo che affliggono l’Università italiana (pubblica), una garanzia dello svolgimento corretto dei concorsi. Finalmente, nel migliore dei mondi possibili, grazie allo straniero, anche i figli (mogli e amanti) di nessuno potranno aspirare a un giusto riconoscimento dei propri meriti scientifici e saranno abilitati.

Lungi da me un’ironia facile e crudele, ho avuto i miei sorteggi, i miei infortuni accademici. Ma proprio per questo sono convinta che si debba rimanere lucidi negli ultimi atti (da ora in poi parleranno i tribunali amministrativi) di questo sventurato concorso nazionale. Mi soffermo quindi su alcuni aspetti per cercare anche di chiarirmi le idee.

1) In linea teorica, l’inserimento del commissario straniero (da ora in poi straniero) potrebbe costituire un elemento molto positivo per un confronto con la comunità scientifica internazionale. In realtà, per le ragioni che dirò, riflette molto negativamente l’attacco sconsiderato che potentati accademici e politici hanno scatenato contro l’Università pubblica, con l’appoggio incondizionato dei media (giornali padronali, televisioni), sempre a caccia di scandali che pure erano reali. È ormai chiaro che dietro questo attacco c’era un disegno politico. Che era ed è quello di screditare l’istituzione pubblica. Risultato: la legge Gelmini e “l’assassinio della valutazione” grazie ad Anvur[1].

2) Stranieri in patria.

L’individuazione dei docenti in servizio presso Università straniere ai fini della composizione delle commissioni per l’Abilitazione nazionale spetta ad Anvur, agenzia di nomina politica (non ci dobbiamo stancare di ricordarlo). Sul suo sito ufficiale, si sono moltiplicate le liste e i listini. Liste corpose per alcuni settori, di quattro o cinque nomi per altri. Forse meno appetibili? Chi lo sa. In liste e listini, ci sono francesi, americani, olandesi, polacchi, greci, inglesi e via discorrendo. Ma i cognomi italiani abbondano, in molti raggruppamenti disciplinari sono più numerosi degli altri. Non ci si deve certo scandalizzare, ma semmai rallegrarsi del fatto che tanti dei nostri occupino posizioni di prestigio all’estero. Alcune distinzioni sono però necessarie, anche sul piano linguistico, perché in genere questi particolari Candidati commissari OCSE sono definiti oriundi o espatriati (che non è la stessa cosa). I primi non pongono ovviamente alcun problema. Per gli espatriati invece, come è stato rilevato, si dovrebbe distinguere tra studiosi la cui carriera accademica si è svolta prevalentemente all’estero e coloro che hanno lasciato da pochissimo tempo (magari un anno o due) la loro cattedra italiana perché chiamati altrove, mettiamo a Berlino o a Yale. Qui troviamo quelli che ho definito in un post su Roars i “falsi stranieri” (come i “falsi invalidi”), la cui collocazione in un concorso nazionale italiano non può non destare serie preoccupazioni. Perché, in molti di questi casi, lo straniero non garantisce la correttezza e l’imparzialità del giudizio, ma può rafforzare alcune cordate accademiche nostrane. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti.

 

3) Già quanto ho esposto non può che deludere le speranze di chi pensava di assestare un colpo mortale ai disegni clientelari delle baronie italiane. Ma non è ancora, secondo me, l’aspetto più sconcertante della questione. La vera delusione, lo sconforto nasce dal colpo d’occhio sugli elenchi forniti da Anvur, popolati da sconosciuti i cui CV sono spesso privi della lista delle pubblicazioni (“Di chi si tratta? Fammi andare a controllare chi è su Google!”), oppure da colleghi francamente mediocri che, dall’esilio delle loro Università di provincia all’estero, verranno a giudicare ricercatori italiani certamente più brillanti. Non parlo ovviamente per tutti i settori, ma per quelli che conosco abbastanza delle aree 10 e 11. Non parlo delle eccezioni, e mi domando chi li ha fatti questi elenchi? Sono frutto delle domande presentate, risponderebbe verosimilmente Anvur, ma chi li ha accettati e validati? continuo a domandarmi. Il Consiglio direttivo, mi si dirà. Ma questo non ha le competenze necessarie per giudicare e scegliere da Archeologia, a Filologia romanza, a Storia medievale, a Storia della Filosofia, per rimanere nelle Scienze umane. Chi sono allora gli Esperti che hanno valutato le candidature? Hanno accertato che si tratti di figure accademiche equivalenti ai nostri professori ordinari (come per legge)? Hanno accertato che abbiano superato le loro amate mediane? Chi ha acceso i semafori verdi? Chi ha verificato che, a parte gli oriundi e gli espatriati, anche gli altri abbiano una competenza della lingua italiana che permetta di valutare monografie e edizioni critiche? Qualcuno ha fatto attenzione ai settori scientifico-disciplinari ai quali fanno riferimento gli stranieri? Non sembrerebbe così, stando a ciò che sta accadendo, agli “scambi” tra archeologi e orientalisti, archeologi e storici, astrofisici e informatici, studiosi di relazioni internazionali e storici dell’economia.

4) Come le “riviste pazze”.

Ma la vera follia delle liste degli aspiranti commissari OCSE è l’inversione molto frequente dell’ordine alfabetico del nome e del cognome. In un post su Roars ho contato 22 settori nei quali si verificavano errori madornali e non sono certamente tutti. Particolarmente grottesca l’inversione dei nomi e cognomi italiani. [il che fa vacillare la mia ipotesi disperatamente razionale al tempo delle “riviste pazze”, ossia che la redazione delle liste fosse stata appaltata a una specie di call center]. Qui la sciatteria, la cialtroneria sfiorano l’incredibile. Sono liste pazze e pazzi sono i sorteggi basati su di esse.

Errata corrige, si legge sul sito ufficiale di Anvur in data 21 novembre, dove vengono pubblicate le liste modificate degli aspiranti commissari stranieri. Per ben 12 settori. Ma Anvur non ama la Fisica. Modifica le liste, ma non quella relativa a 02/A1 (Fisica sperimentale delle interazioni fondamentali): la prof. Alessandra TONAZZO risulta ancora la n. 1 dell’elenco, Tonazzo di nome e Alessandra di cognome!

Non ho più continuato a leggere.

 


[1] S.Cassese, L’Anvur ha ucciso la valutazione. Viva la valutazione!, Roars, 19 novembre 2012.

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