«Per il dopo expo la bufala dell’elisir di lunga vita» scrive senza mezzi termini Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano. A cosa si riferisce? «Questi studi indicano che la p66Shc non è una proteina della longevità»: a fare marcia indietro nel 2014 è Pier Giuseppe Pelicci, lo stesso ricercatore che nel 1999 aveva affermato che inibendo questo gene la vita dei topi si allungava del 30%. Ancora nel 2013, Pelicci assicurava che «Eliminando questo gene e vivendo in un ambiente protetto insomma, potremmo sperare di vivere più a lungo». Una promessa che secondo Sette, l’inserto del Corriere, ha influenzato anche il progetto Human Technopole: «I rumors raccontano che sia stata una sua relazione [di Pelicci] a Cernobbio, al Forum Ambrosetti, ad avere acceso una lampadina nella testa di Renzi». Alle future ricerche sul genoma di Human Technopole, Sette ha dedicato una storia di copertina intitolata «L’uomo di domani, quasi immortale, nascerà negli ex padiglioni di Expo». A chi credere? A Sette o al Fatto Quotidiano? Per rispondere a questa domanda, ricostruiamo la storia del presunto “gene della longevità” attraverso una serie di estratti, presi da articoli scientifici e interviste, da mettere infine a confronto con il servizio di Sette e l’inchiesta del Fatto Quotidiano.
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1999
P.G. Pellicci: «a 30% increase in life span» inibendo il gene p66
Here we report that targeted mutation of the mouse p66shc gene induces stress resistance and prolongs life span ….p66shc-/mice have increased resistance to paraquat and a 30% increase in life span.
Migliaccio, E., Giorgio, M., Mele, S., Pelicci, G., Reboldi, P., Pandolfi, P. P., … & Pelicci, P. G. (1999). The p66shc adaptor protein controls oxidative stress response and life span in mammals. Nature, 402(6759), 309-313.
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2003 – 2005
A. Richardson: «it is too early to conclude that aging is retarded in these mouse models»
While these seven genetic models all show a significant increase in lifespan, issues of sample size and animal husbandry procedures require further evaluation before firm conclusions can be drawn on the reproducibility of life extension in most of these mouse models. Because data on the age-related pathology and physiological functions are lacking for all of the models, except the dwarf mice, it is too early to conclude that aging is retarded in these mouse models.
Liang, H., Masoro, E. J., Nelson, J. F., Strong, R., McMahan, C. A., & Richardson, A. (2003). Genetic mouse models of extended lifespan. Experimental gerontology, 38(11), 1353-1364.
J.P. de Magalhães: «number of animals used was relatively small … Further studies … are necessary»
Clearly, the p66shc experiment deserves further attention since the number of animals used was relatively small (n = 29). In fact, it is frustrating to analyze the experiment on p66shc, one of the splice variants of the SHC1 locus. Despite the intriguing increase in longevity (Migliaccio et al. 1999) and the increased MRDT, suggesting that the SHC1 locus could indeed affect aging, little information is available on the p66shc double-knockout strain: there is barely any information on age-related changes, cancer incidence, morbidity, or developmental schedules. In addition, it has been argued that the p66shc controls lived a shorter time than in other experiments using the 129/Sv strain and so it is possible that the increased longevity of p66shc −/− mice is due to increased resistance to an adverse environment (Liang et al. 2003). Indeed, the MRDT that we obtained for the wild-type cohort (0.11 years) was the lowest among controls (Tables 2 and 3). Further studies of this gene and these double-knockout mice are necessary to address these questions.
de Magalhães, J. P., Cabral, J. A., & Magalhães, D. (2005). The Influence of Genes on the Aging Process of Mice A Statistical Assessment of the Genetics of Aging. Genetics, 169(1), 265-274.
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2012 – Febbraio
P.G. Pelicci: «caution should be exercised against premature conclusions»
“The p66Shc knocked out mice are short lived under natural condition” è il titolo di un articolo su Aging Cell di cui Pelicci è coautore:
caution should be exercised against premature conclusions regarding gene functions that have only been observed in protected laboratory conditions
Giorgio, M., Berry, A., Berniakovich, I., Poletaeva, I., Trinei, M., Stendardo, M., … & Nötzli, S. (2012). The p66Shc knockout mice are short lived under natural condition. Aging cell, 11(1), 162-168.
Nel 2016, Pelicci commenta questo risultato come segue:
… condizioni di competizione per il cibo ed esposizione a condizioni climatiche naturali. In queste condizioni i topi p66-/hanno mostrato una netta diminuzione della sopravvivenza (Aging Cell, 2012). Sulla base di quest’osservazione, abbiamo proposto che i topi p66-/sono incapaci di adattare il metabolismo e favorire lo sviluppo del tessuto adiposo in condizioni di bassa temperatura e scarsità di cibo.
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2012 – Agosto
U. Veronesi: «il P66 regola la durata della vita e se viene inibito la vita si allunga del 20 per cento»
Umberto Veronesi intervistato da Panorama:
Pier Giuseppe Pelicci all’Istituto europeo di oncologia ha scoperto che abbiamo un gene, il P66, che regola la durata della vita, e che, se questo viene inibito, la vita si allunga del 20 per cento.
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2013
P.G. Pelicci: «siamo programmati per vivere fino a 120 anni»
Pelicci intervistato dal Corriere del Veneto:
La nostra carta d’identità genetica parla chiaro: siamo programmati per vivere fino a 120 anni. È questo il limite massimo previsto per la vita umana, così come è scritto nel nostro Dna: l’obiettivo della ricerca scientifica è quello di far esprimere al meglio le potenzialità già racchiuse nei nostri geni per raggiungere in salute questo traguardo di longevità
“Questa è la strada per l’elisir di lunga vita” era intitolato un articolo di Linkiesta, sempre del 2013, in cui Pellicci spiega che
Eliminando questo gene e vivendo in un ambiente protetto insomma, potremmo sperare di vivere più a lungo
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2014
P.G. Pelicci: «These studies indicate that p66Shc is not a longevity protein»
The purpose of the present studies was to measure life span in a sufficient number of mice to determine if longevity is altered in mice with decreased Shc levels (ShcKO). Studies were completed at UC Davis and the European Institute of Oncology (EIO). At UC Davis, male C57BL/6J WT and ShcKO mice were fed 5% or 40% calorie-restricted (CR) diets. In the 5% CR group, there was no difference in survival curves between genotypes. There was also no difference between genotypes in prevalence of neoplasms or other measures of end-of-life pathology. At 40% calorie restriction group, 70th percentile survival was increased in ShcKO, while there were no differences between genotypes in median or subsequent life span measures. At EIO, there was no increase in life span in ShcKO male or female mice on C57BL/6J , 129Sv, or hybrid C57BL/6J -129Sv backgrounds. These studies indicate that p66Shc is not a longevity protein. However, additional studies are needed to determine the extent to which Shc proteins may influence the onset and severity of specific age-related diseases.
Ramsey, J. J., Tran, D., Giorgio, M., Griffey, S. M., Koehne, A., Laing, S. T., … & Hagopian, K. (2013). The influence of Shc proteins on life span in mice. The Journals of Gerontology Series A: Biological Sciences and Medical Sciences, glt198.
Nel 2016, Pelicci commenta questo risultato come segue:
Condizioni che massimizzano la durata della vita dei topi (topi inbred BL6; stabulazione germ-free; 5% e 40% di restrizione calorica). L’esperimento è stato eseguito in parallelo a Milano (IEO) e UC Davis (USA). In queste condizioni non abbiamo osservato un effetto significativo di p66 sulla durata di vita (fatta eccezione per un aumento sul settantesimo percentile). I risultati sono stati pubblicati con UC Davis nel 2014 (J Gerontol).
Nel 2015 Pier Giuseppe Pelicci diventa Direttore della ricerca dello Istituto Europeo di Oncologia.
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2016 – Gennaio
Eliana Liotta (su Sette): « L’uomo di domani, quasi immortale, nascerà negli ex padiglioni di Expo»
Nonostante, quanto da scritto da lui stesso nel 2014 («p66Shc is not a longevity protein») Eliana Liotta definisce Pelicci come
lo scienziato acclamato sulla rivista Nature per aver scoperto uno dei geni dell’invecchiamento.
Viene inoltre rivelato un retroscena sulla nascita del progetto Human Technopole:
I rumors raccontano che sia stata una sua relazione [di Pelicci] a Cernobbio, al Forum Ambrosetti, ad avere acceso una lampadina nella testa di Renzi.
Uno scenario ambizioso quello immaginato da Sette:
L’uomo di domani, quasi immortale, nascerà negli ex padiglioni di Expo. Ecco come 1.600 scienziati lo culleranno, tra mappature genetiche e cibi anti-malanni
La storia di copertina di Sette, firmata da Eliana Liotta, esce l’8 gennaio 2016. Il 25 febbraio, nemmeno due mesi dopo, esce in libreria il volume
La dieta smartfood. In forma e in salute con i 30 cibi che allungano la vita
di cui Liotta e Pelicci sono entrambi autori.
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2016 – Maggio
G. Barbacetto (sul Fatto Quotidiano): «la bufala dell’elisir di lunga vita»
[…] Nel progetto Human Technopole Italy 2040 non c’è solo Cingolani, che ci ha almeno messo la faccia. C’è anche Pelicci, che ha steso il progetto sulla genomica. È lo scienziato che da anni promette l’elisir di lunga vita. È lui che ha convinto a entrare nella partita il finanziere Francesco Micheli, con cui ha fondato Genextra, holding specializzata in ricerca biofarmaceutica. Micheli ha poi coinvolto Marco Carrai, l’uomo d’affari più vicino a Renzi, che ha fatto da ponte con il presidente del Consiglio, il quale ha infine fatto suo e lanciato il progetto. Ricerche sul genoma, con la promessa di allungare la vita: è la fascinazione di Human Technopole, ma è anche da sempre il programma di Pelicci, lo scienziato che vuole portare la vita dell’uomo a 120 anni.
[….]
Ha un curriculum scientifico lungo 27 pagine, ma riassumibile in quattro parole: elisir di lunga vita. È il 1999 quando pubblica sulla prestigiosa rivista Nature un articolo sulla proteina P66. È un gene che controlla il metabolismo. Pelicci sostiene che i ratti a cui viene tolto il P66 hanno una vita più lunga del 30 per cento. Senza alcun effetto collaterale. Senza alcuna variazione di peso. È una folgorazione. Negli anni seguenti, Pelicci spiega in interviste bombastiche che “ spegnendo ” il P66 nell’uomo si potrebbe prolungare la vita fino a 120 anni. “La scoperta del meccanismo che determina la senescenza ha rivoluzionato la teoria del processo di invecchiamento. In precedenza era attribuito prevalentemente all’ambiente per effetto usura; oggi invece responsabile dell’invecchiamento deve essere considerato in primis il gene programmato dal codice genetico, che ogni individuo si porta dalla nascita”. Così parla Pelicci. “Gli studi finora condotti dimostrano che la funzione del gene umano è identica a quella del topo. Quindi è verosimile che anche nell’uomo il gene si comporti come nel topo . L’obiettivo della ricerca scientifica è quindi portare la durata media della vita da 80 anni a 120”. Con questo canto delle sirene, facile mettere in moto il meccanismo dei finanziamenti, pubblici e privati. La promessa è quella di trovare, prima o poi, qualcosa di molto simile alla “pillola” dell’eterna giovinezza.
Contrordine: ma è tutta colpa dei topi
Da quell’annuncio del 1999, passa un decennio in cui il sogno dell’elisir di lunga vita rimbalza dalle riviste scientifiche a giornali e tv. La mirabolante scoperta viene citata e ripresa in centinaia di lavori specialistici, dando lustro (e carriera) a Pelicci, che accumula riconoscimenti, ottiene incarichi pubblici e privati, porta a casa finanziamenti. Dodici anni dopo, la promessa comincia a sfaldarsi. È Pelicci stesso, nel 2012, a mettere i puntini sulle i. Comunica in un altro articolo, pubblicato su Aging Cell, di aver verificato che se il P66 viene tolto a ratti che vivono non in laboratorio, ma in ambiente selvatico, il risultato è opposto: vivono non di più, ma di meno. Nella ricerca succede: si può anche sbagliare, si possono trovare nuove evidenze che smentiscono quelle precedenti. Ma in questo caso c’erano stati diversi segnali, negli anni precedenti, che avevano messo in dubbi o la “ scoperta” di Pelicci, mai presi però sul serio dallo scienziato. Già nel 2003 un gruppo di ricercatori del Texas, capitanati da Arlan Richardson, aveva obiettato che il campione di animali testati da Pelicci era troppo piccolo per avere valore statistico. Nel 2005 il team portoghese de Magalhães aveva sostenuto che i ratti utilizzati nello studio erano troppo pochi e che l’allungamento osservato nella vita degli animali senza P66 poteva essere un inganno statistico. Inoltre ipotizzava che non fossero i ratti senza P66 a vivere il 30 per cento in più, ma gli animali di controllo, quelli restati con il P66, a vivere il 30 per cento in meno, per le condizioni di vita in laboratorio. D’altra parte, anche in un convegno del 2004 due studiosi italiani, Stefano Salvioli e Claudio Franceschini, avevano raccontato che gli umani arrivati alla soglia dei cento anni, al contrario di quanto prevedeva Pelicci, avevano più P66 e non meno di quelli a cui sopravvivevano. Niente da fare: Pelicci per oltre un decennio tace sulle critiche dirette e indirette che vengono rivolte alla sua teoria. E solo nel 2012, quando evidentemente le sue promesse non possono più reggere, fa marcia indietro, dicendo che lo avevano ingannato i ratti in laboratorio. Càpita. […]
Intanto, più di 200 scienziati illustri fanno quadrato intorno a Pier Giuseppe Pelicci:
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“Questa lettera in sostegno del Professor Pelicci è sottoscritta da oltre 200 scienziati italiani, tra i quali numerosi membri della EMBO (European Molecular Biology Organization)*, membri della National Academy of Sciences (NAS) degli Stati Uniti d’America, direttori scientifici di alcuni dei più importanti Centri Oncologici e di Ricerca italiani, i presidenti di numerose tra le principali società scientifiche e mediche italiane, incluse la Società Italiana di Ematologia (SIE), la Società Italiana di Ematologia Sperimentale (SIES), la Federazione Italiana Scienze della Vita (FISV), la Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare (SIBBM), l’Associazione di Biologia Cellulare e del Differenziamento (ABCD), la Società Italiana di Bioinformatica (BITS), il Presidente del Collegio dei Professori Ordinari di Ematologia delle Università Italiane, numerosissimi altri scienziati attivi in Italia e all’estero ed il Gruppo 2003 per la Ricerca”
http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/autori-vari/lettera-al-direttore-de-fatto-quotidiano-difesa-della-scienza
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Una levata di scudi di alto livello che non risparmia un giudizio severo nei confronti di Gianni Barbacetto:
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“La gogna mediatica messa in scena nell’articolo di Barbacetto ha impropriamente e illegittimamente danneggiato non solo uno scienziato di grande valore, al quale vanno la nostra stima e solidarietà, ma tutta la scienza e i suoi rapporti con la società, le istituzioni e i pazienti.”
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Ma Barbacetto ha detto qualcosa di falso? La Redazione Roars ha consultato le fonti, riportando i testi virgolettati in modo che i lettori possano formarsi una loro opinione.
Ha pestato i piedi a una delle più potenti lobby.universitarie
Per di più legate a doppio filo alle case farmaceutiche.
1999
P.G. Pelicci: «p66shc-/mice have increased resistance to paraquat and a 30% increase in life span.»
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2012
P.G. Pelicci: «caution should be exercised against premature conclusions regarding gene functions that have only been observed in protected laboratory conditions»
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2013
P.G. Pelicci: «La nostra carta d’identità genetica parla chiaro: siamo programmati per vivere fino a 120 anni. Eliminando questo gene e vivendo in un ambiente protetto insomma, potremmo sperare di vivere più a lungo»
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2014
P.G. Pelicci: «These studies indicate that p66Shc is not a longevity protein.»
2009
C’è da chiedersi se si arriverà al farmaco che allunga la vita.
“E’ certamente possibile”, spiega ancora il professor Pelicci. “La prospettiva è seria. L’inibizione di p66shc mediante farmaci specifici, infatti, potrebbe mantenere più a lungo nel tempo l’integrità cellulare”.
http://tinyurl.com/hjrb3wm
Le case farmaceutiche è da un po ‘ che spingono sulla medicina genetica, spinte anche dala finanza. Povero grullo chi gli crede.
2010
Fra quanto tempo sarà completata la vostra scoperta?
Pelicci: «Fra non molto potremo essere facilmente ultracentenari e in forma. Siamo programmati per vivere 120 anni, è scritto nel nostro Dna»
http://www.cogitoetvolo.it/vivere-per-sempre/
Così da poter guardare Pippo Baudo 8 ore al giorno per altri 20 anni
2013
Esiste un tasto On/Off per l’esistenza? «Il gene della longevità! Quello che noi genetisti stiamo cercando da almeno 25 anni», risponde Pier Giuseppe Pelicci, condirettore dell’Istituto Europeo di Oncologia nonché chairman alla conferenza The Secrets of Longevity, che uno di questi geni lo ha davvero identificato nei mammiferi. «Il primo è stato l’age-1 di Friedman, che una volta “spento” si è dimostrato capace di prolungare del 40% la vita dei lombrichi. Poi ne sono stati scoperti un’altra ventina tra cui il nostro, il p66, che allunga l’esistenza dei mammiferi se viene inattivato. Nell’uomo le cose non sono molto diverse».
http://www.marieclaire.it/Benessere/salute/I-consigli-degli-esperti-su-come-combattere-l-invecchiamento
2013
“Ancora vent’anni e potremo acquistare in farmacia la pillola di eterna giovinezza”, ha assicurato Pelicci. “E’ infatti spianata – ha spiegato – la strada che porta allo sviluppo di nuovi farmaci intelligenti capaci di agire sul nostro Dna per prolungare la durata della vita e migliorare la qualità della vecchiaia”.
http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca_italiana/2013/09/19/l_elisir_di_eterna_giovinezza_una_pillola_pronta_tra_20_anni-5-330374.html
Vendere speranza è sempre stato politicamente e scientificamente vantaggioso.
Chi pubblica o prende finanziamenti più facilmente? Chi dice che domani ci sarà una crisi finanziaria o chi dice che viviamo nel migliore dei mondi possibili, in cui l’economia e la tecnologia guidate dalla mano invisibile (del capitale) garantiranno felicità a tutti?
Le Cassandre hanno sempre avuto ragione, ma non hanno mai trovato editori e finanziatori.
Hanno trovato solo sorci… verdi.
“Uomini e topi”. Più interessante di questa storia alquanto squallidetta o impetalosa. Proprio ora che, probabilmente per lo stress sociale, è calata l’aspettativa di vita. E’ però interessante l’apparato retorico. Finché il giornalista assecondava la notizia, i 200 scienziati non si sono mossi per raccomandare cautela, ma se il giornalista va contro, allora fanno quadrato, e si capisce benissimo perché. Magari in questo caso particolare la ricerca potrebbe fallire, e sarebbe del tutto normale (le famose ciambelle …), ma sarebbe ingiusto che anche gli altri ne patissero per mancanza di finanziamenti, se cala la fiducia dell’opinione pubblica speranzosa e dei finanziatori, cioè dei politici. Ho anche trovato uno scritto che fa al caso: “Il mito dell’immortalità nell’epoca del potere biotecnologico.” siba-ese.unisalento.it/index.php/h-ermes/article/download/13553/11989
“Moving from a new reading of the myth of immortality told in the Homeric story dedicated to the goddess Eos and the human Tithonus, this article investigates the shift in the conception of human life, a phenomenon that has been so deeply marking the present. We consider here the arising of a social configuration more and more characterized in a biotechnological meaning and the predominant role that biomedical power has been playing therein. In this light the article highlights an epistemological change in the way the relation with the finitude of existence is interpreted. This shift refers to the process of economic valorisation of biological life and bioeconomic redefinition of contemporary neo-liberalist capitalism,.” di Valentina Cremonesini.
A me piacciono gli eventuali sviluppi grotteschi delle storie. Se al topo viene tolto (come? non lo so) il P66 e poi viene messo in libertà in un ambiente selvatico (che manco sa che cosa sia), egli vive di meno (certamente, se non altro per lo stress, per la fatica di sopravvivere, più malattie ecc.). Al contrario, se all’uomo togliamo il P66 (come? non lo so, e chi dà il permesso per farlo?), vivrebbe più a lungo del 30%, ma in una gabbia di laboratorio, come il suo omologo topo precedentemente. Bella vita, niente da dire! Da graphic novel.
Non ho mai letto tante c…te tutte insieme.
Interessante anche il ruolo del p66 nella storia di Genextra.
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Francesco Micheli: «Il Prof. Pier Giuseppe Pelicci, responsabile del suo istituto di ricerca, aveva appena realizzato un esperimento sensazionale, pubblicato su Nature … Creai questa nuova start up, Genextra, alla fine del 2003, partendo da questa ricerca che appassiona alcune delle più importanti società biotecnologiche nel mondo, finalizzata a individuare una molecola che potesse interdire l’azione di questo gene nefasto che ovviamente non può essere tolto a un bambino» (http://tinyurl.com/gruxjjk).
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Lo scorso marzo, Micheli racconta a Capital come nel 2012 quotare il progetto Intercept al Nasdaq abbia «consentito di salvare un iniziativa straordinaria che rischiava di non poter più essere finanziata dai soci fondatori. … Fu un momento molto delicato, pensammo addirittura di rinunciare. Poi il colpo d’ala e il coraggio di affrontare la sfida americana.». L’ottima accoglienza sul mercato USA fu merito di una ricerca che «affrontava una malattia che colpisce fino al 5% degli americani, il Nash, il cosiddetto fegato grasso, per la quale non ci sono terapie specifiche» E il p66? «il P66 è tuttora in alto mare. Ma non lo abbiamo abbandonato».
http://docplayer.it/814055-25-03-2015-capital-n-420-marzo-2015-diffusione-85554-tiratura-133841.html
http://www.bloomberg.com/news/articles/2014-01-22/genextra-holds-on-after-1-2-billion-intercept-windfall
Quando Baccini posta un link, conviene sempre andare a leggere. E questo caso non fa eccezione.
[…] Nessun “attacco”, dunque, del Fatto Quotidiano “a Pelicci e alla sua produzione scientifica”. Nessuna “disinformazione”. Non è “gogna mediatica” (orribile espressione di solito usata dai peggiori tra i politici quando non vogliono che siano raccontati i loro comportamenti) l’aver sottoposto l’attività di una scienziato al controllo dell’opinione pubblica. Ad aver innescato Ht e i suoi cospicui finanziamenti non sono le ricerche sulle leucemie del professor Pelicci, ma la sua promessa di “elisir di lunga vita”. Il Fatto l’ha raccontato e nessuno l’ha smentito nel merito della vicenda P66, confermata dallo stesso Pelicci (vedi http://www.scienzainrete.it e vedi anche la ricostruzione di tutta la storia scientifica di P66 su http://www.roars.it: “L’uomo (quasi) immo…). […]