“Credo veramente che il Paese dobbiamo un po’ allenarlo, dobbiamo usare un po’ di bastone e un po di carota, qualche volta dobbiamo utilizzare un po’ di più il bastone e un po’ meno la carota, altre volte viceversa ma non troppa carota”
Ma come, non capite? E’ il ministro-rettore-filosofo-re che con paterna comprensione verso gli inferiori ritiene giusto correggere il popolo che, come tutti sanno è un po’ bambino, indirizzandolo con dolce violenza verso il Bene.
Non ce l’ha fatta. Profumo non ce l’ha fatta. Ha cercato per un po’ di mesi di non fare troppi danni e di somigliare quanto più possibile ad uno stipite, ma alla fine non è proprio riuscito a trattenere queste perle di saggezza che attendevano da chissà quanti anni per uscire. Ecchediamine! Un poco di bastone ci vuole!
Certo, poi il paterno bastone, nel momento in cui gli capitasse di parlare con qualcuno che conta lo nasconderà solerte nell’anfratto che porta sempre seco, ma questa è certo un’altra storia e noi siamo malvagi a pensare sempre male.
Purtroppo è tutto vero. Col bastone vuole portare le ore settimanali dei docenti delle superiori da 18 a 24 (ovviamente a parità di stipendio). Macelleria pedagogica e sociale. La carota non so dove vuole metterla, qualche sospetto viene.
“Dobbiamo instillare il senso di responsabilità con un bastone”, sostiene il Ministro Brunetta, “E la carota è l’orgoglio. Se uno ora fa il professore, il burocrate, l’impiegato al catasto si vergogna di dire quello che fa. Se invece dice al figlio ‘faccio il tornitore alla Ferrari’, lo dice con il sorriso, con orgoglio e dignità. L’impiegato no. Io vorrei che la nostra burocrazia fosse come la Ferrari. Perché non può?”. Sono solo poche frasi eppure calamitano molte riflessioni. Tutte riconducibili a quella modalità di pensiero che consiste nel “generalizzare”. Magari, fino all’iperbole. http://www.lascuolaconvoi.it/index.php?i_tree_id=75148&plugin=news&i_category_id=197&i_news_id=1087
Credo che queste parole scritte allora da Nicola Casaburi valgano perfettamente anche adesso! „………Ora, non c’è bisogno di evocare la fortuna di essere figlio d’operaio a confronto con la mala sorte d’esser nati in casa di un professore di liceo per constatare l’evidenza di un’allarmante caduta di motivazione professionale tra gli insegnanti. Le ragioni, non occorre dannarsi a cercarle. Sono tutte in un articolo di Ilvo Diamanti, apparso su “La Repubblica” di venerdì 25 luglio 2008. “Maledetti”, scrive il professor Diamanti, sono e siano questi professori che con “i loro stipendi da operai specializzati (ma forse nemmeno)” hanno perduto ogni reputazione. “E poi, la cultura e la conoscenza, oggi, non vanno più di moda”. È necessario studiare per far soldi? Ma, via! “Si pensi a quanti, giovanissimi, prima ancora di concludere gli studi, hanno intrapreso una carriera di successo nel campo della comunicazione e delle nuove tecnologie. Tutte competenze apprese fuori da scuola”. E poi, i genitori. I quali giustamente “li criticano perché non sanno trasmettere certezze e autorità; perché non premiano il merito”. Vogliamo proprio dirlo? Chi, se non loro, sono i “responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole. Senza disciplina”? Maledetti i professori e benedetta la giovane ministra che “appena arrivata, ha già deciso di attribuire un ruolo determinante al voto in condotta. Con successo di pubblico e di critica”. Insomma, questi “pretendono di insegnare in una società dove nessuno – o quasi – ritiene di aver qualcosa da imparare. Pretendono di educare in una società dove ogni categoria, ogni gruppo, ogni cellula, ogni molecola ritiene di avere il monopolio dei diritti e dei valori. Pretendono di trasmettere cultura in una società dove più della cultura conta il culturismo. Più delle conoscenze: i muscoli. Più dell’informazione critica: le veline” A tirare le somme, dall’allarme del Ministro per il deficit di orgoglio professionale tra gli insegnanti e dalla diagnosi del professore sul deficit di domanda culturale in questa società del “consumare” e dell'”apparire”, il risultato che se ne trae evoca un sogno e una pubblica consapevolezza: • il sogno di un paese in cui la libertà, il bene più prezioso, non venga più asservita a lusinghe consumistiche e a logiche commerciali cui sacrificare – oltre a se stessa – la dignità propria e il rispetto dell’altrui; • la consapevolezza che un tale “riassestamento etico” può scaturire soltanto dall’impegno di tutti: dalla politica (che – per fare un solo esempio – prima s’azzuffa per entrare nelle commissioni di vigilanza della tv pubblica e dopo si rilassa di fronte ad ogni sorta di volgarità gradita all’Auditel) alle istituzioni, ai singoli cittadini.
Ciascuno per la propria parte, signor Ministro, se si vuole davvero che rientri nelle aule l’orgoglio di insegnare e quello di apprendere.“
“usare il bastone e la carota” viene dall’antica usanza di spronare gli asini mettendo loro una carota davanti al muso.
Come si faceva: si saliva sull’asino e si utilizzava un bastone al quale era appesa la carota. Una specie di canna da pesca che aveva la carota al posto dell’esca. L’asino, che per definizione non brilla di intelligenza, vedendo la carota davanti a sè era spronato a camminare, ma ovviamente non la raggiungeva mai, perchè questa era tenuta in mano da chi gli stava sulla schiena. Quindi lui camminava per sempre, in teoria, e non raggiungeva mai la carota. A volte lo stesso bastone veniva però utilizzato anche per picchiare l’asino ribelle, che magari, in un barlume di lucidità, non intendeva prestarsi allo stupido gioco. Da qui viene “usare il bastone e la carota”, cioè il metodo gentile e quello violento alternativamente, per ottenere uno scopo preciso: che l’asino cammini.
Leggete questa parte della sua dichiarazione, ha dello stupefacente:
«Il quinto è la semplificazione” perché “siamo un Paese complicato, abbiamo sempre bisogno di avere un giurista accanto e credo invece che dobbiamo imparare a gestire le cose in modo più semplice, più chiaro, più trasparente. L’ultimo elemento -ha affermato Profumo- è un sistema di valutazione».
Ecco: se il quinto e il sesto andassero insieme, e avessimo un sistema di valutazione semplice, chiaro, trasparente? Ma si tratta dello stesso Profumo che sta sostenendo l’ANVUR? Non so se per qualcuno ci voglia la carota. Per il Ministro andrebbero bene i pomodori.
Caro Ministro, non si vergogna neanche un po’?
E’ uno scherzo o sul serio il Ministro ha detto una cosa del genere?
c’è il link all’intervista…
Sta a vedere che sulla rivista scientifica di ortifloricoltura aveva scritto lui ….
Se ci sono problemi di copyright:
http://it.dreamstime.com/immagine-stock-libera-da-diritti-asino-e-carota-image10227536
Ma come, non capite? E’ il ministro-rettore-filosofo-re che con paterna comprensione verso gli inferiori ritiene giusto correggere il popolo che, come tutti sanno è un po’ bambino, indirizzandolo con dolce violenza verso il Bene.
Non ce l’ha fatta. Profumo non ce l’ha fatta. Ha cercato per un po’ di mesi di non fare troppi danni e di somigliare quanto più possibile ad uno stipite, ma alla fine non è proprio riuscito a trattenere queste perle di saggezza che attendevano da chissà quanti anni per uscire. Ecchediamine! Un poco di bastone ci vuole!
Certo, poi il paterno bastone, nel momento in cui gli capitasse di parlare con qualcuno che conta lo nasconderà solerte nell’anfratto che porta sempre seco, ma questa è certo un’altra storia e noi siamo malvagi a pensare sempre male.
:)
Purtroppo è tutto vero. Col bastone vuole portare le ore settimanali dei docenti delle superiori da 18 a 24 (ovviamente a parità di stipendio). Macelleria pedagogica e sociale. La carota non so dove vuole metterla, qualche sospetto viene.
A quanto par il ministro Profumo prende lezioni private da Brunetta!
STORIE DI ASINI, DI UN BASTONE E UNA CAROTA
12/01/2009
http://www.iltempo.it/politica/2009/01/12/975296-brunetta_burocrate_vergogna_dirlo_figli.shtml
“Dobbiamo instillare il senso di responsabilità con un bastone”, sostiene il Ministro Brunetta, “E la carota è l’orgoglio. Se uno ora fa il professore, il burocrate, l’impiegato al catasto si vergogna di dire quello che fa. Se invece dice al figlio ‘faccio il tornitore alla Ferrari’, lo dice con il sorriso, con orgoglio e dignità. L’impiegato no. Io vorrei che la nostra burocrazia fosse come la Ferrari. Perché non può?”. Sono solo poche frasi eppure calamitano molte riflessioni. Tutte riconducibili a quella modalità di pensiero che consiste nel “generalizzare”. Magari, fino all’iperbole.
http://www.lascuolaconvoi.it/index.php?i_tree_id=75148&plugin=news&i_category_id=197&i_news_id=1087
Credo che queste parole scritte allora da Nicola Casaburi valgano perfettamente anche adesso!
„………Ora, non c’è bisogno di evocare la fortuna di essere figlio d’operaio a confronto con la mala sorte d’esser nati in casa di un professore di liceo per constatare l’evidenza di un’allarmante caduta di motivazione professionale tra gli insegnanti. Le ragioni, non occorre dannarsi a cercarle. Sono tutte in un articolo di Ilvo Diamanti, apparso su “La Repubblica” di venerdì 25 luglio 2008. “Maledetti”, scrive il professor Diamanti, sono e siano questi professori che con “i loro stipendi da operai specializzati (ma forse nemmeno)” hanno perduto ogni reputazione. “E poi, la cultura e la conoscenza, oggi, non vanno più di moda”. È necessario studiare per far soldi? Ma, via! “Si pensi a quanti, giovanissimi, prima ancora di concludere gli studi, hanno intrapreso una carriera di successo nel campo della comunicazione e delle nuove tecnologie. Tutte competenze apprese fuori da scuola”. E poi, i genitori. I quali giustamente “li criticano perché non sanno trasmettere certezze e autorità; perché non premiano il merito”. Vogliamo proprio dirlo? Chi, se non loro, sono i “responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole. Senza disciplina”? Maledetti i professori e benedetta la giovane ministra che “appena arrivata, ha già deciso di attribuire un ruolo determinante al voto in condotta. Con successo di pubblico e di critica”. Insomma, questi “pretendono di insegnare in una società dove nessuno – o quasi – ritiene di aver qualcosa da imparare. Pretendono di educare in una società dove ogni categoria, ogni gruppo, ogni cellula, ogni molecola ritiene di avere il monopolio dei diritti e dei valori. Pretendono di trasmettere cultura in una società dove più della cultura conta il culturismo. Più delle conoscenze: i muscoli. Più dell’informazione critica: le veline” A tirare le somme, dall’allarme del Ministro per il deficit di orgoglio professionale tra gli insegnanti e dalla diagnosi del professore sul deficit di domanda culturale in questa società del “consumare” e dell'”apparire”, il risultato che se ne trae evoca un sogno e una pubblica consapevolezza:
• il sogno di un paese in cui la libertà, il bene più prezioso, non venga più asservita a lusinghe consumistiche e a logiche commerciali cui sacrificare – oltre a se stessa – la dignità propria e il rispetto dell’altrui;
• la consapevolezza che un tale “riassestamento etico” può scaturire soltanto dall’impegno di tutti: dalla politica (che – per fare un solo esempio – prima s’azzuffa per entrare nelle commissioni di vigilanza della tv pubblica e dopo si rilassa di fronte ad ogni sorta di volgarità gradita all’Auditel) alle istituzioni, ai singoli cittadini.
Ciascuno per la propria parte, signor Ministro, se si vuole davvero che rientri nelle aule l’orgoglio di insegnare e quello di apprendere.“
“usare il bastone e la carota” viene dall’antica usanza di spronare gli asini mettendo loro una carota davanti al muso.
Come si faceva: si saliva sull’asino e si utilizzava un bastone al quale era appesa la carota. Una specie di canna da pesca che aveva la carota al posto dell’esca. L’asino, che per definizione non brilla di intelligenza, vedendo la carota davanti a sè era spronato a camminare, ma ovviamente non la raggiungeva mai, perchè questa era tenuta in mano da chi gli stava sulla schiena. Quindi lui camminava per sempre, in teoria, e non raggiungeva mai la carota.
A volte lo stesso bastone veniva però utilizzato anche per picchiare l’asino ribelle, che magari, in un barlume di lucidità, non intendeva prestarsi allo stupido gioco.
Da qui viene “usare il bastone e la carota”, cioè il metodo gentile e quello violento alternativamente, per ottenere uno scopo preciso: che l’asino cammini.
Tìmeo Profumo et carotas ferentem :)
Leggete questa parte della sua dichiarazione, ha dello stupefacente:
«Il quinto è la semplificazione” perché “siamo un Paese complicato, abbiamo sempre bisogno di avere un giurista accanto e credo invece che dobbiamo imparare a gestire le cose in modo più semplice, più chiaro, più trasparente. L’ultimo elemento -ha affermato Profumo- è un sistema di valutazione».
Ecco: se il quinto e il sesto andassero insieme, e avessimo un sistema di valutazione semplice, chiaro, trasparente? Ma si tratta dello stesso Profumo che sta sostenendo l’ANVUR?
Non so se per qualcuno ci voglia la carota. Per il Ministro andrebbero bene i pomodori.
Ma non erano gli “esperti di gestione di sistemi complessi”?