
Gentile Senatrice, gentile Senatore,in queste settimane, dottorandi, assegnisti e precari della ricerca accademica in Italia hanno manifestato la loro netta contrarietà ad alcuni provvedimenti contenuti nel Disegno di legge di Stabilità 2015 che, a breve, sarà discusso in Senato.L’ADI – Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani, ha promosso nelle scorse settimane una vasta mobilitazione in opposizione ai nuovi tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario, all’incentivazione del finanziamento premiale e all’allentamento del vincolo di reclutamento di un ricercatore a tempo determinato (RTD) di tipo “b” per ogni nuovo professore ordinario. La stampa ha dato ampio risalto al nostro disagio (veda qui, qui e qui).Questo Ddl prevede tagli di 34 milioni di euro per il 2015 e di 32 milioni di euro all’anno a partire dal 2016. Le ricordo che l’FFO ha già subito una riduzione del 20% in termini reali dal 2008 a oggi (veda il documento del Consiglio Universitario Nazionale, Le emergenze del sistema, 2013).D’altro canto, riteniamo inaccettabile che, in un contesto di persistente sottrazione di risorse ordinarie ai danni del sistema accademico nazionale, si continuino a incentivare meccanismi di finanziamento premiale. Non si può negare, infatti, che la promozione di politiche di premialità sganciate dalla disponibilità di stanziamenti aggiuntivi, lungi dal perseguire il condivisibile obiettivo dell’innalzamento medio complessivo della qualità dell’Università italiana, si risolva nell’esatto contrario: il feroce smantellamento del sistema accademico.
In queste condizioni, premialità non significa merito. A farne le spese saranno le fasce più deboli della ricerca, in primo luogo assegnisti e ricercatori a tempo determinato. Queste figure si apprestano a pagare a caro prezzo un altro grave provvedimento contenuto nel Ddl Stabilità: l’allentamento del vincolo tra il reclutamento di un docente ordinario e quello di un ricercatore a tempo determinato (RTD) di tipo “b”. La prospettiva di inserire in questo vincolo anche gli RTD di tipo “a” – privi di tenure track, meno costosi, meno garantiti rispetto al tipo “b” – si tradurrebbe giocoforza nell’incentivo a una devastante precarizzazione dei giovani ricercatori, resi privi di sbocchi, ricattabili, sostituibili.Se da una parte autorevoli interventi, come quello della senatrice a vita Elena Cattaneo, hanno in queste ore sostenuto le nostre tesi, dall’altra non possiamo sottrarci a un sentimento di rammarico e di profonda indignazione per le argomentazioni con cui la Conferenza dei Rettori e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca hanno inteso promuovere e difendere simili provvedimenti.
Rispondendo alla lettera di denuncia di un giovane ricercatore italiano in Inghilterra, il Miur si attarda in un grigio e burocratico decalogo di provvedimenti dall’impatto irrisorio nel contrasto alla cosiddetta “fuga di cervelli”.In cambio, il Ministero ignora le grandi questioni della politica accademica, come quella che vede l’Italia tra gli ultimi paesi dell’area Ocse per investimenti in Ricerca. Interviene a difesa dell’allentamento del vincolo RTDb-Ordinari, eludendo sfacciatamente la questione centrale posta dalla mobilitazione dei dottorandi e dei ricercatori in queste settimane: quella dell’aumento dei livelli di precarietà che ne deriverebbero; si riferisce ai “forti limiti attuali al turn over” come se si trattasse di un dato immodificabile sottratto alle sue scelte; rinuncia alla prospettiva di ridisegnare, semplificandola, la giungla delle figure pre-ruolo, nonostante da mesi il Consiglio Universitario Nazionale abbia sollecitato attraverso documenti ufficiali questa prospettiva.
Altri commentatori arrivano persino a negare l’esistenza stessa di una platea di ricercatori pronta all’ingresso nei ruoli di RTDb. Costoro ignorano apertamente che nei prossimi anni il 96,6% degli assegnisti sarà espulso dal sistema accademico a causa del basso livello di reclutamento di ricercatori (su questo e su altri aspetti può confrontare le proiezioni della IV Indagine ADI). Così come ignorano che il prossimo anno arriverà a scadenza la prima consistente coorte di RTDa, quella del 2012: proprio mentre questo sta per accadere il Ddl apre un gravissimo vulnus al reclutamento degli step successivi con l’allentamento del vincolo RTDb-Ordinari.In queste argomentazioni crediamo di cogliere tutti i segnali delle difficoltà in cui da tempo si dibatte larga parte della classe dirigente del sistema accademico nazionale, incapace di opporsi al disegno di fondo perseguito in questi anni: il drastico ridimensionamento dell’Università e della Ricerca in Italia.Da troppi anni questo settore è rimasto ostaggio di una mentalità da sensale, con il risultato che ci si accontenta ormai di fare cattiva politica con le briciole.Per questo motivo come ADI – Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani, ci rivolgiamo alla Vostra autorevolezza.
Vi chiediamo di segnare un punto di svolta, a partire dall’emendamento di questo Disegno di legge, per gettare le basi future di un più ampio processo di consapevole e organica riforma delle politiche di reclutamento accademico in Italia.ADI – Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani – 3 dicembre 2014
Pienamente d’accordo con ADI: ma la medesima ADI, insieme a sindacati, e forze politiche, e soprattutto i diretti interessati dovrebbero fare coro comune e dire al Governo ed al Parlamento: “Signori miei, o si resuscita la terza fascia a tempo indeterminato, o l’Università muore.” Inutile girare intorno al problema, senza ricercatori o professori jounior o qualsiasi altra targa si voglia dare alla 3a fascia a tempo indeterminato, non abbiamo nessun tipo di futuro. Non aspettatevi/non aspettiamoci aiuti dagli strutturati…qui occorre una manifestazione nazionale, uno sciopero della fame di migliaia di persone, occorre alzare la voce, altrimenti nessuno farà nulla per noi. Scordiamoci i meccanismi tenure-track, in Italia non funzionano e non funzioneranno mai, nè ha funzionato questa follia rtd/a rtd/b (che tra l’altro sembra una formula chimica senza senso).
VOGLIAMO I RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO!
Parlando da avvocato appassionato di vicende universitarie, a me sembra che, per chiunque rivoglia la fascia dei ricercatori a tempo indeterminato, la recentissima sentenza della Corte di Giustizia europea del 26 novembre, emessa a seguito della controversia sollevata dai precari della scuola, sia arrivata proprio al momento opportuno. In sostanza, tale sentenza dice: quando vi sono esigenze permanenti di personale (quante Università rifarebbero ricercatori a tenpo indeterminato se potessero?!), queste esigenze non possono essere soddisfatte reiterando contratti a tenpo determinato oltre i 36 mesi e la stabilizzazione non può dipendere da eventi aleatori (vedere paragrafi dal 103 al 117). Contratti a tenpo determinato possono essere stipulati solo per soddisfare esigenze di un datore di lavoro, privato o pubblico (non ha più importanza), che siano esse stesse di natura temporanea, altrimenti sono illegittimi…dunque, direi che i precari possono dire Viva l’ Europa!
La ratio dell’emendamento alla legge di stabilità, che riduce sensibilmente la speranza di sviluppare un ruolo di ricercatore un po’ meno precario e con reali possibilità di inserimento nella docenza, risponde alla solita logica “chi ha avuto, ha avuto, ha avuto… chi ha dato, ha dato, ha dato… scurdámc ‘o ppassato”…
Così è, purtroppo… Non ci sono dubbi il nostro paese è condannato a scambiare nel mercato globale del lavoro laureati di qualità con camerieri e badanti.
Stranamente il TG1 ha pronunciato in prima serata le parole cultura, giovani che scappano, scarso reclutamento. E’ il momento di farsi sentire: senza ricercatori che possano vivere del loro studio l’Italia muore. Deve essere reintrodotto il ruolo al più presto.
E’ chiaro che come dice ale79 bisogna re-instaurare la terza fascia: i ricercatori a tempo indeterminato.
Non esistono ovviamente altre soluzioni e se c’è da fare mobilitazione si faccia. Però in occasione dell’approvazione della Gelmini ricordo molto quietismo.
nel mio curriculum ci sono diverse pubblicazioni, tra le quali 2 libri, poi dottorato, assegni di ricerca, contratti di insegnamento ecc….
ho perso 10 concorsi da ric., e quello dell’ASN
nonostante ciò io sono precario, quindi per le istituzioni io non esisto, sono una NULLITA’.
Ha ragione lo stato italiano, io sono una “merda”.
Grazie istituzioni,
Anto
@RiCer
l’analisi di RiCer ha una sua logica, anche se non tutti i precari possono dire “viva l’Europa” semmai i RDAa perché gli assegnisti non hanno contratti a tempo determinato, inoltre c’è una questione di non facile risoluzione, come stabilizzi i RTDa che abbiano superato i 36 mesi visto che gli RTI non esistono più? Come RTDb? Forse….però ricordiamoci che è un ruolo diverso il RTDb dal RTDa come diritti e doveri…..tra l’altro il RTDa è diverso anche vecchi RTI… un medico che supera i 3 anni ad esempio magari viene stabilizzato con un ruolo equivalente a quello del contratto a tempo determinato (era comunque un dirigente medico di primo livello, con la stabilizzazione cambia solo la durata del contratto)
d’altra parte la sentenza della Corte Europea è chiara sul fatto di superare i 36 mesi……sinceramente non è una questione facile a cui rispondere ma è comunque una questione da risolvere a mio avviso….
Leo, a mio parere, gli RTD-B, non potendo durare oltre i 36 mesi, non possono nemmeno essere stabilizzati in quanto tali (cioè per loro l’attuale vincolo dell’ ASN rimane necessario e l’inquadramentoo come associati, in caso conseguano l’ ASN, è l’unico modo per stabilizzarsi), mentre invece ritengo che gli RTD-A prorogati oltre i 36 mesi, così come gli RTD-Moratti (legge 230/2005), egualmente ove prorogati oltre i 36 mesi, possano ambire alla stabilizzazione anche a parità di qualifica (per questo scrivevo che secondo me è un ottimo momento per chi vorrebbe riavere un ruolo RTI; chiaramente, gli interessati dovrebbero presentare un ricorso in via giudiziaria adducendo il contrasto delle norme italiane che li riguardano con tale sentenza). Mi spiego: so che spesso i contratti RTD-Moratti e RTD-A sono legati a progetti di ricerca. La Direttiva europea sul lavoro a tempo determinato, che è stata interpretata dalla Corte, afferma che i contratti a tempo determinato possono farsi soltanto per motivi oggettivi, cioè in sostanza solo per esigenze temporanee. La Direttiva vuole impedire abusi dei contratti a tempo determinato. Un progetto di ricerca è una esigenza temporanea. Qualora il progetto di ricerca stabilito nel contratto venga completato entro i 36 mesi, ma il contratto venga ugualmente prorogato oltre tale termine, esso andrebbe a soddisfare una esigenza diversa da quella che poteva giustificare la durata del progetto (e del contratto): si reitera un tempo determinato, cioé, quando l’esigenza da soddisfare ormai non è più temporanea. Il discorso vale, anche a maggior ragione, per RTD-A o RTD-Moratti stipulati dall’ origine senza un progetto di ricerca. E’ ovvio che, per puntare alla stabilizzazione per via giudiziaria (ed a parità di qualifica) nel caso di RTD-A prorogati o RTD-Moratti rinnovati, serve anche (e soprattutto) l’ interesse delle singole Università, cioè l’interesse ad utilizzarli in quanto tali ed in via permanente. In sostanza, non soltanto questa sentenza, ma anche la giurisprudena precedente della Corte di Giustizia, è chiarissima: esigenze permanenti vanno soddisfatte con contratti a tempo indeterminato (a prescindere dalla qualifica), che secondo il Preambolo della Direttiva devono essere la forma comune di rapporto di lavoro, mentre è accettabile che vengano soddisfatte esigenze oggettivamente temporanee di un datore di lavoro con contratti a tempo determinato. Il decreto italiano del 2001, di recepimento della Direttiva, prevedeva la stabilizzazione nel caso di impiego oltre i 36 mesi soltanto per il settore privato, ed in pratica lasciava al settore pubblico una “licenza di precarizzare”, ma, dopo questa sentenza, è ormai lampante che la distinzione fra pubblico e privato non è più legittimamente sostenibile (e nell’ambito del settore pubblico, oltre alla Scuola, abbiamo anche l’ Università).
P.S. volevo scrivere “non è una questione a cui si può rispondere facilmente”….
@LEO e RICER
c’è un’altra cosa:
vi è stato un decreto legislativo nel 2001, con il quale il parlamento italiano (scritto volutamente in minuscolo) ha detto che il decreto legislativo stesso, con il quale si recepiva la direttiva non si sarebbe dovuto applicare ai contratti temporanei.
questa è una forzatura, in quanto la direttiva dava la possibilità di una deroga soltanto per i contratti di avviamento al lavoro (o di formazione) e non per i contratti temporanei….
L’assegno di ricerca non può essere un contratto di formazione o di avviamento al lavoro (il dottorato potrà essere di formazione) ma non l’assegno di ricerca……
ECCO:
Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368
“Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES”
Art. 10.
Esclusioni e discipline specifiche
1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto legislativo in quanto gia’ disciplinati da specifiche normative:
a) i contratti di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni;
b) i contratti di formazione e lavoro;
c) i rapporti di apprendistato, nonche’ le tipologie contrattuali legate a fenomeni di formazione attraverso il lavoro che, pur caratterizzate dall’apposizione di un termine, non costituiscono rapporti di lavoro.
……
ORA, la Direttiva, invece, dava la possibilità di derogare in maniere limitata:
DIRETTIVA 70 del 1999
Campo d’applicazione (clausola 2)
1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di
lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente
accordo non si applichi ai:
a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;
b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e
riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici.
AVETE VISTO L’INGANNO DEL PARLAMENTO ITALIANO?
@RiCer
tu scrivi “Leo, a mio parere, gli RTD-B, non potendo durare oltre i 36 mesi, non possono nemmeno essere stabilizzati in quanto tali….”
io non mi riferisco agli RTD-B, quella degli RTD-B è una “tenure” ed è ovvio che se non hanno l’abilitazione non possono essere inquadrati nel ruolo di associati. Forse non ci siamo capiti,la mia domanda è un’altra e la pongo senza polemica ma perché io non so darmi una risposta:”in che ruolo sarebbero stabilizzati i RTD-A e Moratti se non esiste più il RTI?” nel ruolo RTI che sarebbe resuscitato? Nel ruolo RTD-B e poi se prendono l’abilitazione bene sennò affari loro? Come PA se hanno l’abilitazione (anche se non credo)? O in quale altro modo? Coloro che hanno i requisiti perché hanno superato i 36 mesi, perché il loro progetto ecc…., perché l’ateneo aveva esigenze del tipo ecc…..insomma hanno maturato i requisiti, in che ruolo sarebbero stabilizzati secondo il tuo parere?
Caro Leo,per risponderti, riporto l’ opinione di Piergiovanni Alleva (v. Il Fatto Quoridiano): “http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/06/precari-sentenza-scuola-corte-europea-contraddice-jobs-act/1254570/ Come vedi, egli afferma: “per il resto del pubblico impiego, statale e parastatale, degli Enti locali, sanitari, dove il precariato è comunque abbondante, la sentenza conferma la serietà e invalicabilità di tutti i “paletti”, perché da un lato la causale oggettiva deve essere valutata in concreto come oggettiva temporaneità e dall’altro ogni debordo dal limite dei 36 mesi dà luogo senz’altro a quelle sanzioni di trasformazione e/o risarcitoria, ma poiché per il settore della scuola l’unica soluzione politicamente praticabile è quella della stabilizzazione, anche per gli altri settori i giudici dovranno razionalmente scegliere la trasformazione a tempo indeterminato”. In altre parole: il ruolo RTD-B non c’entra nulla, appunto perché non supera il limite di 36 mesi, e ciò che possono fare gli RTD-A prorogati o RTD-Moratti rinnovati oltre i 36 mesi consiste nel promuovere ricorsi (secondo me, meglio se con il sostegno dei loro Atenei) volti a far disapplicare la normativa italiana per ottenere, dal giudice, una trasformazione a tempo indeterminato dei loro contratti. Quando una normativa nazionale contrasta con il diritto europeo, non è necessario che venga espressamente abrogata (cioé, non sarebbe a questo punto nemmeno necessaria una espressa abrogazione della norma che aveva posto ad esaurimento il ruolo RTI), in quanto spetta al giudice disapplicare comunque la normativa nazionale divenuta illegittima. Per spiegarti in modo più semplice: a mio parere, per assicurare parità di trattamento ai lavoratori precari del settori della conoscenza e tenuto conto che Scuola ed Università fano parte entrambe del pubblico impiego, un ruolo RTI sarebbe in sostanza “risuscitabile” (volendo usare questa espressione) per via giudiziaria, e coloro che hanno i requisiti sarebbero stabilizzabili in tale ruolo. Ha ragione anche Anto; spesso il Parlamento italico prova a “fare il furbo” ed a violare anche in modo sottile Direttive europee. Poiché l’ordinamento europeo conferisce ai cittadini dei singoli Stati diversi diritti, anche oltre quelli previsti dagli ordinamenti nazionali, sta ai cittadini avvalersene per far sollevare, davanti alla Corte di Giustizia, questioni di illegittimità della normativa nazionale…..questa è l’ Europa che deve piacere ai precari
@RiCer
a me sembra poco praticabile una stabilizzazione con un ruolo ad esaurimento come gli RTI, inoltre sul fatto che gli RTD-B non “c’entrino nulla” come hai scritto tu, non sarei così sicuro, è vero che gli RTD-B non superano i 36 mesi, ma se hai l’abilitazione gli RTD-B sono il ruolo “stabile” più vicino agli RTD-A, se non hai l’ASN puoi conseguirla. In parole povere mi pare che non ci siano certezze sulla stabilizzazione e sul ruolo con cui stabilizzare perché la questione è piuttosto complessa.
@Anto
non ho invece ben compreso il tuo intervento, ti riferisci agli assegnisti di ricerca? Cioè vuoi dire che la Direttiva non escluderebbe gli assegni di ricerca mentre il parlamento li esclude e quindi è in contrasto con la Direttiva?O pensi che il parlamento esclude anche gli RTD-A?
Leo, a mio parere la sentenza non suppone un cambiamento di qualifica (ad esempio, da RTD-A a RTD-B) cone presupposto per la stabilizzazione. Comunque, in caso di ricorsi, sarà chiaramente il giudice a decidere.
errore di battitura: volevo scrivere “escluda” gli RTD-A
@RiCer e Leo:
il Parlamento del 2001 esclude tutto ciò che non è lavoro dipendente.
rtd a ed rtd b sono qualificati come lavoro dipendente (benché a tempo determinato)
gli assegni di ricerca (anche 4 anni) non sono non vengono qualificati lavoro dipendente, infatti io che sono stato assegnista per 4 anni non dovevo pagare le tasse e dovevo però essere iscritto a gestione separata inps.
in uno stato serio, un giudice serio mi darebbe ragione, poiché penserebbe:
“alla fine, che importa, sempre tempo determinato è, non dovrebbero esserci differenze”.
ma non siamo in uno stato serio e quindi qualsiasi giudice si sente meglio se ragiona in termini “formalistici”, cioè sono fattispecie contrattuali diverse, applico regimi diversi e quindi la sentenza opererebbe solo per gli rtd a oppure b se superano i 36 mesi….
comunque, sono contento che ci stiamo ragionando, teniamoci in contatto e vediamo di riflettere ancora.
in particolare @Leo: la direttiva esclude solo i contratti formazione lavoro e apprendistato, poi se Italia vogliono per ragioni di comodo dire che l’assegnista è un apprendista è una cavolata (magari! almeno si avrebbe la speranza di avere un seguito come si ha nei contratti formazione lavoro o apprendistato.
strano che alla Corte di Giustizia sia sfuggito che l’italia (volutamente minuscolo) abbia applicato male la direttiva!
è come dire, un intercity può scioperare, un eurostar no, il che no vuol dire nulla, se c’è sciopero c’è sciopero……………
ma siamo in Italia e…..
ora vi lascio, ci sentiamo i prox. giorni
@RiCer
“Leo, a mio parere la sentenza non suppone un cambiamento di qualifica (ad esempio, da RTD-A a RTD-B) cone presupposto per la stabilizzazione” ma infatti RiCer è proprio questo che sto chiedendo perché anche da RTD-A ad RTI c’è un cambiamento di qualifica (ruolo). Tutti i ruoli a tempo indeterminato sono diversi dal RTD-A, questo è il punto, quindi per qualsiasi stabilizzazione di RTD-A e Moratti ci deve essere un cambiamento di ruolo, ma è possibile secondo te stabilizzare con un ruolo diverso a prescindere dal fatto che sia RTD-B o RTI (questione che credo ai precari interessi molto meno). Non so se hai compreso la mia domanda. Lo chiedo perché per altre figure il discorso è diverso, cambia solo l’orizzonte temporale del contratto dopo la stabilizzazione ma il ruolo è lo stesso.
La mia domanda quindi è se sia necessario stabilizzare con RTI o RTD-B, la mia domanda è: “sarà possibile stabilizzare visto che sei obbligato a stabilizzare facendo cambiare ruolo?”
Leo, ti dico la mia opinione da giurista, dopo aver notato: in prtimo luogo, che l’ RTD-B venne introdotto contestualmente alla soppressione del triennio di “prova” per gli associati e che quindi ha una storia diversa dal RTD-A; in secodo luogo, che l’ RTD-A o l’RTD-Moratti assorbono gli stessi punti organico (0,5) assorbiti da un RTI. Secondo me, se un giudice decidesse di trasformare a tempo indeterminato un RTD-A prorogato od un RTD-Moratti rinnovato (disapplicando la normativa nazionale, per contrasto con i princìpi sanciti dalla Corte di Giustizia), non farebbe altro che ripristinare un ruolo RTI (per usare la terminologia che conosciamo): questo sarebbe lo stesso RTD-A o RTD-Moratti (non un cambio di qualifica, quindi) ma senza più la scadenza nel contratto. Stesso tipo di contratto, ma con un orizzonte temporale non più limitato da una scadenza. Non avrebbe nemmeno bisogno di chiamarlo espressamente RTI, ma, una volta che venga caducata la scadenza del contratto con la trasformazione a tempo indeterminato, verrebbe (ri)creata la terza fascia. Chiaramente, i ricorsi da parte di coloro che hanno i requisiti di cui scrivevo sono un presupposto fondamentale.
@anto
su questo sono d’accordo con te
Ritengo che la lettera rivolta dall’ADI sia condivisibile al 99%. Il problema è l’assenza di una fascia intermedia fra il precariato più disperante e il livello dell’associazione, che NON PUO’, O ALMENO NON DOVREBBE, ESSERE IL PRIMO LIVELLO DI TENURE a cui aspirare. L’abolizione del ruolo dei RTI è stato, a mio avviso, un grosso errore, nonostante gli equivoci gravi che il ruolo conteneva per sua natura (i ricercatori non sono obbligati a fare didattica, ma solo ricerca; ma naturalmente quasi tutti i ricercatori, almeno in ambito umanistico, fanno didattica, per cui peraltro non sono valutati né, in genere, ricompensati).
La mia unica obiezione al documento iniziale è che PERFINO RICERCATORI DI TIPO A sono utili per limitare i disastri del precariato. Questo ruolo verrrebbe infatti a raccogliere decine di contrattisti e assegnisti che ora lavorano su base annuale, dando loro quel primo gradino indispensabile per salire. Aumentiamo questi, aumentiamo quelli di tipo B, se possibile istituiamo nuovamente un ruolo ‘di terza fascia’.
Il vero problema è la sconvolgente insufficienza del turn over: se per cinque anni abbiamo perso centinaia di docenti avendo la restituzione al massimo del 20% dei posti, come si può sperare che la situazione dell’Università italiana non sia disperante?
Questo è il problema più pesante da affrontare.
Attendo commenti.
@ ADI, LEO E RIcer:
quale è la ratio dietro all’eliminazione del ric. a tempo ind.?
evitare la sopravvivenza accademica di ric. ind. di 60-65 anni che hanno prodotto zero e sono stati utlizzati per la didattica.
è pieno di queste persone, che io non mi sento di giudicare.
il punto è che allo stato attuale, ci sono due OPPOSTE CATEGORIE DI PERSONE:
1)Quelle persone, con cv=zero, zero pubblicazioni, zero convegni come speaker, zero lingue straniere, zero di zero.
2)I Precari, con 1000 pubblicazioni, con 100 libri, che parlano 20 lingue, che si sanno destreggiare in Europa, nel mondo e che HANNO UN CURRICULUM ENORME, MA CONTANO ZERO E SONO FUORI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Caro Ministro, Cari Presidenti di Camera e Senato, Care Istituzioni, cogliete la differenza tra queste 2 categorie?
Questo è il punto di partenza.
Soluzioni:
1) ripristinare i ric. tempo ind. (basta CAMBIARE UN COMMA DELLA FINZIARIA, SE NON ORA, QUAND0?)
2)Se non è possibile, far uscire tantissimi Bandi RTDA RTDB
3)Smetterla, per favore, SMETTERLA CON L’ASN, che, tanto, PROMUOVE CHI è GIA’ DENTRO!
Questi 5 punti andrebbero rimarcati, siete d’accordo?
Ovviamente,
al punto con la categoria
al PUNTO 1) della diff. tra ric. ind. e precari,
mi riferisco alla categoria con ZERO CURRICULUM è caratterizzata da molti (non tutti) ma molti ric. a tempo IND. (oggi sui 60 anni) che pur avendo ZERO, sono INTOCCABILI E NON POSSONO ESSERE CACCIATI.
@ RicCer
RTI e RTD-A sono diversi come diritti e doveri, i punti budget significano poco, peraltro da poco tempo gli RTD-A non hanno più 0,5 punti ma 0,4 punti budget. Se però mi dici che non occorre ripristinare il RTI ma basta dire che il RTD-A (e Moratti) possono divenire a tempo indeterminato (disapplicando la normativa nazionale, per contrasto con i princìpi sanciti dalla Corte di Giustizia) allora sono perfettamente d’accordo con te. Cambierebbe il fatto se non ho capito male che il RTD-A invece che essere prorogabile una sola volta per soli 2 anni va concvertito a tempo indeterminato qualora il contrattista superi i 36 mesi (idem per il Moratti). Quali sono secondo te (da avvocato) le probabilità che un ricorso del genere abbia successo (prob in percentuale)?
Leo, sì hai capito benissimo ciò che intendevo. Poiché i paragrafi 67 ss. della sentenza della Corte hanno inequivocabilmente chiarito l’ illegitimità della normativa italiana e si riferiscono al settore pubblico in senso omnicomptrensivo, senza limitarsi alla Scuola, sul punto della probabilità di successo di un tale ricorso io condivido l’ opinione dell’ illustre Collega e giuslavorista Alleva. Cioé: se il giudice ragiona razionalmente, il ricorso deve avere successo. Se vuoi Ti posso dire 90% di probailità, ma solo “per scaramanzia”. In altre parole, per rigettare il ricorso, un giudice dovrebbe ignorare intere parti della sentenza e la circostanza che Scuola ed Università appartengono entrambe al settore pubblico. Il Collega Alleva scriveva, per questo motivo, che i giudici dovrebbero razionalmente decidere la trasformazione in tempo indeterminato. Naturalmente, se sei direttamente interessato a proporre ricorso, dovrai sentire anche il Collega che ti assisterà.