Si rimprovera spesso ai “negazionisti climatici”, cioè coloro che sostengono i cambiamenti climatici non siano in atto e/o non siano causati dall’uomo, di non confrontarsi con la letteratura scientifica del campo della climatologia, settore in cui c’è un accordo quasi universale sul fatto che il clima stia cambiando e che il cambiamento sia dovuto alla emissione di anidride carbonica da parte dell’uomo. Una delle rare eccezioni in questo senso è stato un articolo pubblicato dalla rivista The European Physical Journal Plus (EPJp) del gruppo Springer-Nature. La casa editrice tedesca Springer, nel 2015 si è fusa con il Nature Publishing Group, diventando il maggiore gruppo editoriale internazionale di riviste scientifiche, la più famosa delle quali è Nature.
La rivista EPJp non è certamente una delle più visibili del gruppo Springer-Nature e pubblica articoli di diverse tematiche scientifiche ma non è una rivista specializzata in climatologia ed ha in genere un impatto piuttosto scarso nel panorama scientifico internazionale. A settembre del 2021 EPJp riceve un articolo di climatologia che dopo un processo di revisione tra pari, durato due soli mesi, viene accettato. L’articolo è stato scritto da quattro scienziati italiani che non fanno ricerca nel campo del cambiamento climatico: un fisico nucleare, un docente a contratto in scienze agrarie, un fisico dell’atmosfera ultra-pensionato, Franco Prodi noto per le sue posizioni di “negazionista climatico” ed un altro fisico nucleare, Renato Angelo Ricci, novantaseienne ed ex presidente della Società Italiana di Fisica.
Un gruppo di autori eterogeno che trae conclusioni piuttosto rivoluzionarie rispetto allo stato dell’arte del campo:
“in conclusione, sulla base dei dati osservativi, la crisi climatica che, secondo molte fonti, stiamo vivendo oggi non è ancora evidente.”
Sorprendente è anche che nessun revisore abbia sollevato obiezioni sostanziali, che avrebbe allungato i tempi di accettazione rispetto ai soli due mesi impiegati, cosa davvero peculiare per un articolo che sostiene l’opposto di quello che sostiene più del 95% dei climatologi attivi nel mondo.
L’articolo è rimasto nell’oscurità per i nove mesi successivi fino a quando invece è stato riportato in una prima pagina di quotidiano australiano e poi ripreso su Sky News Australia in due video che sono stati visti più di 500.000 volte su YouTube. Per questa non comune visibilità l’articolo è stato scrutinato da vari ricercatori specialisti nel settore della climatologia, che hanno scritto pubblicamente che l’articolo aveva travisato alcuni studi scientifici, era “selettivo e di parte” e aveva “selezionato” opportunamente le informazioni che aveva considerato.
In seguito a queste critiche, Springer-Nature ha avviato un’indagine sull’articolo chiedendo una revisione successiva alla pubblicazione da parte di esperti in materia. In seguito a questo approfondimento l’articolo è stato ritrattato. Nell’editoria accademica, la ritrattazione è un meccanismo con il quale un articolo pubblicato in una rivista accademica viene segnalato come gravemente inesatto, al punto che i suoi risultati e le sue conclusioni non sono più considerate corrette. Gli articoli ritrattati non vengono rimossi dalla letteratura pubblicata, ma vengono contrassegnati come ritrattati. Spesso sono gli autori stessi che si rendono conto di aver fatto degli errori; altre volte sono i redattori della rivista (editors) che, essendo i responsabili scientifici della rivista e del processo di revisione tra pari, in base a qualche nuova informazione promuovono una indagine aggiuntiva. Questa volta invece è stato l’editore (publisher) della rivista che ha richiesto l’indagine, mettendo in imbarazzo il comitato di redazione che sembra essere stato completamente marginalizzato.
Ci domandiamo: cosa aspetta il comitato di redazione a dimettersi? Se il comitato di redazione ritiene di aver fatto il proprio lavoro correttamente allora lo deve difendere fino alla fine; se viene superato dalla volontà dell’editore della rivista si dimette perché esautorato. Se invece ritiene di aver gestito il processo di revisione in maniera non ottimale si deve dimettere. Tertium non datur. Se questa triste vicenda è sorprendente per l’editoria scientifica non lo è il fatto che i soliti quotidiani “negazionisti climatici” sono subito intervenuti per denunciare che un articolo “corretto metodologicamente” sia stato fatto ritirare per le sue conclusioni “pericolose” che avrebbero messo in crisi il dogma dei cambiamenti climatici che i soliti padroni del mondo diffondono per ingannare le masse. Se queste sciocchezze fanno facile presa, la responsabilità ultima è dei colleghi che combinano pasticci come questo; tuttavia, se le discussioni sugli articoli scientifici fossero trasparenti e tracciabili si capirebbero gli errori e si farebbe pulizia di tutte le fantasie “complottiste”.