Cosa fa una università che lo scorso anno ha firmato l’agreement di COARA impegnandosi (fra le altre cose) a non supportare l’uso dei ranking internazionali per scopi valutativi o di confronto fra istituzioni?
E’ molto semplice, esce dai ranking, soprattutto da quelli in cui le istituzioni forniscono volontariamente i propri dati.
L’università di Utrecht, che ha firmato l’agreement, qualche giorno fa ha comunicato che sarebbe uscita dal ranking del Times Higher Education, cioè non avrebbe più fornito i propri dati al ranking. Il Rettore dell’università di Utrecht, Henk Kummeling, spiega in un breve comunicato il perché di questa scelta molto consapevole:
Le classifiche pongono troppa enfasi sul confronto e sulla competizione reciproca, mentre noi vogliamo concentrarci sulla collaborazione e sull’Open Science. All’Università di Utrecht riteniamo che sia impossibile cogliere la qualità di tutti i programmi di istruzione e ricerca attraverso un’unica dimensione. Le università differiscono per dimensioni, budget e ambizioni. Eccelliamo in aree molto diverse. E sono proprio queste differenze a rappresentare collettivamente il nostro valore. Queste stesse differenze fanno sì che ci piaccia unire le forze e collaborare tra di noi. Inoltre, le ricerche dimostrano che i metodi e i dati utilizzati dalle istituzioni responsabili della creazione delle classifiche, in particolare le cosiddette league table, sono spesso discutibili. Solo la settimana scorsa, Chris Brink, ex vicerettore dell’Università di Newcastle, lo ha illustrato in un articolo [Academic rankings: the tide begins to turn] pubblicato su University World News.
L’università di Utrecht considera principi guida per le proprie azioni la collaborazione inter e multidisciplinare e l’Open science, e per questo coerentemente si è sfilata dal ranking. La decisione della università di Utrecht segue un comunicato delle università olandesi in cui si prende posizione rispetto alla metodologia utilizzata dai ranking internazionali, alla mancanza di trasparenza e al valore dei risultati.
Il Rettore riflette anche sugli effetti di questa scelta su studenti, personale e ricercatori.
Per alcuni di loro la carriera futura potrebbe in qualche modo dipendere dal posizionamento della “loro” università.
E anche se è più facile e comodo affidarsi a semplici rappresentazioni di organizzazioni molto complesse, invita i futuri studenti e dottorandi a giudicare le unviersità sulla base della qualità di ricerca e didattica e sul loro potenziale di innovazione. Questa dovrebbe essere la base per comparare contenuti e natura dell’offerta formativa. Lo stesso vale per i ricercatori che dovrebbero giudicare le università sulla base dei programmi di ricerca, dei principi ispiratori e delle condizioni di lavoro.
Una scelta coraggiosa dunque quella della università di Utrecht, e molto coerente con gli impegni presi e livello europeo. Speriamo che non resti da sola.