Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Spettabile redazione
ROARS
In merito a quanto apparso sul vostro sito relativamente al tema dell’alternanza scuola lavoro in Veneto, riteniamo utile sottoporre alla vostra attenzione quanto segue:
1- Nell’ambito del rinnovo del protocollo d’intesa sull’ASL sottoscritto nel 2018, si prevedono diverse iniziative da realizzare assieme all’USR e alle Parti Sociali. Alcune di queste iniziative sono state pienamente condivise altre meno poichè presentavano delle criticità che abbiamo puntualmente rilevato e mitigato in sede di confronto. Non è una novità per noi che la linea della Regione e dell’assessore Donazzan sia quella di una forte “subalternità” della scuola alle esigenze dell’impresa. Lo sappiamo da anni e da sempre la contrastiamo, a differenza di altri che se ne accorgono solo adesso.
2- Cgil Veneto e FLC Veneto non hanno avvallato alcun progetto specifico di Formazione di Docenti presso le Aziende del Veneto, progetto che è stato concordato tra Regione e USR senza alcun momento di confronto di merito come sarebbe stato auspicabile. È evidente che la tempistica del progetto risponde più a logiche politiche dell’assessore Donazzan che ad esigenze reali delle scuole e degli insegnanti, esigenze che vanno discusse dalla scuola con i docenti interessati e sviluppate con il sistema economico territoriale nella reciproca autonomia.
3- Le esperienze “formative” dei docenti nell’ambito dei rapporti con il mondo del lavoro, non sono una novità e possono essere utili qualora rispondano ad esigenze specifiche delle scuole, soprattutto Tecnico-professionali.
4- La scuola ha una precisa missione educativa, ma è evidente che non può essere isolata dal contesto economico e sociale in cui opera, tanto più dovendo gestire i percorsi di ASL recentemente modificati, ai quali come Cgil continuiamo a voler garantire la caratteristica preminente di momento formativo di qualità per gli studenti coinvolti.
Segreterie CGIL e FLC Cgil Veneto
In merito al punto:
1) Quali sono state le iniziative condivise e quali quelle rifiutate o mitigate? Credo che si debba cominciare ad essere chiari anche perchè mi sembra che l’accordo raggiunto, ammesso che ci siano state delle modifiche al piano dell’assessore, sia stato fortemente penalizzante per la scuola e per la società. Gli accordi si possono anche non fare. La CGIL veneto sta in Veneto e chi non è nella regione può accorgersi anche in ritardo di ciò che succede. Non è un merito per il sindacato veneto essere intervenuto, se lo ha fatto, in tempo. E’ un demerito averlo fatto con i risultati ottenuti.
2) Mi compiaccio che la CGIL sia del parere che la formazione dei docenti si sviluppi con il sistema economico territoriale “nella reciproca autonomia”(?). E’ esattamente ciò che si contesta al protocollo d’intesa. La scuola sceglie gli indirizzi e i programmi che i docenti e un ministero non asservito alle logiche di meschino potere decidono. Non si contesta che sia ascoltata la voce dell’imprenditoria in merito, si contesta il fatto che le sollecitazioni che vengono dalle micro e piccole imprese venete siano capaci di dare un indirizzo valido ai sentieri scolastici, un indirizzo che non sia asservito alle logiche di un’imprenditoria di corto respiro.
3) E’ il caso che la CGIL prenda atto che le esigenze specifiche delle scuole, di qualsiasi ordine e grado, non possono dipendere da rapporti con il mondo del lavoro nel momento in cui questo è in rapida trasformazione.
4) Puro stile sindacalese che non significa nulla.
Nicola Ostuni, mi permetto di dissentire.
Punto 4 = “L’ASL (suppongo Alternanza Scuola Lavoro, perchè non chiamare le cose col loro nome?)” è buona, giusta, bella, utile, fa bene agli studenti che devono continuare a subirla (che dico, ad apprezzarla, e non sia mai detto che si comincino a lamentare! Se poi addiritturra protestano, c’è la polizia) e deve continuare ad essere obbligatoria, anche se possiamo far finta di dire che non è così in base a provvedimenti legislativi vaghi ed ambigui (tanto non siamo gli unici a prendere due piccioni con una fava)”
La replica dà un colpo al cerchio e uno alla botte per fingere che la CGIL sia in una solida posizione di equilibrio; invece riesce a fare torto a tutte le parti in causa – perché la strada intermedia è proprio quella che non porta a Roma. La scuola superiore non è tutta di un pezzo, ma distinta in tre modelli, tutti importanti: gli istituti professionali, che procurano accesso immediato al mondo del lavoro; i licei, che preparano agli studi universitari, gli istituti tecnici, che fanno l’una e l’altra cosa. È dunque evidente che l’alternanza scuola-lavoro è necessaria per i primi, dannosa per i secondi, utile per i terzi. A cosa serve allora lamentare ‘una forte “subalternità” della scuola alle esigenze dell’impresa’, se non si specifica di quale modello si parla? Se si parla infatti di istituti professionali, cioè di istituti che danno accesso a lavori esecutivi, la subalternità (fatta salva l’esigenza di una sicura formazione culturale di base per tutti) può non essere un difetto, ma può avere effetti positivi sulle imprese e sui giovani; se invece si parla di licei, allora è non solo inutile, ma proprio assurdo che la CGIL continui ‘a voler garantire la caratteristica preminente di momento formativo di qualità per gli studenti coinvolti’. L’alternanza scuola-lavoro nei licei, in scuole che preparano a compiti direttivi, è infatti il più grave dei colpi che la riforma dell’autonomia ha sferrato alla dignità della scuola italiana: 1. essa insinua il rozzo pregiudizio che la preparazione allo studio teorico che il liceo impartisce non sia in sé stessa un lavoro, non abbia cioè in sé stessa una fase esecutiva, ma si riduca a una perdita di tempo; 2. professionalizza l’intera scuola superiore escludendone lo studio orientato alla formazione dei dirigenti, così da destinare l’Italia alla subalternità coloniale; 3. costringe i docenti a sacrificare invano tempo ed energie al compito impossibile di trovare inesistenti connessioni tra lo studio teorico, che ha in sé stesso la sua fase esecutiva, e l’esecutività estranea delle mansioni aziendali; 4. costringe docenti e alunni a fingere che sia stata garantita, come favoleggia la CGIL, ‘la caratteristica preminente di momento formativo di qualità’, quando invece, nei migliori casi, si è impiegato il tempo a fare fotocopie e ad attaccare francobolli. Per riassumere: l’alternanza scuola-lavoro nei licei non può essere PER PRINCIPIO formativa, perché 1. deriva da un pregiudizio misologico, 2. è parte di un piano coloniale contro l’Italia, 3. degrada i docenti, 4. costringe gli studenti all’ipocrisia. Basta la finzione!
Fausto Di Biase
Paolo Di Remigio
Fausto Di Biase, Paolo Di Remigio, mi sembra davvero difficile sostenere che (in qualunque situazione) sia *necessario* costringere un minorenne a lavorare gratis. Che eventuali esperienze lavorative (con gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori – anzi, con i diritti che tutti i lavoratori dovrebbero avere) possano essere utili ad uno studente di un professionale, è un conto, la “Buona scuola” un altro. Anche solo gli aspetti linguisitici sono significativi si parla di “alternanza” non di complementarietà. Alternanza significa “ti prendo da un posto – la scuola, dove studi – e ti sbatto in un altro posto che non c’entra nulla”. Se è “alternanza” non può essere “momento formativo”…
Per il resto sostanzialmente d’accordo, a parte l’uso dell’indicativo che andrebbe sostituito spesso dal condizionale, tipo “dovrebbero procurare accesso al mondo del lavoro” etc.
Gentile Franco, La ringraziamo del Suo commento che intendiamo come un’integrazione opportuna al nostro. Non vogliamo difendere nulla della ‘Buona Scuola’, speriamo anzi nella cancellazione completa di tutta la riforma dell’autonomia. A nostra discolpa la circostanza che i troppi controsensi dell’alternanza scuola-lavoro ci hanno indotto a classificarli senza prendere le distanze dalla terminologia del testo che commentavamo; e mentre classificavamo abbiamo colpevolmente trascurato di menzionare la vergogna dell’imporre ai ragazzi lavoro non pagato, con cui non soltanto si infligge un danno economico, ma si emette anche il messaggio barbarico che sia legittimo e perfino legale non pagare il lavoro prestato.