In data 4 luglio 2016 l’ANVUR ha pubblicato on-line sul proprio sito una “versione provvisoria delle Linee guida dell’Accreditamento periodico nell’ambito del sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento) insieme a una nuova formulazione dei Requisiti di Assicurazione della Qualità. Come di consueto, l’ANVUR apre contestualmente una fase di consultazione con la comunità accademica (Università, dipartimenti e corsi di laurea, singoli docenti ecc.) e sarà grata per ogni commento, proposta di modifica o critica. I contributi ricevuti verranno presi in considerazione nel redigere la versione finale delle Linee guida; queste ultime saranno adottate nelle procedure di accreditamento periodico a partire dal 1 gennaio 2017. [Nota dell’ autore: Penso che nessuno si aspetti risposte puntali ad altrettanto puntuali osservazioni/critiche, ma questo non è previsto nella web-democrazia delle consultazioni on-line.]
Le osservazioni dovranno essere inviate entro il 5 settembre 2016 utilizzando esclusivamente la casella di posta elettronica dedicata consultazioneava2@anvur.it .”
La data limite per far pervenire le osservazioni è stata successivamente spostata al 12 settembre.
Resta il fatto che in pieno periodo estivo, e quindi con una notevole difficoltà ad avere scambi di opinioni, riunioni di commissioni dei Corsi di Studio, viene proposta una consultazione su un documento che avrà un impatto non trascurabile sul funzionamento e sui criteri di organizzazione dei corsi di laurea e laurea magistrale dei nostri atenei.
Il documento è abbastanza corposo (92 pagine zeppe di testo, grafici, allegati e tabelle). Ciò nonostante resta una lettura estiva obbligata per chi voglia capire cosa ci riserva per il futuro la nostra ineffabile Agenzia.
Il documento presenta diversi punti che varrebbe la pena di commentare e su cui inviare osservazioni. Tuttavia c’è un punto che merita di essere preso in considerazione isolatamente, sia per i potenziali effetti dirompenti sul sistema, sia perché rappresenta l’n-esima conferma del modo di procedere dell’ Agenzia: una metodologia, mai discussa esplicitamente, e di cui nessuno si assume la responsabilità a livello politico, di riforma del sistema dell’ educazione superiore di un Paese avanzato, mediante delega in bianco ad un ristretto manipolo di volenterosi.
Di che si tratta? Leggendo con attenzione il testo, si arriva alla sezione 5.1: INDICATORI RELATIVI ALLE CARRIERE, ATTRATTIVITÀ, INTERNAZIONALIZZAZIONE, OCCUPABILITÀ DEI LAUREATI (pag 21). Qui si legge che “gli indicatori sui CdS riguardano: le carriere degli studenti e i loro esiti occupazionali, l’attrattività e il grado di internazionalizzazione del Corso, la qualificazione dei docenti.”
E a proposito di questa, a p.22, al punto “Consistenza e qualificazione del corpo docente dei CdS” viene riportato un “Indicatore basato sul voto standardizzato calcolato sulla VQR del collegio dei docenti del CdS”
Non era stato detto che la VQR non sarebbe stata utilizzata per valutare i singoli docenti ma la struttura?
È vero, formalmente non si elencano le valutazioni dei singoli docenti. È vero, lo stesso sistema è stato già inaugurato per i collegi di dottorato, senza che ci siano state proteste preoccupanti. Ma questo rende forse più difendibile una scelta sbagliata?
Vediamo quale potrebbe essere un primo campionario di critiche che possono essere formulate su questo punto (e ricordo che anche i singoli docenti possono inviare osservazioni su qualsiasi punto del documento all’ indirizzo e-mail consultazioneava2@anvur.it:
- Continuare a utilizzare una VQR disegnata (bene o male qui non ha importanza) per la valutazione delle strutture (i Dipartimenti e gli Atenei) sulla base della qualità di un sottoinsieme dei prodotti della ricerca per valutare altro richiederebbe quanto meno una giustificazione del come e perché quel preciso formato possa esser considerato valido per i singoli. Ovviamente di giustificazioni in tal senso non c’è traccia, mentre nelle FAQ della VQR 2011-14 si continua, a questo punto ipocritamente, a ripetere che la valutazione è “del prodotto e non dell’ autore”.
- Manca nella bozza qualsiasi indicazione di come i dati possano essere ottenuti dai responsabili dei CdS. Si riproporrà la strategia di “moral suasion” della serie “so che non posso chiederti i dati ma per favore fammeli trovare per caso sulla stampante perché altrimenti non so come fare”. E se invece si investisse il solito CINECA del compito di aggregare i dati a livello di singolo CdS, l’estrapolazione dei dati individuali sarebbe estremamente semplice, stante l’ estrema facilità con cui può esser variata la composizione di un CdS, rispetto a quella di un Dipartimento. Vogliamo dire che i dati individuali della VQR sono pubblici e servono anche a valutare i singoli? allora va detto e scritto a chiare lettere. Ma prima della VQR, non dopo anni.
- Mantenere l’attuale separazione schizofrenica tra qualità della ricerca del singolo docente e qualità della didattica dello stesso non sembra un modo ottimale per ottenere quell’ effetto sulla qualità del CdS che apparentemente si persegue. Un CdS potrebbe essere tentato di avere al proprio interno un docente con un punteggio particolarmente alto nella ricerca, anche se le qualità didattiche lasciassero molto a desiderare.
- Stante la necessità, estremamente frequente nella prassi, che più dipartimenti contribuiscano alle risorse di docenza di un CdS, si aprirebbe un ulteriore vincolo nell’ annuale “sudoku” delle coperture degli insegnamenti per massimizzare il parametro sulla qualificazione dei docenti. E ogni vincolo significa ulteriore tempo/uomo per arrivare a soluzioni condivise.
- Ci si è rapidamente dimenticati (probabilmente trattandosi del’ ANVUR, si potrebbe sospettare di una rimozione psichica) della fronda no-VQR, della scorsa primavera, che ha lasciato alla fine della campagna di acquisizione dati un panorama abbastanza disomogeneo tra atenei o tra dipartimenti, circa il conferimento dei prodotti della ricerca o autorizzazioni ad usarli. Adesso, dimenticandosi (?) di questo, l’Agenzia e la comunità accademica tutta, pensano che sia accettabile che le conseguenze di quella (legittima) protesta possano pesare su qualcosa che è altro rispetto alla mera valutazione della ricerca, con conseguenze dirette sugli studenti?
- Infine sorge spontanea la domanda: ma perché, se si voleva usare anche la VQR per valutare la qualificazione presente sul fronte ricerca, non bastava utilizzare i dati del o dei dipartimenti responsabili della gestione dei CdS? Se infatti è vero che la formazione superiore di qualità presuppone uno stretto legame tra ricerca e didattica, è anche vero che in genere questo non si esaurisce con la contabilità notarile dei soli membri di un CdS. In molti CdS p.es. la possibilità di seguire tesi viene estesa per regolamento a tutti i docenti e ricercatori afferenti al dipartimento o ai dipartimenti coinvolti. Questo stato di fatto viene tranquillamente ignorato dagli estensori della bozza, pur se avrebbe ricadute notevoli innanzitutto nel semplificare la questione: in quest’ottica infatti diventa sufficiente usare i dati VQR del dipartimento o dei dipartimenti coinvolti, senza ulteriori riaggregazioni o scorpori di dati esistenti.
Probabilmente i lettori potranno trovare ulteriori buoni motivi da aggiungere a questi. Condividiamoli, ma soprattutto, a tutti i livelli (singoli, CdS, Dipartimenti, Atenei) cerchiamo di far arrivare all’ ANVUR un NO deciso almeno su questo punto.
NdR (9.9.2016): Un facsimile di risposta da inviare ad Anvur è disponibile al seguente link:
Modello di commento alle linee guida AVA 2.0 (da inviare entro il 12 settembre 2016)
Questa è un cosa gravissima e non bisogna lasciarla passare. Chiederei all’estensore del post di scrivere una sintetica osservazione che tutti possiamo copiare e incollare e inviare all’Anvur. Ormai anche i nostri colleghi si stanno via via convincendo che la VQR è una valutazione individuale, ci stanno facendo il lavaggio del cervello.
E’ un’azione premeditata, lanciata durante il periodo estivo, con una finta consultazione. Personalmente sono disposta ad inviare anche venti volte la stessa mail, ma sono certa che qualche altro collega potrebbe aderire.
Se non erro questo, come la maggior parte degli articoli sul blog, dovrebbe essere sutto una Creative Commons Licence. In ogni caso, non vedo nessun problema a fare copia-incolla e modificare poco o molto di quanto scritto. L’ importante e’ che all’ anvur arrivi il massimo della contrarietà. Senza troppe illusioni, ma anche senza dar per scontato che “tanto non serve a niente”. L’ indignazione serve sempre e se ci abituassimo a manifestarla più spesso, in pubblico e in privato, credo che vivremmo in un mondo (almeno accademico) lievemente migliore.
Abbiamo predisposto un facsimile di risposta che potete copiare e incollare:
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https://www.roars.it/modello-di-commento-alle-linee-guida-ava-2-0-da-inviare-entro-il-12-settembre-2016/
Grazie a Roars e a Giorgio Pastore. Copio, incollo, invio e segnalo ai colleghi sensibili.
Beh andando dello stesso passo si potrebbe pensare di applicare le mediane al dream team di basket americano perché la metà dei giocatori sono underperforming.
Se con questa manovra si pensa di “guadagnare” punti nelle graduatorie internazionali penso ci sia il grave errore di fondo di non essersi accorti che dove l’Italia perde punti non è nella qualità della docenza, bensì nella capacità di offrire agli studenti strutture adeguate, appropriatamente attrezzate, risorse e facilitatori verso l’impiego.
Il fatto che l’Italia stia diventando sempre più un “esportatore” di talenti, vorrà almeno dire che i talenti in qualche modo siamo in grado di formarli, ma che nostro malgrado non siamo più in grado di tenerli.
Una selezione tout-court basata su un solo parametro è di per sé drogata e certo non aiuterà il sistema.
Concordo su tutti i punti di Giorgio Pastore. Aggiungo che nessuno da anni ormai non si valuta piu’ l’attivita’ di ricerca in quanto tale cioe’ il contenuto delle pubblicazioni relative (cio’ che si dovrebbe fare) per esprimere un qualsiasi parere, ma si valuta invece quale contributo una pubblicazione (indipendentemente dal contenuto) dia o non dia rispetto ai parametri condivisi di VQR, ASN, AVA.
Quindi mi sembra ormai evidente l’esistenza di un progetto unitario di utilizzare la stessa metodologia di valutazione a tutti i livelli di ogni singola struttura di ricerca fino al singolo ricercatore. Ormai la decisione di promuovere/chiamare un ricercatore dipende dal suo contributo individuale alla VQR della struttura. E fondi di ateneo vengono ripartiti sulla base dei valori di VQR della struttura, e cosi’ via.
Come ho gia’ detto, scusate se mi ripeto, le raccolte firme vengono semplicemente ignorate. Occorre pensare a come attivare dei ricorsi ben strutturati presso la magistratura. A livello intuitivo sono convinto che tutto il sistema di valutazione messo in campo non stia giuridicamente in piedi per una semplice ragione: la maturita’ scientifica individuale di un ricercatore (cio’ che deve essere favorito e valutato) non puo’ essere misurata in alcun modo dalla indicizzazione di una rivista o da parametri bibliometrici.
Occorre andare invece verso dei profili di ricercatore (tanti quanti i possibili percorsi di sviluppo di carriera possibile) e valutare il singolo ricercatore su quanto gli manca per raggiungere uno dei tanti ragionevoli profili di livello ricercatore, associato, ordinario. La valutazione e’ un aiuto che il singolo ricercatore deve poter utilizzare per se per capire in quale area di esperienza individuale (non solo pubblicazioni) deve concentrare le sue forze nel prossimo periodo di tempo per migliorare la sua maturita’ scientifica (che non nulla ha a che vedere con la sede di pubblicazione o l’indice H o la classe A o altro).
Concludo con una domanda: perche’ ai tre/quattro professori ordinari che controllano ogni struttura di ricerca e’ utile non valutare il contenuto delle pubblicazioni? Non sara’ il caso che cosi’ operando e’ piu’ facile ottenere il risultato a priori desiderato?
“Come ho gia’ detto, scusate se mi ripeto, le raccolte firme vengono semplicemente ignorate.”
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Pastore non propone una raccolta di firme, ma di rispondere alla consultazione lanciata da Anvur, esprimendo il proprio dissenso. Costa pochi minuti e, tutto sommmato. può valer la pena che il direttivo Anvur tocchi con mano l’esasperazione e la disapprovazione dei colleghi. Basta scrivere una mail a:
consultazioneava2@anvur.it
Non comprendo lo stupore. L’obiettivo di trasformare il 50% dei docenti in “morti viventi” è stato lucidamente e cinicamente annunciato dagli artefici di questa vergognosa riforma fin dl 2010. Mi sembra tutto molto coerente: la VQR già è utilizzata per selezionare i componenti delle commissioni di dottorato e dell’ASN, nonché per le c.d. chiamate, negli pseudo concorsi locali. Abbiamo accettato supinamente tutto questo – lieti di misurarci e confrontarci con i colleghi, per poi vantarci in pubblico – e, dunque, meritiamo questo e altro.
questo è il documento del dipartimento SAGAS Unifi
Documento in merito alla bozza delle Linee guida per l’Accreditamento periodico delle sedi delle università e dei corsi di studio dell’ANVUR,
approvato nel Consiglio di Dipartimento del 6 settembre 2016
Il Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo dell’Università di Firenze, presa visione della “Versione provvisoria delle Linee guida dell’Accreditamento periodico nell’ambito del sistema AVA” pubblicato il 4 luglio 2016 on-line sul sito dell’ANVUR propone le valutazioni e osservazioni che seguono.
Il testo è molto ampio (92 pagine) ma la sua pubblicazione nella stagione estiva, quando i Corsi di Studio e i Dipartimenti rallentano la loro attività, ha di fatto impedito alla comunità accademica l’esame approfondito e la discussione che andrebbero riservati a un documento che avrà un impatto non trascurabile sul funzionamento e sui criteri di organizzazione dei corsi di laurea.
Trascurando osservazioni minori, appare particolarmente rilevante un punto della sezione 5.1: Indicatori relativi alle carriere, attrattività, internazionalizzazione, occupabilità dei laureati (pag 21), che prevede che “gli indicatori sui CdS riguardano: le carriere degli studenti e i loro esiti occupazionali, l’attrattività e il grado di internazionalizzazione del Corso, la qualificazione dei docenti.” Tale qualificazione è specificata a p. 22 delle linee guida, sotto il titolo “Consistenza e qualificazione del corpo docente dei CdS” dove compare un “Indicatore basato sul voto standardizzato calcolato sulla VQR del collegio dei docenti del CdS.”
A riguardo il Dipartimento fa rilevare le seguenti criticità che potrebbero avere gravi conseguenze sulla vita dei Corsi di Studio:
1. La VQR è stata pensata per la valutazione di Dipartimenti e Atenei, dunque per grandi numeri (un dipartimento non può averne meno di 40 docenti), mentre un CdS può essere composto anche solo di 9 docenti (nel caso di un corso di Laurea Magistrale). Con queste cifre la privacy della valutazione dei singoli diviene di fatto illusoria, contraddicendo le solenni dichiarazioni con le quali la valutazione è stata istituita. Non è chiaro inoltre che cosa si intenda alla nota 4, che specifica che “Per ragioni di riservatezza verranno esclusi i casi di CdS con collegio di docenti poco numeroso.“ Quale è infatti il livello di numerosità sotto il quale tale parametro non si applica? I Corsi di laurea sono molto spesso già al minimo della docenza: verrebbero dunque esonerati tutti o in buona parte? Si creerebbe in ogni caso una irragionevole disparità tra corsi numerosi – sottoposti a possibili penalizzazioni – e poco numerosi – esentati da questo pericolo.
2. Se un Dipartimento poteva avere una qualche penalizzazione minore per la presenza di qualche docente senza pubblicazioni o che ha rifiutato di sottoporsi a valutazione – si pensi al movimento No-VQR che in alcuni atenei ha avuto elevate percentuali di adesione – un Corso di Laurea, date le piccole dimensioni, rischia di essere semplicemente chiuso per l’incidenza assai maggiore in percentuale di pochi docenti.
3. Più in dettaglio: se si adottasse per i Corsi di Laurea la stessa procedura già prevista per i Dottorati di Ricerca (anche in questo caso in violazione della privacy e in contraddizione con le dichiarazioni iniziali dell’Agenzia) si dovrebbe avere una valutazione preliminare “di prova” dei docenti del corso per fornire al presidente di CdS un’idea sulla possibilità del Corso di superare i requisiti minimi. Una volta conosciuta l’esistenza di un “difetto” – per così dire – come potrebbe verificare il presidente quali siano i docenti responsabili se non forzandone in qualche modo la privacy? E in che modo potrebbe rimediare? Escludendo il docente dal corso? Sostituendolo? Cassando la materia dall’offerta formativa? Dunque la didattica del corso sarebbe condizionata da fattori che nulla hanno a che vedere con un progetto formativo e si innescherebbe una caccia alle streghe nei confronti dei docenti “in difetto”. Infine, considerando che già ora non esistono margini ulteriori per sostenere tutti i Corsi di Laurea a causa del blocco del turn-over e della diminuzione drammatica dei numeri della docenza, sarebbe inevitabile chiudere o accorpare diversi Corsi di Laurea e ciò avverrebbe – come si è detto – in base a parametri che nulla hanno a che vedere con criteri di visione strategica e sostenibilità dell’offerta didattica.
4. Questo nuovo indicatore suscita il sospetto che il provvedimento serva a rendere più fortemente punitive le conseguenze dell’astensione dalla VQR al fine di tacitare un movimento che – se pure in modi che possono essere discussi – manifesta con forza l’insostenibile disagio in cui versa l’accademia italiana.
5. Questo elemento, inoltre, spinge ulteriormente nel senso di una divisione schizoide tra ricerca e didattica, rendendo assolutamente prioritaria e premiale – o meno punitiva – la prima a scapito della seconda. In altre parole i docenti sono incentivati a non “perdere tempo” con la didattica e a dedicarsi prioritariamente alla ricerca. Si rischia di creare una generazione che non sa più comunicare la sua scienza o non ne ha interesse.
6. Ancora si può obbiettare: perché scegliere di valutare i singoli CdS invece di proiettare su di essi la valutazione dei Dipartimenti su cui sono incardinati? Se si valuterà solo il consiglio dei docenti del Corso di Laurea non saranno considerate le mutuazioni, i contratti, le tesi dirette da docenti di un altro CdS?
7. Infine le dichiarazioni iniziali delle linee guida sulla semplificazione delle procedure vengono sconfessate da un aumento e da un maggiore dettaglio degli indicatori da considerare, con conseguente crescita dei vicoli e degli adempimenti già giunti a un livello intollerabile.
Alla luce di quanto sopra esposto il Dipartimento SAGAS – che pure ha ottenuto ottime valutazioni per la VQR – esprime un parere fortemente negativo sulla possibilità di adottare un tale parametro per la valutazione dei Corsi di Laurea e invita l’ANVUR a cassare questo indicatore o a riformularlo radicalmente escludendo la VQR.
Invita inoltre l’Agenzia a riformulare le linee guida in modo da raggiungere un’effettiva e radicale semplificazione delle procedure di valutazione dei CdS, che stanno producendo distorsioni gravi e profonda frustrazione del corpo docente. La riduzione degli adempimento a un terzo di quelli attualmente previsti potrebbe essere considerata un livello ragionevole.
Bravi.
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