Recensione del libro «Il mercato rende liberi, ed altre bugie del neoliberismo», di Mauro Gallegati per Luiss University Press

L’economia è una disciplina bellissima all’incrocio tra storia e matematica, tra diritto e fisica, tra sociologia, politica e intelligenza artificiale che dovrebbe aspirare  a migliorare le condizioni dell’uomo, magari di tutti gli uomini, coniugando sviluppo economico e crescita civile. E’ un campo del sapere immensamente ricco di possibilità, crocevia di diverse discipline, e lo è diventato ancora di più nell’era dei big data in cui è possibile analizzare enormi quantità di dati e capire andamenti e comportamenti dal micro (consumatori, aziende) al macro (stati) e per capire le connessioni tra questi sistemi. Eppure, nella stragrande maggioranza dei casi quando si legge un intervento nel dibattito pubblico di un economista accademico, invece di trovare ricchezza e profondità di analisi da differenti prospettive,  si leggono banalità accompagnate dalle solite insulse proposte reazionarie, retrive e spesso anche oscene.

Questo paradosso è spiegato tra le righe del bel libro di Mauro Gallegati. L’economia che si studia nei libri di testo oggi, con sparute e meritevoli eccezioni, è una pseudo-scienza con pseudo-articoli, pseudo-riviste scientifiche e pseudo-accademici che si rifanno ad una dottrina in cui si spiega in maniera banale e unidimensionale qualsiasi fenomeno interpretandolo alla luce del dogma “il mercato ha sempre ragione”.

Purtroppo, questa pseudo-disciplina negli ultimi 40 anni ha plasmato la mente di generazioni di giovani economisti che oggi non conoscono altra maniera di interpretare la realtà se non invocando una sorta di meccanicismo deterministico completamente distaccato da ogni logica scientifica post ottocentesca. Oggi si comprende che molti sistemi non-lineari non raggiungono mai una condizione di equilibrio stabile, come il vagheggiato bilanciamento delle forze economiche di domanda e offerta, ma permangono in situazioni di potenziale instabilità, create dalle stesse dinamiche economiche e dalle sottostanti politiche che le guidano, dove piccole cause possono generare repentini e enormi cambiamenti come successe nella crisi finanziaria del 2008. La cosa più inquietante è tuttavia proprio il fatto di aver reso arida una disciplina ricca e di aver cancellato ogni traccia di dissidenza o di pensiero alternativo a questa visione aberrante e mistificatoria: una operazione degna della modifica delle fotografie nell’epoca dei Soviet. E la cosa buffa, nella tragedia di una pseudo-disciplina che si ammanta di rigore tecnico-scientifico per simulare di fornire risposte scientificamente fondate non solo ai problemi economici ma ai grandi quesiti dei nostri tempi, è osservare come si usi la matematica per dimostrare le “teorie” o i dati per “verificarle”, mentre invece si producono solo dimostrazioni ridicole, perché basate su ipotesi assurde ed utilizzando concetti obsoleti, considerando i soli dati necessari per supportare tesi già determinate a priori e ignorando tutti gli altri.

Non ci sarebbe interesse a considerare tutto questo, per qualcuno che non è del campo, se l’economia mainstream non avesse colonizzato, oltre che l’accademia, anche il dibattito pubblico e la politica sopprimendo quasi tutti gli approcci alternativi culturali oltre che politici. In Italia alcuni anni fa abbiamo poi assistito, unico caso al mondo, alla formazione del partito dei sedicenti “economisti eccellenti delle migliori università americane”, Fare per fermare il declino, capitanato da un improbabile personaggio che millantava titoli accademici proprio in economia e proprio in una delle “migliori università americane” che invece si era inventato di sana pianta. Una faccenda ridicola che avrebbe dovuto semplicemente mettere la parola fine alla presenza di detta comunità nel dibattito pubblico e nella politica, e  che invece abbiamo visto ripresentarsi nella politica da sinistra a destra, dal PD alla lega, dai 5S a Monti raggiungendo l’apoteosi con l’attuale governo, senza soluzione di continuità e tendendo sempre saldamente in mano i commenti dei principali  quotidiani nazionali. Sempre proni al potere dei padroncini di turno, sempre livorosi con chi la vede diversamente, sempre aggressivi con i dati, i fatti e la stessa logica con l’unica considerazione detta e ridetta in tutte le salse “il mercato ha sempre ragione”.

Il libro di Gallegati fornisce gli strumenti intellettuali per capire il problema concettuale della pseudo-scienza economica ma delinea anche, ed è la parte interessante, la prospettiva di una scienza ricca di possibilità e immaginazione e che non solo potrebbe ma può, quando ben utilizzata, davvero fornire indicazioni interessanti sulle grandi questioni politiche che riguardano da vicino tutti noi.

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1 commento

  1. il libro di cui si parla mi interesserebbe anche, se scritto in modo che un non economista di professione lo possa leggere, ma la sedicente recensione del pur altre volte ottimo sylos labini nulla mi dice del suo contenuto e non mi fa davvero capire se valga la pena di leggerlo: peccato!

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