«Con il senno di poi, forse, Madia un’ ingenuità l’ha commessa. In una piccola parte dei casi le fonti non sono indicate nel testo ma nella bibliografia. Una prassi comune all’epoca, quando in Italia non c’ erano software antiplagio e nemmeno questa ossessione per le citazioni. Oggi ci saremmo accorti dell’ingenuità, avremmo suggerito di spostare le citazioni. Ma è un dettaglio». Queste sono state le dichiarazioni del rettore dell’IMT, professor Pietro Pietrini, a commento del “caso Madia”. Eppure, chiunque ha anche una minima consuetudine con le norme elementari del metodo scientifico sa che non è affatto così: non è mai stato comune, né in Italia né altrove, attribuirsi testi altrui, citandoli senza virgolette, e semplicemente mettendo il testo in bibliografia. Il fatto che si possa plagiare una tesi e poi diventare ministro della Repubblica, e soprattutto il fatto che, una volta che la cosa viene alla luce, non succeda nulla, è un colpo durissimo al futuro del Paese. Con quale faccia chiederemo ai nostri studenti (cioè ai cittadini di domani) di non copiare, di non fare i furbi? Per questo c’è una cosa peggiore di un ministro che ha copiato nella tesi di dottorato. Ed è un’élite che se ne frega, e la copre.
C’è un fortissimo, eloquente scollamento nelle reazioni che sta suscitando (e soprattutto NON suscitando) il caso Madia.
Un’inchiesta del “Fatto Quotidiano” ha documentato che la tesi di dottorato del ministro, discussa all’IMT di Lucca nel 2008, contiene numerose frasi plagiate da opere di altri autori. Queste opere vengono, sì, citate in bibliografia, ma un assiduo lavoro di ‘copia e incolla’ ne innesta ampi stralci nel corpo della tesi, senza far uso di virgolette, né di note. Si tratta di una violazione serissima dell’etica fondamentale della ricerca. È sufficiente scoprire che il candidato ad una laurea triennale abbia fatto una cosa del genere – anche solo una volta, in una singola pagina – per non fargli discutere quella tesi. Figuriamoci una tesi di dottorato: quella con cui ci si guadagna, di fatto e formalmente, lo status di ricercatore.
Ora la domanda è: si tratta di una cosa grave, o no? E si tratta di una cosa che impedisce o no a Marianna Madia di guidare e riformare la Pubblica Amministrazione, dando la caccia ai «furbetti» che vi si annidano?
In Germania la risposta, in casi simili, è stata un forte sì. Nel corso di due anni (tra il 2011 e il 2013) il governo di Angela Merkel ha perso due ministri di peso, dimessisi entrambi a causa dell’accusa di aver plagiato parti delle rispettive tesi di dottorato. Il primo, il ministro della Difesa Karl Theodor zu Guttenberg, era un vero astro nascente della politica tedesca. La seconda era Annette Schavan, ministra dell’istruzione e particolarmente legata alla stessa Merkel. Ma – come scrisse il corrispondente di Repubblica Andrea Tarquini – «in Germania chi sbaglia paga, e in fretta, specie se siede al vertice politico, e non conta quanto stretti siano i suoi rapporti col capo dell’esecutivo».
In Italia, invece non solo il ministro Madia non ha manifestato alcuna intenzione di dimettersi, ma l’intero establishment sembra del tutto indifferente rispetto alla rivelazione del «Fatto». La stragrande maggioranza dei giornalisti, dei politici e persino dei professori ha preferito voltarsi dall’altra parte, convinta che si tratti di una bagatella.
Il rettore dell’IMT, professor Pietro Pietrini, ha rilasciato dichiarazioni sorprendenti, curando di impiegare termini edulcoranti, non senza bollare come una (solo) recente ossessione (si direbbe nata con il software antiplagio) un paradigma costitutivo del metodo scientifico come la citazione:
«Con il senno di poi, forse, Madia un’ ingenuità l’ha commessa. In una piccola parte dei casi le fonti non sono indicate nel testo ma nella bibliografia. Una prassi comune all’epoca, quando in Italia non c’ erano software antiplagio e nemmeno questa ossessione per le citazioni. Oggi ci saremmo accorti dell’ingenuità, avremmo suggerito di spostare le citazioni. Ma è un dettaglio».
Ora, chiunque ha anche una minima consuetudine con le norme elementari del metodo scientifico sa che non è affatto così: non è mai stato comune, né in Italia né altrove, attribuirsi testi altrui, citandoli senza virgolette, e semplicemente mettendo il testo in bibliografia. E infatti il codice etico dello stesso IMT definisce plagio «la presentazione delle parole o idee di altri come proprie», e anche l’«appropriarsi deliberatamente del lavoro di altri o non citare correttamente le fonti all’interno del proprio lavoro accademico». E il plagio in una tesi è come il doping in una gara olimpica.
Ce n’è abbastanza per spiegare perché Marianna Madia dovrebbe dimettersi. In occasione delle dimissioni della Schavan, la Merkel disse:
«La signora Schavan sa che i cervelli sono il capitale del paese, sa quanto siano importanti per le eccellenze delle buone condizioni di studio».
E la stessa ministra dimissionaria, pur sostenendo di non aver copiato e di non aver celato comportamenti illeciti, si disse consapevole che una simile controversia non doveva «danneggiare l’incarico politico» che ricopriva. Idee così intuitive, ovvie e diffuse in Germania, che 23.000 accademici e semplici cittadini sottoscrissero un appello per le dimissioni di Guttenberg.
Da noi, invece, l’aria è diversa: il presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche dichiarò l’anno scorso che «il dovere nostro è di fare andare avanti l’Italia. Quindi, di fare sinergie, mettere insieme le forze – dico bene? – Mah! Senza pensare a …. a principi etici».
E questo è il punto: alla classe dirigente italiana non importa nulla della ricerca, e pochissimo dell’etica. Figuriamoci dell’etica della ricerca!
Ma se l’Italia non «va avanti» è a causa della corruzione, della disonestà, della furbizia e dei plagi: non certo a causa di un eccesso di etica.
Il punto è questo: il fatto che si possa plagiare una tesi e poi diventare ministro della Repubblica, e soprattutto il fatto che, una volta che la cosa viene alla luce, non succeda nulla, è un colpo durissimo al futuro del Paese.
Con quale faccia chiederemo ai nostri studenti (cioè ai cittadini di domani) di non copiare, di non fare i furbi?
O di sopportare le conseguenze dei loro errori, cioè di essere responsabili?
E infatti, dopo l’appello col quale Libertà e Giustizia ha denunciato la gravità del caso, ho ricevuto centinaia di messaggi di studenti, dottorati, dottorandi e colleghi indignati. Molti da parte di giovani colleghi che, pur avendo discusso eccellenti tesi di dottorato senza plagi, oggi lavorano in call center, o sono emigrati all’estero. Come si può ignorare la loro sacrosanta indignazione? Come si può lasciare che diventi disperazione, disperazione verso una qualunque possibilità che l’Italia cambi?
Se è ancora pensabile che l’Italia conosca un futuro che non sia il prolungamento di questo orrendo presente, tutte le nostre speranze sono nel nesso tra la costruzione del sapere critico (che è la ricerca), l’etica e la politica. E solo un’opinione pubblica consapevole, vigile e serenamente severa può favorire lo sviluppo di questo nesso vitale.
Per questo c’è una cosa peggiore di un ministro che ha copiato nella tesi di dottorato. Ed è un’élite che se ne frega, e la copre.
Segnaliamo l’interrogazione parlamentare del M5S http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=5%2F11013&ramo=CAMERA&leg=17
Dettagli? “Il buon Dio si nasconde nei dettagli”, diceva Aby Warburg. E come Dio, evidentemente, il diavolo.
… senza parole … così non le copio :-)
però forse qualcuno ha già detto … senza parole … allora forse è meglio se ci metto le virgolette “senza parole” :-)
e a quanto pare tutta la comunità scientifica e politica è rimasta “senza parole”
… ah Collodi come aveva già capito tutto … il paese degli acchiappacitrulli!
Il problema è serio e devo dire che purtroppo non infrequente tra gli studenti di dottorato (comunque meno del 10% nelle mie esperienze). Quando presi con le mani nel vaso della marmellata questi studenti (disonesti) portano talvolta la giustificazioni così fan tutti. E’ forse questo il punto più critico della degenerazione …..
In presenza di testi scopiazzati in genere la tesi vola nel cestino della carta riciclabile. E’ possibile avere accesso all’esito della valutazione antiplagio (immagino via software dedicato) della tesi incriminata?
Le slides dell’analisi sono a questo link https://www.slideshare.net/ilfattoquotidiano/slide-online-73781245?ref=http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/madia-dottorato-con-4-mila-parole-copiate-nella-tesi/
A titolo di esempio, questa è una delle 45 slide:
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Grazie.
A mia opinione il plagio è ingiustificabile
Dopo tutti i casi scandalosi che sono stati denunciati e provati, il problema continua ad essere che non si smuovono neanche con la bomba atomica. Si coprono, si autogiustificano e si autotutelano come nelle peggiori società mafiose, con la differenza che ciò avviene sotto gli occhi di tutti.
La lettura della tesi (http://e-theses.imtlucca.it/43/1/Madia_phdthesis.pdf) è pure interessante. Debbo a un utente del nostro gruppo facebook la seguente osservazione. Nella Fig. 9 del Capitolo 3 (quello dell’esperimento, molti dettagli dei quali mancano, per esempio il numero di sessioni), c’è una figura che cattura l’attenzione e che riporto qui sotto, con qualche annotazione.

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A titolo di confronto, in un lavoro successivo, Giannetti e Madia ripropongono un esperimento simile, ma questa volta a pag. 6 forniscono più dettagli, inclusi quelli sul numero di sessioni e di “giocatori”:
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“The experiment was run in a laboratory at the University of Jena, using z-Tree software (Fischbacher (2007)), for a total of 14 sessions, 28 groups and 196 participants [ogni sessione coinvolgeva 2 imprese e 5 lavoratori, mentre nella tesi ogni sessione coinvolgeva 7 imprese e 10 lavoratori]. The average payoff was 8.20 Euro. Each session lasted about 75 minutes and did not start until all participants were familiar with the procedure. To ensure familiarity, we provided training, and we asked participants to solve various exercises.”
https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2000196
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Nella tesi,le sessioni sono state tre per ciascuno dei bracci dell’esperimento? Erano sufficienti dal punto di vista statistico? Vista la piega che sta prendendo la questione, per dissipare ogni dubbio sarebbe auspicabile la pubblicazione dei dati grezzi dell’esperimento.
Il qualunquismo certe volte è perfettamente calzante alla miseria della vicenda:
” il caso Madia è un disinvolto sputo in faccia a tutti quegli studenti che si fanno il culo per poi (spesso) non avere nulla da uno Stato (il loro) che li costringe ad andarsene.” A.Scanzi
A me colpisce piu’ un altro aspetto della vicenda: come ha fatto la ministra a completare un dottorato in 3 anni (gia’ molto pochi di per se’), considerando che diversi mesi li ha passati a fare la parlamentare? Piu’ qualche mese a fare la campagna elettorale ce lo avra’ passato?
Secondo me questo dato e’ potenzialmente piu’ imbarazzante per il mondo accademico delle mancate citazioni, perche’ tradisce un’ idea di fondo che l’ importante e’ essere arrivati alla fine dei 3 anni piu’ dell’ aver creato un lavoro finale solido e coerente.
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Emergono ulteriori motivi per pubblicare i dati grezzi dell’esperimento (e anche la documentazione relativa allo svolgimento, come per esempio numero e identità dei partecipanti, numero e date delle sessioni, etc.). Infatti, nella tesi, viene scritto che l’esperimento è stato svolto all’Università di Tilburg nel 2008. Sempre secondo quanto scritto nella tesi, Marianna Madia vi avrebbe trascorso un periodo come “visiting PhD” e avrebbe anche tenuto un seminario:
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2008 Short visiting PhD student
Universiteit Van Tilburg – The Netherlands [p. x della tesi]
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Presentations
1. CENTER – Tilburg University – 2008 – Tilburg – The Netherlands ‘Flexicurity pathways for Italy: learning from Denmark? [p. x della tesi]
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I conducted my experiment for two labour market environments (treatment A and B). The experiment was run in the laboratory of CENTER at Tilburg University, relying on z-tree software (Fischbacher (2007))2
2 I wish to thank Caterina Giannetti and Maria Bigoni for their help in conducting this experiment.
[p. 21 della tesi]
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«Qui non l’abbiamo vista» pare sia la dichiarazione rilasciata dall’Università di Tilburg:
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«“Marianna Madia non è mai stata studente in visita a Tilburg”, spiega però al Fatto Tineke Bennema, portavoce dell’Università di Tilburg. E aggiunge che “non troviamo nessuna presentazione o seminario dal titolo: Flexicurity pathways for Italy: Learning from Denmark”.» Fatto Quotidiano, 7 aprile 2017.
https://www.cnr.it/rassegnastampa/17-04/170407/6F0Y8P.tif
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Secondo quanto scritto dal Fatto Quotidiano, l’IMT di Lucca avrebbe avviato un’istruttoria sul caso. Un cambio di rotta rispetto a quanto dichiarato il 29 marzo al Corriere dal Direttore dell’IMT che parlava della Madia come di un possibile presidente onorario dell’associazione degli ex-allievi:
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“Nessuna inchiesta interna, dunque. «Ma scherza? Le inchieste si aprono quando uno trucca i dati non perché mancano 4 parentesi. Figuriamoci, le abbiamo chiesto di diventare presidente onorario dell’associazione dei nostri ex allievi. Com’è che si dice? Calunniate, calunniate: qualcosa resterà».”
ftp://192.167.9.3/rassegna/MARZO2017/2017-03-29.pdf
Caro Giuseppe:
Orami nell’accademia italia inventarsi visite e contratti tipo “2008 Short visiting PhD student” e’ la norma. Nelle abilitazioni borse italiane diventano contratti presso prestigiosi istituti internazionali, etc etc… Ormai nei curriculum appare di tutto. L’anvur dovrebbe invece che contare le pubblicazioni scovare le dichiarazione mendaci nei curriculum e portare un po’ di moralità, ma certo da consiglieri che copiano lo scritto che devono presentare per aver il posto ci aspetta troppo.
La cura per l’università è combattere quel poco di immoralità che era purtroppo presente ma l’anvur invece la sta favorendo. La riforma Gelmini ha aumentato le baronie ed il potere degli ordinari. Non e’ stata un boccata di aria fresca ma altro ..
Sempre secondo il Fatto Quotidiano, esiste anche una versione preliminare della tesi in cui: 1) la Giannetti compariva come co-autrice del secondo capitolo; 2) non c’era ancora l’esperimento che sembra essere stato aggiunto nel corso degli ultimi mesi del 2008:
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«nella versione della tesi della Madia inviata ai revisori esterni il 25 agosto 2008, il capitolo 2 della tesi del ministro è firmato da Marianna Madia e Caterina Giannetti. Nella versione finale, pubblicata sul sito di Imt, il capitolo 2 è firmato solo dalla Madia. E nel capitolo 3 inviato ai revisori non c’è la parte riguardante l’esperimento condotto a Tilburg e i risultati conseguiti.»
Non capisco dove sia andato a finire GAS (GA Stella). E’ a caccia di qualche professore della unipubblica che non si merita il posto? O sta cercando l’ennesimo genio della lampada figlio della buona borghesia che ha studiato in ameriKa e che è la dimostrazione che la meritocrazia esiste solo al CommBocconi e alla Luiss. O a verificare se uno stupratore seriale abbia un cugino di 4° gradi prof Unipubblica. Dove cappero è questo moralizzatore forte con i deboli e debole con i forti. Io non sono particolarmente severo con Madia. Si è architettata un modo per crescere in fretta tra contatti, legami, parentele acquisite e reti di potenti. I cacciatori di caste Rizzo e GAS stanno guardando altrove. Perotti è un caso a parte, anche lui è abbastanza tollerante con la Ministra giovane bella e brillante. L’unica cosa che non sopporta è che non sia brava come lui e suoi amici bocconiani (boeri e ttutti gli altri). Che cosa fanno a questi economisti supponenti un intervento di ingegneria genetica?
L’articolo di Laura Margottini sul Fatto Quotidiano è il resoconto di una vera e propria indagine. Forse che l’esperimento è stato svolto, non dalla Madia in prima persona, ma da persone ringraziate nella tesi? La Margottini ha esplorato anche questa possibilità. Chi era a Tilburg in quel periodo? Caterina Giannetti e Maria Bigoni, colleghe di dottorato della Madia. Cominciamo dalla Bigoni:
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«A Tilburg nel 2008, spiega la portavoce dell’università, c’erano Caterina Giannetti e Maria Bigoni, colleghe di dottorato della Madia a Imt. Le stesse che nel capitolo 3 della sua tesi, il ministro ringrazia per “avermi aiutato a condurre l’esperimento” a Tilburg, specifica in una nota . La portavoce dell’università olandese conferma la loro presenza, ma specifica che “gli esperimenti della Bigoni a Tilburg non hanno nulla a che vedere con quello che compare nel capitolo 3 della tesi del ministro”.»
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Rimane l’ipotesi Giannetti (il cui nome compare anche nelle proprietà del file pdf della tesi):
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«“Non mi pare di ricordare che Giannetti avesse condotto esperimenti a Tilburg”, dice al Fatto Hans Degreyse, oggi professore a Louvain, in Belgio. Nel 2008 anche Degreyse era a Tilburg. È stato revisore della tesi e commissario per l’esame di dottorato della Giannetti a Imt.»
Vorrei a questo punto spezzare una lancia a favore del ministro Poletti, il meno ipocrita rispetto ad un mondo di giornalisti vassalli del potere sulle prospettive per i nostri ragazzi e sulla inisistente permeabilità sociale. Con una franchezza unica che disturba i meritocrati diceva «si creano più opportunità a giocare a calcetto che a mandare in giro i curriculum» (si direbbe curricula no?). Con chi giocava e gioca a calcetto la Madia? E per quanto riguarda la borghesia che manda i figli alla commerciale bocconi, luiss etc. (o a fare un master all’estero) “trova per loro più lavoro il padre frequentando il circolo del golf che le loro letture sui libri di Perotti” o no?
Infatti quel tipo di universita’ serve a blindare l’accesso alla classe dirigente, nonostante il 90 per cento degli studenti italiani non le frequenti.
Dire che non sorprende? Che ci sono ordinari che hanno fatto carriera ricopiando testi di illustri o di studenti?
Nonostante questo, ai miei studenti insegno a citare il lavoro altrui, l’unica proprietà di un intellettuale!