Segnaliamo l’articolo di G. Forges Davanzati apparso su Micromega:

Il CNRS francese lo definisce il “paradosso italiano”. Riguarda il fatto che, a fronte degli scarsissimi finanziamenti pubblici e privati alla ricerca scientifica, il numero (e la qualità) delle pubblicazioni scientifiche dei ricercatori italiani è significativamente alto. Si calcola che – nel periodo compreso fra il 2004 e il 2006 – il finanziamento pubblico alle Università italiane è stato circa pari all’1.13% del PIL, contro l’1.84% della media europea e che il finanziamento da parte di imprese private è stato pressoché irrilevante.

Segue a questo indirizzo.

Print Friendly, PDF & Email

3 Commenti

  1. L’articolo, sia pure per brevi cenni, dice chiaro e tondo qual e’ il primo problema della ricerca in Italia: la assoluta incapacita’ di attrarre persone che vivono in altri paesi.
    Un esempio ? Comparare le procedure concorsuali italiane con quelle britanniche.
    In Italia: un delirio; in UK basta i) consultare l sito http://www.jobs.ac.uk ii) riempire un form online, includendo la lista delle pubblicazioni iii) fissare un appuntamento per una o piu’ interviews.
    Importante anche che l’articolista abbia ricordato come le industrie italiane se ne fo… ehm… freghino totalmente della ricerca.
    Infimne, folle la nuova figure del RTD, di fatto un “post-postdoc”, condannato praticamente alla schiavitu’ a vita, con conseguenze specialmente devastanti per la biologia.

    • Forse sull’incapacità del nostro paese di attrarre studiosi dall’estero sarebbe opportuno esercitare un po’ di realismo. Non c’è dubbio che essa dipenda anche da alcune caratteristiche istituzionali dell’università italiana. L’esempio del sistema di reclutamento è a questo riguardo esemplare (me ne sono occupato qui:https://www.roars.it/?p=300). Ci sono poi le caratteristiche culturali da non sottovalutare. Un certo conformismo dei nostri colleghi, anche i più giovani, può essere irritante per chi viene da ambienti dove il confronto intellettuale è più diretto e meno sensibile all’età o all’influenza (reale o presunta) degli interlocutori. Detto questo, però, bisognerebbe comunque ricordarsi che la scelta di andare a vivere in un altro paese dipende da diversi fattori. Da molti punti di vista (penso alle scuole, a certi servizi per le famiglie o alla burocrazia pubblica) l’Italia non è un paese accogliente per chi è abituato a uno standard alto. Londra, tanto per fare un esempio, è molto più children friendly di Roma. Anche queste variabili hanno il loro peso. Inoltre, mi piacerebbe sapere se qualcuno ha mai comparato la capacità di attrazione dell’Italia rispetto a quella di paesi che hanno caratteristiche simili. Per esempio, quella di avere una lingua non molto diffusa a livello internazionale.

  2. Concordo che più che un problema di mancata attrattiva dell’ università e della ricerca in se, sia un problema paese, governo, sistema e mentalità degli industriali Italiani, popolo, sicurezza sociale, burocrazia, politiche d’ integrazione. L`esempio del supporto alle famiglie che vogliono venire in Italia a lavorare (non solo nelle università ma in generale) o anche per gli Italiani che vogliono rientrare, è un aspetto fondamentale, ed è sino ad ora e sempre più “SOLO A PERDERE”, non solo per gli stipendi notevolmente più bassi a parità di ruolo, ma anche per il tenore e livello di vita che si può offrire alla propria famiglia (anche a parità di stipendio): lavoro per il coniuge, scuola per i figli, dopo scuola, integrazione, servizi medico ospedalieri, mancanza di flessibilità degli orari lavorativi che rispecchino le esigenze anche del lavoratore…..
    In Italia solo le persone devono essere flessibili e adattabili a tutto, non le organizzazioni ospitanti!
    Anche se tema generale prendo anche l´esempio di come sono pensate e trattate le donne al lavoro in Italia (e come si legge sempre più spesso purtroppo anche in famiglia): una donna tanto più se madre o potenziale madre è considerata “CITTADINA UN PO´ MENO”! Le giovani donne misurano nell´ingresso al lavoro e nelle retribuzioni inferiori il PREGIUDIZIO SUL LORO FUTURO, la maggiore lunghezza della precarietà! Fate quindi due conti mentali di quanto possa essere conveniente venire a vivere da noi come uomini e ancor più come donne e non solo come ricercatori!

    Per fare politiche di attrazione di CERVELLI e RICERCATORI ci sono delle variabili fondamentali:
    1) una politica governativa che favorisca questo perché si è convinti che sia uno degli elementi fondamentali per rimanere un paese produttivo e civile (con I FATTI e non CON LE PAROLE e LA DEMAGOGIA)
    2) i SOLDI e FINANZIAMENTI (NON I TAGLI!) dallo stato e dalle imprese in un sistema più efficiente.

    A quanto pare comunque abbiamo così tanti problemi interni prima da risolvere che non ci resta per il momento spazio per inserire anche queste strategie di crescita!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.