“Lo spread culturale con la Corea è salito a 430 punti. Crollano gli investimenti: – 14% in cinque anni. Crolla l’occupazione dei giovani nelle fabbriche della conoscenza: – 17%. Aumentano le tasse: + 50%. Il deficit commerciale nell’alta tecnologia ha raggiunto punte dell’1% del Pil. Siamo già oltre l’orlo del burrone. Così il Paese si è giocato il futuro. Le colpe dei padri già ricadono sui figli”. Questo è l’incipit di un disperato appello che un gruppo di scienziati, di cui mi onoro di far parte,  ha da poco lanciato.

Si possono considerare tanti numeri diversi ma il risultato, purtroppo, non cambia. La spesa pubblica in ricerca è aumentata del 15% dal 2009 in Germania, mentre in Italia, nello stesso periodo, è diminuita di quasi il 20%. Questo è avvenuto non solo in conseguenza dell’austerità ma anche per effetto della convinzione, piuttosto diffusa, che la spesa in ricerca non dia nessun ritorno di rilievo per la società e che comunque non ci si possa più permettere il lusso di sperperare soldi in stravaganti ricerche eseguite per lo più da “baroni” e “raccomandati” di ogni sorta.

Tutto al più, secondo alcuni fini pensatori, si possono identificare pochi “centri d’eccellenza” dove svolgere dell’utile ricerca applicata al servizio delle aziende. Il risultato di questa politica è sotto gli occhi di tutti: la ricerca italiana, che in tanti campi è tra i leader mondiali, è entrata in una fase di smantellamento simile a quella avvenuta nella Russia post-sovietica con uno spreco incredibile di risorse umane e intellettuali, soprattutto per quel che riguarda le nuove generazioni escluse da qualsiasi possibilità di carriera accademica e cui non si aprono certo le porte di uno dei sistemi produttivi più arretrati e meno innovatori dell’occidente.

E’ sempre utile ricordare che negli Stati Uniti più del 60% del finanziamento alla ricerca di base è a carico dello Stato: lo sviluppo d’internet e dell’elettronica, le imponenti ricerche biomediche sono state possibili grazie ad un ingente finanziamento statale che ha dunque contribuito a creare le condizioni perché si potessero sviluppare le celebrate aziende ad alta tecnologia. Lo Stato ha dunque svolto, con una mano ben visibile, un ruolo centrale nella produzione d’innovazioni tecnologiche. Questo intervento è dovuto al fatto che l’investimento in ricerca di base richiede tempi e risorse che vanno di là dalle possibilità del singolo imprenditore ed è per sua natura ad alto rischio.

È ora di capire che lo sviluppo economico non consiste nel tagliare i diritti dei lavoratori o nel cercare di trasformare la scuola e l’università in un corso di formazione professionale, quanto, prima di tutto, consiste nel colmare lo spread in ricerca, innovazione e istruzione che ci separa dagli altri paesi con cui ci confrontiamo. L’investimento in questi settori non è per nulla una spesa improduttiva quanto piuttosto rappresenta la famosa riforma strutturale che dovrebbe invertire la china del declino in cui si è avviato, da troppo tempo, il nostro Paese.

(Pubblicato su Il Fatto Quotidiano)

 

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5 Commenti

  1. UN PAESE IN SVENDITA
    1) VENDUTO: Costa Smeralda venduta ad Emiro Qatar: Al Thani adesso punta su Teulada nel sud Sardegna
    http://sardegna.blogosfere.it/2012/04/costa-smeralda-venduta-ad-emiro-qatar-al-thani-adesso-vuole-tuerredda-nel-sud-sardegna.html

    2) VENDUTO: Telecom diventa spagnola, Telefonica avrà 66% di Telco, e da gennaio potrà salire al 100%
    http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-09-23/telecom-negoziati-telefonicatelco-stretta-212924.shtml

    3) IN VENDITA: Alitalia, la strategia dei francesi per averla a due soldi. Azionisti divisi
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/22/strategia-dei-francesi-per-avere-alitalia-a-due-soldi-e-azionisti-si-dividono/719703/

    4) IN VENDITA: Finmeccanica si vende i gioielli: Ansaldo Sts, Breda ed Energia verso terre straniere. Il gruppo si concentra sul militare. Sindacati allarmati: «È una delle ultime aziende che investe in ricerca». Sembra tramontare anche l’ingresso di Cassa depositi e prestiti. E intanto Telecom diventa spagnola. A rischio migliaia di posti di lavoro
    http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9907/

    5) IN VENDITA: ACQUA, SANITÀ, SCUOLA e UNIVERSITÀ, RICERCA, BENI CULTURALI, INDUSTRIA, …

    6) IN VENDITA: il paese!
    —-
    Questo è quello a cui anche la scuola, l´università e la ricerca è andata incontro e a quanto presentato non esiste attualmente una alternativa forte.
    ——–
    „È ora di capire che lo sviluppo economico non consiste nel tagliare i diritti dei lavoratori o nel cercare di trasformare la scuola e l’università in un corso di formazione professionale, quanto, prima di tutto, consiste nel colmare lo spread in ricerca, innovazione e istruzione che ci separa dagli altri paesi con cui ci confrontiamo. L’investimento in questi settori non è per nulla una spesa improduttiva quanto piuttosto rappresenta la famosa riforma strutturale che dovrebbe invertire la china del declino in cui si è avviato, da troppo tempo, il nostro Paese.“ F.S.L.
    —-
    Concordo perfettamente sul fatto che questa sarebbe la strada maestra che ci porterebbe fuori dal buio tunnel del declino culturale ed economico. Ma questa è solo una parte della “Formula” risolutiva perché il problema più grande è che stiamo andando indietro in tutto e in tutti i settori dei beni comuni e dei diritti, alcuni parlano di una vera e propria crisi di civiltà dell´Europa (non solo dell´Italia che in questo caso brilla come esempio). Quella sopra è una constatazione e la denuncia giusta e la proposta più sensata, ma non sufficiente a risolvere lo stato delle cose. Sarebbe necessario e uso il condizionale perché bisogna vedere se esiste una volontà per fare questo (che non vedo!), cambiare la direzione di marcia dello sviluppo sociale. Il sistema neoliberista che impone il libero mercato, che dovrebbe anche autoregolarsi, ha determinato un aumento smisurato del potere della finanza con relativa concentrazione di grandi poteri economici in poche mani. E questo fa si che i popoli vengano immolati sull´altare della finanza. Sull´altere sacrificale dell´obiettivo materiale e dell´obiettivo politico ideologico neoliberista, ci sono TUTTI i beni comuni: l´acqua, il sapere, la salute, l´informazione e tutto quello che in teoria produce soldi. Il taglio della spesa pubblica a tutti i livelli serve esattamente a permettere nuove occasioni di “shopping” finanziario, penalizzando e contraendo i diritti civili e i beni comuni. La parola d´ordine è CENTRALIZZARE, “HUBizzare” il capitale (per dirla alla Renzi), i mezzi, le risorse in mano a pochi! Creare una società altamente divisa in aristocrazia operaia e precari semi-analfabeti e classe dirigente ben istruita. Ma si puo´ forse dire che questo abbia prodotto, produca e produrrà benessere diffuso? Per andare nella direzione opposta a questo servirebbe un nuovo modello di sviluppo che tenga conto dei bisogni degli uomini e donne non legato al profitto e quindi una distribuzione delle risorse e dei beni più equo e “demercificato”.
    Quale futuro vorremmo?
    Alcune cose costano più di quanto pensi!
    http://www.youtube.com/watch?v=kYVpC2qRKy4

  2. c’è da dire che l’investimento in ricerca (e non solo finanziario, ma secondariamente anche giuridico, mediatico…) costituisce sì una condizione necessaria per lo sviluppo del paese, ma dubito che sia una condizione sufficiente!

    • Caro Indrani, condivido! C´è e c´è stato un conformismo generalizzato per questo ho scritto “….bisogna vedere se esiste una volontà per fare questo (che non vedo)“, cioé una volontà di cambiare.
      È quasi un “male” sociale quel conformismo generalizzato, l´accettare sempre tutto passivamente e non opporsi mai anche nel proprio piccolo quotidiano a cose che sono fondamentalmente sbagliate: eticamente, socialmente o che vanno contro alcuni diritti… C´è sempre un´ altro che deve stare davanti e difendere tutti, c´è sempre qualcuno da seguire perché ha il “piffero magico” e suona la musica che ci piace sentire, c´è sempre qualcun´altro che deve pagare, c´è sempre qualcun´altro a cui dare la colpa anche delle proprie accettanze o delle proprie miserie e paure. Ci sono molte persone a cui piace stare „nella melma dei maiali“ o fare come gli struzzi, “non vedo, non parlo non sento,” perché prendersi la responsabilità di cambiare o di affrontare le conseguenze dicendo NO! a certe azioni o a certi eventi costa troppa fatica! Costa troppa fatica mentale avere e usare un´etica e una coscienza che deve andare oltre i propri egoismi e che vada oltre la martellante informazione superficiale.
      La responsabilità maggiore poi è di coloro la cui intelligenza e cultura dovrebbe essere utilizzata e messa a disposizione per difendere anche chi quella cultura non ha potuto o voluto acquisirla.
      Voglio quindi aggiungere che ci sono dei diritti che vanno preservati ma ancor prima abbiamo tutti dei doveri, delle responsabilità e un´etica da praticare giornalmente.
      Io stessa comunque confesso che pur battendomi per quello che posso……scivolo qualche volta nel conformismo della mia mentale stanchezza e pigrizia!

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