Dopo il tempestivo e documentato richiamo che Giuseppe De Nicolao ha svolto in un commento nel nostro blog dedicato a confutare i numeri immaginari su cui ha mostrato di ragionare Gaetano Manfredi, presidente della CRUI, pubblichiamo la lettera inoltrata a La Repubblica con la quale il CUN ha invitato il quotidiano romano a rettificare i dati e le affermazioni fatte dal giornalista Salvo Intravia con riferimento al presunto flop del 3+2, quanto a capacità di garantire soglie di laureati rispetto al quadro previgente. Lo facciamo semplicemente perché La Repubblica, manifestando poca attenzione per la qualità dei dati che pubblica in tema di Università, ad oggi si è guardata bene dal pubblicare la lettera o pubblicare una rettifica.
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Consiglio Universitario Nazionale
Il PRESIDENTE
La Repubblica Rubrica.lettere@repubblica.it
Roma, 2 settembre 2017
Gentile Redazione, abbiamo letto con interesse l’articolo di Salvo Intravaia sul (presunto) flop della riforma 3+2, pubblicato il 2 settembre accanto ad altri interventi dedicati al tema.
Apprezziamo l’attenzione dedicata all’Università, ma sentiamo l’obbligo di segnalare che i dati presentati nell’articolo portano a una conclusione opposta a quella indicata nel titolo: i laureati sono in aumento, non in calo.
Uno degli obiettivi della riforma 3+2 era innalzare il numero di giovani in possesso di un titolo di studio universitario attraverso l’introduzione di un percorso di laurea triennale, sufficiente a dare una preparazione di alto livello, anche se non necessariamente specializzata od orientata alla ricerca.
Ebbene: come riportato nell’articolo, nel 2000 abbiamo avuto 144mila laureati vecchio stile e nel 2016 abbiamo avuto 175mila laureati triennali. In altre parole, rispetto al 2000, nel 2016 ben 21mila giovani in più hanno conseguito un titolo di studio di livello universitario, con un aumento di oltre il 20%. Inoltre, l’età media dei laureati triennali 2016 (fonte: rapporto Almalaurea 2017) è di 24,9 anni, contro un’età media di 27,6 anni dei laureati vecchio stile del 2000.
Con l’introduzione del 3+2 abbiamo dunque più giovani in possesso di un titolo di studio universitario, ottenuto in media con 2.7 anni di anticipo rispetto ai loro colleghi del 2000.
Certo non è stato e non è sufficiente. Il confronto con la realtà europea mostra che la percentuale dei nostri giovani in possesso di un titolo universitario è ancora troppo bassa per rispondere alle esigenze di una società e di un mercato del lavoro sempre più basati sulla conoscenza. Occorre pertanto continuare a migliorare e ampliare la quantità e la qualità dell’offerta universitaria.
A questo scopo, è indispensabile effettuare una manutenzione della struttura dei corsi di laurea e laurea magistrale, in modo da allargare l’offerta di corsi di laurea indirizzati al mercato del lavoro e al contempo garantire e rafforzare l’alto livello culturale e professionale delle lauree magistrali che da sempre contraddistingue il sistema universitario italiano a livello mondiale, come dimostra la facilità con cui i nostri laureati magistrali trovano lavoro all’estero.
É
indispensabile riportare il finanziamento dell’Università almeno ai livelli di 10 anni fa, cancellando i tagli drammatici effettuati in questi anni. Con sempre meno docenti e tecnici-amministrativi, senza la possibilità finanziaria di ampliare le aule, ammodernare e attrezzare più laboratori, offrire tutti i servizi di contesto, di orientamento e supporto che caratterizzano le Università più efficienti nel panorama internazionale non c’è alcuna speranza di riuscire a raggiungere il numero di laureati di cui questo Paese ha bisogno.
Non è dunque il 3+2 uno dei punti più deboli. Questi sono semmai da rintracciare, innanzi tutto, in una normativa inadeguata, fatta di un eccesso di regole vecchie e nuove, da sempre in attesa di essere coordinate in un testo unico, e in una drammatica mancanza di risorse.
Su questo occorre urgentemente intervenire se davvero abbiamo a cuore il futuro dei nostri giovani e del nostro Paese.
Cordialmente,
Carla Barbati,
Presidente del Consiglio Universitario Nazionale
Marco Abate,
Coordinatore Commissione Didattica Consiglio Universitario Nazionale
Salve, faccio una prova su questo post per vedere se mi avete chiuso i commenti su tutti i post. Se l’avete fatto siete proprio dei ragazzacci ;-)
Ok, vedo che il commento è pubblicato. Grazie. Ma non capisco perchè avete chiuso i commenti su Piano Naz. Anticorruzione. Non è che tra voi cominciano ad emergere differenze di vedute vistose? ;-) Buonanotte
Nella redazione regna una pace idilliaca. Ho anche appena verificato che i commenti sono abilitati in tutti e quattro i post sul piano anticorruzione. Potrebbe essere un problema informatico. Se qualche altro utente sta sperimentando problemi simili, preghiamo di segnalarcelo.
Inutile nasconderlo Giuseppe De Nicolao. In effetti c’è qualcosa che ci divide, confessiamolo pubblicamente. Un profondo dissidio verte sul se predisporre sul sito in onore di Mnemonico una sezione speciale dei nostri commenti, che ne raccolga e ne ordini sistematicamente i contributi di pensiero, o se farlo solo quando Mnemonico avrà il coraggio di gettare la sua maschera sempre più sottile. Superare questa differenza di vedute non sarà affatto facile – temo – e continuerà a farci litigare…
La presidente del CUN ha profondamente ragione: “Non è dunque il 3+2 uno dei punti più deboli”. Ma va osservato con preoccupazione che la tattica di usare il 3+2 come “distrattore” per parlare d’altro (lauree professionalizzanti) è molto ben pensata. Per esperienza poche sigle come “3+2” accendono passioni da stadio nell’ accademia. E verificare i fatti, anche dopo gli sforzi di ROARS, resta mediamente un’utopia.
[…] degli sviluppi, l’approssimativa inchiesta di Repubblica sul fallimento del “3+2”, che ha fatto arrabbiare anche il CUN, profuma sempre più di articolo su commissione (nel 2014 l’input ricevuto doveva essere stato di […]