Le tabelle allegate sono il frutto di elaborazioni effettuate a partire dai dati resi disponibili dal sito http://statistica.miur.it/scripts/personalediruolo/vdocenti0.asp (Ufficio di Statistica del MIUR),
contenente la distribuzione dei docenti distinti per anno di nascita, per qualifica, per Area, per Ateneo,
per Facoltà e per genere e aggiornato al 31.12.2010, e dal sito
http://cercauniversita.cineca.it/php5/docenti/cerca.php
contenente l’elenco dei docenti in servizio distinti per qualifica, per Settore, per Ateneo e per Facoltà e aggiornato in tempo reale (ultimo accesso ai fini dell’elaborazione il 4.1.2011).
Non si è quindi potuto tener conto della distribuzione per età dei docenti esterni al sistema universitario reclutati nel corso del 2011; trattandosi però in grandissima maggioranza (96%) di nuovi ricercatori la mancanza di questo dato dovrebbe risultare ininfluente ai fini delle proiezioni sui pensionamenti.
La principale novità metodologica nella realizzazione delle proiezioni consiste nell’utilizzo di un semplice modello, basato sui dati empirici già a disposizione, al fine di tener conto quantitativamente in modo attendibile dei fenomeni di pensionamento anticipato.
I dati dimostrano che nel complesso non più del 50% dei docenti universitari attende l’ultima scadenza giuridica per andare in pensione o comunque dimettersi, e il restante 50% si distribuisce abbastanza uniformemente su un arco di 5-6 anni di età, per cui l’età media di pensionamento differisce da quella massima di almeno due anni per gli ordinari e di almeno quattro anni per associati e ricercatori.
Il modello adottato è molto conservativo: la differenza tra età media ed età massima nel modello risulta inferiore a due anni (anche per tener conto delle recenti novità normative in materia di quiescenza che tenderanno a ridurre tale differenza) ma esso certamente permette una proiezione molto più accurata di quella che risulterebbe dal prendere in considerazione per ogni anno soltanto chi in quell’anno è giuridicamente obbligato al pensionamento. Le tabelle dei pensionamenti obbligatori e di quelli proiettati saranno comunque presto disponibili in rete per gli opportuni confronti.
L’attendibilità delle proiezioni
Per quanto riguarda i numeri totali dei docenti le stime sono da considerarsi particolarmente attendibili in quanto la messa a esaurimento del ruolo dei ricercatori, unita al fatto che il reclutamento nelle fasce dei professori avverrà ancora per alcuni anni quasi esclusivamente per promozione dalle fasce inferiori, ha creato una situazione in cui l’immissione di nuovi soggetti in posizioni di ruolo a tempo indeterminato sarà per almeno 4-5 anni del tutto marginale. A tale proposito il più importante errore sistematico nelle stime presentate deriva dalla mancata conclusione di circa 500 concorsi di ricercatore a tempo indeterminato, i cui futuri vincitori prenderanno probabilmente servizio nel corso del 2012. Una volta tenuto conto di questa correzione le stime dovrebbero essere attendibili entro l’1-2%
Per quanto invece riguarda i valori relativi alle singole fasce docenti, è certo evidente che una proiezione realmente attendibile dovrebbe tener conto delle future dinamiche di reclutamento di professori di prima e di seconda fascia, dinamiche condizionate in primo luogo dall’applicazione del piano straordinario per il reclutamento di professori associati, per effetto del quale è presumibile che nel prossimo triennio 2012-2014 si avrà ogni anno il passaggio nel ruolo degli associati di circa 2.000 degli attuali ricercatori a tempo indeterminato, mentre nel triennio successivo il numero dei promossi annui dovrebbe assestarsi intorno a 1.500. Assai difficilmente invece il numero degli associati promossi alla fascia degli ordinari potrà superare le 500 unità annue per tutto il periodo in esame.
Le tendenze più significative a livello di sistema
- Il fenomeno più macroscopico riguarda l’andamento del numero totale dei docenti che dopo aver raggiunto nel 2009 il massimo storico (con un aumento del 28% rispetto al valore 1998) ha iniziato a scendere rapidamente e oggi eccede soltanto del 14% il valore al 1998. Nell’arco dei prossimi sei anni si scenderà a un valore inferiore al 1998 di quasi il 10%, nella (quasi) assenza di nuove immissioni, in quanto le assunzioni di soggetti esterni al sistema sono ormai proibite per la fascia dei ricercatori, e saranno certamente molto contenute per la fascia degli associati e per quella degli ordinari.
- Effettuando l’analisi per fasce si rilevano effetti ancor più macroscopici: gli ordinari, saliti nel 2007 di oltre il 48% rispetto ai 13.400 del 1998, già oggi superano tale valore solo del 13%, e fra sei anni, salvo nuovi reclutamenti, saranno circa 9.500, (circa 30% meno che nel 1998). Ipotizzando poi l’assunzione di circa 500 ordinari per anno si raggiungerebbe in sei anni la cifra di 12.500 ordinari, un valore ancora inferiore a quello raggiunto alla fine degli anni Ottanta. La crescita del numero degli associati è stata relativamente più modesta (con un massimo del 22% nel 2007) e già oggi il numero supera di appena il 5% il valore del 1998. In sei anni si scenderebbe del 10% sotto quel valore se non fosse per le presumibili nuove immissioni che saranno rese possibili dal piano straordinario previsto dalla Legge 240/2010, per cui il numero totale degli associati potrebbe giungere a un valore superiore alle 20.000 unità. In ogni caso la somma di ordinari e associati difficilmente potrà superare in modo significativo il valore mantenuto quasi costantemente nel corso degli anni Novanta (circa 31.000).
- Anche il numero dei ricercatori a tempo indeterminato, dopo essere giunto a crescere del 27% (nel 2009) rispetto ai circa 20.000 ricercatori del 1998, sta ormai scendendo inesorabilmente e, tenendo anche conto dei passaggi alla fascia degli associati, nel 2018 assai probabilmente non più di 12.000 ricercatori a tempo indeterminato saranno ancora in servizio.
Le tendenze più significative nel rapporto tra le Aree disciplinari
- Gli andamenti generali descritti nel paragrafo precedente non si sono riflessi in modo omogeneo nelle differenti aree scientifiche. Riferendoci al numero totale dei docenti notiamo che numerose aree (Matematica, Fisica, Chimica, Geologia, Lettere) sono già oggi ridotte a valori inferiori o uguali a quelli del 1998, e all’elenco delle aree soggette a forte riduzione numerica si aggiungeranno nel prossimo quinquennio (anche per effetto della diversa composizione anagrafica) l’area Medica, quella dell’Ingegneria Civile e quella Storico-Filosofica. Viceversa sono ancora sopra i valori del 1998 (e vi resteranno a lungo), le aree di Informatica, Biologia, Agraria, Veterinaria, quella dell’Ingegneria Industriale e dell’Informazione e soprattutto la macroarea delle scienze giuridiche, economiche e sociali, che ancora oggi supera del 40% i valori qui considerati come iniziali.
Le tendenze più significative nell’evoluzione degli Atenei
- Sempre facendo riferimento al dato 1998, la riduzione complessiva del personale docente a tempo indeterminato stimata per il 2018 sarà prossima al 10%. Ma a fronte di questo valore medio l’evoluzione dei singoli Atenei sarà molto differenziata. Per omogeneità di analisi conviene separare gli Atenei (pubblici) in tre grandi gruppi di dimensioni comparabili (una ventina di Atenei ciascuno). Gli Atenei che attualmente hanno più di mille docenti sono (quasi) tutti Atenei “storici”, e tutti gli Atenei “storici” registreranno una riduzione assai superiore al 10%, con punte oltre il 40% per Genova e Trieste, e oltre il 30% per Firenze, Roma Sapienza e Pisa; le grandi Università del Sud (PA, ME, CT, NA, CA, BA) avranno un calo intorno al 25%, quelle del Nord (BO, PD, TO, MI) un calo intorno al 20%.
- Nella fascia degli Atenei che ora hanno tra 500 e 1.000 docenti, a parte un piccolo gruppo “storico” (VE, FE, SI) che registrerà un calo intorno al 20%, tutti gli Atenei “giovani “ risulteranno comunque ancora in crescita rispetto al 1998, con valori fortemente dipendenti dalle singole vicende. Infine il gruppo dei piccoli Atenei, tolto un paio di “storici”, risulta ancora uniformemente in crescita rispetto ai valori di partenza dell’analisi
- Risulta significativo anche il confronto riferito alla situazione attuale: la diminuzione media complessiva rispetto a oggi sarà del 20%, ma quella degli Atenei “storici” sarà sempre superiore alla media, mentre quella degli Atenei “giovani” e piccoli sarà sempre inferiore (intorno al 15%).
- La sostanziale uniformità delle dinamiche all’interno dei gruppi omogenei sembra dimostrare in via definitiva che la classificazione degli Arenei in “virtuosi” e “non virtuosi” è sostanzialmente priva di un reale fondamento analitico, in quanto l’elemento dominante per l’evoluzione dei singoli Atenei sembra essere la loro storia vista nel lungo periodo, e la conseguente loro diversa composizione disciplinare e soprattutto demografica.
Scusa Paolo,
ma perché rifarsi al significato delle categorie “pre-240”?
La docenza ora contempla anche i RTD e pertanto sarebbe interessante fare proiezioni includendo anche scenari di reclutamento di queste categorie (sulla base delle cessazioni e delle quote imposte dalla 240).
In ogni caso sembrerebbe che per mantenere l’organico totale dell’università sui 60mila attuali (un rapporto di 1/30 con gli studenti, valore che il ministro ha detto congruo con la situazione dell’università italiana), ci si dovrebbe aspettare un reclutamento progressivo di circa 2000 RTD l’anno per i prossimi 10 anni.
Basandosi su quanto successo nel 2011 viene da ridere.