Il 20% dell’FFO premiale ce lo giocheremo “a scommesse”: «a partire dal 2017 il 20% della quota premiale dell’FFO verrà ripartita sulla base di indicatori individuati dalle stesse università, da scegliere in un paniere proposto dal Ministero che include indicatori per la ricerca, la didattica e l’internazionalizzazione. A ciascun ateneo sarà richiesto, entro la fine del 2016, di identificare i propri indicatori. Gli atenei saranno poi misurati sia sui risultati acquisiti in ciascun ambito strategico, sia sui miglioramenti ottenuti con cadenza annuale». Questa è una delle principali novità annunciate dal comunicato MIUR relativo a FFO 2016 e programmazione universitaria per il prossimo triennio. Numerose le novità rispetto agli scorsi anni.

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Comunicato stampa MIUR cs070516

Roma, 7 maggio 2016

Università, al via l’iter di assegnazione del Fondo 2016 da 6,9 mld Quota premiale: dal 2017 gli atenei potranno ‘scommettere’ sui loro punti di forza

Giannini: “Programma Nazionale Ricerca muove primi passi: fondi per incentivare il numero dei ricercatori e la loro mobilità”

Al via l’iter per l’assegnazione alle università statali del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) 2016 da 6,9 miliardi. Il decreto con i criteri di ripartizione è stato inviato alla Conferenza dei Rettori (CRUI), al Consiglio Universitario Nazionale (CUN), al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) e all’Agenzia di valutazione del sistema universitario (ANVUR) per il previsto parere.

Insieme al decreto sul Fondo 2016 il Ministro Stefania Giannini ha inviato per i pareri di rito anche la nuova Programmazione triennale del sistema universitario – con le linee di indirizzo per il triennio 2016-2018 – che contiene tre importanti novità. La prima. Dal 2017 il 20% della quota premiale del Fondo per le università sarà ripartito in base a indicatori scelti dagli stessi atenei tra quelli forniti dal Miur, in modo che ciascuno di essi possa scommettere sulle proprie strategie di sviluppo.

La seconda. Nel decreto sulla Programmazione triennale si rafforzano e si semplificano le possibilità di reclutamento dei vincitori di programmi ERC, che potranno essere chiamati dalle università sia come ricercatori che come professori universitari. La terza. Agli atenei viene concessa finalmente una maggiore flessibilità nella costruzione dei percorsi di laurea, dando loro la possibilità di rendere i corsi più innovativi e vicini al mondo del lavoro.

“La valorizzazione dell’autonomia degli atenei, la maggiore flessibilità e la semplificazione della progettazione didattica, gli incentivi per la mobilità del personale e la promozione della ricerca sono al centro del piano di sviluppo delle università per il prossimo triennio. Piano che recepisce immediatamente, così come il decreto di ripartizione dei fondi statali agli atenei, gli obiettivi e le strategie del Programma Nazionale per la Ricerca che abbiamo presentato lunedì scorso”, sottolinea il Ministro Stefania Giannini. “Stiamo dando al sistema accademico strumenti innovativi per essere più competitivo e per rispondere meglio alle esigenze di chi studia”.

Il Fondo di finanziamento 2016

Con gli interventi previsti nella legge di stabilità, le risorse restano stabili, per un totale di 6,9 miliardi. Con il decreto FFO 2016 il Programma Nazionale per la Ricerca presentato lo scorso lunedì entra subito nel vivo. Rispetto al 2015, aumentano gli stanziamenti – da 122,9 milioni a oltre 135 – per i dottorati e le borse post lauream. In particolare, il 60% del budget dovrà essere utilizzato dagli atenei nel rispetto delle priorità del PNR. Così come, sempre in linea con il PNR, il 10% dei 59 milioni del Fondo Giovani dovrà servire ad incentivare la mobilità internazionale dei dottorandi. Sono confermati i 5 milioni per il bando Montalcini, destinato al rientro di studiosi dall’estero. Viene poi rinnovato un significativo cofinanziamento (10 milioni di euro) per chiamate dirette, nuovi ricercatori di tipo B e incentivi alla mobilità dei docenti.

La Programmazione triennale

Sono le Linee di sviluppo che consentono agli atenei di adottare un loro piano strategico sulla base degli obiettivi di sistema previsti per i prossimi tre anni.

Fra le priorità, il miglioramento dei risultati conseguiti nella programmazione 2013-2015 su azioni come l’orientamento in ingresso e in itinere degli studenti e l’internazionalizzazione dell’offerta formativa. Ma anche la modernizzazione degli ambienti di studio e ricerca e l’innovazione delle metodologie didattiche.

Altra novità è la combinazione tra specializzazione dell’ateneo e quota premiale del Fondo Ordinario. Ciascuna università potrà farsi valutare in relazione alla propria strategia di sviluppo: a partire dal 2017 il 20% della quota premiale dell’FFO verrà ripartita sulla base di indicatori individuati dalle stesse università, da scegliere in un paniere proposto dal Ministero che include indicatori per la ricerca, la didattica e l’internazionalizzazione. A ciascun ateneo sarà richiesto, entro la fine del 2016, di identificare i propri indicatori. Gli atenei saranno poi misurati sia sui risultati acquisiti in ciascun ambito strategico, sia sui miglioramenti ottenuti con cadenza annuale.

Infine, per rafforzare la dimensione internazionale dell’offerta, l’occupabilità degli studenti e la sperimentazione didattica, il decreto rende più flessibile l’organizzazione dell’offerta formativa consentendo alle Università di caratterizzare maggiormente i percorsi di studio

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16 Commenti

  1. Non la metterei sul piano dello scherzo, purtroppo. Si tratta dell’inizio del famigerato percorso di “diversificazione” tra modelli universitari. Gli atenei che sanno di non poter competere sul piano della ricerca, in teoria dovrebbero scegliere di essere valutati su altri indicatori (didattica, terza missione, ecc.). Si tratta di scelte che gli atenei dovranno ben meditare prima di “abdicare” da una delle proprie missioni istituzionali per concentrarsi su un’altra, dal momento che gli indicatori saranno, al solito, rabberciati, e da queste scelte (vedi research/teaching) molto probabilmente non ci sarà, poi, via di ritorno.

  2. Anche secondo me il documento non è per niente uno scherzo, ma contiene importanti implicazioni di cui è difficile valutare a priori l’impatto:

    1. sancisce il ridimensionamento della VQR, i cui risultati vengono diluiti in un “paniere” proposto dal Ministero che include indicatori per la ricerca, la didattica e l’internazionalizzazione. Se ciò non verrà implementato con i consueti criteri burocratici, che abbiamo visto nel passato e nel presente, potrebbe anche essere una buona cosa.

    2. avvia la divisione in research, teaching e international universities, lasciando però libere le Università nello scegliere la direzione strategica da prendere. E anche questa potrebbe essere una cosa positiva, se non verrà fatta, come nel passato e nel presente, in un contesto di drastica contrazione delle risorse, che toglierebbe di fatto alle Università la libertà di scelta e l’autonomia decisionale, costringendole a scelte obbligate.

    3. stabilisce che gli Atenei saranno misurati anche sui miglioramenti ottenuti. E anche questa potrebbe essere cosa giusta, se gli indicatori non verranno definiti in maniera burocratica, come abbiamo visto nel passato e nel presente. Infatti se la valutazione verrà spostata anche sui “miglioramenti”, alle Università converrà scegliere gli ambiti in cui hanno le performance più basse e i migliori margini di miglioramento. Se questo venisse veramente perseguito in maniera sensata, si potrebbe innescare davvero un percorso virtuoso in cui ciascuna Università sarebbe incentivata a migliorare i settori in cui è più debole, per un effettivo miglioramento.

    Il funzionamento di questa “scommessa” dipende da chi farà il “paniere” di indicatori e da quante risorse verranno investite nel piano triennale.
    Probabilmente gli indicatori verranno definiti dall’ANVUR con i criteri pitagorici che già ben conosciamo.
    Probabilmente le risorse saranno largamente insufficienti a sostenere un percorso di reale miglioramento e sviluppo.
    Probabilmente quindi non cambierà niente, ma le cose diventeranno sempre più complicate e sempre meno comprensibili.
    Probabilmente il “paniere” di indicatori farà la fine di quello di Cappuccetto Rosso e verrà mangiato dal lupo, insieme a Cappuccetto Rosso.
    Scommettiamo?

    • “ridimensionamento della VQR”: non sarei sicuro. Stiamo parlando del 20% del premiale. L’altro 80% potrebbe essere distribuito (as usual) in base alla VQR.

    • Ops. Hai ragione. Sono stato tratto in inganno dal titolo. O forse era un auspicio. La VQR non è ridimensionata, purtroppo. Il resto del mio commento vale lo stesso, ridotto di un quinto. Forse indica una direzione.

  3. Bisogna raccontare le cose per bene. La eventuale “diversificazione” di un sistema di istruzione superiore non è un fatto di mera “spartizione” della quota premiale, né una banale 2decisione autonoma di obiettivi” delle singole Università.
    E’, in primis, una decisione politica e organizzativa generale che implica parecchie precondizioni normative, nonché congruenti comportamenti sociali. MI permetto solo di ricordare che la condizione giuridica dei docenti-ricercatori italiani, uguale per tutti i Pari, è incisa sulla roccia legislativa di un ordinamento giuridico che a bella posta è fatto così. Da noi l’Università è solo università di ricerca e gli Accademici sono tutti, senza eccezione alcuna, dei ricercatori. Non è così altrove, e le “quote premiali” c’entrano assai poco in tutto questo.

    • Sono d’accordissimo con te. Però anche gli scatti stipendiali dei docenti erano incisi sulla roccia, così come tante altre cose. Purtroppo non ci sono più le rocce di una volta, e lo dico da geologo.

  4. Mi sa di “fatti una domanda e datti una risposta” o meglio quando si dice ad uno studente di parlare di un argomento “a piacere” durante un esame.
    Ma a ben vedere si tratta del 20% del (massimo) 30% (a regime), ovvero il 6% dell’FFO totale. Per il 2017 sara’ il 4,4%.

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