Riceviamo e pubblichiamo una (amara) riflessione di Paolo Biondi sul tema dei concorsi universitari truccati.

Legge di Dow: In un’organizzazione gerarchica, più alto è il livello, maggiore è la confusione.

Concorsi truccati, retata di docenti: così titola il Messaggero il 26/09/2017 e la notizia tiene banco su tutti i giornali italiani e la sera prima sui principali telegiornali. La notizia non è affatto sorprendente basta leggersi una qualsiasi storia dell’Università italiana che vede anche protagonisti famosi in proposito: da Enrico Fermi, come (pseudo-)vittima, a Ettore Majorana, nominato di chiara fama, per liberare in una terna di idonei il posto al figlio di un ministro. O ancora più indietro nel tempo leggersi la satira sui sorbonicoli o sorbonastri nel Gargantua di Rabelais. Del resto nei Dieci Comandamenti, il più bel codice di autovalutazione di un essere umano, come quelli che fornisce l’ANVUR, non c’è scritto non rubare? E’ segno che rubare è abbastanza usuale nella storia degli esseri umani ed è un vizio ineliminabile?

Il fatto in sé, anche se storicamente assodato, è deprimente ma lo è ancora di più per chi scrive la dichiarazione di uno dei docenti coinvolti, come riportata dal Messaggero: il merito non conta. Che fa il paio quando da associato un mio ordinario asseriva pubblicamente: a me non interessa qualcuno che torna dagli USA con un pacco di pubblicazioni e altrettanto di titoli, ma un mio allievo che mi fa lezione e mi aiuta in ogni modo (possibilmente sempre sull’attenti?). Occorre chiedersi che razza di Università è questa, ma che posto di lavoro in generale è questo? Il familismo in termini generali, non solo di parentela ma anche di frequentazione, generalmente non va bene neanche nel privato come attesta il detto: una generazione ammassa ricchezza, la seconda la mantiene, la terza la dissipa totalmente. Che fa ancora il paio con un detto forse una legge di Murphy: uno stupido prende sempre uno più stupido di lui, fino a che l’ultimo è così stupido che prende per sbaglio una persona intelligente.

C’è da incriminare dei docenti lottizzatori di posti per questo? Il merito, che guaio verrebbe da scrivere. Ma che cosa è il merito? L’ANVUR lo sa, lo ha sempre saputo, come quando metteva nell’ASN.1, nei criteri soglia, pure l’IF delle pubblicazioni. Una bestialità contro Dio e gli uomini che le sarà rinfacciata pure da San Pietro quando si troverà a varcare il Paradiso del merito dei beati. O vogliamo mettere le sentenze TAR di annullamento delle abilitazioni di commissioni ASN? O le riviste di classe A stabilite da TAR o Consiglio di Stato? Od una pubblicazione a 10-100 nomi valutata integralmente per ogni autore? E le citazioni così non ripartite per numero di autori? Dio ci liberi dal merito-ANVUR… Ben vengano i lottizzatori… come Conan i barbari. Chi è più barbaro nel valutare il merito, ce lo scriva.

Il punto è proprio che cosa è il merito? Come per l’ASN o per le chiamate a concorso art. 18 e 24 della legge Gelmini? Gli sfracelli ci sono stati prima e poi sia nella sequenza ASN sia nell’applicazione degli articoli sulle chiamate previste nella legge Gelmini e storicamente ci sono sempre stati da quando è stata fondata l’Università Italiana già nel Regno d’Italia. Sì a criteri ma razionali, giusti e pochi anche per le commissioni ASN, e poi per le successive chiamate.

Ma è storicamente ed eticamente possibile liberarsi dal familismo diretto ed indiretto? Credo che sia difficile, come il non rubare dei X Comandamenti, nonostante leggi morali e codici penali vigenti.

Mi sovviene un intervento di Filippo Turati alla Camera dei deputati il 4/09/1919 contro il governo il quale voleva escludere dal voto elettorale in discussione per le donne, quelle fra esse che risultavano iscritte come meretrici nei registri delle Prefetture. Il ragionamento di Turali è semplice, disarmante e di una verità evidente. Chi è meretrice quella che cede il suo corpo a pagamento? Ed è più colpevole chi vende il proprio corpo o chi lo compra? Ma ancor più grave come meretrice quello che vende il suo voto, la sua libertà, la sua mente per convenienza o vile denaro. O quella donna che si sposa per convenienza o quell’uomo che si sposa per convenienza e così di seguito. E la conclusione di Turati è lapidaria “Da una legge che vuol essere di democrazia, cancellate dunque questo sgorbio, levate questo scarucchio. Sappiate essere insieme, giusti, pietosi, umani, moderni”.

Siamo tutti meretrici? O c’è un limite al meretricio? Riguardo alle cose umane non ridere, non piangere ma comprendere (Spinoza). Comprendere significa anche condannare od assolvere in pace con la propria coscienza dopo aver a lungo meditato e “compreso”. Sarebbe da chiedersi ulteriormente come rifondare l’Università italiana. Quanti sono i giusti e gli onesti che lavorano ogni giorno nelle aule, negli studi delle Università a favore degli studenti e della verità scientifica, meglio della verità tout-court? Forse una percentuale statistica è quella dei docenti, che in una situazione ben più grave per il paese, non giurarono fedeltà al fascismo nel 1931. Una quindicina, con nomi famosi come Buonaiuti, De Sanctis, Venturi, Volterra…, altri andarono in pensione, altri giurarono con riserva interiore (i cattolici), altri giurarono il falso (i comunisti) per rimanere vicino agli studenti, confortati dalle loro dirigenze. Chi sono i giusti? Il giardino dei giusti (i non ebrei che hanno salvato la vita ad ebrei) a Gerusalemme ne commemora circa 20 mila di cui circa 300 italiani. Forse è su questi che dobbiamo meditare e comprendere. I giusti hanno una prima definizione nella Bibbia nella trattativa tra Abramo e Dio per salvare Sodoma e Gomorra. I dieci giusti non si trovano e le due città furono distrutte con zolfo e fuoco. Ci rallegra che coloro che rifiutarono il giuramento al fascismo sono più di dieci e più di dieci quelli commemorati nel giardino dei giusti a Gerusalemme. Più di dieci sono sicuramente i giusti che lavorano oggi nelle Università italiane, a dispetto del MIUR, dell’ANVUR e di tanti cattivi colleghi, e la novella Sodoma e Gomorra, l’Università italiana, non può essere distrutta dalla collera del Signore.

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42 Commenti

  1. Da quel giorno di settembre
    il Ministro non ha cambiato le regole,
    i giornali e le TV hanno smesso di parlarne il giorno dopo.
    Dato che ora vanno di moda le molestie,
    si potrebbe riprendere a parlare d università solo nel caso in cui una dottoranda dichiarasse “ho subito molestie”.
    Visto che si è tirata in ballo la religione,
    io posso solo citare Giovanni Paolo II,
    che ai mafiosi disse:
    “arriverà il giudizio di Dio”.
    L’avvertimento vale per tutti noi in questa terra, incluso me, i politici, i ministri e i commissari di ASN.

  2. Il problema, caro Biondi, è che ognuno vuole i suoi meriti pensando che siano più importanti di quelli degli altri.
    Per cui,il non abilitato dice che è lui ad essere buono e che gli altri della commissione non capiscono una cippa, dimendicandosi di quanto la pensava al contrario quando fu dichiarato vincitore al concorso da ricercatore o associato.
    Questo sta a significare che in mancanza di regole siamo in una giungla dove ognuno si muove tra la vegetazione come meglio può, a volte uscendone alla grande e a volte finendo sbranati. Mi chiedo a chi giova questa confusione.

    • Johnny mnemonico wrote: “…Mi chiedo a chi giova questa confusione….”

      Mi viene in mente una citazione dal film “Giù la testa” ( https://it.wikipedia.org/wiki/Giù_la_testa ):
      “Dove c’è rivoluzione, c’è confusione; dove c’è confusione un uomo che sa ciò che vuole ci ha tutto da guadagnare.”
      Probabilmente manca la rivoluzione, ma la confusione c’è tutta!

    • La rivoluzione l’hanno fatta loro nel ’68, per consegnarci questo schifo. Quindi lasciamo perdere la rivoluzione, per favore. O meglio, per dirla alla Arendt, mandiamo a casa i rivoluzionari professionisti, cioè coloro che prendono il potere una volta che le rivoluzioni sono scoppiate.

  3. Oltre alla confusione, c’è pure la sfortuna,
    Ma volete mettere la notizia della “retata” a gennaio o febbraio,
    in piena campagna elettorale,
    ci sarebbe stata più attenzione,
    tutti sarebbero stati impegnati a fare promesse “cambieremo, è uno scandalo”,
    Invece, la notizia è arrivata in un anonimo giorno di settembre,
    con la politica assente come ad agosto,
    con il Ministro che prendeva provvedimenti insipidi, tristi ed irragionevoli (come “genitori, venite a prendere voi i figli scuola…..”).
    Piove sempre sul bagnato.

  4. Le regole ci sono e ci sono sempre state. Tutti i sistemi concorsuali sono stati sperimentati. Gli scandali (veri o presunti) ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Certo, il contenzioso aumenta. Ma è una tendenza generale della società di massa. Rassegnamoci

    • Non c’erano gli arresti, però… Quindi vigeva di fatto l’impunità… Ora le cose iniziano ad essere percepite diversamente da chi compie i misfatti: si mette in gioco il proprio onore. Vediamo che succede.

  5. Se i professori fossero liberi. Di pensiero e nell’azione. Sarebbe più semplice.
    Non sono liberi molti: devono a questo o a quello ciò che sono e, per aver chiesto ed aver ricevuto, si trovano nella posizione di dover restituire…

    • Ecco Mariam, hai toccato il punto nodale della questione. Chi giudica non è completamente libero di decidere. Deve al 99% restituire all’allievo di chi lo ha messo in cattedra il favore ricevuto o deve assicurare un futuro a qualche suo parente. E’ un vero mercato sotterraneo creato su basi che non hanno nulla di scientifico o meritocratico. Uno squallido sistema che però si perpetua perchè nessuno ha interesse a rompere questa catena immonda.

    • “Deve al 99% restituire all’allievo di chi lo ha messo in cattedra”
      _____________
      Quella del 99% deve essere una mania degli anonimi come quell’altro anonimo che dei suoi colleghi diceva che nei loro congressi nazionali presentano “relazioni al 99% di qualità scientifica imbarazzante”. Andando a scavare, l’affermazione si era decisamente sgonfiata:
      https://www.roars.it/i-volontari-della-ricerca/comment-page-3/#comment-43172
      Indicate il nome del Settore Scientifico Disciplinare se proprio non ve la sentite di metterci il vostro di nome.

    • E’ chiaro come il sole, De Nicolao, che la mia affermazione era un’iperbole, ma a lei piace sempre quantificare, e chi non quantifica non è degno di essere preso in considerazione a suo parere. Se vuole disquisire sull’iperbole lo faccia pure. Resta il fatto che i cattivi costumi sono sotto gli occhi di tutti, e le pratiche sono abbastanza estese. Negarlo o minimizzare il problema vuol dire fare un torto alla propria coscienza.

    • anche come iperbole, 99% significa “quasi tutti”. Sputiamo fuori il nome del settore marcio. Altrimenti, stiamo tutti a perdere tempo. Va bene non metterci la faccia, ma sparare nel mucchio “a colpi di 99%” finisce per qualificare soprattutto chi scrive queste cose. Io credo che uno dei mali principali dell’accademia sia proprio la mancanza di coraggio.

  6. @Johnny mnemonico
    “mette in gioco il proprio onore”
    Dipende,
    ci sono in giro maestri intoccabili,
    che, pur di farsi gli affari loro, non badano all’onore:
    ad es., ci sono 2 allievi da sistemare, ma siccome una è figlia del salumiere che, a Natale mi regala 3 prosciutti interi,
    e un altro allievo che, pur se di buona famiglia e bravo, non può darmi nessun “tornaconto”,
    io Maestro intoccabile mando avanti la figlia del salumiere.
    Quando, in passato, portavo questo genere di esempi, molti commentatori scrivevano “è una percentuale minima”.
    Non è vero, è la buona metà dei caposcuola e, astrattamente, avendo gli ordinari importanti e i Maestri un potere enorme, le schifezze, con queste regole, possono aumentare esponenzialmente, in pochissimo tempo.
    E la politica che fa?
    Nulla!

    • Negli ambienti accademici che io frequento (Biochimica) i casi come quello descritto sono inesistenti. Semmai l’ordinario favorisce nel concorso quel ricercatore o precario che lavora con lui per aumentare la sua (dell’ordinario) produttività scientifica. Il tronaconto dell’ordinario è scientifico, non materiale.

    • Anto sta dando di giurisprudenza un quadro tra il grottesco e l’inquietante: sarà vero? In effetti quelli messi al gabbio di recente provengono da lì. Poi boh. L’innocenza degli umanisti puri è salvaguardata dalla loro irrilevanza: non mi stanco di citare Eco che ebbe a dire (vado a memoria) che a diventare ordinario di Filologia Bizantina al massimo ci guadagni un 500 euro una tantum per una prefazione a qualche volume Carocci. Ovvio che a queste condizioni nessuno si sbrana.

    • Invece negli ambienti umanistici si sbranano lo stesso…anche lì è pieno di lecchini, portaborse, amanti, figli etc…e meno risorse ci sono più i comportamenti illeciti aumentano…la guerra tra poveri è sempre esistita.

  7. Questo articolo solleva un punto importante, che è già apparso su questo sito. Però mi sembra che per political correctness si fermi prima di trarre le conclusioni. Suppongo che tutti siamo d’accordo sul principio per cui una certa soglia di merito, arbitraria quanto si vuole sia necessaria: non è accettabile che una persona al di sotto della soglia superi il concorso. Ci si può mettere d’accordo, ssd per ssd su quale sia una soglia ragionevole. Quanto deve contare il merito tra i candidati che superano la soglia? Deve essere assoluto? Cioè se la soglia concordata fosse 30 pubblicazioni su riviste internazionali del settore, 31 è come 100 (=entrambi i candidati sono sufficienti, e contano altri parametri) o 100 è più di 31 (e gli altri parametri sono irrilevanti) Non faccio una questione teorica su come determinare la soglia: numero di pubblicazioni, H-index, citazioni, o qualsiasi combinazione di questi il problema è lo stesso. Ciò che conta è il problema etico, relativo al peso degli “altri parametri”. Se noi permettiamo ad una persona di lavorare come precario sottopagato per molti anni , questo precariato può essere valutato? In altri lavori pubblici diversi dalla ricerca un precario che è stato mantenuto in servizio oltre un certo numero di anni deve per legge essere assunto. Nella ricerca no? Se è così occorre anche rifiutarsi di mantenere in servizio precari oltre qualche anno.

  8. @Andrea
    Hai ragione quando dici che occorrono dei criteri in tutto l’iter dei concorsi, ma il problema iniziale è che tipo di concorso: proprio come struttura di concorso. Io nella mia vita universitaria, ora sono in pensione, ne ho viste di tutte le forme:
    -terne di 5 professori, prima votazioni e poi estratti a sorte, con tanti idonei quanti posti a concorso, con discussione dei titoli e poi, se del caso, lezione didattica;
    -terne di tre professori per concorsi locali con discussione dei titoli e poi, se del caso, lezione didattica e tre idonei;
    -ASN.1 e ASN.2 schifezze assolute in cui si disapplica il detto la semplicità è di Dio e le complicazioni del Diavolo; e le complicazioni delle ASN.1-.2 sono più che diaboliche, neanche nella buro-krazia più strampalata si potevano raggiungere vette così abissali.
    Non credo nella bibliometria e tra i criteri di ammissioni ad un eventuale concorso lascerei perdere:
    -quinquenni, trienni, decenni di attività scientifico-didattica ma solo l’integrale carriera del soggetto;
    -numero di pubblicazioni, citazioni, h-index basta riferirsi a Higgs P. (quello del Bosone) con poche pubblicazioni ma alto numero di citazioni o a Schön J.H. grande numero di pubblicazioni altamente citate ma tutte ritrattate, perché tutte inventate di sana pianta.
    E‘ uscito da poco un bel libro sui premi Nobel (Bucchi: Come vincere un Nobel. Einaudi 2017). Esemplare il caso di un certo Einstein premio Nobel per l’effetto fotoelettrico, non per la relatività: fantascienza secondo un membro del comitato dei Nobel: problema aggirato con l’effetto fotoelettrico. E si potrebbe continuare… Sempre su Einstein, non partecipò al programma Manhattan perché non aveva il nulla-osta alla segretezza: era ingestibile ed inaffidabile!
    Se una soglia deve essere per l’ammissione al concorso, solo sulla base di 1-2 pubblicazioni inviate e da leggere con commento scritto da parte di una eventuale commissione.
    Concorso sulla base di:
    -un curriculum didattico-scientifico, da discutere davanti alla commissione
    -5-10 pubblicazioni inviate o segnalate con commenti e giudizi scritti da parte della commissione
    -taratura delle pubblicazioni per numero di autori: diabolico il criterio del primo, ultimo autore o del corresponding autore… mi sono capitate pubblicazioni anche con due o tre corresponding authors!
    Sono delle semplici proposte estemporanee, assai bislacche per i più, ma che hanno la qualità di essere semplici e controcorrente rispetto alle diaboliche proposte ANVUR e MIUR. Ma vanno di moda le complicazioni diaboliche anvuriane…

  9. aggiungerei che esistono anche SSD nei quali tutte queste cose non hanno senso, perché le pubblicazioni con più di un autore non sono valutabili, se non è dichiarato chi ha scritto cosa (es., Tizio il § 1, Caio il § 2) e h-index e cose simili sono del tutto sconosciute e inapplicabili. Purtroppo l’ideologia oggi dominante è divulgata da appartenenti ai SSD delle c.d. scienze esatte ovvero di SSD che scimmiottano le scienze esatte, incapaci di concepire quel che non è riconducibile alle loro anguste categorie mentali. Per questo oggi tutto deve essere misurato e ricondotto a un dato statistico. O forse sbaglio. In effetti, ne rideva già Leopardi …

  10. @Eriberto:
    funziona così, soprattutto laddove ci sono scuole grandi, con maestri con una personalità forte che oggi si innamorano di te (in senso accademico), domani di una altro, poi le malelingue di un co-allievo della stessa scuola contro di te così da guadagnare consensi e farli perdere a te.
    Tutto si può in un contesto deresponsabilizzato, come quello dei concorsi universitari italiani.
    Infatti, come Lei ha osservato, i protagonisti della faccenda sono giuristi.
    Ho sentito dire di professori avvocati che facevano prendere la borsa di dottorato ai loro praticanti di studio legale, del tipo “lavori per il mio studio legale gratis, perché ti ho fatto prendere le borsa dal ministero”.
    Ora un po’ di situazioni vissute indirettamente e/o indirettamente:
    1)”Ti faccio vincere il concorso da ric. se mi fai da autista” (quest’ultima circostanza possibile quando c’era il concorso da r.u. a tempo ind. con prove scritte e orali, senza necessità di valutazione dei titoli, che potevano esserci o no).
    2)”Vuoi che la facoltà chiami un concorso per te?, bene, sbobinami per domani il mio intervento del convegno di stamattina”. (poi ovviamente nessun concorso chiamato).
    3)”Il prof. x mi ha detto di cercare il pubblico per un convegno che si terrà nella sua facoltà, a 200 km di distanza dalla nostro ateneo, ti prego, vacci tu, sennò l’aula sembra vuota (anche se il convegno, obbiettivamente non ti può interessare)”.
    4)”Il prof. Y mi ha chiesto aiuto per il prin, o per il firb., ti prego, allievo mio, aiutalo tu che io non posso, così io ci faccio bella figura, e lui mi dovrà ricambiare il favore (a me, non a te ovvamente)”.
    5)”Se in questo lavoro non citi Tizio (che obbiettivamente non c’entra nulla), lui si offende e non ci può dare una mano per quella situazione che forse si potrebbe creare se….”
    6) “devi andare a quel concorso e farti bocciare perché il capo-scuola vuole che facciamo sentire e vedere la nostra presenza, insomma serve carne da cannone anche se scriveranno sul verbale che sei una ciofeca e ti maltratteranno”.
    E’ aperto il televoto, quale situazione preferite?

    • Per quanto riguarda la mia area scientifica (ingegneria dell’informazione) e anche per altre aree su cui ho qualche congnizione, il quadro dipinto da anto non è realistico. E ho anche qualche dubbio che l’area 12 (scienze giuridiche) sia una sorta di “area canaglia” nel suo complesso, per quanto ci siano settori (vedi Diritto Tributario) che sembrano conciati parecchio male.

    • Questo quadro è assolutamente realistico. Ne ho viste e sentite di ogni in settori anche molto diversi, da medicina a ingegneria a discipline teatrali, psicologia, architettura etc..etc. .. forse certe scienze dure possono salvarsi ma per il resto il quadro è molto desolante…

    • Continuo a dubitare delle generalizzazioni, sia in base alle esperienze personali sia in base ai confronti internazionali. A fronte di impressioni divergenti, la mia attitudine scientifica mi porta a guardare i dati. E i dati sono incompatibili con scenarti da Sodoma e Gomorra generalizzate, pur non escludendo una presenza di alcuni insediamenti accademici degni di punizioni bibliche.

    • nell’area tecnico-scientifica (da dove provengo) ne ho viste/sentite di analoghe; non mi sembra un quadro così inverosimile sinceramente.
      roars afferma giustamente che il sottofinanziamento dell’università/istruzione (più anvur etc…) è un problema di ordine superiore rispetto a quelli descritti sopra.
      non mi pare però sempre lecito e/o etico far finta di niente su questi argomenti

    • Di nicknames anonimi che hanno visto “cose che voi umani” abbiamo fatto il pieno. Da parte mia, quando dovevo espormi ci ho messo la faccia prima e dopo l’esperienza di Roars. Altrimenti finisce come quel commentatore che, dietro nickname, diceva che nel suo settore presentano “relazioni al 99% di qualità scientifica imbarazzante”. Poi vai a scavare (https://www.roars.it/i-volontari-della-ricerca/comment-page-3/#comment-43172) e scopri che si tratta di MED/25 (Psichiatria) e che le statistiche bibliometriche sono queste:



      All’epoca non avevo potuto fare a meno di commentare così:
      _____________
      “Se fosse vero che gli psichiatri italiani sono al 99% imbarazzanti, questi dati non si spiegano. Non è che le disavventure ed i traumi individuali dettano una chiave di lettura più ispirata dal risentimento che da una lettura equilibrata della realtà?”
      _____________

      A sparare nel mucchio da anonimi sono capaci tutti. Almeno avere la decenza di citare su quale SSD si sta sparando.

  11. @Giuseppe De Nicolao:
    sono contento che non sia una cosa comune.
    Comunque, se certe cose le ho vissute sono vere.
    Magari non le avessi mai vissute e invece le ho vissute.
    Mi rendo conto che sono cose persino difficile da inventare, tanto sono umilianti e assurde.
    Ma il sistema è questo e nessuno dice nulla all’ordinario che si comporta come tale.
    Per fortuna per gli altri settori,
    ci sono aree differenti e differenti usi e costumi.
    Ad esempio, nei settori scientifici, il dottorando è tenuto a frequentare molto poiché l’attività è di laboratorio e, quindi, automaticamente deve essere fisicamente lì.
    Nei settori giuridici, invece, puoi non frequentare mai, basta che una volta al mese sei presente alla commissione di esame, senza differenza tra borsisti e non borsisti oppure vai in udienza al posto del prof. che è anche avv.
    Le ingiustizie nel settore giuridico sono dovute, secondo me, al fatto che storicamente il prof. è (nella maggior parte dei casi) contemporaneamente avv. o giudice e, quindi, una volta che ha il suo stipendio assicurato statale come se l’università fosse una rendita, preferisce l’attività privata.
    Ecco che il dottorando reclama: “prof., mi ha corretto il lavoro che così lo pubblichiamo?”
    “No, non ho avuto tempo, sono andato in udienza e non mi rompere ecc.”.
    Nel settore giuridico c’è una sensazione di onnipotenza e prepotenza che, negli altri settori non ho visto.
    Tutto questo senso di onnipotenza e tutta questa volontà di prevaricazione viene proiettata nel contesto dei concorsi.
    PS: io ho fatto anche caso all’abbigliamento. E’ più significativo di quanto si pensi.
    Il giurista entra in università in giacca e cravatta, tutto in blu o nero, sempre tirato, perché è stato in tribunale o ci deve andare, quindi entra comunque schifato (“famo sta lezione che poi mi aspetta il giudice”).
    Un altro universitario normale, che sia fisico, ingegnere, chimico o filosofo ecc., invece, viene vestito in maniera cmq dignitosa, ma più casual (MI PIACE), perché deve fare ricerca e insegnamento e, quindi deve stare comodo e non per forza elegante per andare in udienza. Può sembrare stupido, ma anche da queste cose si vede chi ci tiene alla ricerca e chi alla professione extra-universitaria.

    • Direi che Anto, se non esagera, universalizza una sua esperienza personale. Sono ordinario di materie giuridiche e non mi riconosco nel ritratto tratteggiato, ma, soprattutto, non riconosco i miei colleghi (per inciso: si può essere prof. Avv., non anche prof. Giudice, almeno non professore di ruolo. Questo Anto sembra ignorarlo). Non dubito che vi siano abusi, anche gravi. Fra questi, senz’altro l’invito a ritirare la domanda da un concorso. Non credo però che siano una peculiarità dei giuristi. Semmai, i giuristi vessati sono più attrezzati per reagire in sede giudiziaria. Per questa ragione gli scandali giuridici emergono più spesso. Ma non dimentichiamo altri scandali, fondati o no, non spetta a me dirlo. Uno per tutti, la vicenda di cardiologia, qualche anno fa, che poi non credo si sia conclusa con condanne dei presunti autori di reati.

    • @Modestino: il problema — e di fatto sto ancora parafrasando Eco — sono i soldi che girano nel settore. È un caso che gli scandali scoppino tra gli avvocati tributaristi e i cardiologi? I filologi petrarchisti e i fisici teorici stanno in biblioteca a studiare.

  12. @Orwell:
    La ringrazio per aver ribadito che la situazione da me dipinta con gli esempi da me riportati esiste e come.
    Io ho riportato, come commento a questo bellissimo articolo di Paolo Biondi,
    il vissuto mio e di altri perché tutta
    quella tracotanza (da me descritta con gli esempi) di numerosi ordinari dell’ambiente giuridico (e non solo) si riversa, inevitabilmente, nel sistema dei concorsi, ASN compresa.

  13. Eriberto. Può darsi. Non so per il medico, ma per gli avvocati ormai il titolo di prof. non vale molto. Siamo pieni di veri o finti professori (a contratto, ricercatori, a tempo determinato, semplici cultori della materia). I clienti non sono in grado di distinguere e l’ordine degli avvocati non si cura di sanzionare l’abuso del titolo accademico. Si pensi solo ai tanti sedicenti professori anche di blasonate università private. Non credo, dunque, che la spiegazione che fa leva sulle professioni sia del tutto convincente. Il potere – vero o solo immaginato, come è, a mio avviso, quello academico – ha sempre il suo fascino perverso, a diversi livelli

  14. La discussione, mi pare, si sta incentrando sui “concorsi truccati” a scala nazionale (ASN), ma occorre considerare anche i “concorsi truccati” a scala locale: art. 24 e 18 della Gelmini così come deliberati dai dipartimenti o dall’Ateneo. Su questi ultimi si sa poco, uno spaccato puntuale è nelle “cronache dell’Università del Pontevedro” pubblicate in questo blog. Se le schifezze maggiori sono a livello nazionale o locale è difficile dire, come la quantità di tali schifezze: ognuno è della sua opinione, perché di opinione si tratta. I casi noti sono la punta di un iceberg insignificante o gigantesco? Il sommerso è sempre sommerso… e oggetto di mere congetture in mancanza di dati di qualsivoglia natura.

  15. I concorsi locali (che sono poi gli unici concorsi, posto che l’ASN non è un concorso) sono falsati per legge. Prescindendo dalla vergogna delle procedure valutative – che saranno provvisoriamente prorogate di anno in anno – non può essere davvero aperto un concorso in cui la commissione e’ tutta nominata dai Dipartimenti. Resta solo la via giudiziaria, per i soccombenti. Non è detto poi che non funzioni, ma è una patologia. Se davvero la legge Gelmini avesse inteso favorire il merito contro il localismi, non avrebbe previsto queste procedure a valle o avrebbe anche in questo caso previsto il sorteggio, che con un posto solo a concorso può funzionare

    • “Se davvero la legge Gelmini avesse inteso favorire il merito contro il localismi …”
      __________

      Anche il Sole nel commentare il “referto” della Corte dei Conti, parla di un «”tradimento” dello spirito della riforma Gelmini varata anche con l’obiettivo di portare aria fresca nei nostri atenei». Un esito del tutto imprevedibile e malaugurato a fronte di intenzioni così buone. Solo degli uccelli del malaugurio (gufi?) come i ricercatori sui tetti (e chi li sosteneva, me compreso) potevano nutrire dei dubbi sugli esiti finali.

    • A GDN. ”Tradimento”, “spirito della legge”, “aria fresca”. Manco sanno di cosa stanno parlando. Nonostante tutti questi meriti misurati, per chi ci crede (dogmaticamente) , quel che succede all’interno delle commissioni può rasentare , qualche volta e non sempre, il puro scandalo. Quando uno dichiara candidamente di non aver preso in considerazione un terzo delle pubblicazioni del* candidat* [così si usa adesso] perché scritto in tedesco (in un raggruppamento di tipo linguistico-filologico). Quando un altro non sa inquadrare bene l’appartenenza disciplinare del candidato e non conosce la tradizione di quei particolari studi perché si occupa di tutt’altro. Quando si sciacquano la bocca con la “internazionalizzazione”, che è sempre una cosa diversa, a seconda del caso. Questo in presenza di candidati che di norma presentano molto di più, quantitativamente, di come succedeva qualche decennio fa (perché oramai il ricercatore, lo studioso, il pensatore, è una macchina produttrice a peso).

  16. Noi ordinari abbiamo subito fiutato il trucco. Molti erano compiacuti e fingevano di non comprendere. Invano ho provato all’epoca a spiegarlo ai più giovani o ai non strutturati. Che sono poi quelli che oggi si lamentano, gridando al tradimento, perché hanno davvero ingenuamente creduto nelle abilitazioni come trionfo del merito, magari anche fregiandosi della medaglia di cartone, da spendere poi nei finti concorsi locali

  17. @Modestino:
    Solo la Gelmini e chi ha votato la legge non sapeva o faceva fina di sapere che il merito non avrebbe trionfato.
    Ma, insomma, i componenti dell’ASN hanno una loro storia,
    sono stati “messi in cattedra” da determinati maestri.
    Questi maestri, se ancora viventi, possono dare ordini.
    I commissari hanno una loro storia personale, hanno interessi personali e, perciò, perlomeno sulla carta, non possono valutare con tutta coscienza, serenità e imparzialità.
    Possono ricevere (e a volte ciò accade) ordini anche dai colleghi più anziani: questo sì, questo no, questo oggetto di favore, questo oggetto di vendetta, questo oggetto di scambio “di ostaggi” ecc……
    Le registrazioni e le intercettazioni lo dimostrano chiaramente.
    Chissà quanti altri abusi non segnalati ma possibili perché molti (non avendo il posto fisso come il ric. a tempo ind. di diritto tributario) non hanno denunciato.
    E’ grave?
    No, perché la legge, deresponsabilizzando la commissione, lo consente e lo incoraggia.
    E’ grave il fatto che il Ministro attuale non abbia preso provvedimenti sulle regole.
    E’ un reato? Secondo me no, perché la legge consente ed incoraggi capricci e malefatte.

    • … ma forse ci si dimentica che il concorso è necessario per motivi costituzionali. si cambi la costituzione su questo punto e poi , forse, la valutazione ex-post verrà in automatico …

    • Coraggio, perché tanta timidezza? Il libro si intitola “U…. e PUTTANE”. Forse si ispira a un altro che tutti hanno in mente: “Politica e (oppure : andata a) p…”, migliore come titolo perché i due sostantivi sono allitteranti. Il contenuto è assolutamente irrilevante. Anzi, dopo il titolo, se si incomincia a sfogliare il libro, tutte le pagine sono bianche per non tirarsi addosso una denuncia per diffamazione. Dettaglio: per non discriminare, si sarebbe dovuto scrivere “p….n—”, con desinenza di genere e numero a piacere.

    • A parte il titolo stupido e ingiusto, e volgare per l’appunto, ma non l’ho scritto e pubblicato io, ha ragione. Si dovrebbe dire più elegantemente (v. cene): escort; al plurale, quando è il caso (frequente), escorts, con perfetta parità di genere ma solo grammaticale. In questi ultimi lustri non ci hanno fatto mancare il vocabolario e il frasario per parlare di queste cose. Così si evolve una lingua …

  18. Mettono questi titoli sperando di vendere qualche copia in più, in realtà ottengono l’effetto opposto perché l’italiano medio si vergogna a comprare il libro con la parolaccia in copertina (oddìo, chissà cosa penserà la commessa). Comunque il libro non l’ho letto e non mi piace.

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