Riapriamo la sezione Cahiers de doleASN, nella quale ospitiamo, senza commenti, segnalazioni e scritti relativi alla ASN 2.0. Lo scopo è informativo e la redazione non necessariamente condivide i contenuti di quanto pubblicato pur ritenendolo meritevole di attenzione.

Il “caso” Rota.

“Ci sarà pure un giudice a Berlino……!”

Ancora su quel pasticciaccio brutto dell’ASN

Nuova bocciatura del MIUR per la procedura di Abilitazione scientifica nazionale, prima tornata (2012), seconda fascia, settore scientifico Diritto Amministrativo.

Il Consiglio di Stato Sez. VI, con sentenza n. 4242 pubblicata il 6 settembre 2017, in sei sole ma dense paginette ha bacchettato il MIUR, la Commissione nazionale del settore scientifico di diritto amministrativo ed il TAR Lazio Sez. III, disponendo l’integrale riforma della sentenza di primo grado impugnata dinanzi al Supremo Giudice.

Vittoria piena, infatti, ha ottenuto Rosa Rota, ricercatrice di Diritto amministrativo e professore aggregato di Diritto dell’ambiente presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, difesa in giudizio dall’Avv. Alessandra Quattrini.

Si riporta qui di seguito uno stralcio della sentenza, ponendo in evidenza le censure e le relative motivazioni del Giudice d’appello rese in accoglimento di tutte le domande del ricorso.

 

“1. Con il ricorso di primo grado, l’appellante, impugnava i seguenti atti relativi alla procedura di abilitazione scientifica nazionale, indetta con D.D. n. 222/2012, alla quale aveva partecipato, per il settore concorsuale 12/D1 (Diritto Amministrativo) – seconda fascia:

– i giudizi negativi espressi nei confronti dell’appellante, sia collegialmente che singolarmente, dalla Commissione giudicatrice nella procedura per il conseguimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale, indetta con D.D. n.222/2012, per il settore concorsuale 12/D1 – Diritto Amministrativo, seconda fascia;

– il verbale della Commissione giudicatrice del 5/4/2013 di predeterminazione dei criteri e parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni;

– il decreto direttoriale n. 222 del 20/7/2012; le relative istruzioni di compilazione CINECA e la circolare MIUR del 11/1/2013 n.754.

La ricorrente denunciava l’illegittimità dei criteri e parametri predeterminati dalla Commissione nel verbale di predeterminazione dei criteri e parametri relativamente alla seconda fascia, e specificatamente l’adozione del “criterio più selettivo”, in combinato disposto con gli altri criteri e parametri, così come stabiliti dalla Commissione ai successivi punti del verbale, per sproporzionalità, violazione del principio di “ponderazione equilibrata e motivata dei criteri e parametri” previsto dall’art.3 c.3 del citato D.M. n.76/12, nonché per irrazionalità ed erronea interpretazione da parte della Commissione delle disposizioni sopra citate. Deduceva violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, in relazione all’applicazione dei predetti criteri e parametri nei suoi confronti. In particolare, eccepiva l’inattendibilità delle “operazioni tecniche” compiute dalla Commissione, per omesso esame del curriculum complessivo della candidata, ossia della “domanda completa”, nonché per omessa “valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni”. Sollevava infine incidente di costituzionalità sotto alcuni profili, che sostanzialmente ripetevano le censure già dedotte.

Con la sentenza appellata il ricorso veniva respinto dal TAR.

L’appellante riproponeva tutti i motivi disattesi. Il Ministero costituitosi ha controdedotto.”

 

  1. La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con la pronuncia in esame, diversamente da quanto ritenuto dal Tar, ha ritenutofondato il motivo inerente l’illogicità del c.d. criterio con valenza preponderante, aggiunto dalla Commissione, secondo cui, per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale, è necessario “avere inserito nella domanda di partecipazione almeno tre pubblicazioni scientifiche di livello eccellente o buono secondo le definizioni del DM 76/2012 all. D par. 1 e 2, tra cui almeno una monografia”, avendo ritenuto irrilevanti i criteri della collocazione editoriale e dell’impatto delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale.”

Al riguardo, la Sezione ha richiamato quanto già ritenuto in alcuni analoghi casi di mancato conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di II fascia, affermando che “non può ritenersi corretto il giudizio complessivo “effettuato sulla base di un metro di valutazione nel quale sono stati introdotti elementi di necessaria eccellenza (e quindi di piena maturità) che sono propri del giudizio di idoneità alle funzioni di docente di prima fascia e non anche del giudizio di idoneità alle funzioni di docente di seconda fascia (per la quale è richiesta la sola “maturità” scientifica)”.

Nella vittoriosa sentenza, la Sezione ha evidenziato così che “l’appellante, che non partecipava alla procedura per la prima fascia, ha denunciato la “sproporzionalità” (e dunque l’irrazionalità) di tale criterio ed invocato un’ “equilibrata ponderazione tra criteri e parametri”, principio espressamente previsto nella normativa di riferimento, sì da “non attribuire una valenza assoluta e risolutiva all’elemento qualitativo della produzione scientifica”.

A ben vedere, infatti, avendo la Commissione disposto in verbale la sostanziale esclusione degli altri criteri e parametri “oggettivi” di qualità, pure indicati dalla normativa, quali “la collocazione editoriale e l’impatto delle pubblicazioni all’interno del settore”, il criterio “più selettivo” sopra detto finiva per attribuire alla medesima un potere discrezionale eccessivo e perciò “sproporzionato”, violando in tal modo il richiamato principio della “ponderazione equilibrata tra criteri e parametri”.

Il Supremo Collegio ha altresì “accolto la censura relativa alla omessa compiuta valutazione dell’impatto delle pubblicazioni presentate dall’interessata all’interno del settore concorsuale di riferimento, con riferimento al correlato dibattito scientifico”; ed ha anche evidenziato che tale “elemento era rilevante e valutabile anche per il settore del Diritto Amministrativo, che a buon titolo appartiene al novero delle scienze giuridiche”.

Infine ha accolto le censure relative alla “omessa valutazione dell’intensa attività didattica e di partecipazione ai convegni svolta e documentata dalla ricorrente”.

In conclusione – così il Collegio – “il giudizio espresso nei confronti della ricorrente risulta non soltanto affetto da carenza di motivazione, come sopra chiarito, ma addirittura alterato, per essere stato utilizzato un criterio più selettivo di valutazione che non risulta applicabile al caso di specie e si pone oltretutto in contrasto con le disposizioni che regolano il procedimento in questione”.

Con tali motivazione il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa ha accolto pienamente l’appello ed, in riforma integrale della sentenza appellata, ha annullato il giudizio di primo grado, nei limiti dell’interesse dell’appellante, ordinando al MIUR di predisporre un nuovo giudizio di idoneità nei confronti dell’appellante, con nomina di una diversa commissione giudicatrice.

Il “caso” Frasca

documento Frasca

Intervento di Alberto Abruzzese:

DIMENTICARE FRASCA.  Cosa significa questo slogan che vorrei si diffondesse e dunque chiedo a tutti di riprenderlo, commentarlo e diffonderlo? Chi non sappia di Frasca vada su google. Da alcuni giorni sulla stampa – purtroppo quella regionale invece che nazionale, a ragione della distrazione generale, politica e culturale e quindi anche giornalistica nei confronti delle condizioni dell’università italiana – Gabriele Frasca è la vittima dell’impianto burocratico di una università svuotata ormai persino delle sue originarie vocazioni storiche (moderne). Nel caso specifico, i giudizi – che la commissione di concorso di abilitazione ha espresso per giustificare la bocciatura di Frasca – hanno raggiunto il livello di una vera e propria farsa culturale, francamente disdicevole persino per l’accademismo corrente (su google si leggono ampli stralci di tale povertà di giudizio, del resto incardinata da sempre nel corporativismo culturale di discipline l’un contro l’altra armate).

Frasca – raffinatissimo docente e ricercatore che in questi anni è andato ben oltre gli steccati della propria “disciplina” accademica, e cioè al di là di un discorso “disciplinato” dalle “cattive” istituzioni del sapere, istituzioni catturate e asservite da altrettanto cattive politiche e amministrazioni pubbliche e private – non merita di restare impigliato a sua volta nelle vecchie trame della questione concorsuale, nel mazzo di vittime che come Frasca hanno patito una ingiustizia (che pesa su di loro non solo in termini di reputazione ma anche di status economico). Frasca merita invece di essere preso a bandiera collettiva di una scelta radicalmente diversa.

I concorsi universitari non sono la causa di un degrado dell’università (o lo sono in minima parte) ma sono invece l’effetto inevitabile di una macchina universitaria priva di ogni credibilità culturale: questo insieme di regole – responsabilità delle leggi che le hanno promulgate nel tempo, così come delle loro sempre più autoritarie applicazioni – da molti decenni ha contribuito alla distruzione di ceti dirigenti in grado di affrontare con capacità adeguate e giusto senso di responsabilità un mondo sempre più complesso e conflittuale. Un vuoto di professionisti, questo, che produce sofferenza e ingiustizia umana. Se si vuole risalire la china del disastro, un siffatto corpo accademico – corpo degli apparati e corpo dei singoli che vi operano – va interamente sradicato dalle sue radici e dalle fronde dei suoi tristi epigoni.

Dunque DIMENTICARE FRASCA significa – per noi che, partendo dal suo caso particolare, personale, ci siamo sentiti spinti a denunciarne la perversione – agire insieme a lui, e lui insieme a noi, per una mobilitazione più generale. Fuori della vischiosità di una ingiustizia accademica mai risolta. Piena di miserie di cui ognuno di noi accademici s’è dovuto macchiare. E invece colpire dentro la crisi di intelligenza e senso di responsabilità che sta distruggendo le istituzioni della ricerca e della formazione professionale in un salto d’epoca dalle incredibili mutazioni tecno-scientifiche e socioantropologiche.

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54 Commenti

    • riguardo al desolante quadro delle Università e della ricerca, in merito al falso merito attribuito su basi numeriche, delle riviste di pregio, ecc.

  1. “I concorsi universitari non sono la causa di un degrado dell’università (o lo sono in minima parte) ma sono invece l’effetto inevitabile di una macchina universitaria priva di ogni credibilità culturale:…”

    Se ne scrive Alberto Abruzzese c’è da credergli.

    Dopo questo, però Abruzzese non ci spiega come uscire dal pantano, nè che io ricordi ci ha spiegato quando era in cattedra come si potevano abbattere le cattive pratiche, che nell’era pre-abilitazione erano ancora più odiose.

    • Diciamo che, ad ogni tornata ASN, i candidati “protetti” si dividono in due categorie contrapposte: quelli che godono del favore della Commissione, e quelli che stanno a cuore a chi scrive lamentose missive. Che ci vuoi fare, caro Collega: è una vecchia storia. Ed è purtroppo, come vedi, dura a morire.

  2. Mi dovete dire come si fa a dimenticare Frasca o a andare oltre se i nuovi reclutati, quei pochi che sono riusciti a fare il passaggio rtda+rtdb+abilitazione e chiamata l’hanno fatto non per meriti ma perché lacchè di un potente di turno per cui indipendentemente dal curriculum gli è stato creato un posto con pubblicazioni in riviste degli amici, case editrici etc… il livello di scorrettezza è andato via via aumentando. Non tutti, ma un 80% dei nuovi reclutati, Sì. Dove c’è merito o sperimentazione…dove linfa viva? L’università è morta e da un bel pezzo.

    • Chissà perché i commenti più sgangherati sono quelli degli anonimi. Io ci vedo un segnale positivo: in qualche anfratto della loro mente sanno cosa vale quello che scrivono (e come lo scrivono) e preferiscono non metterci la faccia.

  3. Alberto Abruzzese ha anche parlato di mercato delle cattedre.Appunto, purtroppo attuato anche sui nuovi reclutati. Quarantenni che avranno molto tempo per creare danni a meno che non do facesse finalmente una buona riforma e si rendessero tutti licenziabili. Il ministero vuole che l’università diventi un’azienda e allora andiamo fino in fondo. Mi duole dirlo ma credo che sia realmente la soluzione da attuare. Strutturato non dovrebbe significare che qualsiasi nefandezza compio tanto ho il posto fisso e garantito, dovrebbe essere tolta questa garanzia. Punto.

    • Beh, ma Orwell, se ti preoccupi del fatto che i gruppi di potere governino il “mercato delle cattedre”, prova solo ad immaginare cosa succederebbe laddove avessero fra e mani la “clava del licenziamento”.

    • Andrea Albarelli perchè bisogna sempre pensare alle conseguenze negative di una norma in Italia?Immagina invece se ci fosse la “clava del licenziamento” quanti colleghi potremmo mettere in riga.

    • Beh, ma pensare in anticipo a cosa può andare male è una buona pratica. Nella tua visione, chi metterebbe in riga chi ? E adducendo quali motivazioni ? Non sarebbero gli stessi gruppi di potere secondo le stesse logiche ? E anche ammettendo che il licenziamento avvenga attraverso criteri oggettivi, chi li determinerebbe ?

    • Se oggi l’università si trova praticamente commissariata con decisione che ci piovono dall’alto tra capa e collo è proprio per la nostra mancanza di responsabilità davanti anche a decisioni come il licenziamento di colleghi. I gruppi di potere sono l’ennesimo esempio di un sistema che ha elevato l’università a casta. E i gruppi di potere esistono perché trovano terreno fertile intorno.

  4. La critica di questo articolo alla valutazione negatuva del prof Frasca appare fondata anche se tocca la discrezionalità tecnica della Commissione; e non perché è fatta da illustri studiosi che hanno il legittimo interesse culturale e scientifico è sospetta. In realtà ogni valutazione per selezionare risorse umane deve necessariamente essere priva di contradditorieta’, illogicita’, disparità di trattamento … La discrezionalità tecnica deve essere argomentata altrimenti è solo una scelta soggettiva e, in quanto tale, non può essere accettata. Il complesso quadro normativo che è alla base dell’ASN è spesso ignorato dai Commissari che, presi dalle logiche accademiche, ritengono marginale approfondire tale aspetto. Probabilmente il MIUR dovrebbe fornire ai singoli Commissari un Vademecum, redatto con il contributo dei Consiglieri di Stato, per evitare errori di merito considerato che quelli procedurali dovrebbe essere risolti.
    Auguri prof Frasca da cittadino faccio il tifo per lei!

  5. Il punto è QUESTO:
    Qualunque componente di qualunque commissione (anche ASN) o agenzia nazionale è ordinario, e qualunque ordinario che si ritrovi in commissione (o che abbia fortemente voluto esserci) ha una sua storia personale, un proprio maestro che lo ha fatto crescere (come è naturale che sia) un proprio raggruppamento o scuola e quindi propri interessi. Questo è normale, naturale, legale, la legge lo permette, non sorprende, ma bisogna tenerne conto.
    Quando scrivo che è normale, non dico che è un bene, dico solo che “è normale”, “è così che funziona”.
    A questo punto, ha senso fare una commissione nazionale o un’agenzia nazionale?
    Perché, poi, i risultati sono quelli che sappiamo…..

  6. Che i gruppi di potere si prendano l’effettiva responsabilità di mandare a casa le persone. Rendendosi conto, magari, che stanno giocando con la vita di queste persone. Fino ad oggi l’università è stata un teatrino dove si compivano misfatti dietro le quinte nell’indifferenza generale, mietendo vittime con mero distacco e salvando chi abdicava a una vera autonomia per trasformarsi in un portaborse. Che si parta con un vero bagno di sangue per rendere evidente il marciume del sistema.

  7. io non ci credo che veramente ci siano persone così ingenue che intendono attaccare il sistema universitario partendo dal fatto dei concorsi…
    e della solita retorica del potente che protegge.
    Si chiama cooptazione, lo sanno anche i muri. casomai parliamo dei livelli di responsabilità che la cosa comporta, altro che frasca

  8. E’ necessario un sistema a piramide normale: tanti reclutati e pochi promossi e, per giunta step by step. Invece ora il sistema è: tanti i promossi (quelli che stavano già dentro) e pochissimi i reclutati (piramide inversa). Ecco che l’ottenimento dell’ASN diventa un incubo.
    Peraltro, l’ottenimento dell’ASN è un incubo anche perché l’attenzione dell’accademia è tutta focalizzata sull’ASN, in quanto Governo e Parlamento hanno “fatto fuori i ricercatori”.

  9. IMPORTANTE:
    se qualcuno dei lettori intende fare ricorso, eccepisca anche al TAR la questione dell’illegittimità della retroattività delle riviste di classe A.
    Basta la frase “come faceva uno a sapere, nel 2009, ad. esempio, che quella rivista (alla quale stava per mandare l’articolo) non sarebbe stata di classe A?).
    Suggerite la questione ai vostri AVVOCATI!
    Infatti, il TAR può motivare in senso positivo per il ricorrente sulla base dell’illegittimità palese della norma. Certo, non è la Corte Costituzionale, che può, a seguito di pronuncia, rendere la norma non applicabile.
    Ma il TAR può dare regione al ricorrente anche sulla base di una norma che non poteva riferirsi al passato.
    In alternativa, l’avvocato può chiedere al TAR di sollevare questione di legittimità dinnanzi alla Corte.
    Mi raccomando: dite questo ai vostri avvocati.
    Un ricorso accolto anche sulla base dell’illegittimità della RETROATTIVTA’ delle riviste classe A, può aprire la strada per altri accoglimenti!!!!
    Fatelo!!!!!

  10. aggiungo: il TAR, come qualsiasi altro tribunale, ha il dovere di leggere la norma in maniera conforme a Costituzione, in maniera coordinata con le altre norme dell’ordinamento (soprattutto con quelle che, nel nostro caso, escludono la retroattività, anche se non si può sostituire alla Corte Costituzionale).

  11. Se scoppierà il sistema sarà per implosione, non certo perchè gli altri premono dall’esterno. Ci sono dipartimenti con il 100% o quasi di abilitati e questo porterà a sbranarsi tra loro nei prossimi mesi. Inoltre l’abilitazione a sportello ha aumentato la possibilità di abilitarsi in tempi brevi (mica lo puoi bocciare a vita un candidato…).

    L’ASN non è stata utilizzata in modo responsabile (anche il 20% di abilitati è troppo per essere assorbito). Questo è che ha aperto le porte alle Natta.

    • in Francia la situazione è similare alla filosofia di un ASN abbastanza aperta che, ricordiamolo, non è una idoneità ma un’abilitazione: una semplice condizione sufficiente.
      Non capisco il senso di limitare gli accessi bocciando in sede di ASN, su queste basi.

    • La mia interpretazione dello spirito di una «abilitazione scientifica» è quello di fare in modo che ai concorsi non si presenti gente che sia palesemente inadatta al ruolo. In altre parole, sarebbe un modo per scremare la coda di persone che si iscrivono pur non avendo chiaramente alcuna chance di vincere il concorso, in modo da far risparmiare tempo alla commissione. Se fosse così, i commissari che concedono l’abilitazione dovrebbero fare una valutazione estremamente leggera, delegando a future commissioni di concorso il compito di entrare effettivamente nel dettaglio dei meriti scientifici di ciascun candidato. Quando è stata approvata la legge Gelmini, questa è stata la mia interpretazione dell’abilitazione, e devo dire che vista da questo punto di vista la cosa non mi sembrava così insensata.

      Se questa fosse l’interpretazione generale dell’ASN, non sarebbe scandaloso se passasse il 90-95% dei candidati, mentre lo sarebbe eccome se passasse appena il 20%.

    • E invece abbiamo percentuali di abilitazioni che vanno dal 20% al 90%. Solo questo dovrebbe bastare per dimostrare come ci sia una evidente imparzialità o peggio discriminazione all’interno dei SSD.

    • Capisco il tuo punto di vista, ma l’abilitazione non è un sistema di reclutamento. E’ la precondizione per poter essere reclutati.
      A mio modo di vedere è sbagliato piegarla ad un uso del genere.
      Peraltro, non è che la questione del reclutamento migliori se si fanno abilitazioni molto restrittive. Direi anzi il contrario.

  12. l’ASN è un’abilitazione. Mi sembra indiscutibile e lapalissiano. Ciò posto, qualcuno ha idea di quanti concorsi aperti e non riservati agli abilitati interni siano stati banditi finora? Non ho numeri, ma mi sembra che la stragrande maggioranza delle procedure sia stata di quelle riservate, nei limiti consentiti dalla disciplina vigente. A ciò aggiungasi che, anche nelle procedure c.d. aperte, la commissione è tutta di nomina locale.
    Meglio non parlare poi delle università telematiche … In questo contesto, un certo rigore nel concedere l’abilitazione mi sembra opportuno, anche se non sufficiente, per rimediare a questo localismo camuffato. Con le vecchie idoneità almeno le commissioni erano a maggioranza di esterni (4 a 1)

  13. “non sarebbe scandaloso se passasse il 90-95% dei candidati “.
    E invece sì: nel 95% ci sarebbero capre e cavoli. E al finto concorso locale per le capre, i cavoli – anche quelli migliori – non avrebbero nessuna possibilità. L’ASN dovrebbe costituire un’asticella, possibilmente a un livello dignitoso. In alternativa, ben venga il 95% di abilitati, ma poi concorsi locali aperti, con commissioni tutte di esterni e soppressione della norma fintamente transitoria sulle procedure valutative. Allora sì che si potrebbe apprezzare la distinzione fra abilitazione e concorso.

    • Certo, il requisito di avere veri concorsi aperti e non buffonate spacciate per tali lo davo per scontato.

    • Signori, non capisco.

      1) Se fossero possibili “concorsi locali aperti” (ma non è un ossimoro?), non vi sarebbe alcun bisogno del meccanismo dell’abilitazione.

      2) Le eventuali “commissioni tutte di esterni” sarebbero formate dagli stessi soggetti che gestiscono – in maniera apparentemente discutibile – le abilitazioni nazionali.

      E dunque: il difetto è nelle persone. Inutile escogitare procedure che, per quanto macchinose, non possono cambiare le coscienze, né impedire l’esercizio di un potere che fa di ogni nuovo artificio introdotto uno strumento per aumentare il danno e diminuire la responsabilità.

    • Le procedure da sole non trasformano il piombo in oro, ma se congegnate male possono comunque trasformare il piombo in qualcosa di assai meno nobile.

  14. Voglio dire grazie a Alberto Abruzzese per aver avuto l’onestà di denunciare pubblicamente la gestione delle abilitazioni fatta dalla commissione di critica letteraria e letterature comparate (L-FIL-LET/14).
    Lavorare nell’università italiana sta diventando veramente impossibile.
    Aldo Nemesio

  15. Hikikomori, guardi che non è difficile:
    1) il concorso può essere locale, ossia bandito da un’università X, ma tutti possono partecipare, non solo chi è strutturato presso X, purché abbia già conseguito l’ASN, che sarebbe dunque una scrematura iniziale (un’abilitazione);
    2) delle persone non si può fare a meno. Salvo preferire un algoritmo… Le regole servono a contenere l’arbitrio e a sanzionare gli abusi. Se non funzionano, si possono cambiare . Poi possiamo cantare che non esistono poteri buoni. Ma qualcuno deve pur esercitare il potere. Meglio se controllabile

    • D’accordissimo. Qualunque sistema, per funzionare, ha bisogno di un potere, che deve comunque essere controllato. Ma il punto non è questo: nel momento in cui si punta il dito contro l’ASN (ovvero contro l’operato dei suoi Commissari, non scelti da persone, ma da procedure, a livello nazionale) mi sembra illogico proporre soluzioni che vedono nella “non località” il rimedio per il male. Tutto qui.

  16. Aggiungo: se il concorso è locale e la commissione di nomina locale, il concorso è una farsa, come oggi. Ecco perché la commissione non dovrebbe essere nominata dall’università che ha bandito. Sono solo piccoli accorgimenti, perfettibili, per contenere e limitare il potere, che pure è insopprimibile

  17. Noi parliamo dell’ASN, poiché, a causa della malvagità e dell’incompetenza della politica, esiste solo l’ASN.
    Non possiamo farci nulla. L’ASN esiste e, purtroppo, è l’unico modo per strutturarsi.
    A questo punto le soluzioni sono 2:
    1)reintrodurre la terza fascia ric. a tempo indet.
    2)In alternativa, un sistema di ingresso graduale che, però prescinda dall’ASN.
    L’ASN è diventata un incubo, ci si buttano tutti, esiste solo l’ASN.
    Ma la promozione dovrebbe essere l’ultimo gradino partendo dal reclutamento, non viceversa.
    Invece, ora uno si struttura soltanto dopo aver conseguito il massimo, cioè L’ASN.
    E’ come dire che un giocatore di calcio potesse prendere il primo stipendio soltanto all’apice dei suoi risultati, ad. es., solo dopo aver vinto la coppa del mondo…..e prima come fa a campare? Siete d’accordo?

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