Lo scorso 28 febbraio il MIUR ha finalmente pubblicato il DM 168/2018, contenente i criteri per la ripartizione del piano straordinario per l’assunzione di RTDb contenuto nella legge di bilancio 2018. Si tratta di un secondo piano straordinario (dopo il primo che nel 2016 aveva stanziato risorse per 861 RTDb) largamente insufficiente a determinare una sostanziale inversione di tendenza nel processo di contrazione di personale docente strutturato a fronte di una bolla di precariato universitario che non cessa di gonfiarsi. Infatti, se consideriamo solo il personale strutturato (professori di prima e seconda fascia, unitamente ai ricercatori a tempo indeterminato) le cessazioni negli atenei statali sono state pari a 1295 unità nel solo 2017 (una cifra molto vicina alla media annuale delle cessazioni), mentre il piano prevede l’immissione di 1305 RTDb per un solo anno. Inoltre, i meccanismi di assegnazione delle risorse previsti nel DM avranno il deleterio effetto di acuire le disparità interne al sistema universitario, accelerando la concentrazione di ricercatori in una cerchia ristretta di atenei a scapito di quelle che sono le necessità complessive del sistema.
Lo scorso 28 febbraio il MIUR ha finalmente pubblicato il DM 168/2018, contenente i criteri per la ripartizione del piano straordinario per l’assunzione di RTDb contenuto nella legge di bilancio 2018.
Sebbene l’immissione di risorse per il reclutamento di ricercatori non può che essere salutata con favore, come ADI abbiamo fin dall’inizio giudicato l’entità di questo secondo piano straordinario (dopo il primo che nel 2016 aveva stanziato risorse per 861 RTDb) largamente insufficiente a determinare una sostanziale inversione di tendenza nel processo di contrazione di personale docente strutturato a fronte di una bolla di precariato universitario che non cessa di gonfiarsi. Infatti, se consideriamo solo il personale strutturato (professori di prima e seconda fascia, unitamente ai ricercatori a tempo indeterminato) le cessazioni negli atenei statali sono state pari a 1295 unità nel solo 2017 (una cifra molto vicina alla media annuale delle cessazioni), mentre il piano prevede l’immissione di 1305 RTDb per un solo anno. Inoltre, i meccanismi di assegnazione delle risorse previsti nel DM avranno il deleterio effetto di acuire le disparità interne al sistema universitario, accelerando la concentrazione di ricercatori in una cerchia ristretta di atenei a scapito di quelle che sono le necessità complessive del sistema.
Il piano straordinario, come stabilito all’articolo 1, comma 633 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (la legge di bilancio 2018), prevede uno stanziamento di 12 milioni di euro per il 2018 e di 76,5 milioni di euro a decorrere dal 2019. Le 1.305 posizioni di RTDb sono così ripartite in base a differenti criteri:
- 308 posti sono attribuiti in base a una quota fissa in relazione alla dimensione dell’ateneo, calcolata sulla base della media di docenti in servizio al 31/12/2010 e al 31/12/2017, come indicato dalla tabella allegata al decreto;
- 344 posti sono distribuiti ai 352 dipartimenti ammessi alla selezione dei dipartimenti di eccellenza per il quinquennio 2018-2022 sulla base della graduatoria definita dall’ANVUR. Tale graduatoria include i 180 dipartimenti “eccellenti” e i 172 che, pur selezionati, non sono risultati tra i vincitori;
- 653 posti, sono ripartiti in base ai risultati della VQR 2011-2014, attraverso due modalità. 327 posti (50%) sono assegnati in base al valore dell’indicatore della qualità della ricerca IRFS della VQR 2011-2014, ma con il vincolo di garantire almeno 1 RTDb per ogni ateneo. I restanti 326 posti costituiscono una quota di riequilibrio, calcolata attraverso una formula che tiene conto del rapporto fra gli RTD e i docenti strutturati degli atenei, ovvero la somma ponderata RTDa + RTDb moltiplicata per un coefficiente K inversamente proporzionale al rapporto tra il numero di RTDb in servizio al 31/12/2017 e il numero dei professori di prima e seconda fascia e dei ricercatori a tempo indeterminato, secondo quanto riportato nella tabella allegata al decreto.
Quali saranno gli effetti complessivi di questo piano sull’organico degli atenei statali?
La Fig.1 mostra la distribuzione degli atenei in base ai risultati della VQR e della graduatoria dei dipartimenti di eccellenza, evidenziando gli atenei che beneficeranno maggiormente del piano straordinario. I primi 8 atenei italiani, che costituiscono il 34,4% del personale strutturato al 31/12/2017, assorbono il 35,5% (463 unità) di tutti gli RTDb resi disponibili dal piano. La distribuzione degli RTDb dettata dal DM 168/2018 sembra dunque fotografare la situazione attuale, con evidente discrasia rispetto all’obiettivo posto dalla L. 205/2017, art.1 comma 633 di “riequilibrare la presenza di giovani ricercatori nei vari territori”.
Fig. 1. Atenei per posti assegnati in base a VQR e risultato dipartimenti di eccellenza
La figura successiva mostra il saldo finale risultante dalla differenza tra gli RTDb assegnati col piano straordinario e i pensionamenti del personale strutturato nel 2017. Gli atenei sono ordinati in base alla quota di RTDb del piano straordinario di cui sono destinatari. Ne emerge un quadro complesso, in cui molti atenei (Bologna, Firenze e soprattutto Roma La Sapienza tra i più grandi) non ricevono abbastanza ricercatori per compensare le cessazioni subite nell’ultimo anno. Questa situazione colpisce in particolare gli atenei del centro e sud Italia, con picchi nelle università del Lazio e della Sicilia.
Fig. 2. Differenza assoluta tra RTDb assegnati e cessazioni di personale strutturato 2017
L’ultima figura mostra l’incidenza della differenza tra RTDb assegnati e pensionamenti del personale strutturato sul totale del personale strutturato nel 2017. Ciò che emerge è il range piuttosto limitato delle variazioni complessive (-2.5%; +2.5%), tranne che per un gruppo di atenei a statuto speciale (Sant’Anna, Normale, IMT).
Fig. 3. Differenza assoluta tra RTDb assegnati e cessazioni di personale strutturato 2017 / totale personale 2017
Conclusioni
Le assegnazioni di RTDb in termini assoluti (Fig.1) prevista dal DM 168/2018 certificano la concentrazione di personale nei grandi atenei del nord. Tuttavia, malgrado la forte concentrazione territoriale, anche in questi atenei non sempre le assegnazioni di RTDb sono sufficienti a coprire le cessazioni dell’ultimo anno (Fig.2). Nella top 5 degli atenei che guadagnano di più dal piano straordinario troviamo tre piccoli atenei ad ordinamento speciale, lo IUSS di Pavia (di gran lunga il maggiore beneficiario del piano in termini percentuali), l’IMT di Lucca e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, insieme a due atenei statali come la Stranieri di Siena e l’Università Orientale di Napoli. Sui 65 atenei considerati, 24 riporteranno un saldo negativo (in alcuni casi anche significativo, come per Roma La Sapienza, Palermo, Macerata e Sassari), 7 avranno un saldo in pareggio, 23 potranno beneficiare di un incremento minimo (inferiore al 2.5%) e soltanto i restanti 11 otterranno un incremento superiore al 2,5%.
Il piano di assunzioni per RTDb sarà quindi “straordinario” solo per una ristretta cerchia di atenei, tra cui spiccano tre istituzioni “di eccellenza” che, beneficiando già di risorse ingenti, potranno godere di un’ulteriore iniezione di nuovi ricercatori. Per la grande maggioranza del sistema universitario, al contrario, tale piano si rivelerà essere un palliativo, temporaneo e in alcuni casi ampiamente insufficiente, per tamponare il drenaggio di personale strutturato in pensionamento.
L’esiguità di risorse a fronte dei pensionamenti annuali e la forte concentrazione delle posizioni di RTDb in pochi atenei confermano sia l’inadeguatezza dell’ennesimo piano straordinario di nuovi ricercatori sia la sua mancata funzione redistributiva per il sistema universitario. Malgrado il giudizio positivo sullo stanziamento di risorse per il reclutamento, un concreto rilancio dell’Università pubblica non potrà certo realizzarsi attraverso il susseguirsi di sporadici piani straordinari limitati nel tempo e con risorse inadeguate.
In un contesto in cui solo il 9% degli assegnisti al primo anno ha concrete speranza di poter accedere al ruolo di professore universitario (fonte: VII Indagine ADI), crediamo non sia più procrastinabile un generale e cospicuo rifinanziamento del sistema universitario che allinei il nostro Paese alla media dei Paesi OCSE per investimenti pubblici in Università e Ricerca. Assieme ad esso, riteniamo che sia fondamentale l’attuazione di un piano strutturale e immediato di reclutamento di giovani ricercatori, nel numero di almeno 20.000 unità nei prossimi 4 anni. Questa cifra, di un ordine di grandezza superiore ai piani di reclutamento sin qui implementati dall’entrata in vigore della L.240/2010, sarebbe appena sufficiente per mettere in sicurezza il sistema ed evitarne il collasso a fronte della costante riduzione di personale strutturato negli atenei italiani che si è riscontrata negli ultimi 6 anni.
Il piano strutturale di reclutamento dovrà integrarsi con una radicale riforma del pre-ruolo modellata sul documento approvato dal CUN il 29 gennaio 2015, che riduca in maniera consistente il periodo di precariato che precede l’ingresso in ruolo e aumenti le tutele per i giovani ricercatori, con una piena attuazione della Carta europea dei ricercatori.
Ad oggi migliaia di ricercatori sono costretti a lasciare l’Università dopo anni di lavoro, con una dispersione di risorse e potenziale di sviluppo umane che erode nelle fondamenta la capacità di innovazione dell’intero Paese. La riforma del pre-ruolo e il piano di reclutamento che proponiamo sono soluzioni efficaci e concrete a questo problema. La semplificazione delle figure pre-ruolo porterebbe a un miglioramento netto delle condizioni di vita e di lavoro per chi fa ricerca e didattica nell’università, e coinciderebbe con un miglioramento complessivo della qualità e livelli di produttività scientifica e rinnovamento della didattica. I diritti, le tutele e le prospettive di chi lavora – nell’Università come fuori da essa – sono alla base dello sviluppo dell’intera società.
Non è esatto affermare che ‘344 posti sono distribuiti ai 352 dipartimenti ammessi alla selezione dei dipartimenti di eccellenza per il quinquennio 2018-2022 sulla base della graduatoria definita dall’ANVUR. Tale graduatoria include i 180 dipartimenti “eccellenti” e i 172 che, pur selezionati, non sono risultati tra i vincitori’. I 344 posti sono in realtà automaticamente assegnati dal Ministero ai 172 dipartimenti che, pur selezionati, non sono risultati vincitori, in ragione di due ciascuno.
proietti ha ragione. Questo il testo del DM:
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al fine di valorizzare la qualità dei livelli di ricerca delle diverse aree disciplinari potenziando le aree strategiche in cui si sono collocati i 352 dipartimenti ammessi alla selezione dei dipartimenti di eccellenza per il quinquennio 2018-2022 sulla base della graduatoria definita dall’ANVUR ai sensi dell’art. 1 comma 319 e 320 della L. 11 dicembre 2016, n. 232, nonché allo specifico scopo di integrare le assunzioni di ricercatori di tipo B previste per i 180 Dipartimenti d’eccellenza risultati vincitori mediante piano rivolto anche a favore dei 172 dipartimenti che non sono risultati tra i beneficiari del Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza, è attribuita a ciascuna delle Istituzioni di riferimento e al singolo dipartimento interessato una quota fissa ulteriore pari a 2 posti di ricercatore b) per dipartimento, per complessivi 344 posti;
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Dato che 344=172×2, si tratta proprio di assegnazione di due ricercatori a ciascuno dei 172 “quasi eccellenti”.
Ringrazio il prof. Proietti a nome di ADI per la precisazione, quanto afferma è del tutto corretto.
In ogni caso l’imprecisione non altera i risultati della nostra elaborazione. Per le nostre considerazioni ci siamo infatti basati sulle tabelle già elaborate dal MIUR, e reperibili come allegato al DM 168/2018.