In questo torrido inizio luglio il mondo accademico italiano è in grande fermento. Innanzitutto, chi non l’aveva ancora fatto si è precipitato a “popolare” il sito personale Cineca. Mai come in questi giorni, poi, ha conosciuto successo il mediocre strumento statistico della mediana: legioni di docenti bibliometrizzati (macroaree 1-10) sono impegnati nel calcolo della mediana tramite i loro vari indici bibliometrici, mentre decine di società scientifiche umanistiche e sociali (macroaree 11-14) si scannano per approntare le famose liste delle riviste di fascia A, sulla base delle quali verranno calcolate le sopraddette mediane necessarie per la valutazione dei commissionari e propedeutiche per la scelta dei candidati da esaminare.

Molto rumore per nulla. In realtà mediane, commissioni e quant’altro non serviranno probabilmente a nulla perché tanto, nei prossimi anni, potrà prendere servizio un numero irrisorio di docenti e, soprattutto, di professori ordinari. Anche perché ci sono ancora circa 800 idonei alla seconda fascia e 475 idonei alla prima fascia dei concorsi banditi nel 2008 da assorbire: le prospettive di assunzione dei futuri abilitati, insomma, sono praticamente uguali a zero.

Ma vediamo come il Legislatore sia riuscito a organizzare questo interessante programma estivo.

Qualche settimana fa è uscito un decreto legislativo che annunciava in pompa magna di voler fissare le norme per la “programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei” (DLGS 49/2012). Lasciando da parte il fatto che, ad una prima lettura, si apprendeva che la sua validità era di pochi mesi (limitata cioè al 2012), tale decreto sembrava puntare ad un riequilibrio 50-50 tra i docenti di prima fascia-docenti di seconda fascia, a livello nazionale. Fissava poi alcuni criteri di bilancio che consentivano alle università, a seconda della loro condizione finanziaria, di assumere personale in una certa quota (da un minimo del 10% fino ad un massimo del 35% circa) rispetto a quello cessato nell’anno 2011.

La struttura e il merito del decreto lasciavano chiaramente comprendere come il tanto discusso principio dell’autonomia delle università – su cui ci si è baloccati per trent’anni – sia ormai un pallido ricordo. Ma anche l’idea che la singola sede, entro determinati paletti, possa compiere delle scelte in minima parte autonome sembra completamente tramontata con l’introduzione di nuovi, vincolanti automatismi: alla lettera c) del comma 2 dell’art. 7 si stabilisce infatti che tutti gli atenei con una percentuale di professori ordinari superiori al 30% del corpo docente (cioè praticamente tutti) debbano assumere per ogni nuovo docente di prima fascia anche un ricercatore di tipo b) previsto dalla L. 240/2010.

La ciliegina. Il fatto che per assumere un professore ordinario si debba contestualmente assumere un ricercatore appare, in linea teorica, un modo per svecchiare il corpo docente. Nel contesto della decurtazione delle risorse disponibili per il reclutamento questo viene però a costituire un elemento di  ulteriore, fortissima limitazione del raggio di manovra delle singole sedi e, in prospettiva, una seria minaccia per i giovani intenzionati a investire nella professione universitaria.

Quale vantaggio, infatti, avrà una sede a bandire posti di ricercatore di tipo b) (destinati cioè alla tenure track che li condurrà ad associati) in un viluppo di vincoli di questo tipo? Destinerà piuttosto risorse a posti di ricercatore di tipo a), cioè precario, e si limiterà ad assumere tanti ricercatori di tipo b) quanti saranno gli ordinari che non potrà fare a meno di reclutare… Insomma il meccanismo costruito dal D. lgsl. 49/2012 disegna un’Università gonfia di professori associati senza possibilità di sbocchi superiori e senza un reale ricambio di giovani ricercatori dal basso.

A mettere la ciliegina sulla torta è quindi intervenuto il decreto sulla spending review che all’articolo 14 comma 1 prevede che le università «per il triennio 2012-2014» non possano comunque superare il 20% del turnover dell’anno precedente nell’assunzioni di personale, ferme restando tutte le altre disposizioni di cui sopra. In pratica, viene sì confermata la fine del blocco delle assunzioni che ha impedito in questi anni a sedici atenei in tutta Italia di reclutare personale, ma si comprimono tutte le università entro un bassissimo livello di ricambio del personale.

Il 20% di turnover non va infatti considerato in termini aritmetici, ma sulla base di una serie di indicatori (i famigerati Punti Organico) fissati da una circolare ministeriale di qualche anno fa. Questo sistema equipara di fatto la spesa in uscita per un ordinario, con magari trent’anni di carriera alle spalle, a quella necessaria ad assumere un neo-straordinario, magari con pochi anni di insegnamento: se poi si tiene conto della necessità di assumere per ogni nuovo straordinario anche un ricercatore di tipo b), il risultato è presto detto. Nessuna sede avrà più convenienza a investire in personale di prima fascia.

Il contesto macro-universitario in cui tali norme sono calate e cui dovrebbero partire (partiranno?) le abilitazioni, aspettate da lungo tempo da molti studiosi, è dei più foschi. Il personale docente a tempo indeterminato delle università statali è sceso nel 2010 a 55.541 unità (link a tabella dati Corte dei conti pubblicata su intervento redazione 7 luglio), cioè praticamente al livello di dieci anni prima.

Quanto a rapporto tra docenti e studenti, poi, l’Italia è quint’ultima nella classifica dei Paesi più sviluppati (OCSE Education at a Glance 2011, p. 397).

Un’ordinariocrazia? Infine c’è da tener conto di un elemento generale di equilibrio interno del sistema. Poiché concorsi di prima e seconda fascia non se ne fanno più da anni, il tempo è tiranno e gli ordinari vanno in pensione (-20 % di docenti nel ruolo tra 2007 e 2010), se l’attuale modello di affamamento della bestia accademica continuerà, entro breve gli ordinari superstiti si troveranno con una serie considerevole di cariche accademiche da ricoprire, grazie anche ad alcune tendenze rafforzate dalla L. 240/2010. Per non parlare del sistema di valutazione e reclutamento, ormai centrato solamente su di essi. Nella nuova, ristabilita, aguzza piramide del corpo universitario, gli ordinari, cioè, si ritroveranno paradossalmente con un potere per certi versi più grande dei tanto vituperati “baroni” di una volta, contro i quali non mancano di scagliarsi i riformatori di questa e dell’altra sponda.

Concludendo, il tentativo esperito dal ministro Profumo di bloccare le abilitazioni fino a tutto il 2014 con il cosiddetto “decreto sul merito”, naufragato qualche settimana fa e motivato dalla paura ministeriale che con le attuali regole ci possano essere 10 mila nuovi abilitati, è stato raggiunto per altra strada. Le abilitazioni partiranno ma le università non avranno fino a tutto il 2014 i fondi per assumere quasi nessuno. La presenza poi in molte sedi degli idonei nei concorsi del 2008 renderà la competizione locale simile ad un banchetto tra antropofagi, con la reale prospettiva che non sopravviva il migliore ma solamente il più forte o vorace.

Ecco le mediane, le commissioni e le abilitazioni, ragazzini.

Divertitevi: i pomeriggi estivi sono lunghi e noiosi.

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4 Commenti

  1. Gli effetti “combinati” del D Lgs 49/2012 e della “spending review 2” vanno letti in maniera un pò più articolata.
    Il primo introduce la “griglia” delle capacità di reclutamento degli atenei (dal 10% al 50% in base ai dati finanziari e debitori del singolo ateneo); la seconda, indica che “il sistema universitario nel suo complesso” debba limitare il turn over al 20%.
    Pertanto, il MIUR analizzerà i dati già trasmessi dai singoli atenei per collocare, ciascuno, nella sua “fascia” (10%, 20% o 50% o più); a questo punto opererà una proiezione a livello nazionale, per controllare se la collocazione in fasce corrisponde a un valore complessivo maggiore o minore del turn over del 20%; rimodulando i dati provenienti dalla grglia, attriburà a ciascun ateneo la sua “capacità di reclutamento per il 2012”.
    Ad esempio: un ateneo rientra nella fascia 10% del turn over; applicando il DLgs 49/2012 il sistema nazionale comporta una domanda di turnover del 25%; a quell’ateneo verrà concessa una “capacità di reclutamento” pari a 10% x 20 / 25 = 8%.

  2. E’ necessario sottolineare che il D Leg 49 (entrato in vigore il 18 Maggio 2012) prevedeva la comunicazione della cosiddette “griglia” delle capacità di reclutamento degli atenei entro 30 giorni dalla sua entrata in vigore. Ne sono passati 60 senza notizie. Inoltre il Decreto Legge prevede la emanazione di un Decreto Ministeriale che probabilmente allungherà ulteriormente i tempi. Rischia di saltare tutto il 2012 rendendo impossibile le chiamate di almeno alcuni degli idonei.

  3. Si concetra il potere in mani di pochi e nemmeno troppo carismatici professori ordinari (e tutta la campgna mediatica contro i baroni?… non s’ode più?) mentre onesti a validi PA non potranno dare il loro contributo alla gestione degli atenei,

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