In assenza di dibattito pubblico e parlamentare, nel silenzio della stampa, sta per sparire il modello di educazione, formazione e istruzione pubblica che ci accompagna da circa due secoli. Ci aspetta una “scuola ibrida”: così’ la definisce , in una breve intervista a Radio Popolare, un membro del comitato di esperti nominato dalla ministra Azzolina. Bisogna, “come spesso accade in Italia” cogliere l’occasione dell’emergenza per reimpostare l’intero paradigma di istruzione: la nuova scuola ibrida, rimodulata nei tempi e negli spazi, è destinata a “diventare permanente”. Meno tempo in aula e più a casa – con “didattica a distanza” – o in spazi esterni agli istituti dove svolgere esperienze alternative. Largo ai “patti di comunità”: più “territorio”, più autonomia, più piattaforme digitali. Prevedibilmente: più disuguaglianze. Si sta tentando di fare – come molti avevano ipotizzato – dell’emergenza sanitaria un’occasione da sfruttare con destrezza per imporre una riforma di sistema che rivoluzionerà le opportunità educative di ogni studente e il profilo lavorativo e culturale di ogni insegnante.
Nel giornale radio di ieri, martedi 19 maggio, Radio Popolare intervista brevemente Giulio Ceppi, architetto e professore aggregato presso il Politecnico di Milano, membro del Comitato di esperti istituito dal Ministero dell’Istruzione che sta lavorando alle ipotesi di riapertura a settembre.
“Dobbiamo immaginare che a settembre troveremo gli inizi di una scuola diversa”, afferma il professore. E continua:
“Bisogna cercare di usare quanto ci sta accadendo per alzare l’asticella e cogliere, come spesso accade in Italia, l’emergenza per cercare di risolvere problemi come quelli delle classi troppo numerose che ci accompagnano da troppi anni.
Certamente cercare di usare il tempo e non solo lo spazio – o meglio la combinazione di queste due variabili -in una maniera diversa.
Stiamo lavorando su un modello molto più ibrido, che adesso seguirà ancora la forzatura che il Covid ci impone, ma che nel tempo diventerà una modalità permanente.
Lavorare con tempi diversi, con modalità diverse, con le differenze che ogni scuola vorrà applicare a seconda del numero di studenti, di come è collocata nel territorio.
[..Si tratterà ..] di avere tre piattaforme su cui lavorare:
la fisicità della scuola, che è quella a cui siamo tutti abituati- andare a scuola. Si andrà meno a scuola ma si farà più scuola, perché in parte si lavorerà in piccoli gruppi anche da casa e in parte anche lavorando per creare degli spazi nuovi, degli spazi esterni alla scuola e fare quelli che abbiamo chiamato dei “patti di comunità”, quindi agevolare la possibilità per le scuole di avere dei laboratori, delle aule, degli spazi esterni, nelle vicinanze della scuola, ma che possano diventare spazi sicuri ma anche spazi dove fare didattiche alternative.”
Per la prima volta da quando la Task Force scuola si è insediata, dunque, trapelano aspetti fondamentali delle ipotesi di scuola post Covid. A questi scenari allude la stessa ministra Azzolina nella lettera pubblicata lo stesso giorno su La Stampa nella quale, con tono piuttosto imbarazzato, sembra voler rassicurare studenti ed insegnanti.
“Della didattica a distanza non dobbiamo aver paura”, spiega Azzolina. All’orizzonte non ci sarebbe “nessuna scuola in remoto”. Eppure, aggiunge, “per settembre lavoriamo ad un piano che poggerà su più gambe”, che coinvolgerà anche gli Enti Locali.
Sarà proprio l’emergenza – in una maniera tutta italiana – come suggerisce Ceppi, l’opportunità per rendere strutturale un nuovo paradigma di scuola, in modo permanente. La scuola ibrida che ci attende avrà meno tempo in classe e più tempo a distanza. Sarà una scuola dei “patti di comunità”, ovvero un modello ancora più “territorializzato” e autonomo. Una scuola in cui le strutture familiari, i contesti relazionali sociali e civici incideranno ben più di adesso, dunque prevedibilmente più diseguale e iniqua nelle opportunità e nelle occasioni offerte a ciascuno studente. Una scuola nella quale tempi e spazi modificheranno profondamente l’attività didattica che sarà svolta “a distanza” e su piattaforme digitali in maniera permanente, per una certa parte del curricolo, ridefinendo il profilo lavorativo e culturale degli insegnanti.
Si sta tentando di far sparire con destrezza, approfittando di un’emergenza sanitaria senza precedenti e senza alcun dibattito pubblico o parlamentare, un modello di istruzione, formazione ed educazione pubblica di circa due secoli.
Questo è ciò che sta accadendo.
Purtroppo questo pericoloso ed ingiusto scatto dell’istituzione non è che un’accelerazione di una temporalità che si era già radicata. Bastava guardare con discernimento a cosa e come è diventata la scuola nelle ultime decadi.
Intendo dire che “Il nuovo spirito del capitalismo”, per dirla con Boltanski e Chiappello, aveva già messo radici. E questa “riforma” non è che il cappello posto su di uno spaventapasseri già costruito ad arte. L’apparato immunologico era già stato ingannato a piccole dosi dall’aria che si respira. L’unica soluzione è far vedere che è solo uno spaventapasseri, piantato sul nulla.
L’aspetto più grave non mi sembra il fatto che non ci sia nessun dibattito pubblico o parlamentare, già di per sé grave. Ma il peggio è che qui si sta parlando di modifiche strutturali, e non da poco, del modello di istruzione senza che ci sia stata neanche una sperimentazione degna di questo nome.
Chi somministrerebbe ad un figlio un farmaco mai sperimentato? E allora perché dovremmo accettare di far la stessa cosa con l’istruzione? Per dar modo a qualche dottor Stranamore della pedagogia di usare cavie umane e magari intrallazzare con chi fornisce i servizi informatici?
Sarebbe stato molto più serio da parte del ministro preoccuparsi di partire da un onesto consuntivo post-emergenza, invece di lanciarsi in salti in avanti irresponsabili.
La questione appare molto più grave ed estesa alla luce delle dichiarazioni del ministro della pubblica amministrazione Dadone, la quale vorrebbe tenere a casa il 40% dei lavoratori di sua competenza anche dopo la crisi, il che nel migliore dei casi si tradurrà in servizi peggiori per il cittadino e nel peggiore dei casi comporterà la macellazione dell’organico della pubblica amministrazione.
Che un tecnico in una commissione ministeriale venga accusato di “furto con destrezza”, oltre che lavorare gratuitamente per 90 giorni per la causa comune, mi sembra veramente cosa indecorosa. Così come il fatto che la mia visione favorisca le diseguaglianze: sono davvero basito della volgare demagogia di vecchio stampo che trapela dal vostro testo.
Vi chiedo di rettificare quanto scritto e di assumere un tono più costruttivo e consono al mio ruolo, in quanto ho voluto condividere parte del lavoro che stiamo svolgendo, pur nella democrazia di un sistema dove ognuno è’ libero di esprimere le proprie opinioni, ma non di strumentalizzare le parole altrui. Vi ringrazio.
Quella del “furto con destrezza” era una metafora, assolutamente marginale rispetto all’argomento espresso in questo breve post. Una metafora che poteva essere più o meno apprezzata, ma non riferita all’intervistato. Dal testo, ci sembrava evidente che ad essere oggetto di “furto” fosse un modello di istruzione e che tale modello, grazie alla destrezza di quei decisori politici che sapranno approfittare dell’emergenza, sparirebbe senza alcuna discussione o dibattito pubblico. A scanso di equivoci, al posto del “furto con destrezza” abbiamo messo una spiegazione ancora più esplicita, sperando che ora sia comprensibile a tutti (nessuna ironia: presumere che i lettori ci capiscano al volo è un nostro difetto “genetico”, come testimonia il commento di un altro lettore che ci vede “sempre dalla parte del colonizzatore” perché Roars rimanda alle iniziali di parole inglesi):
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“Si sta tentando di far sparire con destrezza, approfittando di un’emergenza sanitaria senza precedenti e senza alcun dibattito pubblico o parlamentare, un modello di istruzione, formazione ed educazione pubblica di circa due secoli.”
Caro Giulio Ceppi,
non ti ho certo chiesto io di lavorare gratis per 90 giorni. E, in ogni caso, se quelli qui sinteticamente riferiti sono i risultati del tuo lavoro, per quanto mi riguarda, avresti fatto meglio a non accettare l’invito, perché trattasi di un lavoro che non condivido in alcun modo.
Scrivi, poi, che lo hai fatto per la causa comune: ma comune a chi? Di certo non a me, e a quelli che la pensano come me.
Comune a te e a chi la pensa come te, evidentemente. E per questo tutti ti dovrebbero essere grati o, comunque, riservarti particolari gentilezze?
Sicuramente, no. Avrai forse la gratitudine e le gentilezze di quelli che, appunto, la pensano come te, oggi al governo del Paese; e proprio ciò, per altro, costituisce la tua ricompensa. Nella specie, quindi -non che la cosa sia rilevante, ma visto che il discorso lo hai preso tu- la possibilità di applicare il concetto di gratuità è pure controversa. D’altronde, anche l’app immuni dovrebbe essere fornita gratuitamente (tanto dal Governo ai cittadini, quanto da chi l’ha elaborata al Governo). E allora? Sai che mi importa che è gratuita? Scaricatela tu, se proprio ci tieni.
Resta da capire, infine, come -in assenza di sfera di cristallo- si possa sostenere che il Covid19, il prossimo settembre, ci imporrà ancora qualcosa, dato che, a meno di un’inversione dell’attuale tendenza -che però, appunto, non è al momento prevedibile-, a settembre il Covid19, “di suo”, non ci imporrà proprio niente. Questo, cioè, sempre a meno che qualcuno non voglia strumentalizzare un’emergenza, a quel punto passata, per fare qualcosa che comunque avrebbe voluto fare.
A tal proposito, mi sembrano chiarissime e condivisibili le parole del Pedante, scritte nel post che citavo nel mio precedente commento:
“Il sospetto che si stia strumentalizzando l’evento è suggerito in fondo da una semplice osservazione già sviluppata altrove: che le soluzioni caldeggiate con più insistenza per proteggersi dal contagio sono più o meno le stesse già imposte o proposte per affrontare altre emergenze del passato: la digitalizzazione di scuola, politica e lavoro, la sorveglianza di massa e la compressione delle libertà individuali, la limitazione dei consumi e dei movimenti, i pagamenti elettronici, la censura delle informazioni «false», l’estensione degli obblighi di vaccinazione, le cessioni di potere ai tecnici, l’accensione di nuovi debiti pubblici e privati, l’accelerazione dei processi di integrazione sovranazionale ecc. Il fatto che a emergenze diverse corrispondano soluzioni sempre uguali dovrebbe sollevare molti dubbi, se non sulla genuinità dell’allarme di volta in volta lanciato, almeno sulla sincerità dei «salvatori» e dei loro moventi.”.
Tom Bombadillo
Visto che uno degli “addetti ai lavori” si è palesato su questo sito, rivolgo direttamente la domanda: sull base di quale sperimentazione e di quali dati siete arrivati a proporre come permanente una modifica così profonda delle modalità tradizionali?
@ Giulio Ceppi
-Non ce ne frega nulla che lei abbia lavorato a gratis per 90 giorni; è stata una sua scelta, legittima, ma per nessun motivo questa scelta libera fa acquisire legittimità ai contenuti del suo lavoro in commissione, né rispetto ai tempi né ai modi. Si limiti a portare il suo contributo di parte alla commissione e a riconoscerlo come tale.
-Lei è stato nominato con un incarico -fiduciario- in una commissione ministeriale, e porta una visione del mondo della scuola in quella commissione che è semplicemente sua, sicuramente legittima, ma del tutto personale o al più condivisa con chi la pensa come lei. In tanti o in pochi -non ce ne frega assolutamente nulla- di quanti la pensano come lei sul tema scuola.
-L’incarico fiduciario le è stato attribuito da un governo, espressione di una parte del paese (tralasciando le bislacche contingenze che hanno portato alla formazione di questa maggioranza), piccola o grande che sia non importa; è una parte politica e come tale NON rappresenta tutte le anime, tutte le idee e visioni sul tema istruzione. Se lei lo desidera, e come ha già dimostrato in passato, può appartenere ad una determinata parte politica, ne ha pienamente diritto, ma sicuramente NON HA IL DIRITTO DI PARLARE DI UNA CAUSA COMUNE!!!
Una causa comune con chi?
Quale?
Sostenere Gori presidente?
Fare un appello per Lecco?
Queste legittime posizioni politiche possono essere le sue -cause comuni- con chi la pensa come lei.
Di certo non è una causa comune quella di rendere la scuola un centro di disuguaglianza sociale. Abbiamo già le università che lo sono diventate, grazie alle magnifiche sortite neoliberiste bipartisan degli ultimi anni.
Lei dovrebbe avere la decenza di riconoscere che su temi così importanti per il futuro del paese NESSUNO, tanto meno chi è in una condizione privilegiata, dovrebbe avere l’arroganza di dichiarare:“Bisogna cercare di usare quanto ci sta accadendo per alzare l’asticella e cogliere, come spesso accade in Italia, l’emergenza per cercare di risolvere problemi come quelli delle classi troppo numerose che ci accompagnano da troppi anni.”
L’atteggiamento, questo sì indecoroso, di chi in emergenza tenta di far passare provvedimenti risolutivi, suggeriti da una parte politica, su un ambito sociale fondamentale per il futuro dei nostri figli, è semplicemente di stampo fascista.
Farebbe bene lei a rettificare le sue improvvide dichiarazioni alla stampa, sottolineando la soggettività e la parzialità delle affermazioni e a ridimensionare il suo ego evidentemente smisurato solo perché è stato cooptato, benché a gratis e per 90 giorni, in una commissione ministeriale in quota a questo o a quel partitino.
Il tema scuola appartiene a tutti, e tutti i portatori di idee e visioni su questo tema devono poter partecipare al dibattito, dibattito che dovrebbe essere PUBBLICO e PARLAMENTARE e non chiuso e riservato in una commissione nominata da un ministro per una fase temporalmente circoscritta ed emergenziale, benché formata dai massimi esperti di designer e architettura innovativa.
Carissimi,
mi pare evidente che si voglia strumentalizzare la (nella sua parte più drammatica, fortunatamente superata) emergenza sanitaria, per ottenere risultati permanenti a vari livelli, spesso tra loro connessi: come il G5 con una massa di lavoratori e studenti inutilmente lasciati a casa, gli obblighi vaccinali e le app di tracciamento, il ricorso ad un indebitamento -nonostante le opposte pretese, pesantemente vincolato: non foss’altro che si tratta di soldi, diversamente da quanto avviene coi nostri titoli di Stato, da restituire in euro, anche se si tornasse alla moneta nazionale, e dunque si tratta anche di un mezzo per scongiurare tale ritorno- inutile e la volontà di frenare l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi membri da parte della BCE.
Per quanto riguarda, poi, specificamente il caso della scuola, a me pare evidente che l’aspetto prevalente sia quello della socializzazione in classe con i compagni e le maestre (e, poi, i professori).
Io, da padre, di questa scuola ibrida non saprei che farmene: nel caso, potrei addirittura scegliere di fare studiare mia figlia a casa. O, meglio, di iscriverla ad una privata che mi assicuri la possibilità di frequenza. E non escludo che anche questo sia un uno degli obiettivi perseguiti. Fare della scuola privata non una legittima scelta, ma una necessità.
Pure molti italiani, però, sono per me complici involontari di questi progetti. Tutte le volte che qualcuno si mette una mascherina senza che sia obbligatorio -e io vedo gente in auto da sola, perfino in moto, o a piedi in stradoni dove si mantiene agevolmente un distanziamento multiplo di quello previsto, con la mascherina- collabora con i propri aguzzini.
Io, invece, sono per un contagio psicologico favorevole. Facciamo tutti la nostra parte: non indossiamo le mascherine quando non è obbligatorio secondo la normativa.
Ci chiedono sempre di non aver paura di ciò che piace e conviene loro, così chi non è d’accordo a farsi vittimizzare diventa un fifone (ma credono di avere a che fare con dei bambini?), io vi chiedo di non aver paura di ciò che piace e conviene a tutti noi, cioè di andare a viso scoperto in ogni circostanza in cui ciò non sia vietato.
Tom Bombadillo
Una modifica strutturale enorme realizzata in un tempo di emergenza sanitaria ed economica da un manipolo di persone che su base esclusivamente fiduciaria da parte di un governo, impone un cambiamento radicale nella struttura della istituzione forse più strategica del paese.
Con una analisi sociopolitica serena ed approfondita si potrebbe concludere: Giulio Ceppi, ma chi cazzo è?
Per qualcuno può essere l’occasione giusta per imporre il modello di scuola utile al padrone come da anni OECD suggerisce e spinge con le sue classifiche tutta performance e benchmark.
Complimenti ai graduati delle milizie che si vantano di cogliere al volo una occasione ghiotta per sodomizzare i cittadini italiani ed i loro figli senza la benché minima possibilità di un confronto ampio, per farne la prossima manodopera a basso costo del terzo millennio. D’altra parte in qualche modo devono pur continuare ad aumentare le disuguaglianze sociali altrimenti questo modello economico fallisce miseramente.
Se non fosse sprecata l’occasione si potrebbe titolare come faceva il settimanale satirico Cuore commentando la faccia di certi individui
Carissimi,
a completamento del mio precedente commento, vi indico il link di un post del Pedante (del 12 maggio u.s., ma di cui io mi sono accorto solo ieri), che mi pare una ricostruzione esaustiva dell’attuale situazione (pur non aggiornata, per ovvi motivi, alle ultime, preoccupanti dichiarazioni sulla “scuola ibrida” da cui prende le mosse il presente post):
http://ilpedante.org/post/un-culto-di-morte
A proposito, poi, di quello che, sempre nel mio precedente commento, ho denominato “contagio psicologico positivo”, credo che, come azione dal basso (l’unica che ci è possibile), un’idea potrebbe essere quella di farsi fare, e quindi indossare, una bella maglietta con, sul davanti, in petto, il disegno di una mascherina in nero con sopra una croce rossa, e, in basso, la scritta “usa la mascherina responsabilmente”; nonché, sul retro, all’altezza delle spalle, una scritta “italiano libero da mascherina”, e, in basso, la scritta “metti la mascherina solo quando è obbligatorio”.
Tom Bombadillo
Governare e non esser governati. Per la situazione eccezionale non si poteva non accettare. Ora sfruttare le opportunità, ma senza diventare schiavi di nessuno.
Abbiamo accettato tutto nel passato ed abbiamo sbagliato. In realtà, i temi da riportare all’attenzione sono moltissimi. La strategia pseudo valutativa dell’Anvur è grande preoccupazione…
A me pare molto interessante la risposta di Giulio Ceppi, perché è palese la sua ascrizione a tecnico, a funzionario che lavora gratis, quasi sfruttato, per la causa. Se sia una strategia di difesa non so, ma fosse vero la cosa è alquanto preoccupante. Infatti chi fa le riforme, perlomeno annunciate, se esse vengono portate avanti senza un sentore politico da chi si sente anche sfruttato, senza una assunzione di responsabilità tipica del leader che propone? A chi sono imputabili? A tecnici che palesano la loro sottomissione? A corifei di chi?
ibrido viene dal greco Hybris che sottende tracotanza, sfrenatezza, eccesso. Pensare al blended per la scuola dell’obbligo significa abbassare enormemente il livello medio e diffuso di istruzione e acculturazione (altro che asticella). L’apologia del web e dei modi irrelati di comunicazione (da non confondere con informazione e cultura) smantellerà quello di buono che cielo nella scuola e università pubbliche.
immagino che la proposta di svolgere parte della didattica in gruppi a casa si rivolga ai ragazzi delle superiori. altrimenti non vedo come potrebbe conciliarsi con le esigenze dei genitori. Se così fosse, potenzialmente potrebbe essere molto interessante, perché il lavoro di gruppo è un modo per sviluppare abilità che con la semplice frequentazione in classe non si sviluppano
Prof. Ceppi mi chiedo come lei lavori gratis, nel momento in cu supportare le istituzioni fa parte dei compiti suoi e miei (per i quali siamo entrambi retribuiti dalla collettività). Se invece si riferisce al tempo tolto alla sua azienda, la Total Tool, con beneficiario economico finale lei stesso, devo dire che ciò riguarda poco la collettività, visto che la sua è una attività professionale e sicuramente la tiene a latere, nel suo essere professore. Semplicemente quindi 3 mesi faranno parte del tempo che giustamente dedica al suo essere professore universitario.
Giusto per dire in tanti abbiamo lavorato negli ultimi tre mesi a supporto dei policy maker, ma l’abbiamo preso come un servizio alla comunità. Poi c’era chi criticava l’operato, ma fa parte del gioco e non ci si ingrugna. Sul furto con destrezza, la prenda per quella che è: una battuta venuta male.
E veniamo invece al modello ibrido, per principio non lo escludo, anzi. Il fatto che esistano canali paralleli a me piace, anche perché spinge a sperimentare nuove forme di didattica. Penso alla didattica per progetto o agli atelier, che ho potuto sperimentare in primis in Nord America e che devo dire sono una ottima soluzione. Ma certo per i più grandi, perché i più piccoli hanno bisogno del contatto umano e lo dico per esperienza diretta di padre di due figli, di cui uno in prima elementare. E le differenze della cultura e del censo della famiglia di provenienza si fanno sentire, perché se da me ognuno ha un suo tablet ed i PC sono in numero congruo, come fa chi ha tre figli ed un solo tablet ed un solo PC (e parlo comunque di famiglie con un certo reddito, visto che parliamo di scuola privata)? E le scuole private si erano già attrezzate con laboratori informatici anche alle materne, e quindi anche il personale docente si era formato di conseguenza. Ma quanti docenti, anche in virtù di una fantomatica predominanza della cosiddetta cultura umanistica (perché poi in Italia si confonda umanesimo e lettere, qualcuno un giorno me lo spiegherà), sono a digiuno non tanto degli strumenti di teledidattica, ma dello strumento digitale in genere?
Quello che mi preoccupa è soprattutto una deriva generale del sistema educativo europeo, ed italiano in particolare. Da un sistema che veniva visto come una possibilità per migliorare e migliorarsi si è passati al mito del pezzo di carta negli anni 80 e del buon selvaggio dagli anni 90. Quante volte si sente dire che “mio cugino mio cugino conosce un laureato che non capisce nulla”. Certo ci sarà, ma quale è il costo dell’avere una dirigenza degna del terzo mondo (siamo la nazione con più dirigenti con titolo di studio di licenza media inferiore)? E del resto gli indicatori economici cosa dicono? Che abbiamo una economia a bassa scolarità, bassa efficienza e bassa resilienza. Dirigenti col titolo di geometri che coordinano ingegneri. Pensate veramente che quegli ingegneri si spenderanno per l’azienda? Oppure diplomati tecnico a capo delle HR (e con Cv che non si comprendono). Anche lì pensiamo veramente che in azienda passi l’idea dell’impegno? Ed i sindacati? Tacciono. Anzi sono spesso conniventi. Ma del resto la stessa cosa poi avviene tra i leader eletti. Io voglio qualcuno uguale a me, senza pensare che dovrebbero essere migliori, non come noi. E via con eterni studenti e persone “del fare”. Come se chi si specializzi non facesse un tubo.
Questa “democratizzazione e ibridazione” la vedo come un ultimo passo per riportare la società a quella dell’800. Scuole per la classe dirigente, scuole per la (quasi scomparsa) middle class ed infine altre per la sempre più grande labour class, alla quale viene propinata una scuola di serie B con la scusa si processi di cocreazione, curricula personalizzati, ricadute occupazionali immediate.
Anche la moda dei MOOC delle grandi università internazionali va in questa direzione. I corsi “per tutti” a basso costo tenuti da un docente di elevata reputazione, con schiere di schiavi che rispondono e correggono per lui. Per chi può permetterselo il corso de visu. Del resto le grandi corporation (Microsoft, Facebook, Google) come si sono create? Coi corsi virtuali? No, con l’interazione dei giovani nelle grosse istituzioni dove papà pagava e molto.
E così in futuro conterà veramente il curriculum personalizzato. Ti laurei online? Ottimo: ecco un bel posto da travet. Sei uno degli eletti che può accedere al luogo fisico: ecco una carriera da dirigente pronta. Ed i business angel chi favoriranno nei finaziamenti? Il peggior capitalismo unito al classismo: non male.