L’esercizio PRIN 2012, ovvero quello che ha appena terminato la sua fase di valutazione, ha segnato un punto di svolta nella storia del finanziamento ministeriale alla ricerca universitaria per almeno due motivi:
- È stato abbandonato lo schema di finanziamento che prevedeva una determinazione anticipata del fondo di finanziamento da assegnare a ciascuna area disciplinare;
- È stato introdotto un modello di ripartizione dei finanziamenti che lascia solo una quota, molto ampia, libera e vincola la restante parte all’età scientifica del proponente.
Entrambe le scelte sono state dettate dalla volontà di adottare un modello simile a quello dello European Research Council (ERC). ERC suddivide in tre grandi settori la ricerca scientifica: Physical Sciences & Engineering (PE), Life Sciences (LS) e Social Sciences & Humanities (SH). Il MIUR ha deciso di operare la stessa suddivisione preliminare del budget del PRIN 2012 attribuendo ai due settori PE e LS il 40% del finanziamento totale ciascuno, e al settore SH il 20%. Per fare un paragone, le percentuali ERC utilizzate per i bandi 2013 sono 44% per PE, 39% per LS e 17% per SH. Lo schema non è stato preso ad esempio solo per il tipo di suddivisione, quindi, ma anche per la sostanza delle decisioni.
Rispetto alle quote storiche di finanziamento delle aree disciplinari, riportate alle aree ERC[1], lo scostamento non è significativo, si è trattato di una modifica del totale del finanziamento inferiore all’1%.
Significativa è stata anche l’introduzione delle tre fasce di grant: starting, consolidator e advanced, anch’esse ispirate alle modalità di finanziamento ERC. Il MIUR ha deciso di riservare agli starting grant (il cui proponente ha conseguito il dottorato da non più di sette anni) una quota di poco inferiore al 10% del totale e ai consolidator grant (il cui proponente ha conseguito il dottorato da più di sette ma da non più di dodici anni) una quota di poco superiore al 13%.
Questa scelta porta la quota di finanziamento libero da vincoli a scendere sotto i trenta milioni di euro complessivi per l’intero piano. Paragonato ai dieci esercizi precedenti, compreso il penultimo in cui sono state accorpate le annualità 2010 e 2011, si vede come l’importo totale del finanziamento sia drasticamente diminuito: tra il 2001 e il 2011 aveva avuto un minimo di 82.100.000 euro nel 2006 e un massimo di 137.260.000 euro nel 2003, con una media di 116.350.966,56[2].
Un paragone con la Spagna, paese molto simile all’Italia per situazione economica: il Programa Estatal de Fomento de la Investigación Científica y Técnica de Excelencia[3] per il 2013 prevede di sovvenzionare con 115.500.000 la ricerca di base. Anche considerando che, oltre agli organismi pubblici (Università ed Enti pubblici di ricerca) possono partecipare al bando altre organizzazioni non aventi fine di lucro, si può vedere come l’importo sia molto più alto per un sistema che è paragonabile come dimensione totale.
Un paragone con un paese che investe molto più intensamente in ricerca e sviluppo, può dare un’idea ancora più evidente dei fondi risicati destinati alla ricerca fondamentale dalla stato italiano: il totale dei grant erogati dal National Health and Medical Research Council (NHMRC), ente australiano che finanzia la ricerca in campo biomedico, nell’anno 2013, ammonta a poco meno di 458 milioni di dollari australiani, circa 322 milioni di euro[4]. Pur considerando che in Australia non esiste un’istituzione sovranazionale che finanzia a sua volta la ricerca come l’Unione Europea, è anche vero che si tratta di una nazione con poco più di un terzo degli abitanti dell’Italia.
Passando all’analisi vera e propria dei risultati, vale la pena di sottolineare come i dati pubblicati dal MIUR non contengano il o i sottosettori ERC indicati dai proponenti nella domanda, per cui l’analisi deve obbligatoriamente essere basata sul settore scientifico disciplinare di appartenenza del responsabile nazionale (PI, principal investigator).
Il numero di progetti idonei sul totale dei progetti presentati è il 78.9%, (82.9% in PE, 78.4% in LS e 73.5% in SH). Non stupisca che la percentuale sia così alta, dato che tutti i progetti erano comunque passati dal vaglio della preselezione di ogni singolo ateneo. In teoria, ciascuno di questi progetti idonei poteva essere ammesso al finanziamento, infatti, per ciascuno, la commissione di valutazione ha definito un “Contributo proposto” per il finanziamento. L’ammontare totale di contributi proposti assomma a 330.975.883 euro, che sono quasi dieci volte la somma stanziata.
Abbiamo analizzato due dati:
- Il numero di progetti idonei per gruppo disciplinare del PI[5]
- Il numero di progetti finanziati per gruppo disciplinare del PI
Il risultato della prima elaborazione è la tabella 1, il risultato della seconda, la tabella 2.
L’importo totale di finanziamento, sul totale dei contributi proposti per gli idonei, è l’11.56%. La percentuale per ogni gruppo disciplinare varia, anche di molto. Si va dal 49.11% del gruppo M-FIL (Filosofia) al 4.42% di SPS (Scienze politiche e sociali), tralasciando gli 0% di tre gruppi disciplinari, in cui è particolare il caso di L-OR (Lingue e letterature orientali) con nessun progetto finanziato su otto idonei. I dati completi sono in tabella 3.
Per capire quanto possa essere frustrante questo dato, la Swiss National Science Foundation nel 2012[6], ha ricevuto un totale di 2.221 richieste di finanziamento (per un totale di 867 milioni di franchi svizzeri) e ne ha finanziati 1.206, il 54%, con 391 milioni di franchi svizzeri.
Rispetto al modello svizzero il finanziamento di un progetto PRIN somiglia più alla vittoria di una riffa di paese che a un processo di valutazione effettuato da un’agenzia di ricerca. Citando il caso personale di chi scrive, il progetto di cui era PI, sottoposto a valutazione ha avuto il massimo del punteggio da tre revisori su tre nella fase di preselezione, il massimo del punteggio da due revisori su tre nella fase di selezione, un punteggio tra il buono e l’ottimo con il terzo revisori ed è 235° pari merito tra tutti i 413 progetti idonei del settore PE! Per fare un altro esempio, nel settore SH, advanced grant, sono stati finanziati solo progetti che hanno avuto una valutazione eccellente su tutti e tre i parametri di giudizio dai tre revisori previsti, ovvero che, stando alla lettera del bando, si collocano per ogni parametro nel 5% dei migliori progetti revisionati dal revisore. È chiaro che il modello di revisione è ben diverso: quasi tutti i revisori avevano chiaro che un giudizio diverso dal massimo non sarebbe stato sufficiente per trasformare un progetto idoneo in uno finanziato. Questo è un elemento da rivedere sicuramente.
L’ultimo dato di analisi riguarda il confronto puntuale, per area disciplinare, della percentuale di finanziamento 2012 rispetto all’esercizio precedente. Come abbiamo detto, il totale per i tre settori ERC non è variato sostanzialmente, mentre non si può dire lo stesso per la quota parte attribuita ad ogni area disciplinare. I dati di tabella 4 ci mostrano come ci sia stato un netto miglioramento delle performance delle scienze matematiche e fisiche, nel settore PE, a scapito delle discipline ingegneristiche; un travaso di finanziamenti notevole dalle scienze mediche a quelle biologiche nel settore LS e un netto miglioramento delle humanities a discapito, soprattutto, delle scienze economiche, politiche e sociali.
Concludendo, rimane solo da sperare che questo bando PRIN non sia stato, come si sussurra, l’ultimo!
[1] Si è considerato che all’area ERC PE appartengano per intero le aree disciplinari 01 (Scienze matematiche e informatiche), 02 (Scienze fisiche), 04 (Scienze della Terra), 08 (Ingegneria civile ed Architettura) e 09 (Ingegneria industriale e dell’informazione), per tre quarti l’area disciplinare 03 (Scienze chimiche); all’area ERC LS appartengano per intero le aree disciplinari 05 (Scienze biologiche), 06 (Scienze mediche) e 07 (Scienze agrarie e veterinarie), per un quarto l’area disciplinare 03 (Scienze chimiche); all’area ERC SH appartengano le aree disciplinari 10 (Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche), 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche), 12 (Scienze giuridiche), 13 (Scienze economiche e statistiche) e 14 (Scienze politiche e sociali). Con queste attribuzioni, le percentuali di finanziamento alla somma delle aree, nello scorso esercizio PRIN, sono 39.1% a PE, 40.3% a LS e 20.6% a SH.
[2] Considerando il finanziamento dell’esercizio 2010-2011 ripartito al 50% ciascuno tra i due anni.
[5] Abbiamo preferito utilizzare il gruppo disciplinare, anziché l’intera area disciplinare per cercare di avere una granularità sufficientemente fine, ma non troppo come sarebbe stato nel caso dell’utilizzo del settore scientifico disciplinare.
Riffa di paese, giusto.
L’elemento cruciale dell’analisi è il seguente ” … quasi tutti i revisori avevano chiaro che un giudizio diverso dal massimo non sarebbe stato sufficiente per trasformare un progetto idoneo in uno finanziato”
Questo è noto a tutti da anni. Quindi le discipline che hanno saputo fare “quadrato”, ovviamente all’italiana, si sono organizzate e hanno potuto drenare i pochi spiccioli che erano disponibili. L’anno prossimo i referee saranno in progetti valutati con valore massimo da chi è stato finanziato ora …
Le altre discipline, o per divergenze di scuola/metodo d’altri tempi, o semplicemente perchè i revisori hanno fatto quello che dovevano, giudicando coscienziosamente e dando qualche 14/15, sono fuori.
Che disastro, a tutti i livelli.
Sì, riffa di paese con l’aggravante che la cosa era già successa con i PRIN 2009. Ecco la prova (ho il grafico ma non so citare la fonte precisamente, comunque qualcuno delle commissioni prin di quell’anno).
Aggiungo che ho parlato di questo problema in un convegno a Roma il 21 marzo 2012. C’erano ad ascoltare sia Profumo (responsabile prin 2012) che Carrozza.
https://www.roars.it/wp-content/uploads/2011/11/LOCANDINA-.pdf
Condivido pienamente questo articolo. In effetti ne avevo scritto uno anch’io sullo stesso tema e più o meno dello stesso tenore: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/08/prin-2012-e-la-distruzione-della-ricerca-scientifica/770289/