Contro l’istruzione privata, per la difesa del sapere e della conoscenza
C’è una bufala che circola da anni, accanto al topo che sembrava un chihuahua importato dal Messico e al motociclista senza testa sull’autostrada: “Grazie alle scuole paritarie lo Stato risparmia quasi 6.000 € per ogni studente, ovvero oltre 6 miliardi all’anno”. Wow! E non l’ha detto mio cugino, o la portinaia che l’ha saputo dal parrucchiere: lo affermano testate come “l’Avvenire”, “Tempi”, “il Sussidiario” e il “Messaggero di Sant’Antonio”.
Come si arriva a questo calcolo? Semplice: si dividono i costi della scuola pubblica per numero di studenti, si fa lo stesso con le scuole parificate/private, e si ottiene la differenza quantitativa tra un cesto di fave e uno di rape: la rava e la fava, come dicono a Milano. Il calcolo, di per sé, denota capacità logiche preoccupanti, soprattutto se consideriamo che uno degli autori di questa scoperta matematica è Giuseppe Colosio, già direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia – dunque “persona di scuola”, con grandi responsabilità –, nonché collaboratore della Compagnia delle Opere (è un caso che dopo aver contribuito a trasformare il sistema scolastico lombardo in un feudo di Comunione e Liberazione, Colosio è oggi collaboratore attivo della Fondazione A.I.B., ente gestore del “Liceo Internazionale per l’Impresa Guido Carli”?). In primo luogo, si mettono infatti a confronto la totalità delle spese per la scuola pubblica, e la quota a carico dello Stato per la gestione delle scuole parificate: si otterrebbe un risultato opposto (le scuole parificate costano alle famiglie più di quelle pubbliche, quindi chiudiamole) se si mettesse, con pari scorrettezza, a confronto la quota dei contributi volontari che le famiglie versano alla scuola pubblica, e la retta delle scuole parificate. In secondo luogo, è falso che lo Stato risparmia 6.000 € per ogni studente che si iscrive alla scuola parificata: la variazione dei costi di gestione (luce, riscaldamento, acqua) e degli stipendi degli insegnanti (che non sono pagati a cottimo per numero di studenti) è pressoché irrilevante al variare del numero di iscritti. È come se qualcuno vi dicesse che le case di riposo fanno risparmiare, perché mandando la nonna all’ospizio una famiglia di 5 componenti risparmia il 20% su riscaldamento e condominio.
Nondimeno, questo calcolo farlocco testimonia, oltre a una “inadeguata capacità di operare collegamenti e fornire giudizi coerenti e motivati” (perdonate il linguaggio da insegnante: è una motivazione con cui, di norma, si dà debito e non si promuove), la disonestà di chi argomenta. Trattandosi di scuola, l’onestà non è un optional.
Una disonestà che trova spazi grandi come praterie nella devastazione della scuola pubblica, e che si nutre di ulteriori bugie, in un circolo della menzogna che ricorda il Tentatore che sfidava Gesù a tramutare con una sua parola pietre in pane: «Ora il tentatore, accostandosi, gli disse: “Se tu sei il Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”». Ma «l’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio [Mt 4.3-4]»: cioè di verità, non di beni commerciabili. E, come ricorda Clint Eastwood citando i Vangeli [Mt 6.24], «nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro; oppure sarà fedele all’uno e disprezzerà l’altro» (The Pale Rider). Non potete commercializzare i diritti. Non potete servire la Costituzione, e chi la viola. Non potete difendere il diritto all’istruzione, e i mercanti nel tempio dell’istruzione.
La parificazione di scuole pubbliche e private è stata voluta da “tutto il centro-sinistra”, si dice, ai tempi del ministro Berlinguer: lo dice, ad esempio, una signora partita ministra e arrivata senatrice senza passare dalle primarie, il cui nome, al pari delle sue competenze scolastiche, in questo momento mi sfugge. Vero: com’è vero che quel ministro è stato dimissionato dalla sua stessa maggioranza, e quella maggioranza è stata dimissionata dall’elettorato e ridotta a minoranza. Che idea di democrazia hanno, quelli che avanzano argomenti siffatti? E che continuano a ripeterli come un ritornello anche dopo aver perso qualche milione di voti? Ma tant’è…
Resta che quella legge di parificazione non prevede i finanziamenti alle scuole private: che infatti devono essere votati di anno in anno. E per una buona ragione: perché la Costituzione, all’art. 33 c. 3, recita senza oneri per lo Stato. Prevedeva, invece, quella legge che le scuole private, per essere considerate parificate, dovevano essere regolamentate. I regolamenti sono in effetti arrivati: ad esempio, un liceo privato deve avere un numero minimo di 8 alunni per classe, laddove un liceo pubblico ha un numero minimo di 27 estensibile fino a 30 (e oltre). Per non parlare delle condizioni di lavoro: contratti da miseria, se non a titolo gratuito, dimissioni firmate in bianco all’assunzione, contributi inesistenti … Chi può pensare che a queste condizioni la qualità dell’istruzione possa essere non dico garantita, ma almeno titillata?
Ma, dicono (su questo Bersani e Renzi concordano: posto che si sia capito su cosa discordano), la sussidiarietà è un principio costituzionale, dopo la riforma del Titolo Quinto: «Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118, c. 1)». Salvo che la sussidiarietà di cui si parla è quella verticale, e che il suo significato non è equivocabile: le prestazioni verso i cittadini devono essere effettuate dall’organo dello Stato ai cittadini più prossimo, se possibile dai Comuni. E invece si è, di fatto ma non di diritto, fatta strada l’idea, cara alle lobby cattoliche (non per caso, una delle branche di Comunione e Liberazione è la “Fondazione per la sussidiarietà” presieduta da Giorgio Vittadini, già presidente della Compagnia delle Opere e consulente dell’ex ministro Gelmini sulla valutazione) che la sussidiarietà vada intesa in senso orizzontale: per cui il settore pubblico dovrebbe astenersi – e di fatto succede – dall’effettuare prestazioni che possono essere effettuate dal “privato”. La natura lobbistica delle scuola private cattoliche, al tempo stesso gelose e intransigenti nel difendere le prerogative del “privato”, ma in prima fila – con cospicui supporti di “doping elettorale” – nell’intrigarsi all’interno della gestione della cosa pubblica, ha portato alla cessione di ampie fasce della scuola di base – dai nidi alle materne – al sistema privato (ma a spese degli enti locali, dunque del “pubblico”).
Ma soprattutto, posto – e così non è – che la sussidiarietà debba essere intesa in senso orizzontale: è proprio vero che il “privato”, in base al principio di adeguatezza fissato dall’art. 118 della Costituzione, fornisce le stesse “prestazioni” del pubblico? Possiamo davvero chiamare “istruzione” o “educazione” quello che accade nelle scuole private? Perché quello che si finge di non vedere, quando si parla di scuole private in Italia, è che l’istruzione privata è di fatto quasi sempre istruzione confessionale. Possiamo davvero mettere sullo stesso piano dell’istruzione fornita dalle scuole “pubbliche” la pratica della “educazione secondo testimonianza” attuata nei numerosi istituti scolastici affiliati alla Compagnia delle Opere (il cui numero esatto non è dato sapere)? “Educazione secondo testimonianza” – il metodo ideato da don Giussani – prevede un rapporto del tutto verticale e discendente tra il docente, maestro di verità in quanto testimone di questa stessa verità, e l’allievo. Non c’è alcuno spazio per l’acquisizione di quelle strutture cognitive finalizzate alla messa in discussione, alla critica dei fondamenti del sapere insegnato: che è quanto una scuola che prepara “teste ben fatte” dovrebbe, avrebbe il dovere di, fare. Il sapere è versato nella mente dell’allievo come l’acqua da una brocca all’altra, sino a saturare la testa ben piena di verità indiscutibili. Cosa poi venga davvero insegnato su temi quali la rivoluzione galileiana, i crimini dell’Inquisizione, l’evoluzionismo, la modernità – i perfidi giudei, persino –, lo sa chi ha la ventura di essere nominato commissario d’esame in siffatti istituti. Sull’altro piatto della bilancia, la garanzia di fatto di essere promossi in quanto paganti: la natura di diplomificio degli istituti privati è tanto evidente che ormai viene dichiarata nelle brochure propagandistiche, nelle quali si promettono successi scolastici in tempi talmente rapidi – ci si trasferisce tra febbraio e marzo, e a giugno i voti sono tutti positivi – da far impallidire il metodo-Matrix di installazione di un programma informatico nella porta Usb del cervello.
Se così stanno le cose, continuare a chiamare queste scuole “private” anziché “parificate” è questione di precisione linguistica: il privatus è, nella lingua latina, colui che è privo della dimensione comune, della relazione con gli altri, dell’interesse pubblico, che Cicerone dice inter hominem esse. La lingua greca, nello stesso senso, stigmatizzava questo soggetto nominandolo idiotes. La scuola privata, cioè idiota, è una scuola che non prepara futuri cittadini in grado di avere un rapporto attivo con i diritti, ma servi obbedienti abituati ad assentire al “testimone di verità”.
È anche per questo che il referendum di Bologna è importante: non solo per una questione di gestione partecipata del bilancio comunale (si chiede ai cittadini di esprimersi sulla destinazione dei fondi pubblici), non solo – e sarebbe già abbastanza – per il diritto di non essere costretti (come accade oggi a Bologna: e altrove è peggio) ad iscrivere a una scuola dell’infanzia confessionale i propri figli; non solo per l’auspicabile contagio democratico che questo referendum potrebbe avere su altre realtà locali; ma anche per la difesa di un’idea di educazione, di istruzione, di sapere che costituisce una delle realissime – anche se invisibili agli occhi dei nostri governanti, locali e non – distinzioni tra destra e sinistra.
Ciò che è davvero in questione, nell’alternativa pubblico/privato, è la natura del sapere e della conoscenza. Spesso ci limitiamo a parlare di “scuola pubblica”, espressione che evoca carrozzoni burocratici e talvolta clientelari – anche per effetto dei pesanti processi di privatizzazione che si diffondono come metastasi nel corpo della scuola “pubblica” –, senza riflettere sul fatto che col termine “pubblico” intendiamo dire che sapere e conoscenza sono, in prima battuta, beni comuni, cioè beni che non sono propri o altrui, ma di tutti, cioè di nessuno, e quindi beni che non possono essere oggetto di appropriazione, smembramento, svendita o subappalto. E che la natura di “bene comune” viene dall’essere parte di quel comune (di quel common- del commonwealth) che è non soltanto il nostro essere in un ambiente del quale condividiamo lo spazio, ma anche il linguaggio che creiamo, le pratiche sociali che costituiamo, le forme della socialità che definiscono i nostri rapporti. Non per caso si comincia da qualche tempo a parlare di commons per definire quei beni che sono comuni solo in quanto partecipano a questa dimensione comune. La scuola che chiamiamo pubblica – e che andrebbe con più forza chiamata “scuola del comune” – ha a che fare, sia in entrata (e cioè come ciò che riceve dalla società nella quale è radicata), sia in uscita (e cioè come soggetto attraversato dalle pratiche educative in senso lato, e restituito alla società in quanto trasformato dalle pratiche di soggettivazione), con l’interazione sociale, le conoscenze, i linguaggi, i codici, l’informazione, gli affetti e così via: ossia con la capacità di produrre e criticare questi aspetti dei processi di soggettivazione.
Tutto questo non può essere monetizzato né mercificato: «voi non potete servire a Dio e a mammona», dicono all’unisono l’Evangelista e il Predicatore Pallido.
[…] Rodotà: L’importanza dei beni comuni Girolamo de Michele: “Non potete servire a Dio e a mammona” Francesca Coin, Il Pd, la Curia e la scuola […]
Fuori tema (ma neanche tanto).
Governo PD-PDL, cioè PDL-PDL, benedetto, anzi formato, dal pessimo prorogato.
Poteri anvuriani confermati, forse anche un tantino accresciuti.
Uniche forze ostili al letamaio PD-PDL: M5S e Sel (oltre ovviamente a Ingroia, che non a caso non hanno fatto entrare in parlamento). Cercare di tenerlo presente quando (non penso a breve, peraltro) si rivoterà
I buttafuori della discoteca “Al Parlamento” non si sono accorti che il timbro ce l’aveva anche lui, sigh.
@ Ciro
Appunto: fuori tema. Cerchiamo di stare sul tema senza andare per fossi e cavedagne, per favore.
Come noto ci sono molte organizzazioni no profit
(ad esempio le scuole “private”) che ricevono soldi dal settore pubblico.
Va pero’ notato che ci sono molte organizzazioni pubbliche (ad esempio Universita’ ed Enti Locali) che ricevono soldi da organizzazioni no profit (principlmente da Fondazioni bancarie). Se non erro l’attuale vice presidente della Compagnia S. Paolo di Torino e’ una suora.
questa mi mancava, davvero?
Ha sostituito nell’incarico l’attuale ministro del lavoro.
[…] (pubblicato da Roar) Print PDFCONDIVIDI Questa voce è stata pubblicata in Referendum comunale e contrassegnata con Girolamo De Michele, scuola pubblica, scuole paritarie. Contrassegna il permalink. ← Il lavoro, l’Italia, l’Europa […]
La suora in questione è La suora e banchiera Giuliana Galli, Vicepresidente della Compagnia di San Paolo.
Che vogliamo fare? Farli fuori?
Il problema più grosso è che nelle scuole private insegnano docenti che non hanno superato un concorso, di solito. Obblighiamoli ad assumere per concorso pubblico (lo vuole la costituzione italiana) e poi diamogli la possibilità di insegnare per il bene comune, ma solo se sono autonomi.
Io sono di parte, ho fatto le elementari dalle suore (ed erano piu’ a sinistra del PCI).
Fuori tema, ma neanche tanto.
Il PD è imploso, mentre fuori dal parlamento la gente lottava e piangeva per un comunista: Stefano Rodotà.
Il PD è imploso, mentre dentro al parlamento i grandi elettori si ri-animavano e ri-sorgevano per un comunista: Giorgio Napolitano.
Stefano Rodotà e Giorgio Napolitano una vita per il bene comune.
Forse la speranza non è morta, forse da questa crisi verrà fuori qualcosa di buono. Auguri a tutti.
No, è proprio fuori tema, e anche tanto. Questa è una discussione sulla scuola pubblica, non un derby sui candidati alla presidenza della Repubblica (ultimo avviso). Sarebbe in tema ricordare che nessuno dei 10 saggi nominati da Napolitano er apersona discuola così come non c’era alcuna donna), né la scuola era una delel emergenze sulle quali i 10 saggi erano incaricati di discettare. Avrà deciso in fretta, come ha detot per giustificarsi sull’assenza di figure femminili: vuol di reche è stato il suo inconscio a decidere per lui, rivelando quanto tenesse alla parità dei sessi e al futuro della scuola.
Giusto accostarli.
Uno ha sempre fatto piuttosto bene e onestamente, ed era ragionevole prevedere che avrebbe fatto piuttosto bene e onestamente ancora per 7 anni se fosse stato chiamato alla prova più alta (non per niente non ce l’hanno chiamato).
L’altro ha iniziato benedicendo il gagliardo intervento sovietico in Ungheria e ha concluso porgendo ogni genere di nobile aiuto all’onestissimo-raffinatissimo-amicissimo della cultura che tutto il mondo ci invidia, graziando uno dei più fedeli e attivi servitori del suddetto e ricevendo al Quirinale i due prodi guerrieri che tanto si sono distinti nel più piccolo degli Oceani.
O meglio: si pensava che avesse concluso. Ecco invece che da ieri sappiamo che può fare ancora tanto bene
Le scuole private si avvalgono di personale non qualificato perché insegnare nelle private dà lo stesso punteggio dell’insegnamento nella scuola pubblica (prima della parificazione era il 50%). Il punteggio viene usato come arma di ricatto (“ti do i punti, cos’altro vuoi?”) verso precari, docenti che per ragioni di famiglia non potrebbero permettersi di andare a insegnare lontano da casa, e personale “amico” del proprietario della scuola. L’altro elemento di ricatto è che non c’è alcun obbligo di rinnovare l’assunzione o rispettare una graduatoria pubblica: questa discrezionalità consente al proprietario di selezionare il personale in base allo stile di vita (sposato o divorziato, frequentante o meno la parrocchia, buon cattolico o laico, ecc.).
Mi sembra che questo sia davvero uno dei punti dirimenti. Un sistema viziato da preferenze non oggettive ma rispondenti ad una pseudo-etica religiosa che influenza direttamente anche il sistema pubblico. Una palese violazione del diritto fondamentale dell’uomo alla scelta religiosa o a-religiosa: il fatto che i cattolici ricevano indebiti vantaggi è una minaccia alla libertà individuale.
Non e’ proprio cosi. Anche nelle scuole private esiste il CCNL firmato dai sindacati confederali.
Inoltre, diversi docenti di scuola pubblica
(ma non solo loro) diventano “privati” nel pomeriggio quando impartiscono (come e’ lecito che sia se la cosa viene dichiarata nelle tasse) “ripetizioni private”, spesso ben retribuite (se il docente e’ bravo).
E non sempre gli studenti che seguono le ripetizioni private sono scarsi. A volte si va a ripetizione (se i genitori se lo possono permettere) semplicemente per capire meglio una materia e ottenere ottimi voti.
Ad esempio, le 3 ore a settimana di matematica al liceo scientifico pubblico non sono, secondo me, sufficienti per preparare bene agli studi universitari scientifici. Se un “docente privato” , o una scuola privata (o pubblica) e’ in grado di coprire queste lacune ben venga.
L’importante e’ che alla fine lo studente sappia fare grafici e calcolare molto bene derivate ed integrali.
Molto furore ideologico. Rappresentazione caricaturale e generalizzante dell’educazione cattolica (in nulla corrispondente alla mia esperienza).
Sembra scritto negli anni Settanta.
@indrani
Ma quale furore ideologico! Oramai se uno parla di idee è disdicevolmente ideologico (meglio la fuffa al quadrato che ci propinano all’unisono stampa a televisione ‘moderati’).
Il pezzo di De Michele è ottimamente argomentato.
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Se si vuol precisare poi che non tutte le realtà di insegnamento privato e/o confessionale sono scadenti o retrive, questo è vero e non credo che l’autore avrebbe nulla da obiettare.
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Ma questo proprio non è l’oggetto della discussione.
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Piccolo aneddoto: l’altro giorno il mio amico A. va a portare all’asilo suo figlio (asilo privato gestito da suore). Su tutti gli armadietti trova dei santini elettorali del PDL (elezioni regionali). Ne chiede ragione. Gli viene spiegato candidamente che non pareva esserci niente di male, perché il signore ritratto sul santino ha garantito di essere a favore delle scuole private, mica come quegli altri (senza nominarli)…
Ecco, se una cosa del genere fosse avvenuta in una scuola pubblica, il giorno dopo sarebbe scoppiato un caso giornalistico, ed insegnanti e/o direttore / preside avrebbe avuto sanzioni. Trattandosi di una scuola privata puoi al massimo ritirare tuo figlio (e se non ci sono posti disponibili negli asili pubblici, sfiga…) Viva la libertà!
Ehm, veramente la frase:
“Le scuole private si avvalgono di personale non qualificato perché insegnare nelle private dà lo stesso punteggio dell’insegnamento nella scuola pubblica”
sembra un po’ esagerata. Si doveva allora scriverla cosi:
“Le scuole private si avvalgono di personale non SEMPRE qualificato perché insegnare nelle private dà lo stesso punteggio dell’insegnamento nella scuola pubblica”.
Ma non e’ stata scritta cosi.
D’altra parte quando si fa spettacolo (e la cultura ormai e’ principalmente intrattenimento) spesso si finisce nell’avanspettacolo.
Luca se vogliamo spaccare il capello in quattro sulla lingua italiana… Il fatto che si avvalgano di personale non qualificato, come dice l’autore, non significa che si avvalgano solo di personale non qualificato, ma semplicemente che si avvalgono di personale non qualificato, in aggiunta o meno al personale qualificato.
Un po’ di furore l’ho percepito e anche la foto mi sembra di cattivo gusto.
Inoltre non credo che serva demonizzare gli “avversari” dandone un’immagine così negativa che va venire in sospetto (e poi non esiste solo Don Giussani).
Tutto qui.
In effetti, un possibile limite dell’articolo è quello di fare di tutta l’erba un fascio. Assimilare tutto il mondo cattolico a Don Giussani è obiettivamente riduttivo. Anche dal punto di vista della storia repubblicana, alcuni padri costituenti (Dossetti in primis) erano cattolici. Anche Giuseppe Lazzati, per anni rettore dell’Università Cattolica, è stato membro dell’assemblea costituente e si inserisce in quel filone del cattolicesimo che ha posto le radici del Concilio Vaticano II. Il cattolicesimo conciliare è stato quello più rispettoso delle istituzioni civili e della loro necessaria laicità. Il cattolicesimo e la sua cultura hanno una complessità che non si lascia catturare in descrizioni sommarie. L’articolo di De Michele è stato pubblicato nella Sezione Opinioni, perché pone delle questioni aperte alla discussione, ma di grande importanza. La discussione che ne è seguita conferma l’utilità di approfondire questi temi.
Per quanto riguarda l’immagine, credo vada contestualizzata nell’ambito delle scelte grafiche del blog che sono sempre state giocate sul filo dell’ironia e della satira, anche un po’ “cattiva”. Non è la prima e non sarà l’ultima immagine un po’ provocatoria. Come in altri casi lo scopo non è quello di demonizzare quanto quello di stimolare la riflessione anche attraverso immagini paradossali (e le suore col fucile sono veramente paradossali).
Gia’. Tanta erba e un po’ fascio…
La foto è il mio avatar in rete, gusti miei.
Quanto alla pluralità del mondo religioso: strano che non venga colta attenzione al mondo cristiano (non c’è solo il cattolicesimo) in uno che cita i Vangeli. Resta il fatto che – e lo dico da studioso di don Milani – le molte esperienze positive della scuola cattolica sono rare pagliuzze nel gran fascio delle scuole private egemonizzate dalla Compagnia delle Opere, ovvero dalla galassia, tutt’altro che trasparente, di Comunione e Liberazione. Se si vuol parlare di scuole private, si parli di quelle che ci sono, non di quelle che si vorrebbe ci fossero.
Ho già scritto i miei pensieri su questo tema dunque vorrei limitarmi a dire due cose. La prima è che mi colpisce sempre il livore che genera in Italia la difesa della laicità. In paesi altri ciò sarebbe considerato stupefacente. Tale lo considero anch’io.
Circa le foto, mi spiace che per taluni siano espressione di cattivo gusto. Ma sensibilità e valori sono sempre relativi. Così quando facciamo una critica alla scuola confessionale come modello di istruzione universale chiamiamo in causa il fatto che quei valori non sono universali. Restituirli alla protezione del silenzio, come queste foto non fanno, equivale ad accettarne l’egemonia. Giustamente lo scopo dell’articolo e delle foto era un altro.
Gia’, “sensibilita’ e valori sono sempre relativi”. Lo diceva anche quel simpaticone di Joseph da Gunzburg durante i suoi esperimenti medici.
no caro salasnich qui l’unico a richiamare i simpaticoni è lei.
per l’appunto gli assolutisti sono spesso orgogliosi della propria violenza. è lo strumento buono con cui purificano il mondo dai pericoli, dai relativisti, dalle streghe, dalle eresie.
Ripeto. Personalmente non mi va che le mie tasse finanzino la scuola privata.
Non mi va neppure che le mie tasse finanzino tante altre cose.
Cerco di votare dei rappresentanti che portino avanti queste istanze nelle sedi opportune.
Non mi sento pero’ minacciato dalle scuole private laiche e neppure dalle scuole private cattoliche. A me non hanno mai fatto del male,
ed anzi l’idea (folle) di aiutare chi ha bisogno (indipendentemente da chi esso sia) l’ho imparata dalle suore.
@LucaSalasnich
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Personalmente neanche Totò Riina mi ha fatto personalmente niente di male. Già, a ben vedere perché prendersela tanto con furore ideologico contro quel povero vecchio…
Certo certo, Riina come le Suore. Fantastico !!
@ Luca Salasnich
I contratti di lavoro sono foglie di fico, se le condizioni reali non consentono la loro reale applicazione: nelle scuole come in fabbrica o nei call center. Quando ti fanno firmare le dimissioni in bianco contestualmente al contratto di assunzione, te ne fai ben poco delle tutele sindacali previste dal CCNL. Sarà un caso che Giorgio Vittadini è uno strenuo sostenitore della flessibilità? Non credo proprio.
Se non ho capito male, esisterebbero delle scuole private italiane che fanno firmare le dimissioni contestualmente al contratto di assunzione.
Chi ha le prove di cio deve fare immediatamente un esposto alla Procura della Repubblica competente ed anche al MIUR.
In realtà l’art. 118 Cost. codifica anche il principio di sussidiarietà pubblico-privato, all’ultimo comma: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
Altro problema è se siano costituzionalmente legittime le leggi di finanziamento delle scuole paritarie (e libere università), che in effetti appaiono di dubbia corenza con la previsione per cui la scuola privata non può comportare oneri per lo Stato e non basta, secondo me, un generico rinvio all’idea del servizio pubblico in senso oggettivo per eludere il problema costituzionale.
Favorire è una cosa, astenersi dalle prestazioni ben altro. Lo Stato italiano, in base alla Costituzione, favorisce, eventualmente col principio di sussidiarietà verticale, la formazione di ogni sorta di società intermedia tra lo Stato e il singolo: questa soluzione fu individuata dai costituenti per evitare tanto lo Stato-Moloch da cui eravamo appena usciti (e che esisteva in Russia), quanto il modello atomistico e individualistico statunitense. Al tempo stesso la Repubblica ha il dovere (art. 3 c. 2) di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». L’istruzione è uno di questi doveri inderogabili, e lo Stato non può astenersi dal fornirla in base a un malinteso (e non previsto dalla Costituzione) principio di sussidiarietà “orizzontale”.
De Michele: mai dubitato che la Repubblica deve, nonostante il principio di sussidiarietà pubblico-privato, istituire le scuole. Ciò secondo l’inequivoco disposto dell’art. 33, co. 2 (“La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”). In altri termini, la sussidiarietà pubblico-privato (principio codificato con la riforma costituzionale del 2001) se certamente può e deve comportare un generale riequilibrio tra iniziativa pubblica e privata a favore di quest’ultima (se no il Costituente non parlerebbe di sussidiarietà) non può tuttavia di certo esprimersi, nel settore dell’istruzione, nè nel senso di limitare la scuola pubblica (che deve comunque coprire tutte le tipologie di offerta formativa), nè nel senso di consentire finanziamenti alla scuola privata (espressamente vietati dall’art. 33, co. 3, ove il divieto di “oneri per lo Stato.”).
Teo, stiamo argomentando in modo sottilmente diverso in favore dello stesso principio :-)
Non vi è dubbio che la scuola-università pubblica (statale)deve compiutamente esistere, senza poter essere sostituita da quella privata. Ma non perché non non sia vigente il principio di sussidiarietà orizzontale (codificato nel 2001), ma perché ex art. 33, co. 2, Cost: “La Repubblica….istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Sicché, nell’ambito dell’istruzione, la sussidiarietà orizzontale non può tradursi nella limitazione del (necessario) ruolo dell’iniziativa statale.
Non c’è dubbio…infatti penso che chi vuole i finanziamenti alla scuola privata cerchi di spostare il discorso sulla sussidiarietà, e/o sul servizio pubblico in senso oggettivo perché è ben conscio che la Costituzione è sul punto inequivoca e precisa nel suo divieto di finanziamento. Per cui preferiscono non confrontarsi neppure con l’art. 33.
@ Luca Salasnich
Dopo averti rivelato che ci sono scuole private, e anche aziende, call center, agenzie di servizi e varia umanità che fanno firmare dimissioni in bianco ai neo-assunti (ops: ti ho rivelato un segreto? Credevi che in “Boris” fosse tutta finzione?), e per di più pagano anche con la busta paga aperta, ti rivelerò qualche altra inaspettata realtà: i regali che trovavi sotto l’albero di Natale non te li portava Gesù bambino, il soldino che compariva sotto il piatto ogni volta che ti cadeva un dente da latte non te lo portava il topino, e non è il sole a girare attorno alla terra, ma viceversa.
Ah, dimenticavo: può anche darsi che Mengele facesse colazione col cappuccino come papa Francesco, ma questo non fa di papa Francesco un nazista. In ogni caso Mengele non credeva nel relativismo dei valori, ma nell’assoluta realtà di un valore superiore di cui è garante un dio che era infallibilmente dalla sua parte: il che però non fa di Joseph Ratzinger un nazista (non dopo la fine della guerra).
Nella universita’ privata (UNIBZ) dove ho fatto il professore a contratto per 3 anni nessuno mi ha mai fatto firmare lettere di dimissioni.
Se lo avessero fatti li avrei immediatamente denunciati alla Procura della Repubblica di Bolzano.
Tutto il resto e’ invidia sociale.
““Chiedono l’assunzione, il Cepu le licenzia”:
http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/chiedono-l-assunzione-il-cepu-le-licenzia.flc
“Sfruttamento dei docenti delle scuole paritarie: un furto che non lascia traccia”:
http://www.bambinicoraggiosi.com/?q=node/1842
“Ecco come le scuole private sfruttano gli insegnanti precari”:
http://www.centumcellae.it/leggi.php?id=19001
“Da insegnante non ignoro a quale sfruttamento siano sottoposti i docenti delle scuole private, anche paritarie”:
http://vocelibera2011.over-blog.it/article-scuola-pubblica-e-scuola-privata-92841330.html
“La scuola dell’omertà. Un lettore racconta la sua esperienza di docente ‘sfruttato'”:
http://www.lettera43.it/attualita/28421/la-scuola-dell-omerta.htm#
“Insegnare per anni gratis nelle private”:
http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_11/insegnanti_gratis_campania_francesco_tortora_bd2eed66-dff6-11dd-a8a3-00144f02aabc.shtml
“Contratto co.co.co. insegnante e sfruttamento!!”:
http://forum.alfemminile.com/forum/etudes/__f2797_etudes-Contratto-co-co-co-insegnante-e-sfruttamento.html
“Il carnevale degli istituti privati: Ero assunta con contratto regolare, tutto a posto, meno lo stipendio, che non c’era”:
http://domani.arcoiris.tv/scuola-1-–-una-vita-da-supplente-lavorare-gratis-e-pagare-le-tasse-su-una-busta-paga-fasulla/
Tutti casi di invidia sociale?
Sono casi di illegalita’ diffusa e come tali vanno, ripeto, denunciati alla Procura della Repubblica competente e al MIUR. Cosa che i sindacati giustamente fanno.
Personalmente non penso che i soldi delle mie tasse debbano andare alle scuole private.
Ma desidero sottolineare che la mia esperienza con la scuole privata (come studente alle elementari) e l’universita’ privata (come docente) e’ positiva.
Anzi, come prof. a contratto ad UNIBZ mi pagavano di piu’ e subito (e con rimborso spese ed albergo a 4 stelle), e non ad un anno e mezzo (!!!) di distanza come nelle univ. pubbliche. Solo adesso che sono di ruolo mi pagano regolarmente (per ora).
Beh, situazioni del tutto simili sono state descritte, e in parte ancora in essere, nelle docenze a contratto nell’Universita’, che mi sembra essere ancora un istituto statale… E’ il privato che sfrutta? O le suore? O forse qualcos’altro?
E direi non solo nell’Universita’. Si veda per esempio quanto le scuole pubbliche hanno prodotto a livello di sfruttamento.
** NOTA: Detto questo comunque concordo con le conclusioni dell’articolo della settimana scorsa della Coin. Sebbene non si possa non evidenzare un livore ideologico contro cio’ che e’ privato e confessionale, nella situazione e modus operandi italiano il referendum di Bologna verrebbe alla fine utilizzato, piu’ che incentivare gli istituti privati (e religiosi), per distruggere (quel che resta del)la scuola italiana levandole sostanza e impegno.**
La discriminazione nella scuola pubblica:
http://www.ibs.it/code/9788889091722/brancatisano-vincenzo/una-vita-supplente.html
UE contro scuola italiana:
http://www.mnews.it/2012/12/precari-scuola-commissione-ue-apre.html
I “pensionati” nella scuola:
http://www.codacons.it/articoli/scuola_codacons_precario_da_32_anni_chiede_3mln_risarcimento__236363.html
Non mi si dica per favore che questa situazione si e’ prodotta perche’ sono state favorite le scuole private rispetto le pubbliche… La scuola e’ il campo preferito dei tagli, certamente, come e’ stato il campo preferito del consenso…
Se vuoi parlare di tagli alla scuola pubblica e di sfruttamento (vogliamo dire: estorsione) della ricchezza prodotta dai lavoratori della scuola, con me sfondi una porta aperta, Giovanni. Ho scritto un libro (“La scuola è di tutti”, minimum fax, 2010), e decine di articoli, sull’argomento. Ciò non cancella, né attenua, i favori legislativi (e non solo) alle scuole private, e la situazione di illegalità che di fatto è consentita dall’assenza di controlli, da ispettori compiacenti, dal metodo della nomina politica attraverso lo spoil system del Direttore Scolastico Regionale (quindi, negli ultimi anni, tutti di nomina gelminiana, ad eccezione delle regioni a statuto speciale) al quale andrebbero eventualmente presentati i ricorsi e che avrebbe il compito di ordinare ispezioni. Basti pensare che a dirigere l’Invalsi, cioè l’istituto di valutazione del sistema scolastico nazionale, è stata in questi anni di fatto (in vacanza del presedente) la vice-presidente Elena Ugolini (l’attuale viceministro all’istruzione), proprietaria e preside di un liceo privato bolognese, esponente di rilievo della Compagnia delle Opere, cioè della più importante lobby delle scuole private. Neanche nel sistema-Moggi si era arrivati ad avere un arbitro che non è di parte, ma È PARTE di una delle due squadre in campo!
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