Cari Amici,

provo un certo imbarazzo nel sottoporvi una questione di dettaglio, di fronte all’enormità dei problemi che investono oggi anche l’università. Ma si tratta di dettagli pesanti, che possono condizionare in maniera non trascurabile la nostra capacità, in quanto insegnanti, di affrontare i passaggi delle prossime settimane.

In vari documenti, ed anche in iniziative, meritorie, della CRUI in materia di esami a distanza, si insiste sulla assoluta necessità di rispettare, anche nella presente situazione, il principio della composizione collegiale delle commissioni di esame.

Si tratta in realtà di un principio già messo in discussione dalla giurisprudenza, in particolare da una sentenza della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione (n. 3134/98), e che trova, se non sbaglio, la sua formulazione legislativa più recente negli articoli 42 e 43 del regolamento allegato al regio decreto 4 giugno 1938, n. 1269. Un particolare, a questo proposito: il sito, di solito ben documentato, che consulto in materia, riporta come data di entrata in vigore del provvedimento l’8 settembre 1938. Sono i giorni delle leggi razziali, e questo provoca in me un istintivo disagio. Inoltre, mentre altri articoli risultano emendati, sembrerebbe che il 42 e il 43 siano tuttora vigenti nella loro formulazione originaria, e sono in ogni caso menzionati nella ricordata sentenza della Cassazione. Questo inviterebbe a una drastica revisione formale della materia.

Ma non ora. Ora siamo in una condizione di assoluta urgenza. Se ogni studente universitario sostenesse tre esami fra l’appello estivo e quello di settembre ci troveremmo a dover svolgere milioni di esami on line. E sembrerebbe quanto meno opportuna una deroga provvisoria che consentisse l’operato di commissioni monocratiche. Che consentisse, non che obbligasse; tutti quei colleghi che per convinzione, per peculiarità della propria disciplina, per consolidata esperienza di valutazione intendessero proseguire in forma collegiale potrebbero farlo. Ma per appelli caratterizzati da numeri particolarmente alti, per gruppi di lavoro ben strutturati, e in tutti quei casi nei quali il presidente della commissione lo ritenesse opportuno, i membri della commissione potrebbero essere autorizzati a lavorare in parallelo. Questo renderebbe non dico più fluido lo svolgimento dei prossimi esami, ma potrebbe almeno in parte alleggerire la situazione di insegnanti e studenti. Che la soluzione monocratica implichi qualche rischio è indubbio; ma ce ne sono anche nel protrarsi per settimane di appelli in videoconferenza, estenuanti e di necessità ripetitivi, che concederebbero spazio anche a comportamenti opportunistici.

Nella bozza di documento che circola in questi giorni il Ministro prevede la possibilità, per ogni ateneo, di adottare modalità adeguate alle «particolari esigenze» che potessero presentarsi in questa fase. Sarebbe sufficiente dichiarare esplicitamente che, su domanda del presidente della commissione di esame, il Direttore del Dipartimento – o il Rettore – possa autorizzare, per quel corso, lo svolgimento dell’esame attraverso commissioni monocratiche. E in questo senso credo che il corpo accademico potrebbe rivolgersi al Ministro.

Siamo di fronte a una cogente spinta dei numeri e della situazione materiale che impone, secondo me, il miglior uso possibile di tutte le forze disponibili. E trovo non solo antieconomico,  ma sorprendente il fatto che, mentre è stato a ragione sospeso lo svolgimento di un referendum in materia costituzionale, si possano considerare come scolpite nella roccia, immodificabili e inderogabili più delle Tavole della Legge, alcune «norme regolamentari secondarie» – così nella sentenza della Cassazione – ribadite nel 1938 dal ministro Bottai.

Vi ringrazio per la consueta ospitalità, con un caro saluto.

Mauro Moretti

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3 Commenti

  1. Temo che la situazione sia persino peggiore rispetto a quella così chiaramente illustrata dal Collega Prof. Moretti.
    Infatti, molti Atenei in occasione dell’approvazione dei nuovi Statuti (e dei relativi Regolamenti) a seguito dell’entrata in vigore della Legge Gelmini, hanno considerato le disposizioni del Regio Decreto del 1938 caduti in desuetudine o implicitamente abrogate in ragione dell’autonomia universitaria riconosciuta e tutelata dalla Costituzione e hanno molto spesso “rivisto” le Commissioni d’esame (e anche quelle di laurea) prevedendo, ad esempio, che esse possano essere composte anche solo di 2 componenti (persino con un solo docente di ruolo e un “cultore della materia”). In disparte la violazione del principio secondo il quale tres faciunt collegium, ciò che appare davvero strano, dunque, è la circostanza secondo la quale gli Atenei si sarebbero “appropriati” di una competenza che ancora spetterebbe alla legge (una situazione simile è quella relativa all’inizio dell’anno accademico che la legge fissa all’1 novembre). Ora, per tornare alla questione posta nel contributo di Moretti, mi pare che la cosa possa essere posta in questi termini: o la determinazione della composizione delle Commissioni spetta ancora alla legge dello Stato e, allora, una eventuale deroga per ragioni eccezionali potrà esser disposta con fonte di pari grado, oppure il Regio Decreto del 1938 è implicitamente abrogato per incompatibilità con le disposizioni di legge successive, e dunque spetta agli Atenei disporre, in ragione della pandemia, che le commissioni possano eccezionalmente esser composte da un solo membro. Tertium non datur!

  2. Questa è un’autodenuncia!
    Si dice chiaro e tondo che il disposto di legge che le commissioni d’esame sono costituite da tre membri, è caduto in disuso da tempo non proprio immemorabile.
    Non si capirebbe infatti perché gli esami on line dovrebbero impegnare più tempo degli esami in persona, se non ammettendo che in persona non erano più effettuati da commissioni di tre membri.
    In effetti se si volesse effettuare una verifica a campione, si potrebbe riscontrare la corrispondenza tra quanto registrato nel diario del docente e le commissioni d’esame nelle quali risulta ufficialmente nominato, spesso anche nello stesso orario, ma in sedi o aule diverse.
    Se si avvogliesse la richiesta di commissioni d’esame “monocratiche” di emergenza, occorrerebbe ottenere il consenso anche dello studente, sempre che si voglia considerare leggittima la privazione di un diritto seppure in presenza di consenso.
    Si arriverebbe così al paradosso che la maestra unica sia stata trasformata in triplice perché c’erano troppe maestre e troppo pochi allievi, mentre all’inverso, la commissione d’esame viene ridotta a monocratica perché non ci sono abbastanza docenti.
    Ma i docenti ci sono: 67.000 dice l’ADI. Ma sono invisibili e tali si vuole che restino.

  3. Sarebbe davvero interessante che finalmente si facesse chiarezza sul fatto se sia davvero possibile la decadenza per “disuso” di norme di legge, ovvero la decadenza di un diritto dei cittadini senza passare per via legislativa che compete al parlamento.
    Proprio al tempo della resistenza contro la legge Gelmini, ricordo molto bene che si stabilì che mentre la sospensione delle lezioni non costituisce interruzione di pubblico servizio, gli esami e le lauree sì. Cosa ben diversa dalla data di inizio dell’anno accademico (che pur risalendo al regio decreto sembra essere soltanto una questione regolamentare),
    titolare del diritto ad una commissione d’esame collegiale è lo studente e mi piacerebbe sapere se esistono paesi, per quanto non democratici, dove così non sia.
    In via più generale, la decadenza di provvedimenti di legge per semplice disuso, può arrivare ben oltre il differimento di un referendum costituzionale e l’attribuzione di compiti istituzionali degli organi dello stato e semplici comitati, commissioni ecc. di nomina autocratica senza ratifiche in parlamento.

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