La misure della “Buona Scuola” tendono a introdurre “voucher premiali” de facto, per cui i singoli finanziano le scuole ritenute migliori con risorse poste a disposizione dallo Stato: un metodo che denuncia limiti e fallimenti internazionali. In Svezia, per esempio, vige la possibilità di scegliere fra scuole pubbliche e private, usando liberamente “buoni” messi a disposizione dallo Stato. Non s’intende qui affatto fare dei TEST PISA un articolo di fede, ma, pur con tutte le riserve del caso, il peggioramento svedese verificatosi nel tempo di vigenza della riforma dei “voucher” è impressionante. Al punto che l’attuale governo socialdemocratico di Stoccolma sulla scuola sta invertendo la marcia. Valorizzare la professionalità dei docenti e le competenze degli studenti comporta la ricerca della politiche e delle pratiche più efficaci. Un primo passo è evitare di seguire quelle che si sono già dimostrate sbagliate.
La riforma scolastica renziana non incontra “difficoltà di comunicazione”, piuttosto rivela concezioni non condivisibili. E’ in sé positivo, ad esempio, che il 5xmille ora includa “le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione”, ma il problema è appunto nelle finalità, ovvero nei concetti. L’obiezione più immediata, la diseguaglianza fra scuole beneficiate da genitori facoltosi e scuole non fortunate, ha portato allo stralcio della norma.
Ma c’è dell’altro. Queste misure come ora concepite tendono a introdurre “voucher premiali” de facto, per cui i singoli finanziano le scuole ritenute migliori con risorse poste a disposizione dallo Stato: un metodo che denuncia limiti e fallimenti internazionali. La tendenza emerge da due dati. Il primo è che nel Ddl governativo la locuzione di “credito d’imposta” si alterna a quella di “bonus scolastico”, cioè proprio quella utilizzata dalla letteratura scientifica e politica favorevole a norme simili. La seconda è ovviamente l’ideologia di molti esponenti del governo, come la Ministra Giannini, che infatti difende il principio dopo lo stralcio. Guardando comunque agli elementi fondamentali del Ddl, da una parte la valutazione pubblica degli insegnanti e dall’altra l’attuale concezione di 5xmille e “bonus scolastico”, emerge una logica per cui, almeno tendenzialmente o sperimentalmente, i singoli genitori possono finanziare gli istituti capaci di premiare e/o attrarre gli insegnanti pubblicamente designati come più validi. Ripetiamo che questi principi hanno fallito miseramente.
In Svezia vige la possibilità di scegliere fra scuole pubbliche e private, usando liberamente “buoni” messi a disposizione dallo Stato. Nel 1991 i socialdemocratici pensarono che, in un contesto di forte eguaglianza acquisita, aprire spazi alla libera scelta e all’iniziativa privata scolastica avrebbe elevato pluralismo e qualità per tutti. I risultati dicono l’opposto. Non s’intende qui affatto fare dei TEST PISA un articolo di fede: essi come metodo di misurazione assoluta delle competenze sono criticabilissimi. Ciò che qui interessa è il peggioramento svedese comparativamente verificatosi nel tempo di vigenza della riforma dei “voucher” in costanza di quel (criticabile) parametro. Gli studenti svedesi sono in impressionante picchiata: nella comprensione dei testi la Svezia nel 2000 era al vertice dei 66 Stati presi in esame, ora è intorno alla media. La percentuale di studenti che superano soltanto il livello più basso del test è aumentata (dal 13 al 18%), mentre quella al livello più elevato è scesa dall’11 al 9%. Paiono peggiorare sia gli alunni cresciuti in famiglie con elevati titoli di studio, sia quelli meno performanti, più spesso provenienti da famiglie meno fortunate. Questi ultimi però peggiorano molto di più. Insomma, nel degrado generale, aumentano le disuguaglianze: fallisce proprio quel “welfare delle opportunità“ che si intendeva perfezionare con l‘interazione fra domanda libera dotata di voucher e offerta libera di istruzione (sia pubblica sia privata).
Le capacità di informarsi e di trasportare i figli verso scuole migliori sono, di certo perfino in Svezia, limitate da preesistenti disuguaglianze, in aumento negli ultimi decenni. Per quanto meno che in Italia, Germania o paesi anglosassoni, anche in Svezia la quota dei salari non tiene dietro a quella dei profitti. Specie negli anni (2006-2014) di governo liberal-conservatore. Una vera società della conoscenza si basa non sul genio imprenditoriale sregolato, ma sulla programmazione aperta dell’innovazione, nonché su condizioni (di reddito e istruzione) offerte a tutti secondo un principio di tendenziale eguaglianza. Da questo, in Scandinavia, proviene la competitività, nonché la maggiore mobilità sociale al mondo, che però, nonostante la forte eguaglianza nordica, è manomessa da regimi economici internazionali regressivi interagenti con riforme scolastiche fallimentari. L’attuale governo socialdemocratico di Stoccolma sulla scuola sta invertendo la marcia, sotto lo stimolo critico del sindacato LO, che infatti vorrebbe una revisione ancora più profonda del sistema in vigore nell’ultimo quarto di secolo. Valorizzare la professionalità dei docenti e le competenze degli studenti è un fine molto centrale nella cooperazione fra i paesi nordici che (a partire dalla positiva esperienza finlandese) stanno ricercando le politiche e le pratiche più giuste. Intanto, meglio non seguire quelle sbagliate.