(Perchè la media ha senso se la varianza è piccola ! ndr)
In effetti non ha molto senso usare classifiche bibliometriche per classificare gli articoli, perché quando quelle sono disponibili, sono disponibili anche dati migliori (citazioni dei singoli articoli), e quindi non si capisce quale sia il vantaggio di usarle.
L’uso di classifiche delle riviste stilate attraverso consultazione di esperti diventa più interessante quando non esistono altre e migliori informazioni bibliometriche (e si ritenga di poter procedere con una elevata approssimazione). Per esempio, in Francia il panel di valutazione delle discipline economiche utilizza la classifica delle riviste messa a punto dal CNRS. La procedura è del tutto ragionevole: molti ricercatori delle aree economiche scrivono su riviste che non sono coperte nei database internazionali. Non ci sono quindi informazioni sull’impatto dei loro lavori. Una lista di riviste economiche giudicate di qualità dalla comunità scientifica permette di attribuire il bollino di qualità agli articoli che vi sono pubblicati. Sono ormai molti anni che viene svolta una consultazione pubblica, descritta qui, che ha prodotto diverse versioni della classifica.
In Italia, ROARS lo ha già discusso, non esiste una lista delle “riviste scientifiche”, simile a quelle usate per esempio dalle agenzie di valutazione di Australia, Francia e Norvegia, e che possa essere utilizzata dall’ANVUR per distinguere il lavoro scientifico da quello non scientifico. Le uniche liste di riviste sono quelle messe a punto dalle società disciplinari per alcune aree delle scienze umane e sociali, con i problemi di affidablità che abbiamo già discusso qui. Allo stato attuale non sembra quindi che la procedura sia applicabile facilmente.
Vogliamo sperare che i GEV non siano chiamati a stilare classifiche delle riviste. Si tratterebbe di una procedura inedita, almeno a conoscenza di chi scrive, nelle procedure di valutazione internazionali. Inoltre i GEV dovrebbero fare in un paio di mesi quello che altrove ha richiesto anni di lavoro a gruppi ben più numerosi (le liste australiane per esempio hanno richiesto due anni di lavoro). Si porrebbe inoltre un problema di credibilità dei risultati finali. (Alberto Baccini, misurare i nani e giganti)