Veniamo all’Italia. Un ministro (Gelmini) decide dopo un bel po’ di anni di svolgere un nuovo esercizio di valutazione. C’è un Agenzia di valutazione, l’ANVUR. Il ministro scrive un decreto che dà il via all’esercizio di valutazione. Inserisce nel decreto le modalità operative ed i criteri della valutazione, scrive cioè quali sono le metodologie di valutazione e gli strumenti. L’ANVUR, anziché far notare al ministro che in nessun paese del mondo il Ministro dice all’agenzia come si valuta, ricama un po’ sulle indicazioni, neanche tanto sommarie del ministro e dà il via all’esercizio di valutazione. Il ministro ha previsto che si possa usare anche la peer review; l’ANVUR allora specifica che almeno il 50% dei prodotti sarà soggetto a peer review. Il ministro ha previsto (art. 3 commi 3 e 4) che ci debbano essere dei gruppi di esperti di valutazione nominati dall’ANVUR e che ognuno di questi gruppi abbia un presidente scelto dall’ANVUR tra i membri. L’ANVUR nomina prima i presidenti dei GEV e poi, evidentemente con l’aiuto di questi ultimi, i 450 membri. Forse per questo nessuno si meraviglia quando viene documentato che in almeno un GEV quasi tutti i membri sono coautori tra loro. Poi l’ANVUR attribuisce ai GEV la possibilità di crearsi le classifiche delle riviste da utilizzare nella valutazione, e sollecita anche la loro fantasia bibliometrica: quindi persone scelte perché esperte e competenti in medicina, chimica, ingegneria, filosofia, letteratura, scienze giuridiche, medicina, etc. sono invitati a creare bibliometria fai da te. L’ANVUR sollecita informalmente le società scientifiche a far pervenire classifiche delle riviste. Quindi, come dichiarato in una recente intervista da uno dei membri del consiglio direttivo di ANVUR, sottopone queste classifiche a peer review. Procedura sconosciuta in qualsiasi altra procedura di valutazione. Infine, sempre nella stessa intervista si spiega che il compito dell’ANVUR è quello di creare una classifica delle strutture accademiche:
“Tutte le università dovranno ripartire da zero. E quando la valutazione sarà conclusa, avremo la distinzione tra researching universities e teaching universities. Ad alcune si potrà dire: tu fai solo il corso di laurea triennale. E qualche sede dovrà essere chiusa
Dunque, in Italia il Ministro ha fatto il mestiere dell’agenzia di valutazione; l’ANVUR vuole fare il mestiere del Ministro; i GEV fanno i bibliometrici e svolgono i compiti che altrove sono appannaggio delle comunità scientifiche.
Non sarebbe il caso, prima che la macchina sbatta contro il muro, di fermarsi un attimo, non in attesa della migliore delle valutazioni possibili, ma per riflettere sui compiti e le competenze del Ministro, dell’Anvur, dei GEV e della comunità accademica. E per fare in modo che il prossimo esercizio di valutazione sia organizzato e gestito come avviene in ogni paese normale? (Redazione VQR: fermiamo la macchina prima di sbattere contro il muro)