Liberi tutti! Via libera al doppio lavoro degli universitari, anche quelli a tempo pieno. «Ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno è liberamente consentito, indipendentemente dalla retribuzione, lo svolgimento di attività extraistituzionali realizzate in favore di privati, enti pubblici ovvero per fini di giustizia, purché prestate, quand’anche in maniera continuativa, non in regime di lavoro subordinato e in mancanza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata al loro svolgimento»: così recita l’emendamento n. 19.15, approvato il 28 agosto dalle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori Pubblici del Senato nell’ambito della conversione in legge del D.L. Semplificazioni. Un grazioso regalo di nove senatori appartenenti al gruppo parlamentare Lega – Salvini premier – Partito sardo d’azione. “Il tanto vituperato “doppio lavoro” è ancora una volta autorizzato, a danno dei Liberi Professionisti e alle relative Casse di Previdenza” è il commento di un esponente di un sindacato di ingegneri e architetti. Se il testo non verrà modificato nella prosecuzione dell’iter parlamentare (perché, per esempio, il Governo vorrà porre la fiducia sul voto del provvedimento sottoposto al voto delle Camere), gli universitari verranno autorizzati a fare “il doppio lavoro”, senza dover nemmeno destinare una quota dei proventi delle attività extrauniversitarie all’attivazione di posti di ricercatore di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010, nonché di borse di dottorato, di assegni di ricerca e di borse di studio per studenti universitari, come invece prevedeva un precedente DDL della stessa Lega. Il cui leader, mentre punta il dito contro i professoroni “che non ne azzeccano una”, con l’altra mano porge loro ricchi doni. Ma non a tutti: solo a quelli che si dedicano intensamente alle consulenze extrauniversitarie.
1. Tra le semplificazioni spunta il “liberi tutti”
Ai primi di luglio ROARS si era tempestivamente soffermato sulle modifiche che il c.d. “D.L. Semplificazioni” avrebbe apportato all’Università, portandole all’attenzione dei lettori e commentandole brevemente.
Dopo la pausa agostana si ha notizia che, nell’ambito dei lavori parlamentari per la Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, le Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori Pubblici del Senato, nella seduta pomeridiana del 28 agosto 2020 hanno approvato un emendamento (il n. 19.15) destinato a modificare l’art. 19 del d.l. in questione nel modo che segue (vedi il testo ufficiale degli emendamenti approvati dalle commissioni riunite nella seduta pomeridiana del 28 agosto):
Dopo il comma 1, inserire il seguente: «1-bis. Il comma 10, dell’articolo 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, si interpreta, con specifico riferimento alle attività di consulenza, nel senso che ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno è liberamente consentito, indipendentemente dalla retribuzione, lo svolgimento di attività extraistituzionali realizzate in favore di privati, enti pubblici ovvero per fini di giustizia, purché prestate, quand’anche in maniera continuativa, non in regime di lavoro subordinato e in mancanza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata al loro svolgimento».
Se il testo non verrà modificato nella prosecuzione dell’iter parlamentare (perché, per esempio, il Governo vorrà porre la fiducia sul voto del provvedimento sottoposto al voto delle Camere) la Gazzetta Ufficiale accoglierà quindi un articolo 19 così formulato (riportiamo anche gli altri emendamenti approvati che interessano l’articolo, utilizzando il testo barrato per le soppressioni e il neretto per le addizioni ed evidenziando in giallo il testo che rileva per il tema di questo post – il mal di testa e lo spaesamento sono attesi, ma, credeteci, non è colpa nostra se le leggi vengono modificate in questo modo nel nostro Paese).
Art. 19 – Misure di semplificazione in materia di organizzazione del sistema universitario
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- Alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:
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- a) all’articolo 1, comma 2, le parole: “che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca,” sono soppresse e l’ultimo periodo e’ sostituito dal seguente “Con decreto del Ministero dell’Università e della ricerca di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze sono definiti i criteri per l’ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti, fermo restando il rispetto del limite massimo delle spese di personale, come previsto dall’articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 29 marzo 2012 n. 49;
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- b) all’articolo 6, comma 1, è aggiunto, infine, il seguente periodo: “La quantificazione di cui al secondo periodo, qualora non diversamente richiesto dai soggetti finanziatori, avviene su base mensile.”;
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- c) all’articolo 7, comma 3, sono aggiunti, infine, i seguenti periodi: “
Fino al 31 dicembre 2020, i trasferimenti di cui al secondo periodo possono avvenire anche tra docenti di qualifica diversa, nei limiti delle facoltà assunzionali delle università interessate che sono conseguentemente adeguate a seguito dei trasferimenti medesimi. I trasferimenti di cui al presente comma sono computati nella quota del quinto dei posti disponibili, di cui all’articolo 18, comma 4.”;
- c) all’articolo 7, comma 3, sono aggiunti, infine, i seguenti periodi: “
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- d) all’articolo 18, comma 4, le parole “non hanno prestato servizio” sono sostituite dalle seguenti: “non hanno prestato servizio quale professore ordinario di ruolo, professore associato di ruolo, ricercatore a tempo indeterminato, ricercatore a tempo determinato di cui all’articolo 24, comma 3, lettere a) e b),”;
d-bis) all’articolo 18, dopo il comma 4, è inserito il seguente: ”4-bis) Le università con indicatore delle spese di personale inferiore all’80 per cento possono attivare, nel limite della predetta percentuale, per la chiamata nel ruolo di professore di prima o di seconda fascia o di ricercatore a tempo indeterminato, le procedure, di cui al comma 1, riservate a personale già in servizio presso altre università, aventi indicatore delle spese di personale pari o superiore all’80 per cento e che versano in una situazione di significativa e conclamata tensione finanziaria, deliberata dagli organi competenti. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane, sono individuati i criteri, i parametri e le modalità di attestazione della situazione di significativa e conclamata tensione finanziaria. A seguito delle chiamate di cui al presente comma, le facoltà assunzionali derivanti dalla cessazione del personale sono assegnate all’università che dispone la chiamata. Nei dodici mesi successivi alla deliberazione di cui al primo periodo sono sospese le assunzioni di personale, a eccezione di quelle conseguenti all’attuazione del piano straordinario dei ricercatori, di cui all’articolo 6, comma 5-sexies, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, e all’articolo 238 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, nonché di quelle riferite alle categorie protette.’
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- e) all’articolo 22, comma 3, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: “I soggetti di cui al comma 1, possono
conferire, ovvero rinnovare,rinnovare assegni di durata anche inferiore a un anno, e, in ogni caso, non inferiore a sei mesi, esclusivamente per lo svolgimento di progetti di ricerca, la cui scadenza non consente di conferire assegni di durata annuale.”;
- e) all’articolo 22, comma 3, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: “I soggetti di cui al comma 1, possono
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- f) all’articolo 24, dopo il comma 5, e’ inserito il seguente: “5-bis. L’università, qualora abbia le necessarie risorse nella propria programmazione, nei limiti delle risorse assunzionali disponibili a legislazione vigente per l’inquadramento nella qualifica di professore associato, ha facoltà di anticipare, dopo il primo anno del contratto di cui al comma 3, lettera b), l’inquadramento di cui al comma 5, previo esito positivo della valutazione. In tali casi la valutazione comprende anche lo svolgimento di una prova didattica nell’ambito del settore scientifico disciplinare di appartenenza del titolare del contratto.”.
1-bis. Il comma 10, dell’articolo 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, si interpreta, con specifico riferimento alle attività di consulenza, nel senso che ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno è liberamente consentito, indipendentemente dalla retribuzione, lo svolgimento di attività extraistituzionali realizzate in favore di privati, enti pubblici ovvero per fini di giustizia, purché prestate, quand’anche in maniera continuativa, non in regime di lavoro subordinato e in mancanza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata al loro svolgimento.
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- All’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19, dopo il comma 10, è aggiunto il seguente: “10-bis. Con regolamento da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti l’ANVUR, la Conferenza dei rettori delle università italiane e il Consiglio universitario nazionale, sono definite le modalità di accreditamento dei corsi di studio da istituire presso sedi universitarie già esistenti, in coerenza con gli obiettivi di semplificazione delle procedure e di valorizzazione dell’efficienza delle università. Con decreto del Ministro dell’Università e della ricerca, da adottarsi entro e non oltre la data del 15 aprile precedente all’avvio dell’anno accademico, è prevista la concessione o il diniego dell’accreditamento. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma, i commi da 3 a 10 del presente articolo sono abrogati.”.
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- Nelle Scuole superiori a ordinamento speciale, il titolo finale rilasciato al termine dei corsi ordinari di durata corrispondente ai corsi di secondo livello dell’ordinamento universitario, nonché ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico, e’ equiparato, agli effetti di legge, al master di secondo livello di cui all’articolo 3, comma 9, del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270. Sono, in ogni caso, ammessi, agli esami finali dei corsi delle Scuole superiori a ordinamento speciale, i candidati che abbiano conseguito la laurea o la laurea magistrale. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano, previa autorizzazione del Ministero dell’università e della ricerca, anche ai corsi analoghi, attivati dalle Scuole superiori istituite presso gli atenei, accreditati in conformità alla disciplina di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19.
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- Il collegio dei revisori legali dei conti delle fondazioni universitarie di diritto privato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 2001, n. 254, è organo di controllo della fondazione e svolge le funzioni previste dal Codice civile per il collegio sindacale. Le modalità di nomina, la composizione, la competenza e il funzionamento del collegio sono stabiliti dai singoli statuti. Il collegio dei revisori legali è costituito dal presidente e dai componenti titolari e supplenti. Il presidente è nominato dalla fondazione e individuato tra i soggetti che sono iscritti nel registro dei revisori legali e che hanno svolto, per almeno cinque anni, funzioni di revisore legale presso istituzioni universitarie. Il collegio è costituito dai componenti titolari, nel numero minimo di tre e massimo di cinque, e dai componenti supplenti, nel numero sufficiente a garantire l’ordinario funzionamento del collegio. Almeno due componenti titolari del collegio sono nominati dalla fondazione, su designazione del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero dell’università e della ricerca, e sono individuati, prioritariamente, tra i dipendenti delle predette amministrazioni, e, in ogni caso, tra coloro che sono in possesso del requisito di iscrizione nel registro dei revisori legali. L’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 2001, n. 254, è abrogato.
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- Ai fini del concorso di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 agosto 2017, n. 130, i titoli di cui al comma 1 dell’articolo 5 del citato decreto non sono riconoscibili e computabili ai concorrenti già in possesso di diploma di specializzazione, né ai concorrenti già titolari di contratto di specializzazione e ai candidati dipendenti medici delle strutture del Servizio sanitario nazionale o delle strutture private con esso accreditate ovvero in possesso del diploma di formazione specifica per medico di medicina generale di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368.
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- All’articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, il secondo periodo è sostituito dal seguente: “La commissione di valutazione, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è composta da cinque membri di alta qualificazione designati, uno ciascuno, dal Ministro dell’università e della ricerca, dal presidente del Consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), dal presidente dell’European Research Council, dal presidente dell’European Science Foundation e da un componente designato dal presidente della Conferenza dei rettori e dell’università (CRUI), d’intesa con il presidente della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca.”.
L’emendamento in questione è firmato dei senatori Pittoni, Augussori, Calderoli, Riccardi, Pirovano, Pergreffi, Campari, Corti, Rufa, tutti appartenenti al gruppo parlamentare Lega – Salvini premier – Partito sardo d’azione.
2. Liberi e senza nemmeno pagar dazio
Del resto, la Lega aveva promosso il DDL 1265 presentato in aula il 19 luglio 2019, il quale per la parte che qui interessa recava:
Art. 3. (Interpretazione autentica in materia di attività svolte dai professori e ricercatori universitari)
1. L’articolo 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, si interpreta nel senso che ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno, nel rispetto degli obblighi istituzionali, è liberamente consentito, indipendentemente dalla retribuzione, lo svolgimento di attività di consulenza extraistituzionali realizzate in favore di privati, enti pubblici ovvero per fini di giustizia.
2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo svolgimento delle attività di cui al comma 1deve essere preventivamente comunicato al direttore del dipartimento di afferenza del docente e al rettore. Tali attività possono essere svolte anche in regime di partita IVA, senza necessità di iscrizione ad albi professionali, fatta eccezione per le professioni sanitarie e, in ogni caso, in mancanza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata allo svolgimento di attività libero-professionale.
3. Una quota pari al 10 per cento del compenso lordo percepito dai professori e ricercatori a tempo pieno per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 è destinato, senza oneri fiscali, all’attivazione di posti di ricercatore di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010, nonché di borse di dottorato, di assegni di ricerca e di borse di studio per studenti universitari. Il Senato accademico delibera la ripartizione del contributo alle diverse destinazioni.
Rispetto al testo adesso approvato in commissione, ognuno vede che si è volatilizzato il comma 3, il quale prevedeva di dover destinare una quota del 10 % del compenso lordo così percepito da professori e ricercatori impegnati in attività professionali extrauniversitarie al finanziamento di posti di ricercatore di tipo A o di assegni di ricerca o borse di studio, assegnando al Senato accademico il compito di decidere in merito a questa allocazione.
Sulla falsariga di questo DDL si poneva anche un emendamento al DL semplificazioni proveniente da tutt’altra parte politica.
L’emendamento 21.0.4 (poi respinto) a firma dei senatori Grasso, De Petris, Errani, Laforgia, Nugnes, Ruotolo, si proponeva di intervenire sullo stesso tema, aggiungendo – chissà perché dopo l’art. 21 (e non nell’art. 19) dell’articolato del DL di luglio – il seguente articolo:
«Art. 21-bis.(Attività di consulenza extraistituzionali)
1. L’articolo 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, si interpreta nel senso che ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno, nel rispetto degli obblighi istituzionali, è liberamente consentito, indipendentemente dalla retribuzione, lo svolgimento di attività di consulenza extraistituzionali realizzate in favore di privati, enti pubblici ovvero per fini di giustizia, anche come membri di consigli di amministrazione di società private, senza deleghe e/o poteri esecutivi, come indipendenti. 2. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 deve essere preventivamente comunicato al direttore del dipartimento di afferenza del docente e al rettore. Tali attività possono essere svolte anche in regime di partita IVA, senza necessità di iscrizione ad albi professionali, fatta eccezione per le professioni sanitarie e, in ogni caso, in mancanza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata allo svolgimento di attività libero-professionale. 3. Una quota pari al 10 per cento del compenso lordo percepito dai professori e ricercatori a tempo pieno per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 è destinato, senza oneri fiscali, all’attivazione di posti di ricercatore di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010, nonché di borse di dottorato, di assegni di ricerca e di borse di studio per studenti universitari e fondi di ricerca istituzionali. Il Senato accademico delibera la ripartizione del contributo alle diverse destinazioni».
Con separato, ma identico emendamento (anch’esso respinto) – il 21.0.5 – anche il senatore Pagano del gruppo di Forza Italia si proponeva di far sentire la sua voce sul tema.
Occorre ricordare che non è da oggi che si tenta di intervenire sul tema di cui stiamo discutendo.
Il 18 novembre 2019 un gruppo di deputati della Lega aveva provato a proporre un emendamento (recante questa volta una destinazione dei proventi delle attività extrauniversitarie dei docenti elevata al 20%), che era stato dichiarato inammissibile.
In risposta ad un quesito del 27 maggio 2019 in tema di Regime di incompatibilità dei professori e ricercatori universitari a tempo pieno, una nota firmata dall’ex capo Dipartimento MIUR Valditara aveva avuto il merito di fornire una minuziosa interpretazione ministeriale del comma 10 dell’art. 6 della legge n. 240/2010, che, in relazione a singoli aspetti dell’attività extraistituzionale dei professori universitari, concludeva in modo assai preciso:
2.a – L’attività di collaborazione scientifica e di consulenza. Nonostante certa giurisprudenza in parte più restrittiva, l’articolo 6 comma 10 della L. 240/2010 è chiara nello stabilire che ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno, compatibilmente con il rispetto degli obblighi istituzionali, è liberamente consentito, indipendentemente dalla retribuzione, lo svolgimento di attività extraistituzionali, incluse le consulenze, anche continuative, realizzate in favore di privati, enti pubblici ovvero per fini di giustizia. Tali attività possono essere svolte anche in qualità di attività in regime di partita IVA ma a condizione che non sia richiesta l’iscrizione ad albi professionali – se non nei limiti in cui sia consentita l’iscrizione all’Albo a professori a tempo pieno – e, in ogni caso, in assenza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata al loro svolgimento. La consulenza deve essere intesa quale attività del docente tesa a fornire a terzi soluzioni, consigli e pareri nel ruolo di esperto su materie di propria conoscenza e competenza.2.b – L’attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale. Oltre all’attività di partecipazione a conferenze, convegni e seminari, nonché incarichi relativi alla formazione diretta di dipendenti della pubblica amministrazione e di soggetti privati, la comunicazione e divulgazione scientifica e culturale comprende anche la progettazione culturale, l’ideazione e la curatela di mostre scientifiche ed artistiche, nonché l’illustrazione dei contenuti delle mostre stesse a gruppi di visitatori. È infatti auspicabile, e rientra tra gli scopi della L. 240/2010, che i docenti universitari mettano a disposizione del pubblico le proprie conoscenze scientifiche ed artistiche, divulgandole con un linguaggio comune. L’organizzazione di mostre su temi scientifici o artistici, anche relativamente alla produzione di un singolo artista, costituisce uno dei principali strumenti a tal fine.2.c – Lo svolgimento di compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro. Si conferma che i professori ed i ricercatori a tempo definito possono, senza necessità di essere collocati in aspettativa, ricoprire cariche istituzionali e gestionali in enti pubblici e privati senza scopo di lucro e che i docenti a tempo pieno hanno la medesima facoltà, ma con obbligo di previa autorizzazione del Rettore. Si conferma inoltre che ai fini dell’articolo 6, comma 10, L. 240/2010, si intendono per enti pubblici e privati senza fini di lucro tutti gli enti in house, ivi comprese le società in house, così come tutte le società di committenza di cui all’articolo 38 del D. Lgs. 50/2016.Si specifica inoltre che l’assunzione di cariche istituzionali e gestionali in società anche a scopo di lucro è consentita liberamente ai docenti a tempo definito e previa autorizzazione del rettore per i docenti a tempo pieno, qualora la carica ricoperta non comporti la titolarità di alcun autonomo potere attribuito per legge o per delega, come per esempio nel caso degli amministratori indipendenti delle società quotate.
3. Gli ordini professionali: “Concorrenza sleale!”
Tornando al testo dell’emendamento, mette conto osservare che – se l’emendamento approvato fosse trasfuso nel nuovo testo dell’art. 19 del d.l. semplificazioni – si creerebbe un quadro legislativo del tutto confusionario, foriero di mille problemi interpretativi. E’ evidente, infatti, che la spiccia addizione legislativa maturata sotto il solleone d’agosto andrebbe coordinata con il vigente quadro legislativo, il quale prevede uno status differenziato fra i professori a tempo pieno e quelli a tempo determinato, i quali resterebbero soggetti a regole e trattamenti retributivi diversificati in ragione proprio della possibilità di condurre, o non, attività professionali extrauniversitarie. Se tutti possono fare tutto, quale senso normativo continuerebbe ad avere la dicotomia “professori a tempo pieno” e “professori a tempo determinato”?
Ci sarebbe chi invocherebbe il “liberi tutti”, facendo leva sulla novella legislativa, mentre permarrebbe il regime appena accennato che la legge 240/2010 continuerebbe a prevedere. L’aporia legislativa, le tante possibili interpretazioni contrastanti, la sostanziale iniquità derivante dalla presenza di volontà legislative non adeguatamente messe in dialogo e amalgamate (l’espressione “quand’anche in maniera continuativa, non in regime di lavoro subordinato e in mancanza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata al loro svolgimento” sarà foriera di dubbi applicativi e – verosimilmente – di stratagemmi elusivi), farebbero malissimo all’università italiana, già alle prese con l’emergenza COVID e con mille altri fronti scottanti, aperti e in attesa di soluzione.
Tutto ciò al netto della corale levata di scudi (1, 2, 3, 4, 5, 6) degli ordini professionali nei confronti di una modifica legislativa che, comprensibilmente, essi avvertono come una minaccia, se non una vera e propria beffa. Tanto più in tempi in cui i liberi professionisti giudicano insufficienti le misure di sostegno con cui si è cercato di far fronte all’allarmante scenario economico derivante dalla crisi COVID.
Nel merito si torna a discutere di una questione antica e mai sopita, quella del “pieno tempo del professore universitario”, che già sul finire degli anni Sessanta qualcuno aveva avuto il merito di inquadrare e calibrare con notevole lungimiranza, proponendo ricette ponderate, la cui visione di fondo, tenendo conto dei cambiamenti intervenuti nei 50 anni trascorsi dalla loro escogitazione, converrebbe riportare senza indugio nella sciatta, particolaristica e confusionaria agenda politica dei nostri emicicli parlamentari, nella quale la visione insieme del “bene comune” è troppo spesso soggiogata da interessi di parte, congeniali alla categoria di appartenenza del rappresentante politico che si affretta a promuoverli come se la legge fosse cosa sua.
In tempi che vedono accendersi il dibattito sulla rappresentanza parlamentare, ci è sembrato opportuno offrire ai lettori un vivido spaccato del nostro processo legislativo. Perché questa vicenda mostra nitidamente non solo come si fanno le leggi nel nostro Paese, ma anche come i legislatori, di là dai colori politici, quando sono toccate alcune categorie, più che che agire come rappresentanti del popolo, agiscono in modo sostanzialmente bipartisan da rappresentanti di gruppi di interesse.

[…] Ragioneria Generale dello Stato boccia l’emendamento al decreto semplificazioni che aprirebbe le porte al doppio lavoro per i professori universitari. La ragioneria chiede lo […]
Sono sicuro che la “lobby liberista”, per usare un eufemismo, proverà in ogni modo a far passare questa vergognosa cosa, ma per il momento le informazioni in mio possesso sono che nel maxi emendamento non è presente questa “schiforma”, grazie all’intervento dei Consigli degli ordini degli architetti e degli ingegneri.
Ma il Governo (e quindi il Ministro Manfredi) ha dato parere positivo a questo vergognoso emendamento?
Speriamo venga tolto. Più lavoro per tutti
Non vedo come questa limitazione possa portare più lavoro ai professionisti.
In un giudizio tra un professionista puro e un professore universitario, anche a tempo definito, non c’è comunque storia.
Vorrà dire che si faranno pagare di più leconsulenze e quindi guadagneranno di più.
Chi venisse eletto a cariche che richiedono il tempo pieno, può optare seduta stante dopo l’elezione e compensare la perdita delle consulenze con l’indennità di carica.
Dal punto di vista dell’interesse pubblico non sta in piedi.
Ricordo che i professori e i ricercatori universitari a tempo pieno sono già autorizzati alle consulenze, con o senza retribuzione.
L’emendamento in oggetto precisa che si possono autorizzare le consulenze purché senza organizzazione stabile, il che non ha nulla a che fare con l’esercizio professionale.
I docenti e ricercatori medici sono iscritti all’albo (devono esserlo!) e possono fare attività professionale in house.
Questo va a vantaggio dello stato perché così si può avvalere delle menti e competenze migliori senza togliere loro la possibilità di accedere alle cariche apicali dell’università riservate ai docenti a tempo pieno.
Certamente ci sono Consigli superiori, Comitati tecnici, Commissioni governative e di enti di stato, pieni zeppi di professori universitari, magari perché vengono considerati migliori in quanto sono appunto impegnati nell’avanzamento della disciplina.
Riporto qui il testo attualmente vigente:
L. 240/2010, art.6, comma 10 attualmente vigente:
“10. I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il
rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere
liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di
referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di
collaborazione scientifica e di consulenza, attività di
comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché
attività pubblicistiche ed editoriali. I professori e i ricercatori
a tempo pieno possono altresi’ svolgere, previa autorizzazione del
rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti
istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso
enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si
determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di
appartenenza, a condizione comunque che l’attività non rappresenti
detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall’università di appartenenza.”.
È esattamente così, le professioni liberali (avvocato, ingegnere, architetto, etc.) sono altra cosa che le consulenze e richiederebbero l’opzione per il tempo definito anche con l’emendamento. La lettura per cui questo – mera interpretazione autentica, conservativa della disciplina attuale – consentirebbe il “doppio lavoro” dei docenti universitari mi sembra piuttosto fuorviante
Magari era stata scritta per il Presidente Conte, che esercita la professione e non mi pare fosse a tempo parziale (visto il reddito dichiarato nelle dichiarazioni rese visibili da quando è presidente del consiglio mi sembra più compatibile con ordinario a tempo pieno). Tra l’altro Conte è un bell’esempio di furbizia universitaria italica. Ho deciso di prendere spunto da lui. Mi sembra che il nostro sistema meriti questo e altro.
Giusto per essere chiari non ho nulla contro chi esercita la professione facendo il professore, perché fa ridere che a formare professionisti siano persone che della professione sanno nulla.
In nazioni secondo me più sane in una università professionalizzante se non sei iscritto all’Ordine non ti ci fermano la tenure (visto il contratto)
Ma fatturare 3/4 volte il proprio stipendio mi sembra un po’ troppo.